martedì 28 settembre 2010

Che cos'è la letteratura?

Per J.P. Sartre, la letteratura è sempre un appello che l'autore rivolge alla libertà  del lettore. Nessuno scrive per se stesso: si scrive sempre perché qualcun altro legga. La lettura non è un momento accessorio, esterno all'opera letteraria, ma ne è anzi un elemento essenziale e necessario. Solo il lettore può far "vivere" nella sua immaginazione l'opera, che senza di lui rimarrebbe un insieme inerte di segni neri stampati su carta. "Lo scrittore si appella alla libertà del lettore perché collabori alla produzione della sua opera" . In questo senso, il piacere estetico consiste nel godimento della propria libertà creativa, sia da parte dell'autore che del lettore.

Difatti, il fine della libertà può essere solo la libertà stessa. L'atto di libertà, che costituisce l'opera letteraria, non è in alcun modo compatibile con l'oppressione. "Non è concepibile (...) che il lettore gioisca della
propria libertà leggendo un'opera che approvi, o accetti, o semplicemente si astenga dal condannare l'asservimento dell'uomo da parte. Anche la letteratura cosiddetta realista non può mai limitarsi a fotografare una realtà esterna, ma, in virtù della collaborazione fra autore e lettore implicita in ogni opera d'arte, rende autore e lettore corresponsabili del mondo che è racchiuso nell'opera; se la realtà che appare nell'opera è una realtà ingiusta, il lettore non potrà limitarsi a contemplarla passivamente, ma la sua libertà lo impegna a superare e ad abolire l'ingiustizia. La visione sartriana è dunque una visione di letteratura engagée.


L'insensato gioco di scrivere, secondo Maurice Blanchot è l'essenza stessa della letteratura intesa come Infinito intrattenimento. Una storia ne inanella un'altra, e un'altra ancora,  in un gioco di incastri incessante. Amare la letteratura significa avere una forte dipendenza da racconti, da trame e  narrazioni. Quale è il senso di questo gioco? Il semplice piacere di sottomettervisi.

Ogni scrittore  - ricorda Borges- crea i suoi precursori. La sua opera modifica la nostra concezione del passato perché ci permette di leggere i testi precedenti a essa come se fossero sue anticipazioni e quindi in
maniera completamente diversa da come erano stati concepiti. I labirinti dello spirito sono l'essenza della sua letteratura. In questo senso la sua scrittura è simile alle simmetrie metafisiche e alle cristallografie di Escher.

Italo Calvino, è stato il primo scrittore italiano ad essere invitato all'Università di Harvard alle Norton Lectures in Usa. Ogni lezione prende spunto da un valore della letteratura che Calvino considerava importante. Ecco dunque alcuni valori letterari da conservare nel prossimo millennio:
  • leggerezza
  • rapidità
  • esattezza
  • visibilità
  • molteplicità
Leggerezza

Dopo quarant’anni che scrivo fiction, dopo aver esplorato varie strade e compiuto esperimenti di diversi, è venuta l’ora che io cerchi una definizione complessiva per il mio lavoro; proporrei questa: la mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso”.

Rapidità
“Mi limiterò a dirvi che sogno immense cosmologie, saghe ed epopee racchiuse nella dimensione di un’epigramma”.

“Tra le molte virtù di Chuang-Tzu c’era l’abilità nel disegno. Il re gli chiese il disegno d’un granchio. Chuang-Tzu disse che aveva bisogno di cinque anni di tempo e d’una villa con dodici servitori. Dopo cinque anni il disegno non era ancora cominciato. ‘Ho bisogno di altri cinque anni’ disse Chuang-Tzu. Il re glieli accordò. Allo scadere dei dieci anni, Chuang-Tzu prese il pennello e in un istante, con un solo gesto, disegnò un granchio, il più perfetto granchio che si fosse mai visto”.


Esattezza
“Come Hofmannsthal ha detto: ‘La profondità va nascosta. Dove? Alla superfice’. E Wittgenstein andava ancora più in là di Hofmannsthal, quando diceva: ‘Ciò che è nascosto, non ci interessa’.

Visibilità
“C’è un verso di Dante nel Purgatorio (XVII, 25) che dice: ‘Poi piovve dentro a l’alta fantasia’. La mia conferenza di stasera partirà da questa constatazione: la fantasia è un posto dove ci piove dentro”.

Molteplicità
“Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere contiunuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili.

Ma alla fine  - e questa è un po' la visione della sottoscritta - tutti quegli orizzonti che mai riescono a essere del tutto sfiorati e raggiunti, offrono materiale allo scrittore per fare la sua scrittura e letteratura. In questo senso, la letteratura non è, né può essere, una disciplina basata sulla riconciliazione con il mondo.


Hesperia




















31 commenti:

Lisa ha detto...

Scopro solo ora questo raffinato blog seguendo i links di altri blogger. Importante riflessione sulla letteratura da parte di altri scrittori letterati.
Mi è piaciuta la "lezione" di Calvino, basata sulla rapidità con la storiella del granchio. Lo scrittore è rapido perché ha accumulato molta esperienza nel leggere, vivere e scrivere. Ma per avere intuizioni rapide e felici, occorre paradossalmente operare con molta lentezza.

Marcello di Mammi ha detto...

Hesperia
Premetto che Sartre non mi piace come filosofo in quanto propone di sintetizzare ciò che non sintetizzabile, ossia individualismo e socialismo, esistenzialismo e marxismo.
Ci ha provato per una vita ma non ci è riuscito: ha solo generato del caos nelle giovani generazioni che lo consideravano un guru.
Il suo esistenzialismo ateo,come viene definito, è sempre in bilico tra l’uomo come essere libero e l’uomo moralmente impegnato verso gli altri.
Dichiara che “ il marxismo é l'insuperabile filosofia del nostro tempo “ e nel contempo ne critica la sua diretta emanazione che è il socialismo reale.
Il fatto che, secondo lui, lo scrittore non scriva per se stesso ma: “si scrive sempre perché qualcun altro legga.“ credo che sia più una speculazione che un’
appellarsi “alla libertà del lettore perché collabori alla produzione della sua opera . In questo senso, il piacere estetico consiste nel godimento della propria libertà creativa, sia da parte dell'autore che del lettore.” Condivido il tuo finale di paragrafo:”La visione sartriana è dunque una visione di letteratura engagée”,
che tradurrei, con un pizzico di ironia, in “letteratura politicamente corretta.”

(continua)

Josh ha detto...

Definire la letteratura in un post è arduo, ma degli spunti interessanti, come sempre, ci sono.

Penso che Sartre (che non piacerà a molti di noi Esperidi) :-) sia più che altro per Hesperia non un'enunciazione di manifesto teorico-politico-miltante, ma più che altro un'occasione di riflessione slegata dal resto del consueto pattern sartriano. :-)

In realtà il succo del post, anche se parte da Sartre, è molto più vicino, come domanda che si pone, alla Narratologia moderna, allo studio delle funzioni del discorso, a Genette per esempio (non Jean Genet), al concetto di cooperazione interpretativa dibattuto fin dagli anni 70-80 a proposito dell'idea di fruizione dell'opera letteraria tra autore-testo e azione compiuta dal lettore.

Josh ha detto...

Quotando, voglio notare una cosa

al punto in cui si dice "Anche la letteratura cosiddetta realista non può mai limitarsi a fotografare una realtà esterna, ma, in virtù della collaborazione fra autore e lettore implicita in ogni opera d'arte, rende autore e lettore corresponsabili del mondo che è racchiuso nell'opera;"

Non solo, o meglio non si tratta solo di questo: la cooperazione interpretativa del lettore verso il testo c'è sempre, anche che so nella letteratura romantica e fantascientifica; in realtà la letteratura realista ( e con questo intenderemo i romanzi Naturalisti, Veristi, "illuministi-scientisti") anche se volevano parere essere scritti come se "fatti da sè" tradiscono sempre anche nel calarsi nel reale, la SCELTA -sempre e somunque- di un punto di vista volontario da parte dell'Autore...l'autore si nasconde nello scrivere l'opera realista, ma è sempre ben presente. Per assurdo, nel cine-documentario in cui viene mostrata la realtà oggettiva (e non montata astrusamente, romanzata, idem come si supporrebbe nel romanzo realista) in effetti anche il cinedocumentarista con l'occhio sceglie cosa inquadrare e cosa no, è già un punto di vista=soggettività e non oggettività.
La fruizione da parte del lettore poi avviene comunque in un secondo momento sull'opera-materiale già composta-selezionata-indirizzata dall'autore.

L'aspetto morale implicito in "se la realtà che appare nell'opera è una realtà ingiusta, il lettore non potrà limitarsi a contemplarla passivamente, ma la sua libertà lo impegna a superare e ad abolire l'ingiustizia."
porta inevitabilmente a una presa di coscienza etica, ma in realtà non è solo 'la pura realtà' mostrata che fa appello alla coscienza del lettore, ma anche tutta la volontà soggettiva dell'Autore.

Nel tempo odierno poi di frammentazione di valori non è poi detto che chiunque davanti alla stessa letteratura-realtà mostrata abbia lo stesso desiderio morale, nell'età della frammentazione assoluta dei punti di vista. Può anche essere che ci sia il lettore che smonta il giocattolo dell'Autore, non credendoci e rivelandone la mistificazione.

Josh ha detto...

Quoto un altro pezzo e rispondo:

"L'insensato gioco di scrivere, secondo Maurice Blanchot è l'essenza stessa della letteratura intesa come Infinito intrattenimento. Una storia ne inanella un'altra, e un'altra ancora, in un gioco di incastri incessante. Amare la letteratura significa avere una forte dipendenza da racconti, da trame e narrazioni. Quale è il senso di questo gioco? Il semplice piacere di sottomettervisi."

Interessante....il vero motivo...da un punto di vista psicologico...è l'eterno intrattenimento..cioè l'esprcizzare la morte, aver idea di spostarla oltre.

Un po' come la funzione racconto della donna nelle Mille e una notte, in cui l'ingranaggio è palese: la donna raccontava e raccontava per rimandare il momento della sua uccisione.

Josh ha detto...

il caso Borges invece è complessissimo quanto avvincente, però affascinante il parallelo con Escher. Un universo a parte.

Calvino (non il riformatore religioso:-) andrebbe riscoperto.
Fondamentali le sue Lezioni Americane...ma anche avvincente e misterioso il suo Castello dei Destini incrociati, con stratagemmi di narrazione e simbolismi (i tarocchi e le funzioni tradizionali del racconto stravolte) davvero originali, una sorta di 'rimescolare le carte' delle strategie del possibile in ambito letterario.

Sicuramente in questo senso, "La letteratura non è, né può essere, una disciplina basata sulla riconciliazione con il mondo."

Infatti, è da non-riconciliati:-)
Dev'esser per questo che ci piace tanto.

Hesperia ha detto...

Lisa grazie, è così. Infatti tra lentezza e rapidità in letteratura ci sono forti legami. Quanto più si è rapidi nello scrivere, tanto più bisogna aver accumulato nel corso del tempo.

Hesperia ha detto...

Marcello, scusa ma cerchiamo di non imitare la sinistra partendo sempre a gamba tesa e ideologizzando con furore anche fuori contesto.
La filosofia sartriana non piace neanche a me nel suo complesso, ma ciò non toglie che il suo testo critico "Che cos'è la letteratura?" da cui ho preso il titolo di questo post, contenga spunti interessanti da guistapporre ad altri citati (Blanchot, Borges, Calvino).
Lo ha capito perfettamente Josh nei suoi interventi successivi, riportando la sua critica al verismo e al realismo (che pure è cugino diretto del socialismo).
"Anche la letteratura cosiddetta realista non può mai limitarsi a fotografare una realtà esterna, ma, in virtù della collaborazione fra autore e lettore implicita in ogni opera d'arte, rende autore e lettore corresponsabili del mondo che è racchiuso nell'opera".

Quanto al "politicamente corretto" nulla di più tendenzioso. La "litérature engagée" secondo Sarte non è la letteratura militante (aveva in uggia la letteratura didascalica) ma la letteratura dell'uomo in rivolta impegnato a recuperare la propria libertà.

Hesperia ha detto...

Certo Josh, Genette e la narratologia o Todorov e le strutture narrative sul racconto fantastico. Non mi sono soffermata su questi due, perché sono testi molto impegnativi, basati su classificazioni che potrebbero appensantire il post in oggetto, che si limita a stimolare e a dare qualche suggestione.
Poi evidentemente c'è anche il carteggio di R.L.Stevenson a Henry James, che avrei potuto citare, ma non avevo a portata di mano quella sua illuminante lettera dove dice che l'arte letteraria non si configura per la sua somiglianza con la vita, ma per la sua profonda differenza dalla stessa.
"La vita è illogica, abbagliante e atroce..." mentre la scrittura è il tentativo di ricreare ordine dal caos. (cito a memoria).

Hesperia ha detto...

Josh, in fondo è proprio dalla "mancanza" o dall'imperfezione della vita che nasce poi quella tensione artistica che vuole andare verso la perfezione.

Ma penso che ci siano ancora altre cose da dire su Borges e Calvino i quali sono più dei "raccontatori" che dei romanzieri.

Marcello di Mammi ha detto...

Hesperia
non vedo la seconda parte del mio commento,se l'hai tolta tu ok, altrimenti la rimando.

Hesperia ha detto...

Marcello, qui non mi è arrivata. C'era scritto "continua" nel primo intervento e in effetti mi aspettavo un seguito, ma non l'ho visto. Rimanda pure.

Hesperia ha detto...

Marcello, ci devono essere degli strani fenomeni di spamming perché i tuoi commenti mi compaiono ripetutamente tre volte sulla corrispondenza, ma non sui moduli del commento.

La mia lezione preferita di Calvino è come ha detto Lisa quella sulla "rapidità", perché la più paradossale.

Hesperia ha detto...

Ora ti copiaincollo il tuo Commmento:

Marcello di Mammi ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Che cos'è la letteratura?":

Hesperia

Ritengo più giusto quanto afferma il De Sanctis:” Lo scrittore non è mai un uomo isolato e chiuso in sé stesso, ma inquadrato nel contesto che lo circonda, cioè la sua civiltà e la sua cultura.” In altre parole si può scrivere per se stessi , ma quello che si scrive, per quanto fantasioso sia, non può essere avulso dall’ambiente in cui si ha le radici e questo sarà forse un po’ lapalissiano ma certamente logico.
Le definizioni di Italo Calvino portano senza dubbio a scrivere un ottimo elaborato, ma ciò non è sufficiente a scrivere un’opera artisticamente valida, solo , come giustamente fai notare, la più centrata è la sua ultima definizione: la “Molteplicità”.
“Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente ,rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili.”
E poi prosegui
“…..tutti quegli orizzonti che mai riescono a essere del tutto sfiorati e raggiunti, offrono materiale allo scrittore per fare la sua scrittura e letteratura.”


Su questo sono d'accordo con te

Dal caos al creato.
Ciao
Marcello

Marcello di Mammi ha detto...

Hesperia
Quando sento parlare di Sartre e di Russell, forse, non sono troppo obbiettivo ma sono due personaggi che hanno rovinato almeno due generazioni di ragazzi.

La premessa che tu giudichi ot, mi sembrava dovuta, in quanto non posso dirti che, secondo me, Sartre ha detto delle cose sbagliate,senza spiegarti come sia giunto a questa conclusione. Forse mi sarò spiegato male, ma è la sua stessa filosofia traballante che lo rende poco credibile, anche se in una vita intera qualcosa di giusto capita di dirlo.
Per quanto riguarda “il politicamente corretto “ ho detto che era una traduzione ironica, cmq non molto lontana, infatti engagé significa,come da vocabolario:” impegnato ideologicamente, politicamente: intellettuale”.
Vedo che, seppure il titolo del post l’hai ripreso da quello di un suo libro, non lo tieni molto in considerazione propendendo più per gli altri che hai citato, o almeno questa è la mia impressione.
Che poi Josh sia più addentro nelle questioni letterarie di quanto lo sia io, mi sembra una cosa ovvia è un professore di lettere.

Tornando a Sartre
Che "Lo scrittore si appella alla libertà del lettore perché collabori alla produzione della sua opera" mi sembra una cosa non veritiera:il lettore può contribuire alla diffusione dell’opera, con una buona critica, ma non a produrla che resta un fatto individuale dell’autore, anche se può rimanerne coinvolto sentimentalmente.
Resto cmq dell’idea che si scrive in primis per noi stessi e se quello che si scrive piace ed è apprezzato anche da altri tanto meglio.

Penso che definire in modo univoco cosa sia la letteratura è pressochè impossibile.
Ciao
Marcello

Hesperia ha detto...

i"Resto cmq dell’idea che si scrive in primis per noi stessi e se quello che si scrive piace ed è apprezzato anche da altri tanto meglio".

Niente di meno vero, Marcello. Nemmeno chi affida i propri pensieri a un diario, scrive per se stesso. Tant'è vero che spesso gli adolescenti dimenticano di chiuderlo col lucchetto. Nessun pittore dipinge un quadro per mera autocontemplazione, così come nessun scrittore "scrive per sé stesso".
Quanto alla collaborazione fra autore e lettore, non l'ha certo inventata Sartre. Ci sono state fior di avanguardie letterarie che hanno composto romanzi che richiedevano l'intervento diretto del lettore. Si veda il "nouveau roman" di Alain Robbe Grillet o lo stesso Faulkner di cui ha già trattato Dionisio.

Dionisio ha detto...

Leggo in ritardo il post di Hesperia perché, avendolo cercato più volte lunedì, anche a tarda ora, e non trovandolo, l'ho poi dimenticato completamente perché preso da incombenze pressanti. Adesso lo trovo già ampiamente e intelligentemente commentato, quindi mi trovo un po' spiazzato, col timore di ripetere cose già dette. tra l'altro l'ora è tarda e i neuroni sono leggermente fusi; provo a dire qualcosa a proposito delle ultime considerazioni intercorse tra Marcello e Hesperia.
Lo scrittore, anche quello apparentemente più schivo e legato a tematiche personali, è sempre un testimone del suo tempo, a volte al di là della sua stessa consapevolezza. I linguaggi dell'arte,in qualunque forma si manifestino, rappresentano un modo di comunicare tra l'artefice e il resto del mondo; direi che l'arte sia la forma di comunicazione per eccellenza, perché l'artista esprime la sua anima e, al tempo stesso, il sentimento che gli ispirano i suoi simili, che può essere di umana simpatia, di cordiale ironia, di compassione e solidarieta, o di sarcasmo, di disapprovazione, di biasimo più o meno intinto nel veleno, e altri sentimenti che la contemplazione delle cose del mondo possono ispirare, come il rimpianto, la nostalgia, il rimorso, la rassegnazione ecc.
La critica che (almeno quelli come me) muovono quindi a certa arte moderna é proprio quella di aver dimenticato che il linguaggio dell'arte è essenzialmente comunicazione di un essere con altri esseri e di averne fatto un esercizio solipsistico, egocentrico, solitario, arrogante e, in definitiva,inutile,perché fine a se stesso; tradendo quindi la ragione stessa di essere dell'arte.
Perciò, Marcello, mi dispiace, ma devo darti torto.
Invece sono d'accordo con te quando dici che definire in modo univoco cosa sia la letteratura è pressochè impossibile, perché ci sono tanti modi di esercitarla. Rimane però quella regola fondamentale, che definì già Aristotele nella sua "Estetica" e che, con molta semplicità, Borges (pur essendo un cervello tutt'altro che semplice) espresse in questi termini: "Il compito della letteratura non è quello di
ammaestrare o convincere, ma di divertire o commuovere.
Pour ce soir c'est assez. Buona notte!

Marcello su Mammi ha detto...

Cari
Hesperia e Dionisio,
Non per essere prosaico ma l’artista scrive,dipinge o scolpisce la sua opera per poterla esporre e possibilmente vendere.
Pertanto deve cercare di interpretare il gusto del pubblico o perlomeno suscitare interesse,anche provocando, al limite anche negativo, ossia dite quello che volete purchè se ne parli.
Da questo punto di vista avete ragione la comunicazione è essenziale: se l’opera è un capolavoro “comunicherà” i sentimenti dell’autore, altrimenti solo squallide provocazioni, magari più remunerate di un vero capolavoro.

Non è certo un delitto essere solipsisti è un modo filosofico di interpretare la vita. Una morale prestabilita dal proprio io che segue solamente quanto l’io stesso ha stabilito, al di là delle leggi create dal mondo esterno e quindi da altre soggettività.
Si può scegliere di “comunicare”,ma anche di non “comunicare”. Perché dovrei “comunicare” certi miei sentimenti o sogni o angosce a terze persone? Posso benissimo scrivere, dipingere, comporre musica e poi gettare tutto nel cestino. Certamente molto di quanto fatto o scritto sarà di scarso valore, ma potrebbe anche esserci qualcosa di valido ma perché lo dovrei “comunicare”?
Io sono un individualista e tutto ciò che ha sapore di sociale mi fa storcere la bocca: partecipo solo nella misura che ritengo di voler partecipare. Sono io che decido “quanto, come e se comunicare”. Il decidere di non comunicare è l’ultimo angolo di libertà che ci è rimasto!!! Mi volete globalizzare anche questo?
La” collaborazione” autore/ lettore, può produrre opere tematicamente e strutturalmente brillanti, d’ ”avanguardia”, ma certamente sono spersonalizzate almeno nella misura in cui si palesa l’intervento esterno, non credo a questo genere di simbiosi.
E’ l’io di Leopardi che ha deciso di “comunicare” L’infinito e l’ io lettore che apporto può dare all’opera se non quello di ammirarla o criticarla? Anche l’ammirazione e la critica sono funzioni soggettive del lettore.
Se uno non scrive per se stesso, come fa a “comunicare” se stesso? La prima “comunicazione” è tutta all’interno dell’io chiamatela autocompiacimento o narcisismo, ma non è fine a se stessa perché il fine è l’io stesso.
Cogito ergo sum o sum ergo cogito, cmq la si legga il soggetto è sempre e solo l’io.

Dionisio ha detto...

Marcello, non volevamo farti arrabbiare al punto da indurti a ripeterci le tue considerazioni ben tre volte! Figurati se io, che sono un seguace della libertà, voglio importi il mio punto di vista. Evidentemente è vero anche quello che dici, cioè che si scrive (o si dipinge o si fa musica ecc.) per esprimere qualcosa di noi stessi e quindi è chiaro che, in primo luogo, lo si fa per sé. Però, a dispetto del solipsismo scelto quale stile di vita (lecito, si capisce, perché ognuno è libero di essere ciò che vuole), l'uomo è anche un essere sociale, che si aggrega coi suoi simili, interagisce con essi, scambia i suoi pensieri le sue aspirazioni le sue scoperte, e grazie a quest'atteggiamento si è evoluto fino a dominare tutte le altre creature viventi, facendo un balzo prodigioso da quell'omiciattolo nudo e sperduto che una volta era alla mercé degli animali grandi e feroci e più forti di lui alla stessa stregua degli animali piccoli e fisicamente inermi come lui.
Certo, oggi dobbiamo fare i conti con l'incomunicabilità che ha prodotto tra gli uomini (pur ammassati in grandi agglomerati) quell'aporia del pensiero che è la filosofia moderna, che predicando il superomismo, ossia l'uomo che non ha limite e può ergersi al di sopra dei suoi stessi limiti naturali, alla fine si è rivolta contro l'uomo stesso: perché l'uomo HA dei limiti (ricordiamo il saggio senso del limite quale ammonizione all'agire dell'uomo predicato incessantemente dai Greci) e quando se ne dimentica finisce per distruggersi. Ma noi (almeno io) sono contro la filosofia moderna e mi rifaccio ai grandi filosofi del passato, Aristotele, San Tommaso, Gian Battista Vico, i quali hanno saputo esercitare in sommo grado la ragione senza dimenticare i misteri della vita, che nessuno ha mai sciolto.
Be', ho finito per andare fuori tema. Quello che volevo dire, insomma,è che comunque non possiamo dimenticare che l'uomo è un essere comunitario e che quindi ogni sua manifestazione tende alla condivisione coi suoi simili. E,almeno per me, questo rimane.
Condivido però perfettamente il tuo parere che la sparata di Sartre sul lettore che contribuirebbe a creare l'opera insieme all'autore sia solo il tipico nonsense di chi si è bevuto il cervello. E Sartre, come hai già detto tu, con tutte le sue elucubrazioni filosofiche, non ha fatto altro che negare quello che affermava un momento prima: La più grave, l'esaltazione continua della libertà dell'uomo e la contemporanea, malcelata ammirazione per la tirannide.

Marcello di Mammi ha detto...

Dionisio
OT
mi scuso per l'incoveniente della triplice ripetizione del post, ho già scritto in proposito ad Hesperia, dovuta a non so bene cosa e spero che questo ulteriore comm non venga triplicato.

A dir la verità leggendo le tue parole iniziali mi era venuta la tentazione, da buon toscano, di scriverti repetita juvant....
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Tu scrivi
" l'uomo è anche un essere sociale" giusto:anche.

L'uomo ha dei limiti si è vero ma sono limiti biologici,non intellettivi o di mero pensiero, altrimenti non esisterebbero nè arte nè letteratura e le opere sarebbero solo dei cloni di quelle già esistenti. E' questa libertà di pensiero che ha prodotto l'evoluzione di cui parli(anche se la parola evoluzione evoca problemi non da poco).Cmq la mia libertà di comunicare o meno è per me irrinunciabile è un po' come il pc collegato in rete con altri pc: si condivide solo quello che si vuol condividere.

Hesperia ha detto...

Ho ricevuto il tuo messaggio Marcello, è probile che ci sia qualche errore nella piattaforma di Blogger o magari dei fenomeni di spamming che portano a ripetere i commenti più volte. Ho eliminato i "cloni".

"Posso benissimo scrivere, dipingere, comporre musica e poi gettare tutto nel cestino. Certamente molto di quanto fatto o scritto sarà di scarso valore, ma potrebbe anche esserci qualcosa di valido ma perché lo dovrei “comunicare”? "

Scusa ma qui non parliamo di scrittori dilettanti o di te o di me, ma di chi scrive di mestiere. E siccome, nel mio piccolo, io ho scritto articoli e ho intervistato un certo numero di scrittori di professione, nessuno mi ha mai fatto un'affermazione di questo tipo. Chi scrive per mestiere si pone eccome il problema della comunicazione e del pubblico che lo legge o leggerà. Del successo editoriale e del rapporto concreto che lo lega a quel mondo.

Marcello di Mammi ha detto...

Hesperia
Due commenti sopra (quello indirizzato a te e a Dionisio)
dicevo esattamente quello che dici tu riguardo agli artisti di professione.
Per loro la comunicazione è un obbligo, una cosa cercata e quando non riescono a cumunicare sentimenti elevati ricorrono alla provocazione,ne va della loro esistenza non solo artistica ma anche fisica.

Per quanto riguarda i dilettanti,come dici tu, ho scritto in prima persona
ma era un discorso generale,oltre tutto non so fare alcuna di quelle arti citate.

Dionisio ha detto...

Lo scrittore (il narratore, il poeta) è colui che usa la lingua per dire una parola in più, e lancia questa parola nel mondo per condividere la sua sensibilità, il suo sentire, la sua anima con la sensibilità, col sentire di un'anima sorella.

Hesperia ha detto...

Perfetto Dionisio, tutto ciò ha a che vedere con una sorta di "anima mundi".

Canto me stesso, e celebro me stesso,
E ciò che assumo voi dovete assumere
Perché ogni atomo che mi appartiene appartiene
anche a voi.

Io ozio, ed esorto la mia anima,
Mi chino e indugio ad osservare un filo d'erba estivo.
...................................
La poesia di Walt Whitman "Song of myself" è in questo senso, molto indicativa di quanto stiamo dicendo. Impossibile leggerla come un manifesto di narcisismo o solipsismo.

marshall ha detto...

Hesperia,
che cos'è la letteratura?

Fino a ieri per me sarebbe stato fin troppo facile (e retorico) rispondere che la letteratura è Manzoni; oggi invece risponderei che la letteratura è Fogazzaro; domani chi lo sà cosa risponderei? Ho ripreso in mano da poco la lettura del suo capolavoro: Piccolo mondo antico. L'ho preso in mano da quando mi è nata quella sorta di innamoramento per il lago di Como e di quella specie di protuberanza che è il lago di Lugano. La sua sponda orientale, da Valsolda a Porlezza, è rimasta incredibilmente italiana, e credo lo resterà per sempre, nonostante forze centrifughe potrebbero far scaturire il tentativo di farla staccare dall'Italia, magari con le fin troppo facili lusinghe che una sua associazione alla Confederazione Elvetica renderebbe loro la vita più semplice. Ma tante sono le vicende storiche che legherebbero imperituramente quella parte del lago di Lugano a Milano, e quindi all'Italia. Ma questo è il tema che cercherò di sviluppare in un prossimo post.
Concludendo, per quel che mi riguarda leggo molto più volentieri romanzi che oltre ad avere una trama plausibile, mi facciano anche conoscere luoghi reali ma a me sconosciuti. E in questo vedo che Fogazzaro è stato un maestro, al pari del Manzoni. Ma andando a tempi più recenmti, altrettanto bravi con tali descrizioni di luoghi sono stati Bassani, Bacchelli, Pontiggia; e chi più ne ha, più ne metta.
Concludendo ancora, porrei quindi la domanda in altri termini: Quale funzione deve avere la letteratura, oltre che svagare?

marshall ha detto...

Il commento precedente, riveduto e corretto, l'ho pubblicato come post.
La villa di Fogazzaro ad Oria Valsolda, di cui parlo, fa parte dei 4 beni FAI da salvare, facendo donazioni entro il 31 ottore prossimo.
L'ho appreso solo ora.

Andrea ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Andrea ha detto...

Kafka se non sbaglio chiese che le sue opere venissero bruciate, ed è solo perchè il suo amico Max Brod gli disubbidì, che oggi possiamo godere di capolavori come il "Processo".
Decidere quindi se uno scrittore scrive per sè o per gli altri non è sempre facile.

Quello che secondo me è comune nel termine vasto di letteratura, è ciò che del resto si può applicare all'arte in generale : la capacità di generare un sentimento, un'emozione, un'empatia.
L'espressione di valori universali, anche nella parzialità determinata da fattori storici, contingenti, è quello che caratterizza ogni forma di arte, di vera arte.
Più è grande l'artista, più è vasto il suo respiro, e più si avvicina all'essenza, alla verità dell'uomo, anche se alla fine debba constatare, magari con amarezza, che siamo fatti solo di polvere...

Hesperia ha detto...

Condivido Andrea e l'esempio di Kafka mi pare assai pertinente. Volendo, possiamo metterci anche Emily Dickinson che scrisse montagne di poesie senza alcun vero intento pubblicistico e senza mai aver varcato l'uscio di casa e del suo orto.

Marcello di Mammi ha detto...

Hesperia
allora non ho tutti i torti quando dico che si può scrivere solo per se stessi...
ciao
Marcello

Hesperia ha detto...

Marcello, sei proprio un toscano. Anzi, un livornese: vuoi sempre l'ultima parola :-)

Che ne sappiamo noi cosa passa per la mente degli autori citati?
Magari sono così altamente presuntuosi che non vogliono passare per gli editori ma ambiscono passare addirittura alla posterità. Come poi è avvenuto.