mercoledì 26 dicembre 2012

Un Santo per i nostri tempi

 
Andrea Barbiani, San Pier Damiani 1776 (particolare) - Dal sito Il Sussidiario.net  

Un saggio di Tiziano Terzani sulla disgregazione dell'Unione Sovietica, avvenuta nel '91, mi aveva ispirato un post su Siberia e fiumi ghiacciati, ma appena letto il post di Josh sull'Abbazia di Pomposa, è bastato quel semplice accenno a San Pier Damiani per scatenarmi il blocco dei pensieri, blocco che mi ha impedito di proseguire nella stesura del post. La mia mente ha così vagato sulla vita del Santo faentino, che spese l'esitenza per combattere contro sprechi, lussi e privilegi di gran parte di monaci, nonchè alcuni ecclesiastici del suo tempo. Son passati 1000 anni da allora, ma pare che la situazione da questo punto di vista non sia mutata: da un lato c'è chi vive in miseria, dall'altro c'è chi, abusando di posizioni di potere, intrattiene comportamenti di vita poco consoni al grado rivestito, concedendosi agi non dovuti e privilegi a spese dei contribuenti. Con i soldi sottratti ad agi e privilegi di politici e amministratori locali, lo stato potrebbe alleviare ristrettezze in cui vivono miseri diseredati, senza aumentare ulteriormente le tasse.

San Pier Damiani, di famiglia un tempo agiata, a un certo punto della sua esistenza avrebbe voluto sciegliere di vivere da eremita, immerso nella contemplazione, ma circostanze avverse del suo tempo glielo impedirono: c'era da combattere contro sprechi, lussi e privilegi del clero; sprechi, sperperi, lussi e privilegi che andavano a detrimento dei meno abbienti, cozzando col loro grave stato di miseria. Si fece monaco, e poi cardinale, ma sempre in movimento in lungo e in largo per l'Italia settentrionale, giungendo perfino in Germania, per assolvere al suo ministero.

 
Eremo di San Pier Damiani - dal sito: Vultus Christi
 
Da quel che oggi si sente accadere, ciò che avveniva ai tempi di San Pier Damiani, 1000 anni fa, pare non sia molto dissimile da quanto succede ai nostri giorni; cambia solo l'autore dei misfatti, là erano monaci e preti indegni, qua indegni lo sono certi politici, certi amministratori locali, certa gente di potere. Da anni, ma oserei dire da sempre, l'Italia ha assistito ad un susseguirsi di governi incapaci o non aventi la benchè minima volontà di risolvere il problema degli sprechi  e dei privilegi di cui gode la classe politica/dirigenziale del paese. Lo si è visto chiaramente anche in questa circostanza: prima di pensare al voto, i parlamentari avrebbero dovuto ridursi di numero e di stipendi; ne parlano da anni, ma non l'hanno concretizzato nemmeno stavolta. Questo loro lassismo non fa altro che aggravare la già molto precaria situazione economica generale. Incapaci di risolvere la questione, si accaniscono sui cittadini esasperandoli con nuove tasse. L'ultima scempiaggine è stata la reintroduzione della tassa sulle case dove la gente vive, tassa resa ancor più odiosa da quel fattore di rettifica delle rendite catastali, rivalutate del 60% in un solo botto. Una tassa assurda e odiosa anche perchè non tiene conto della capacità reddittuale di ciascun contribuente, e perchè viene applicata alla cieca, senza tener conto di eventuali ipoteche gravanti sugli immobili.   

A condurmi su questo tema è stato anche un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 19 dicembre scorso, secondo il quale un italiano su tre è a rischio povertà.

Del santo che fece battaglie contro sprechi e lussi, avevo già parlato nel 2007, in tempi relativamente non sospetti, quanto a percentuali così alte sui rischi povertà; e un'altra volta ne parlai quando scrissi in ricordo per la morte di Marcello, alias Sarcastycon. Oggi, anche nelle chiese sento parlare poco o niente di questo Santo, eppure si addice molto a questo tempo fatto di scandali dovuti a ruberie, sprechi e privilegi di certi politici, e se non fosse per la Divina Commedia penso che in molti ignorerebbero persino che il Santo sia esistito. Nel poema dantesco il ricordo di San Pier Damiani occupa una delle pagine più belle. Io stesso, che fui tra coloro che ne ignorarono l'esistenza, quando sentii declamare quei versi che dicono:

Tra' due liti d'Italia surgon sassi
e non molto distanti a la tua patria,
tanto, chè troni assai sonan più bassi,

e fanno un gibbo che si chiama Catria,
di sotto al quale è consecrato un ermo,
che suole esser disposto a sola latria"

 
Abbazia di Fonte Avellana (nocciole) alle pendici del Monte Catria - foto dal blog Butterfly 400
 
... non li scordai più.

Oggi poco nominato, ai tempi di Dante San Pier Damiani deve essere stato molto seguito dai suoi contemporanei. Il Sommo  lo colloca infatti in un cielo molto prossimo alla Grazia Divina, il Cielo di Saturno, il settimo di nove, nel XXI Canto del Paradiso, più in alto quindi di quel canto XI nel quale troviamo San Tommaso d'Aquino declamare il toccante panegirico di San Francesco d'Assisi. 
 

La denuncia di sprechi, sperperi, privilegi compiuti e goduti dalla classe politico/dirigenziale del paese viene oggi svolta egregiamente da certi programmi radiofonici e televisivi. Tra quelli radiofonici si segnala il programma mattutino di Radio Padania, nel corso del quale chiunque può telefonare in diretta e senza filtri per esprimere opinioni o denunciare casi di sprechi, sperperi, privilegi. Fra i programmi televisivi si distingue l'ultimo nato in casa Mediaset, Quinta Colonna. Va in onda i lunedì sera alle 21,10 su Rete4, condotto da Paolo Del Debbio. La tecnica è quella di mettere a confronto gente comune con personaggi della cosiddette caste dei privilegiati.   Anche per evitare la possibilità di impreviste scaramucce, lo scontro non avviene per contatto diretto in studio, ma tramite maxischermi collegati con luoghi del nord, centro e sud Italia. In studio siedono il personaggio che fa parte dei privilegiati, rappresentanti dell'Unione  Consumatori, del mondo della politica, dell'economia, del giornalismo. Tra la categoria dei personaggi incriminati delle ultime due puntate, a turno si sono viste Irene Pivetti e Ilona Staller. La prima perchè essendo stata presidente della Camera durante il primo Governo Berlusconi, maturò fin d'allora il diritto ad avere vita natural durante un ufficio con tanto di personale, il tutto a spese dello Stato; la seconda, per aver fatto la parlamentare nel gruppo dei Radicali nel periodo 87/92, da oltre un anno ha maturato il diritto ad un vitalizio di circa 3000 euro al mese.      
 
 
(Gente che rovista tra i bidoni della spazzatura per sopravvivere. Foto di repertorio da Santegidio.org)
 
La prima usufruisce del locale e del personale pagati dallo Stato, per fare - come dice lei - beneficenza. Anche l'altra dice di usare parte di quel denaro del vitalizio per fare beneficenza. 

Che poi..., per fare beneficenza?
 
Sappiamo in molti come andarono le cose in questo campo fino al 1997, quando vennero istituite le ONLUS. Era un modo furbesco per eludere il fisco. Correva voce sul trucchetto, poi scoperto e si suppone annientato, che era questo: Tizio versava a Caio una data somma a titolo di beneficenza. Caio non pagava tasse perchè ente benefico. Tizio non ne pagava per la cifra sborsata a titolo di beneficenza. Tizio si faceva restituire in nero da Caio la parte che avrebbe dovuto versare allo stato come tasse. Tizio faceva così della beneficenza gratis, Caio riceveva così una bella somma insperata. L'unico a perderci era lo stato che veniva raggirato. I soldi che una ONLUS oggi riceve per beneficenza, crediamo vengano ripartiti di norma in questo modo: prima vengono pagate le spese per la raccolta dei fondi e per pagare il personale dipendente della ONLUS, quel che rimane viene effettivamente devoluto. A volte, dopo avere spesato tutto, non rimane nulla per beneficenza vera. E chi ha dato, ha dato.
 
 
Gente che vive in macchina. Foto di repertorio, da Imolaoggi.it
 
Video correlato: http://youtu.be/zh-bTOWwHPA (un anno di lacrime e sangue)

Aggiornamento:
questa invece è la casta dei giornalisti "moralizzatori", guardate quanto guadagnano, e speriamo che qualcuno rattoppi la pezza. E' un vero scandalo, anzi peggiore di uno scandalo. Costoro predicano, predicano, ma razzolano male, alquanto male, specie quando si mettono dalla parte dei poveri. A meno che anche loro si trincerano dietro al fatto che con quei soldi fanno beneficenza. Ma quanta gente che fa beneficenza! Non dovrebbero più esserci poveri in giro.

Ecco il link, fornito da GL  http://www.liberaopinione.net/wp/?p=4416

sabato 22 dicembre 2012

Presepe

 
 
 
La pecorina di gesso,
sulla collina in cartone,
chiede umilmente permesso,
ai Magi in adorazione.
Splende come acquamarina
il lago, freddo e un po' tetro,
chiuso fra la borraccina,
verde illusione di 'vetro.
Lungi nel tempo, e vicino,
nel sogno (pianto e mistero)
c'è accanto a Gesù Bambino,
un bue giallo, un ciuco nero.

Guido Gozzano

Questa poesia proviene dalla raccolta Poesie di Natale di Guido Gozzano -  .  Ricordo con affetto
 La notte santa che ci facevano studiare a memoria alle scuole elementari quando si era piccoli, durante le recite di Natale. Gozzano si conferma il cantore delle piccole cose quotidiane, anche in queste ricorrenze.

L'occasione ci è propizia per augurare a tutti i lettori e internauti di questo blog, Buon Natale.

martedì 11 dicembre 2012

L'Abbazia di Pomposa e Guido d'Arezzo



Il luogo è semplicemente magico, per ciò che semplicemente si vede e per i significati riposti che gli si annodano intorno.
L'Abbazia in questione è una delle più importanti d'Italia e presenta alcune particolarità. Situata a Codigoro (Ferrara), è datata intorno al IX secolo, o per lo meno risulta già nel IX secolo l'insediamento di un'abbazia benedettina più piccola del complesso successivo, mentre la comunità monastica era presente ancor prima, tra VI e VII secolo, quando i monaci di S. Colombano eressero un primo edificio religioso, probabilmente una cappella.


La presenza del cenobio è testimoniata da un documento datato 874 in cui Papa Giovanni VII arrogava al papato la giurisdizione sul complesso, in contrasto con la diocesi di Ravenna.


Dedicata a Santa Maria è la parte più antica, del VII-IX secolo, allungata in seguito con due campate e atrio nell'XI; le particolarità dell'atrio sono gli ornamenti in cotto e la presenza di elementi di maiolica.
L'interno della Chiesa è a tre navate, ripartito in una successione di colonne bizantine e romane. Il pavimento in marmo (antichissimo, risalente al VII secolo) presenta una lavorazione in opus sectile di grande pregio. La tecnica antica di decorazione è citata anche in Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, libro XXXVI, VI_IX, a proposito del Mausoleo di Alicarnasso (IV a.C.).


Ancora la Chiesa presenta sulle pareti affreschi di scuola bolognese trecentesca di storie dell'AT, NT e Apocalisse, mentre sulla controfacciata spicca un Giudizio Universale.


Sull'abside, affreschi di Vitale da Bologna, con Cristo con Angeli e Santi, Dottori della Chiesa, e gli Evangelisti.
Il campanile risale al 1063 e misura 48 metri. Ancora parte del complesso il Monastero, con la Sala Capitolare affrescata nel trecento, il Refettorio preziosamente affrescato, e il Palazzo della Ragione in cui l'abate esercitava potere amministrativo e giuridico.


In origine, primo elemento di bellezza naturale e architettonica, era circondata dal Po di Goro e di Volano e dal mare stesso, che isolavano il complesso nella "insula pomposiana", era cioè completamente circondata e lambita dall'acqua, immagine di fiabesco e mistico locus amoenus medievale.
L'abbazia che vediamo oggi fu consacrata nel 1026, ma si tratta comunque di un complesso attivo da parecchio tempo addietro, come risulta dalle numerose tracce precedenti.
L'abbazia raggiunse il suo culmine nell'XI secolo, ebbe vita fiorente fino al XIV secolo circa, perchè godeva della proprietà di una salina a Comacchio, e in seguito a donazioni di varie proprietà terriere nei dintorni e per tutta Italia; seguì una fase di declino dovuta alla malaria prima, e all'impaludamento dell'area dovuto alla rottura degli argini del Po a Ficarolo nel 1152 che mutarono le condizioni climatiche, ambientali.


Il complesso è noto:
per la struttura, all'originaria Basilica, il magister Mazulo aggiunse un nartece con 3 arcate;
per l'opera dei monaci amanuensi, quindi per la diffusione e conservazione di testi e cultura;
per la presenza di figure storiche, come San Pier Damiani e Guido d'Arezzo, a cui è dovuta la moderna notazione musicale (fissò anche il sistema moderno delle note).


Nell'XI secolo l'abbazia contava la presenza di una comunità di oltre 100 monaci; ma nel 1423 è trasformata in commenda; già nel 1496 è annoverata tra i beni del Monastero di S. Benedetto a Ferrara (aveva cioè smarrito la sua autonomia).
Nel 1653 papa Innocenzo X soppresse il monastero, anche se gli ultimi monaci ne escono solo verso la fine del secolo. Gli edifici rimasti disabitati ed esposti all'incuria iniziano a danneggiarsi, tanto che quando il complesso viene acquistato nel 1802 dalla famiglia dei Marchesi Guiccioli di Ravenna, i locali vengono usati come magazzini, stalle e fienili annessi all'azienda agricola. Tra 1910 e 1914 lo Stato espropria gran parte del complesso, e viene dato inizio tra 1925 e 1930 ad un ciclo di restauro per restituire il complesso all'antico splendore.


Quanto vediamo oggi è comunque solo una parte del vasto convento benedettino, composto di altri edifici tra i quali la massiccia Torre dell’Abate, un secondo Chiostro dedicato a San Guido, la chiesetta di San Michele e la Biblioteca, famosa in età umanistica per la vastissima raccolta di manoscritti  classici e religiosi.


Guido d'Arezzo, altrimenti noto come Guido Monaco, o Guido Pomposiano, (992-1050), è famoso per esser stato monaco, letterato, teorico della musica, figura della cultura medievale. Non ci sono dati troppo certi sulla sua nascita, anche se più che sui manoscritti guidoniani, nelle sue epistole, dice di sè "Pomposiano Agro exhortus". Entrato in monastero a 22 anni, si formò sotto la direzione dell'abate Guido di Ravenna.


Come teorico musicale, Guido Monaco è noto come l'ideatore della moderna notazione, per l'adozione del tetragramma, che sostituisce la precedente notazione adiastematica. A quel tempo non si considerava un sistema scritto di notazione musicale, ed il canto era eseguito ad orecchio.
Il suo sistema scritto fu rivoluzionario, ma trovò resistenze all'interno del convento di Pomposa, che preferì abbandonare nel 1052; Guido comunque si propose di risolvere i problemi del memorizzare e fissare sistematicamente per iscritto il canto gregoriano.
Ad Arezzo (da cui il suo nome più noto) fu accolto benevolmente dal Vescovo Teodaldo, che lo autorizzò alla predicazione sacra e gli affidò il ruolo di maestro. Adottò il nuovo metodo scritto, e sotto impulso del vescovo illuminato scrisse il "Micrologus" , titolo del suo famoso Trattato musicale, una sorta di best seller o meglio, uno dei testi più diffusi del medioevo, dopo l'onnipresente "De Consolatione Philosophiae" e i trattati di Severino Boezio. Il trattato riscosse fama e Guido fu invitato da papa Giovanni XIX a Roma per illustragli la nuova sistemazione scritta delle note.

Come aiuto ai cantori, Guido scelse le sillabe iniziali dei versi dell'Inno a San Giovanni Battista di Paolo Diacono, per gli intervalli dell'esacordo.

« Ut queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum
Solve polluti
Labii reatum
Sancte Iohannes »

(Affinché possano con libere
voci cantare
le meraviglie delle azioni
tue i (tuoi) servi,
cancella del contaminato
labbro il peccato,
o san Giovanni)

Da qui le basi della solmisazione (la forma in nuce del solfeggio). L'invenzione della notazione scritta di Guido rese possibile a cantori e a musicisti intonare ed eseguire a prima vista i canti e le melodie senza doverli imparare a memoria ascoltandoli dagli altri. La musica ed il canto teorizzati da Guido d'Arezzo sono in realtà l'unico linguaggio comune dell'umanità che non ha necessità di traduzioni per tutti i popoli del mondo.
In principio, il sistema guidoniano non era usato per indicare l'altezza dei suoni, denotati ancora dal sistema alfabetico, ma solo per collocare il semitono mi-fa nella melodia. Ut dunque non era un Do. Sarà nel 1600 che i nomi tratti dal sistema guidoniano saranno abbinati anche alle altezze assolute delle note, dopo che alla fine del XVI era stato aggiunto il Si (da Sancte Iohannes), mentre Ut diverrà definitivamente Do grazie a Giovanni Battista Doni.
Guido codificò anche la posizione e i significati delle note sulle righe e negli spazi del rigo musicale, proponendo un codice unificato per la loro scrittura ed interpretazione.
Nella modernità si usa il pentagramma (dopo l'aggiunta del Si), Guido introdusse il tetragramma, e anche un sistema mnemonico facilitato (la "mano guidoniana")


per l'esatta intonazione dei gradi della scala.
Sue anche l'epistola "ad Michelem de ignoto cantu", "Prologus in Antiphonarium" e "Regulae Rithmicae"
Pare che dal 1040 al 1050 Guido fu priore di nuovo a Pomposa nel suo vecchio monastero, e volle con sè l'amico San Pier Damiani.

E' annoverato tra i Beati, qui una sua breve monografia sacra.

 

(parte delle informazioni sono estratte da Wikipedia, altre dal portale Beni Culturali su linkato)

Josh

martedì 4 dicembre 2012

Fitzgerald, il jazz e il grande crac


Corsi e ricorsi. Si torna a leggere (o a rileggere) Fitzgerald, perchè? Perché ora come allora la macchina della storia si è inceppata e i sogni che tanto avevano animato il nostro Paese e la nostra Europa, "sono già alle spalle" (cito un'espressione dello scrittore). Francis Scott Fitzgerald che per comodità abbrevierò con FSF, fu il cantore dell'età del jazz. Letteratura del presente, la sua. Un presente che è già consapevolezza del suo farsi storico. Ma soprattutto, letteratura dell'azione. FSF fu attento testimone e protagonista dei Folli anni '20, dei suoi costumi rilassati, dell'alcol che scorreva a fiumi, delle corse in automobili lussuose in funzione di comode alcove a quattro ruote, del Dixieland, delle feste in giardino di splendide ville sull'Oceano, delle grandi orchestre, delle maschiette (le flappers) dalle gonne corte e con le gambe bene in vista che si agitavano in scatenatissimi charleston e shimmy, dei loro copricapi eccentrici fatti a cuffiette con frange e  lustrini, di lunghe collane di perle, di abiti frangiati, di sigarette allungate da eleganti bocchini, di sigari per uomini e di cappelli a falda larga. Tuttavia sarebbe errato vederlo come un superficiale esponente di quella Gioventù dorata di cui celebrò tanto i fasti. Scott vide prima d'ogni altro il denaro come veleno senza possibilità di antidoti, come strumento di pressione e di manipolazione esercitata soprattutto su quelli che non lo posseggono, spesso causandone la rovina psichica e la disintegrazione morale.

Daisy, la ragazza "dorata"e sognata da Gatsby (Mia Farrow)
Tant'è vero che leggere le sue storie ( i racconti dell'Età del Jazz e i romanzi) sono storie di declino inesorabile dei personaggi che da situazioni di rispettabilità e integrità vengono via via condotti alla disintegrazione e al disastro. In questo senso FSF si rivela attento cantore del "sogno infranto"; il tutto con una prosa poetica che rende la sua narrazione difficilmente traducibile sul piano cinematografico.
Di origine irlandese e instancabile pendolare di lusso fra l'Antico e il Nuovo Continente (lui e la moglie Zelda furono assidui frequentatori della Costa Azzurra) seppe vedere con profetica preveggenza il grande Male che affliggeva l'America: il materialismo e l'avidità. FSF fu uno scrittore la cui vita oltretutto, venne stritolata e travolta dai debiti e dall'inesorabile legge della domanda-offerta. Di qua dal paradiso, Belli e dannati,Tenera è la notte...titoli di romanzi che sono già entrati nella leggenda e nelle espressioni idiomatiche. Poi "Il Grande Gatsby", vita, sogni, successi, splendore e caduta di un'indimenticabile tycoon (magnate). Così indimenticabile che Hollywood (per la cui industria cinematografica FSF lavorò come sceneggiatore) ne fece parecchie versioni: una muta, una parlata in bianco e nero con Alan Ladd, nel 1973 quella prodotta da Coppola per la regia di Jack Clayton con Robert Redford (Gatsby) e Mia Farrow (Daisy), film calligrafico con splendidi costumi, ma un po' rallentato nei ritmi. Ora è attesa la versione spettacolare di Baz Luhrmann con Leonardo Di Caprio in programmazione nelle sale per Natale. Insomma Jay Gatsby intriga e seduce ancora forse perché è la personificazione dell'America stessa, sempre sospesa tra romanticismo (l'American Dream), e materialismo (il Denaro che spalaca tutte le porte), tra veloci ascese e brutali cadute.


E sempre a proposito di tycoons occorre citare la figura di Monroe Stahr nell'ultimo romanzo incompiuto "Gli ultimi fuochi", ispirato al produttore Irving Talberg capo della MGM, per il quale FSF lavorò. Elia Kazan ne fece un'elegante versione cinematografica , dalle atmosfere sospese con Robert De Niro nel ruolo di Monroe Stahr (alter ego di Talberg) .  Il film fu sceneggiato dallo scrittore Harold Pinter.
Ma non vorrei soffermarmi troppo sugli elementi biografici di FSF e di sua moglie Zelda, del loro tempestoso matrimonio fatto di fughe, tradimenti e gelosie, e della drammatica morte di lei, avvenuta in un ospedale psichiatrico durante un devastante incendio (che potrete sempre leggere nei links), quanto  invece, voler dare voce in "presa diretta",  attraverso i suoi spezzoni di romanzi intercalati da vari pezzi di jazz, allo scopo di ricreare le atmosfere e l'aria di quel tempo.
Da "Belli e dannati"
Più tardi andarono da un bagarino e ottenero per un certo prezzo, due posti per una nuova commedia musicale intitolata High Jinks. Nel vestibolo del teatro si fermarono un momenti a guardare l'arrivo del pubblico alla prima. Vi erano mantelli da sera ornati da ogni genere di pellicce; vi erano gioielli che gocciolavano da braccia e gole e orecchie di bambole rosa: vi erano innumerevoli frange lucenti tra innumerevoli cappellli di seta; vi erano scarpe d'oro e di bronzo e rosse e di un nero lucente; vi erano le acconciature alte, serrate di molte donne, e i capelli lucidi e bagnati, di uomini ben ravviati; soprattutto c'era l'impressione dell'alzarsi, fluire, chioccolare, ridacchiare, spumeggiare, di un'ondata lenta di questo mare giocondo di gente che riversava quella sera il suo torrente scintillante nel lago artificiale del riso....


Musica consigliata: questa versione di Rhapsody in blue del 1924


Da Tenera è la notte:
L'albergo e quel luminoso pezzetto di stuoia che era la spiaggia, erano una cosa sola. La mattina presto l'immagine lontana di Cannes, il rosa e il crema delle vecchie fortificazioni, le Alpi purpuree che cingevano l'Italia, venivano gettate nell'acqua e giacevano tremolanti nei gorghi e negli anelli spinti alla superficie delle piante marine attraverso la limpida acqua bassa. Prima delle otto un uomo scendeva sulla spiaggia in un accapatoio azzurro, e dopo molte applicazioni di acqua fredda sul corpo, e molti brotolii e molti sospiri, si agitava in un minuto in mare. Quando se ne era andato, spiaggia e baia restavano in pace per un'ora.

Beh, godetevi questa splendida descrizione di Cap d' Antibes al ritmo nostalgico di Georgia on Mind nella versione di Bix Beiderbecke.
Erano tempi di feste, garden party con grandi orchestre, "giardini azzurri dove uomini e donne andavano e venivano come falene tra bisbigli, champagne e stelle". Così osservava Nick Carraway, il vicino di casa di Gatsby, che è come un terz'occhio narrante conradiano alla Marlow. Figura di apparente basso profilo, in realtà è totalmente utile alla trama del romanzo, tenuto conto che la vita scintillante di Gatsby è raccontata da lui.
Alle sette è arrivata l'orchestra, non una cosetta di cinque elementi ma un intero mucchio di oboe e tromboni e sassofoni e viole e cornette e flauti e tamburi e grandi e piccoli. Gli ultimi bagnanti sono ritornati dalla spiaggia e stanno vestendosi disopra: le macchine arrivate da New York sono disposte su cinque file lungo il viale: già le sale, i saloni, le verande sono sgargianti e di pettinature nuove e strane e scialli che superano i sogni di un castigliano. Il bar è in piena attività, e le ronde fluttuanti di cocktails permeano il giardino, finché l'aria risuona di cicaleggi e risa e frasi di convenienza...

Ancora Beiderbecke in Davenport Blues 
 
Eppure Gatsby, alla fine realizza  il suo Sogno americano, quello di poter arricchire in fretta, troppo in fretta, lasciando morti sul campo con la sua automobile color crema con  lucide cromature, simbolo del suo status raggiunto, pur di conquistarsi una rispettabilità. Così dopo la rapida ascesa, arriva fatale, la caduta. Uno sparo, un ultimo tuffo nella sua piscina che è già un tonfo mortale. L'ultima meditazione sulla sua brillante meteora fu affidata a Nick, il vicino di casa:

E mentre meditavo sull'antico mondo sconosciuto, pensai allo stupore di Gatsby la prima volta che individuò la luce verde all'estremità del molo di Daisy. Aveva fatto molta strada per giungere a questo prato azzurro e il suo sogno doveva essergli sembrato così vicino da non poter più sfuggire. Non sapeva che il sogno era già alle sue spalle, in quella vasta oscurità dietro la città dove i campi oscuri della repubblica si stendevano nella notte. Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C'é sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia ... e una bella mattina...
Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato.

Francis Scott Fitzgerald

Affidiamo all'Orchestra di Fletcher Henderson la chiusura del pezzo su FSF in questo Shanghai Shuffle.


Hesperia