martedì 18 febbraio 2014

C'era una volta un Principe e una Principessa




Prima di commentare questo articolo del Corriere, lo pubblico testualmente. Giudicate un po' voi a cosa siamo ridotti, alla modifica e alla revisione  e perfino all'estinzione della letteratura per l'infanzia. Alla fine di Perrault,  dei fratelli Grimm, di Afanasjev, della grande fiaba di magia, siamo ridotti a dover rinunciare alla  fiaba popolare e di folclore su cui fece ampia ricerca anche il nostro Italo Calvino nella sua famosa raccolta di fiabe popolari italiane. Alla  derisione della grande fiaba romantica  d'autore di Hans Cristian Andersen. In nome di cosa? Della paura che i bambini possano essere avviati a diventare normalmente eterosessuali e ad agire e comportarsi secondo natura una volta diventati adulti.



Tre opuscoli pubblicati dal dipartimento per le Pari opportunità e destinati agli insegnanti delle scuole elementari, medie e superiori sconsigliano di leggere le fiabe ai bambini: tendono a promuovere un solo modello, quello della famiglia tradizionale, e impediscono identificazioni diverse. La collana ha lo scopo di combattere il bullismo e la discriminazione, e al suo interno si trovano anche capitoli contro l’omofobia.

Per secoli le fiabe hanno fatto il loro onorato servizio per divertire, appassionare, distrarre, a volte anche consolare i bambini: ma ora è finita, Grimm e Andersen se ne devono andare in pensione, come anche le molto amate riscritture cinematografiche delle loro belle fiabe, firmate Walt Disney. Al bando Biancaneve, la Bella addormentata, il Principe rospo e tutte quelle storie che parlano di principi azzurri e principesse in cerca di un eroe che ammazzi il drago, colpevoli di indurre le bambine a cercare poi - invano - per tutta la vita un uomo che assomigli a quel perfetto prototipo e i bambini a convincersi di dover usare spada e coltello per far colpo sulle fidanzate.

Fin qui, nulla da dire sul contenuto dei tre volumetti ideati dal Dipartimento delle Pari opportunità e destinati agli insegnanti delle scuole elementari, medie e superiori. Peccato per la rottamazione delle fiabe, che hanno incantato tante generazioni, piccole catarsi - secondo gli studiosi - per le grandi paure dei bambini; tuttavia, se l'eliminazione dalle favole di principi e principesse può servire a far crescere ragazzi e ragazze senza vani sogni capaci di rovinare loro la vita, ben venga la ghigliottina letteraria su questi personaggi nocivi, certamente nutriti a zuccherose brioche invece che a umile pane nero.
Scorrendo i consigli delle Pari opportunità, accanto a indicazioni intelligenti e benvenute per combattere il bullismo e insegnare il massimo rispetto per chi in qualche modo è diverso, si scopre però che principi e principesse hanno ben più gravi responsabilità di quella di istillare sogni balordi: insegnano, cioè, che per formare una famiglia, gli uomini si sposano con le donne e mai viene loro in mente di accennare alla possibilità che un uomo sposi un uomo oppure una donna un'altra donna. Queste ammuffite storie d'altri tempi raccontano, infatti, sempre e soltanto di cavalieri che dopo la partita di caccia tornano a casa dalla dolce sposina che culla il bambino cantando una ninna nanna.
Per le Pari opportunità è, dunque, davvero ora di finirla con la bigotta famiglia tradizionale. Aria nuova ci vuole, specialmente per i bambini. Avanti allora con esempi più moderni, di coppie omosessuali, con genitori uno e due. E basta anche con giochi e passatempi tradizionalmente maschili o femminili: bisogna decidersi a mescolare le carte insegnando il calcio alle bambine e lasciando le bambole in mano ai loro amichetti. Le macchinine meglio regalarle alle femminucce e i servizietti da cucina, invece, ai maschi (il che, al tempo di Masterchef e della recente mania per il food avrebbe anche un senso).
Ironia a parte, le raccomandazioni per gli insegnanti hanno l'aria di essere una corsa in avanti un po' troppo precipitosa. Con uno scopo che sembra, chissà, abbastanza preciso: preparare, cioè, il terreno (tra bambini e ragazzi e, quindi, nelle famiglie) al matrimonio omosessuale. Il che può essere una scelta, da farsi, però, piuttosto, per così dire, a viso aperto, non nel modo un po' strisciante, all'insegna della correttezza politica per bimbi, cui fanno pensare le istruzioni dei tre libretti.

Corriere della Sera 15 febbraio 2014


Il Commento

Il progetto di queste élites è a dir poco immondo perché vorrebbero esercitare violenza non solo con la loro contro-pedagogia e diseducazione servendosi della scuola e delle pubbliche istituzioni prese in ostaggio da circolari "europee", ma pretendono cancellare le radici storiche dei racconti di magia (fairy tales), dei racconti della tradizione popolare (folk tales), così radicati nell'immaginario collettivo dei popoli fin dagli albori della civiltà. Di quella tradizione orale popolare che poi si va facendo via via scrittura.
La letteratura per l'infanzia, contrariamente a quel che si crede, è destinata agli esseri umani tout court a partire  dalla loro nascita  accompagnandoli  nel corso della vita. Pertanto,  non è  necessariamente ed esclusivamente  destinata ai bambini, anche se  poi questi ne sono i principali lettori e ascoltatori.   Madri e padri trasmettono miti, fiabe, favole di animali, racconti ai loro figli creando quell' empatia e  quell'affettività, necessari all'apprendimento e alla formazione psicologica  e culturale dei più piccoli, preparandone il terreno come farebbe  ogni buon agricoltore . Bene lo ha descritto Bruno Bettelheim nel suo saggio "Il mondo incantato" di  cui riporto questo brano:

Per imparare a destreggiarsi nella vita e superare quelle che per lui sono realtà sconcertanti, il bambino ha bisogno di conoscere se stesso e il complesso mondo in cui vive. Gli occorrono un'educazione morale e idee sul modo di dare ordine e coerenza alla dimensione interiore. Cosa può giovargli più che una fiaba, che ne cattura l'attenzione, lo diverte, suscita il suo interesse e stimola la sua attenzione? Sia essa Cappuccetto rosso, Cenerentola o Barbablù, la fiaba popolare, anche se anacronistica, trasmette messaggi sempre attuali e conserva un significato profondo per conscio, subconscio e inconscio. Si adegua perfettamente alla mentalità infantile, al suo tumultuoso contenuto di aspirazioni, angosce, frustrazioni, e parla lo stesso linguaggio non realistico dei bambini. Tratta di problemi umani universali, offrendo esempi di soluzione alle difficoltà. E' atemporale e i personaggi dei suoi scenari fantastici sono figure archetipiche che incarnano le contraddittorie tendenze del bambino e i diversi aspetti del mondo. Le situazioni fiabesche, rispettando la visione magica infantile delle cose, esorcizzando incubi inconsci, placando inquietudini, aiutando a superare insicurezze e crisi esistenziali, insegnando ad accettare le responsabilità e ad affrontare la vita. 

 
Le più celebri fiabe di Perrault sono universalmente note e parte indelebile della nostra cultura e del patrimonio tradizionale e popolare; i riferimenti a esse in altre opere d'arte e in altri contesti sono semplicemente incalcolabili, così come sono numerosissime le trasposizioni in opere liriche, teatrali, cinematografiche, musicali,  cartoni animati e così via. Si possono ricordare in particolare oltre alla nota Cenerentola, Pollicino, La Bella Addormentata, Il gatto con gli stivali, e la stupenda Pelle d'Asino con i suoi tre  indimenticabili abiti di sole, di luna e di stelle. 
Con un'ambientazione  più oscura e tenebrosa, fatta di fitte foreste popolate da streghe, goblin, troll e lupi in cui accadono anche  cruenti fatti di sangue, così come voleva la tradizione popolare tipica tedesca, sono invece le fiabe dei Fratelli Grimm. Una delle motivazioni che spinsero i Grimm a trascrivere le fiabe, retaggio culturale comune dei popoli di lingua tedesca, fu il desiderio di favorire la nascita di un' identità germanica.

E comunque Biancaneve, I 4 musicanti di Brema, Il Pifferaio di Hamelin, il Principe Ranocchio, Raperonzolo (Rapunzel), Hansel e Gretel e la loro indimenticabile casetta di marzapane col tetto in cioccolato, restano impresse per sempre nell'immaginario popolare trascendendo i confini germanici per diventare patrimonio di tutti.  All'inizio del XIX secolo la Germania era frammentata in centinaia di principati e piccole nazioni, unificate solo dalla lingua tedesca.  
I signori di Bruxelles che stanno imponendo certi scempi pedagogici dovrebbero sapere che fiabe popolari e racconti di magia servono  a costruire la lingua. L'articolo riportato dal Corriere mostra pertanto ignoranza sesquipedale in materia di fiabe.
E che dire del "favoloso" Andersen e della sua Sirenetta che è diventata il simbolo della Danimarca stessa? "I vestiti nuovi dell'Imperatore" è una fiaba allegorica e morale ("Il re è nudo" visto con gli occhi della verità che solo  un bambino può avere,  mentre i  ciambellani e i cortigiani si ostinavano ad adularne gli abiti), Scarpette rosse" (fiaba certamente un po' crudele) coniuga il macabro col sublime  e ne fecero un film indimenticabile a firma Powell e Pressburger, "L'usignolo" (fiaba tanto amata da Oscar Wilde) è una reprimenda contro il meccanicismo e il progresso che uccide la vera poesia e  la vera musica.
 
Il fascino delle Scarpette Rosse
La Regina delle Nevi fiaba alla quale dedicai già un apposito post,  ci lascia impresse nelle memoria, atmosfere rarefatte di sortilegio, di meraviglia, con tanta voglia di scoprire paesaggi incantevoli come la Norvegia, la Lapponia, la Finlandia. Tutti ricorderanno l'incontro fatto di fascinazione tra il piccolo Kay e la Regina delle Nevi, bella e altera sulla sua slitta, avvolta nella suo candido manto di pelliccia e manicotto, coi suoi occhi azzurini come il riflesso della neve sotto le luci del Nord. Una sorta di Bella Dama delle pianure innevate (già presente anche nella grande tradizione popolare russa), il cui bacio glaciale è fatale al piccolo che viene rapito e separato dai suoi affetti familiari. Bellezza, fascino e algore, non si oppongono tra loro e rappresentano stilemi letterari resi già abilmente fruibili ad un pubblico giovanissimo.
La principessa Vassilissa di Afanasjev

C'era una volta un Re e una Regina, c'era una volta un Principe e una Principessa... In un castello vivevano... Cammina, cammina...  strada facendo, e vissero felici e contenti, sono tutte le formule magiche che servono a spalancare al bambino quel mondo incantato di cui ha bisogno per diventare a sua volta creativo.   Il mondo della fiaba e della favola dev'essere un mondo sospeso e atemporale... Inutile volerlo attualizzare alla luce di  surrettizie problematiche "di genere" e di "ruoli sessuali", che non interessano minimamente al bambino. Pertanto, non permettiamone la sua distruzione prima ancora che si affacci alla vita e impari a scoprirla.

Hesperia








martedì 4 febbraio 2014

CC, che carriera!






Claudia Cardinale è stata per anni il volto-simbolo del buon cinema italiano. Ripercorrere la sua strabiliante carriera è pertanto, ripercorrere la storia del nostro cinema quando era vero cinema, apprezzato e guardato con rispetto e interesse nel mondo intero. Ma anche la nostra storia e i nostri costumi. Oggi è un'anziana signora, con tanto di nipoti, che ha avuto la fortuna di girare film bellissimi con grandi registi e che può ritagliarsi ruoli teatrali di prestigio in Francia dove risiede stabilmente. Ma anche ricordare con piacere la grande mole di lavoro fatto, ricevendo numerosi premi alla carriera, mostre retrospettive, tributi ecc.  Più della Loren e della Lollo, la quali, è vero che hanno pure loro, spiccato il volo per l'estero, ma sono pur sempre rimaste prigioniere di cliché e di ruoli un po' caserecci. Claudia è attrice ad un tempo nazionale ed internazionale, grazie al fatto di essere nata bilingue. Nasce a Tunisi nel 1938 da genitori di origine italiana (siciliani per l'esattezza), ma parla il dialetto siciliano, l'arabo e naturalmente il francese, lingua di studio e di cultura in uso nelle scuole tunisine. Non padroneggia invece molto bene l'Italiano che migliorerà man mano che procede la sua carriera in Italia. I suoi genitori, Yolanda e Francesco, erano nati in Tunisia, figli di emigranti siciliani: i nonni paterni erano commercianti di Gela, trasferitisi là, quando era ancora un protettorato francese; i nonni materni, avevano una piccola impresa di costruzione marittima a Trapani ma poi si stabilirono a La Goletta, dove esisteva una numerosa comunità italiana. A La Goletta Claudia (il cui vero nome è Claude) insieme alla sorella Blanche trascorre meravigliose vacanze al mare dai nonni, mentre il padre costruisce per le ragazzine una barca in legno. Pur essendo entrambi i  suoi genitori educati in scuole francesi, il radicamento nella terra d'origine era tale che il padre, ingegnere delle ferrovie, scelse di mantenere la nazionalità italiana invece di prendere quella francese, cosa che la Cardinale ha rifatto in omaggio a lui: residente a Parigi, potendo scegliere mantiene la nazionalità italiana.
La sua carriera prende l'avvio con piccole frequenti parti, in ottimi film d'autore e fu questa la strategia del produttore Franco Cristaldi che poi diventerà suo compagno di vita e darà il suo cognome al bambino che lei ebbe, quale frutto di una tormentata violenza sessuale. La Cardinale decise stoicamente di tenere il bambino e di crescerlo con amore,  ma il contratto con la Lux Vides (la più grande casa di produzione cinematografica con a capo Cristaldi) la obbligherà a non rivelare la maternità,  ad andare a partorire in segretezza a Londra, e di far passare il proprio figlio per fratello minore: una grande sofferenza per lei, come confesserà molti anni dopo in una famosa intervista rilasciata a Enzo Biagi .


La sua carriera inizia per caso con un concorso la più bella italiana a Tunisi nel 1957 che le dà l'opportunità




da Il bell'Antonio (Bolognini)


di compiere un viaggio a Venezia. Qui viene assediata di paparazzi dai quali cerca di difendersi con la sorella Blanche.
 Il suo primo film è  "I soliti ignoti" di Monicelli, nel piccolo ruolo di Carmelina, la sorella di un Tiberio Murgia, fratello possessivo che non vuole farla fidanzare con Renato Salvatori.
 Il suo carattere introverso e ritroso la porterà, per paradosso, a dover subire l'insistenza di registi che intendono scritturarla per i loro film,  proprio quando lei non vuole credere alla possibilità di diventare attrice. E' il caso di Mauro Bolognini che la scrittura per "Il Bell'Antonio" ottimo film tratto dall'omonimo romanzo di Vitaliano Brancati e storia "siciliana" di un uomo bello, gentile ed elegante, e assai ambito dalle ragazze, ma in realtà, con problemi di virilità. Con Bolognini, autore a lei carissimo, gira del resto un bellissimo film
da Senilità (Bolognini)
insieme a Belmondo "La viaccia" , intriso di preziosismo crepuscolare, oltre a "Senilità"  tratto dall'omonimo romanzo di Svevo, nel ruolo di Angiolina, femme fatale che condurrà alla rovina il protagonista. Più tardi sempre per Bolognini, un film rimasto poco valutato come "Libera, amore mio" nel ruolo della figlia di un famoso anarchico.
Anche Valerio Zurlini, di cui mi sono già occupata in specifico pezzo,  la vuole protagonista in "La ragazza con la valigia", nel ruolo di  Aida, una ragazza madre di provincia, costretta a nascondere la maternità, una  parte perfetta per lei, dalla quale - come dichiarerà - farà poi fatica a staccarsi giacché fin troppo speculare alla sua dolorosa esperienza. Di questo si accorge il sensibile Zurlini che la seguirà con affetto sul set.
La ragazza con la valigia (Zurlini)

Con Visconti esordisce in un ruolo marginale di Ginetta in "Rocco e i suoi fratelli", ma poi lui la valorizza quale indimenticabile protagonista in Il gattopardo nel ruolo di Angelica, la bella promessa sposa al nipote del principe di Salina, Tancredi (Alain Delon). Nel film la Cardinale ricopre due parti: quello della citata Angelica e quello più "selvaggio"  e ritroso della madre, donna bellissima ma tenuta sotto chiave dal marito che la conduce personalmente a Messa al mattino presto, velandola di nero, poiché geloso della sua bellezza. Due parti distinte della sua personalità: quella solare e quella lunare, come Visconti ha voluto acutamente mettere in evidenza. Il Gattopardo conquista trionfalmente la Palma d'oro a Cannes. La Cardinale presenzia brevemente sulla Croisette, giusto il tempo sufficiente per la storica fotografia sulla spiaggia in compagnia dei "tre gattopardi", Luchino Visconti, Burt Lancaster, Alain Delon e un ghepardo vero tenuto al guinzaglio sulla spiaggia.  Di recente nel 2011 lei e Delon hanno presenziato a Cannes per una versione restaurata e rimasterizzata de Il Gattopardo, felicemente acclamati dal pubblico, ma anche con una punta di malinconia da parte di entrambi,  nel constatare che  tutti i loro compagni di lavoro erano morti e che loro due (legati da lunga e fraterna amicizia dai tempi di "Rocco e i suoi fratelli") erano gli unici superstiti rimasti in scena.
Alain Delon e Claudia Cardinale a Cannes per la versione rimasterizzata de Il Gattopardo
 
 Ancora una parte di protagonista  in "Vaghe stelle dell'Orsa" accanto a Jean Sorel, in una storia scabrosa di incesto tra sorella e fratello che non ottenne molto successo di pubblico. Ma contemporaneamente a Visconti, la vuole anche Fellini, innamorato del suo volto dopo averla notata con Germi in "Un maledetto imbroglio".



Il primo film importante della sua carriera è infatti Un maledetto imbroglio (1959) di Pietro Germi, regista che per lei è una vera rivelazione. Fino a quel momento ha lavorato senza essere conquistata dal cinema, ma grazie alla sapiente direzione del burbero e laconico regista-attore (ci siamo già occupati di lui in questo post), con il quale nasce un'immediata affinità tra due caratteri simili, comincia ad imparare cosa sia il mestiere della recitazione e a sentirsi a proprio agio davanti alla macchina da presa.

Si tratta della sua prima vera prova di attrice, per la quale riceve una lusinghiera recensione da parte di Federico Fellini («una Cardinale che io mi ricorderò per un pezzo. Quegli occhi che guardano con gli angoli accanto al naso, quei capelli bruni lunghi e spettinati (...) quel viso di cerva, di gatta, e così passionalmente perduta nella tragedia»). Fu così che in 8 e mezzo, le affida il ruolo della Musa ispiratrice e per la prima volta non vuole farla doppiare ma le lascia la sua voce roca così singolare.
Inoltre fa esprimere al proprio alter ego Mastroianni una reverente dichiarazione d'amore all'attrice («Quanto sei bella, mi metti in soggezione, mi fai battere il cuore come un collegiale. Che rispetto vero, profondo, comunichi.») e la trasforma in una sorta di eterno femminino salvifico.
 Passare da Visconti a Fellini, per lei sarà quasi uno choc e, come dichiarò in alcune interviste, mentre con Luchino tutto era perfettamente pianificato nel dettaglio, con Federico si trovavano sul set senza sapere come muoversi perché tutto era creatività, genialità e improvvisazione da parte del maestro. Per Citto Maselli invece interpreta "I delfini" e  "Gli Indifferenti" tratto dall'omonimo romanzo di Alberto Moravia, il quale scrive  anche un libro  su di  lei.
da I delfini di Maselli



Comencini la ingaggia in "La ragazza di Bube" tratto dal romanzo di Cassola. Più tardi nella maturità la collaborazione con Comencini in "La storia" tratto dal famoso romanzo di Elsa Morante, trasmesso in puntate per la tv. Antonio Pietrangeli ne "il magnifico cornuto" accanto a Tognazzi, fu un'esperienza che lei non ricorda con piacere a causa della corte troppo insistente di Tognazzi. Ottimi ricordi invece per Marco Ferreri in L'Udienza accanto a uno stralunato Enzo Jannacci che si smarrisce nei sotterranei burocratici del Vaticano. Claudia ricorda il disincanto del regista che sempre sapeva sdrammatizzare le situazioni e ricordarle che dopotutto è solo finzione..

ll suo carattere umile, ma nel contempo ostinato, tenace e laborioso la porterà a non sentirsi mai "arrivata" e a buttarsi con costante impegno in ogni esperienza lavorativa: dai film di impegno a commedie leggere come la buffa commedia all'italiana di Luigi Zampa "Bello, onesto immigrato Australia sposerebbe compaesana illibata" con Alberto Sordi. In Australia per la presentazione del film, Claudia racconta che gli immigrati di origine italiana volevano toccare lei e Sordi, perché rappresentavano un pezzo d'Italia.  Anche una della serie di "La pantera rosa" di Blake Edwards accanto a David Niven, segue il filone comico-brillante.
Con la Francia ha sempre coltivato una doppia e parallela carriera all'Italia. Molti dei film girati Oltralpe, non arrivano nemmeno qui. Ma tutti la ricorderanno ne "Il clan dei marsigliesi", una gangster story alla francese che ebbe successo anche da noi, con accanto il ritrovato amico J.P. Belmondo con cui aveva già girato "La viaccia".
E pure accanto a Brigitte Bardot ne "Le due pistolere", una commedia ambientata nel west, dove lanciarono lo slogan CC contro BB e volarono tra le due finti sganassoni. In realtà, sono sempre state molto amiche e Claudia ammette di aver avuto il poster della Bardot appeso in camera in Tunisia quando ancora non pensava di certo a fare del cinema. Nel frattempo nel 1975 si incrina il sodalizio decennale con Cristaldi, il suo pigmalione-padrone. Come lei ammette nelle interviste, la Vides divenne padrona di ogni dettaglio della sua vita, in un contratto "all'americana". A posteriori, sostiene di non essersi mai sentita davvero la compagna di vita di Cristaldi, perché non si è trattato di un rapporto paritetico: è sempre stata in una posizione svantaggiata, subordinata rispetto al produttore, «Cenerentola gratificata dalla sua generosità», da un lato per il grande debito di riconoscenza nei suoi confronti per averla aiutata nel momento critico della gravidanza segreta.  Tant'è vero che non riuscirà mai a chiamarlo per nome, ma lo chiamerà "Cristaldi". 
Si innamora così del regista napoletano Pasquale Squitieri e vuole andare a vivere con lui. Cristaldi avrà una reazione inattesa facendo scattare rappresaglie meschine, boicottando sia la sua carriera che quella del suo nuovo compagno, arrivando a fare il vuoto a entrambi.  E quando Visconti programma quello che poi si rivelerà essere il suo ultimo film "L'innocente" tratto dal romanzo di D'Annunzio, la parte non sarà per Claudia, bensì per Laura Antonelli. Ma intanto la Cardinale si riprende quella vita vera che il contratto con la Vides non gli permetteva di vivere e compie un viaggio sentimentale da una costa all'altra degli Usa con Squitieri, dal quale poi avrà una figlia: Claudia jr. Fu finalmente per lei, una maternità vissuta in grande serenità.


Grandi problemi invece con "Fitzcarraldo" di  Werner Herzog girato nella calura della foresta amazzonica accanto al caratteriale e turbolento Klaus Kinski. "Benedico il cielo per aver ingaggiato Claudia Cardinale nel cast del film" ricorda Herzog "dato che era l'unica persona che stava nelle grazie di Kinski e riusciva a  farlo ragionare". Quel Kinski che faceva bizzarrie e pazzie assurde rifiutandosi di girare, trovò in lei un'amica di cui fidarsi, rientrare in sé   e  riprendere il lavoro. Partners di ottimo livello come John Wayne, Burt Lancaster, Jack Palance, Rock Hudson, la affiancano in numerosi film di produzione statunitense. In Usa gira anche un buon western dal titolo "I professionisti"  di Richard Brooks, col ritrovato Burt Lancaster.
 
C'era una volta il west


Ma il vero grande western che le conferisce piena popolarità internazionale è il nostro epico  spaghetti-western di Sergio Leone "C'era una volta il West" con la famosa colonna sonora di Ennio Morricone. Primo nome della Cardinale  su tutti i  cartelloni del mondo seguito dai nomi di veri colossi del cinema come Henry Fonda, Charles Bronson e Jason Robards. Il ruolo interpretato è quello di Jill Mc Bain, vedova volitiva che cerca di rifarsi una vita su un terreno dove sarebbe dovuta passare la ferrovia. Una grande soddisfazione professionale!
Ancora un ruolo di donna con la valigia che cerca di farsi uno spazio per sopravvivere in un clima di violenza, polvere e  sangue. Ancora il treno da cui scende  con un cappellino di paglia in testa. Ma soprattutto  ancora lei, più matura e consapevole, che sorride, fiduciosa, alla vita, con quella sua strana dose di ingenuità che in fondo non ha mai perso. Un ruolo singolare di matriarca che si fa largo in un genere cinematografico quasi esclusivamente maschile.  Ed è con questo trailer dalla splendida musica  di Ennio Morricone che voglio chiudere. 



C'era una volta il cinema,  i suoi artefici e i suoi protagonisti, prima che serialità, banalità, volgarità, violenza gratuita, cattivo gusto, rutilanti effetti speciali fine a se stessi,  lo sciupassero.

Hesperia