lunedì 21 dicembre 2009

Il mistero del Natale


L'amico Marcello, del blog Aquaeductus, si complimenta spesso con autori di questo blog; dimostrazione di stima che effettua mediante la ripubblicazione, da lui, di nostri post. Oggi, gli rendo la cortesia, ripubblicando il suo ultimo: Natale toscano.
"In Toscana è molto sentita la tradizione del presepe, la “capannuccia”, come solitamente si usa dire nel linguaggio comune, una sineddoche più che giustificata dato che, la parte più importante del presepe, è proprio la capanna della Natività, con tutta la sua simbologia religiosa e spirituale. L’ambiente circostante è solo un panorama complementare, quasi sempre avulso dalla realtà storico-geografica mediorientale. Il paesaggio è quello tipico dell’ appennino toscano, con molto verde, rappresentato dall’immancabile borraccina e dal muschio, con piccoli casolari, intagliati nel legno, nei colori caratteristici e nelle forme architettoniche peculiari della regione. Sulle aie animali da cortile in gesso ed i classici pagliai, oggi del tutto scomparsi dal panorama toscano, che, insieme ad ampie scorze di corteccia di sughero, a piccoli ruscelli, in carta stagnola ed a laghetti di specchi, completavano il presepe domestico o delle chiese più povere. Modesti doni portati dal Bambinello, quasi sempre dolciumi per i più piccoli, venivano posti alla base del presepe, quasi a simboleggiare l'innocenza. Un abete, con addobbi molto semplici, rispondenti all’antica tradizione nordica, frutta al posto delle insignificanti palle, fievoli e tremanti fiammelle delle candeline di cera al posto delle odierne sfavillanti e multicolori lampadine, allietava il soggiorno. Il prevalere, pertanto, della semplicità, del simbolismo e dell’atmosfera gioiosa e nello stesso tempo spirituale della Natività, sul materialismo della vita quotidiana. Poi venne il progresso, il boom economico, babbo Natale e la festa divenne occasione per dimostrare lo status symbol, il raggiunto benessere, i regali divennero costosi, appariscenti, quasi sempre inutili ed elargiti a tutti i conoscenti, col preciso scopo di farsi notare. Nei presepi comparvero le statuette di pregio, gli effetti luminosi speciali, gli alberi di natale furono addobbati riccamente, le tavole imbandite per novelli Pantagruel, in pratica un ritorno ai pagani saturnali, che, nell'antica Roma, si celebravano proprio in questo periodo. La vuota esteriorità prese, e continua ad avere, il sopravvento sul significato più profondo della Natività che è la redenzione dell’uomo."

Dopo averlo letto, la "tentazione" di parlare del Natale della mia infanzia, è stata forte. Un'infanzia trascorsa nelle campagne del cremonese, negli anni '50, quando i doni venivano portati da Santa Lucia, in groppa al suo somarello, perchè cieca, nella notte tra il 12 e 13 dicembre -, o di quello di mia moglie - cresciuta in un paesino della Sicilia Sud-Orientale, là dove, negli anni della sua infanzia, e ancora per parecchio tempo dopo, "la parola mafia era solo un vago aggettivo..." e dove era "ancora possibile cogliere qualche reliquia della serenità del vivere, del toccare a momenti - fuggevolmente, con tenerezza e rimpianto - il giusto della vita...", come ha scritto Gesualdo Bufalino -, là dove, per l'appunto, i doni ai bambini venivano portati da parenti defunti, per lo più i nonni, nella notte tra l'1 e il 2 novembre. Ma la frase conclusiva del post di Marcello - "La vuota esteriorità prese, e continua ad avere, il sopravvento sul significato più profondo della Natività che è la redenzione dell’uomo" - ha sviato la mia mente dal proposito iniziale, deviandomi a scrivere di un passaggio cruciale della mia vita. Il blog è, infatti, anche diario personale, e la parola redenzione, evocata da Marcello, ha agito su di me, facendo riemergere i ricordi di una mia rinascita, annullando così quel proponimento iniziale.

Gli anni '70 furono per me un periodo abbastanza burrascoso e tormentato: avrei anche potuto perdermi. Ebbi la fortuna, in quegli anni, di avere tra i clienti la Editrice Letture, Rassegna del Libro e dello Spettacolo. Essa è un'emanazione diretta dei Padri Gesuiti di San Fedele a Milano. A dirigere la rivista, era, in quegli anni, padre Alessandro Scurani. Io, venditore di carta da stampa, ebbi così la possibilità di poter intrattenere con lui un periodo di breve, ma intensa e proficua amicizia. Le mie visite di routine si prolungavano oltre misura, per parlare unicamente di Gesù e dei Vangeli. In quegli anni aveva curato la messa in stampa di una mirabile edizione dei Vangeli, quella, appunto, edita dai Padri Gesuiti, che è il massimo, in tema di Vangeli, che si possa avere. Ne acquistai da lui una copia, con dedica ad personam: "in segno d'amicizia".

Padre Alessandro Scurani è venuto a mancare negli anni '90, ma è ancor oggi ricordato dai giornalisti più attempati, per gli accesi contrasti avuti con l'agnostico e mangiapreti per eccellenza, Indro Montanelli, su questioni inerenti la fede.

Lessi e rilessi il testo dei quattro evangelisti, abbastanza avidamente, ripromettendomi di rileggerli unitamente a commenti, note e storiografia, che sono la parte più corpulenta ed interessante dell'opera. Un'operazione, questa, che richiede tempo, passione, attenzione e forte coinvolgimento; ciò che è possibile fare solo per gradi e su lunghi lassi di tempo, come in effetti è stato, e continua ad essere.

Comunque, e per chiudere il cerchio, la scoperta e lettura di quello, e di quel Vangelo, coincise con una mia prima rinascita - quella che Marcello ha inteso chiamare come redenzione - a cui, poi, ne sono succedute altre. Sul finire degli anni '70, forse anche grazie alla scoperta "consapevole, consenziente e ragionata" dei Vangeli, la mia vita "ingranò una marcia giusta" e le cose cominciarono a "funzionare" indubbiamente meglio.

venerdì 11 dicembre 2009

L’arte che provoca non è arte, e la Bellezza è nei piccoli gesti

Con Roger Scruton filosofo, columnist, compositore e “provocatore” in un mondo dove la ragionevolezza è diventata “provocazione”, e la provocazione “saggezza”, condivido alcune idee riguardo l’Arte e la Bellezza e come lui “rifiuto buona parte dell’estetica moderna”.
Mi ha molto colpito questa sua intervista. Non tutta l’arte ha ripudiato il concetto di bellezza
“Solo quella che fa più rumore, e che ne guadagna più pubblicità lo ha fatto”.
Nelle arti visive il fenomeno è molto evidente: “ci sono molti artisti che mantengono un’idea di bellezza, che creano opere figurative che alle grandi mostre non arrivano. Arriva invece la cacca dissacrante, che sta lì per il semplice motivo che è offensiva. Il pubblico ordinario non apprezza questa roba. Molti intellettuali non la amano. Ma nessuno dice che è spazzatura”.

Questo ovviamente sempre in certi ambiti riportati dal gran megafono mediatico, che si sa non è propriamente “super partes” e alieno a interessi di cassetto.
Perché per ogni amante dell’Arte la “cacca è cacca” e non solo è offensiva allo sguardo, ma anche all’intelletto: solo un beota senza cervello che non capisce nulla di Arte può applaudire a certe sconsiderate bruttezze. E solo un cinico “bottegaio” può proporre la spazzatura come Arte. Se si sottomette l’Arte al “vil denaro” cioè si “crea” o si finge di creare per guadagnare tanto, ogni confine viene varcato anche quello dell’humama pietas e procurare morte e sofferenza ad un essere vivente, diventano l’indegna provocazione per garantirsi “onore e gloria”, ma soprattutto un solido conto in banca…

Com’ è pur tristemente vero che
“ci sono molti Artisti che mantengono un’idea di bellezza, che creano opere figurative che alle grandi mostre non arrivano” è il caso di un amico fraterno del mio buon amico Il Berretto a Sonagli, Francisco Fernandez “un vero Artista” che “Non si piega a compromessi e per questo, il suo talento non é stato valorizzato come sarebbe giusto” (copy right BaS..).
Parlare di quanto sia stato “disintegrato” il mondo dell’Arte dal malcostume sopra menzionato comporterebbe una conoscenza del tema molto più vasta della mia, che è solo il “grido” di dolore di un’amante del Bello.
Ritornando a Scruton:
“C’è una sorta di apprezzamento istituzionale per lo shock, spesso si confonde l’opera d’arte scioccante con l’originalità. E questo non c’entra niente con la vita normale. Invece voglio parlare della bellezza nella vita normale, senza nemmeno riferirmi all’arte. Nella vita che ognuno conduce ci sono momenti di bellezza. Anche solo apparecchiare la tavola in maniera bella. Vestirsi bene per uscire la sera. Se si eliminano questi momenti, si eliminano i veri momenti importanti della vita”.
L’Arte infatti in primis è negli occhi di chi la guarda. Se non c’è questa sensibilità anche l’immortale Venere diventa “una sguinzia al mare” e i "gabinetti" finiscono nei musei…(mi perdonino gli amanti di Duchamp…se ce ne sono…).
Quando si ha il dono di questa sensibilità anche “apparecchiare una tavola” con cristalli e pizzi al tombolo diventa Bellezza, e la vita una gioia vissuta in ogni istante.

Per concludere Scruton nei suoi libri dà grande risalto alla Tradizione, quella occidentale, quella Cristiana, quella del suo Paese.
“Nel XIX secolo. Si diceva che con Wagner e Baudelaire tutto fosse andato sottosopra, e che l’arte occidentale fosse finita. Ma cinquant’anni dopo c’erano geni come Yates, Pound, Montale. Pensiamo ai film di Fellini. Come li possiamo spiegare? Solo se li connettiamo a una tradizione antica. Fellini ha riattualizzato, anche con il suo modo di fare regia, la commedia dell’arte. Bene, dobbiamo fare così. Dopotutto, pensiamoci, il futuro non esiste. Non abbiamo altro che il nostro passato per costruire. Dobbiamo guardarci dentro e cercare modelli, esperienze, cose perdute”.
Una consiglio saggio per una società che ha indossato gli “stivali del multiculturalismo” per correre incontro al baratro che se la inghiottirà: l'arretratezza dell'attuale mondo islamico.
Aretusa

giovedì 3 dicembre 2009

Fumetti, passione segreta

Da bambina mi vietavano la lettura dei fumetti, perché dicevano che l'eccesso di immagini impediva di concentrarsi sulla lettura come si fa invece con i buoni libri. Inoltre il fumetto era accusato di limitare la fantasia evocativa suscitata dalla parola scritta. Poi venne il periodo della conversione ai fumetti d'autore. Specie dopo che Buzzati stese i suo Poema a fumetti.
Mi piaceva leggere le sequenze di nuvolette e in seguito imparai a capire che una serie di pallini sotto la nuvoletta, voleva dire che il personaggio stava pensando, e che se la nuvoletta era tratteggiata, i personaggi parlavano sottovoce, mentre se era irta di punte, i personaggi gridavano.
Ma torno a quando di nascosto andavo dall'edicolante e comprarmi Il Monello o quando mi facevo prestare di nascosto L'Intrepido dal mio vicino di pianerottolo, perché secondo mia madre "non sta bene che una bambina legga i fumetti dei maschi". Ricordo con tanto affetto le strisce di Superbone, di Arturo e Zoe e soprattutto di Pedrito el Drito che pigliava sempre delle gran legnate in testa da sua moglie, l'irascibile Paquita, tutti eroi ingenui del Monello.  Su Topolino invece avevo licenza di lettura. Ma della banda Disney,  io preferivo di gran lunga Paperino perché era più pasticcione,  sfigato e non la sapeva così lunga come quel dannato Topo detective.
Tra i miei preferiti di adolescente però resta la Banda TNT di Alan Ford. Perchè mi piacesse questa sarabanda di poveri sgangherati che avevano un negozio di fiori a paravento delle loro improbabili attività di agenti segreti, è  presto detto. Forse perchè avevano una connotazione grottesca, sarcastica e un po' trucidona in stile Italietta del vorrei-ma-non -posso. E perché come agenti segreti non valevano un piffero. I fumetti di Bunker e Magnus (questi gli  autori della banda TNT) contengono un sapiente miscela di avventura, umorismo e presa in giro della società italiana che sfocia spesso nello sberleffo. Non parliamo poi del leggendario Superciuk e della trovata di rubare ai poveracci per dare ai ricchi. I poveri infatti erano accusati di tenere sporche le strade e di vivere nei tuguri malsani, in perfetto disaccordo col correttismo politico sessantottino di quegli anni. La moglie Beppa Giosef (foto sotto a sinistra) poi con i bitorzoli sul naso e i peli il mento era sorta di gansteressa  racchiona e  insolente. Il bello è che si permetteva pure di essere  fedifrega e andava a caccia di giovanottoni.

 Diabolik lo leggevo in spiaggia durante le mie azzurre e interminabili giornate estive,  ma dopo un po' me ne stufai,  perchè divenne troppo prevedibile. Quell'ispettore Ginko, mai una volta che realizzasse un bel colpo e acciuffasse lui  e la sua complice, la bionda Eva Kant.

In seguito si volle dare una connotazione intellettuale al fumetto e nacquero Valentina, eroina di avventure erotiche più immaginarie che vere e Corto Maltese  (foto in alto al centro) forse uno tra gli eroi a me cari perché romantico-avventuroso, sognatore, ma soprattutto viaggiatore. Bella l'idea di Hugo Pratt di far nascere il personaggio a La Valetta di Malta da una zingara e da un marinaio di Gibilterra.
Dino Battaglia su Linus (che già furoreggiava con Schulz ed altre strisce) catturò la mia fantasia con le storie del Santo Graal e coi racconti di Hoffmann. Fu grazie a lui che poi scoprii la fiaba del Mago Sabbiolino di Eta Hoffmann. Dunque non è poi così vero che il fumetto allontana dalla vera narrativa. In molti casi se ne ispira e ci riconcilia felicemente con questo mondo.  Come fece in Francia Jacques Tardi con "Il Viaggio al  termine della notte" di Céline. Forse quella del fumetto, più che una vera lettura è una sorta di racconto emozionale, una suggestione, una reminiscenza infantile che custodiamo negli scaffali delle nostre case e della nostra memoria, quasi come un album di fotografie.

Hesperia