domenica 29 luglio 2012

Europa Calling...

Neofolk: tre intense versioni dello stesso pezzo....

 




 


Don't you see the tide is turning
Towers tumbling to the ground
Can't you see the world is burning?
The Spirit's waiting to be found

Don't you know a Fire's burning
Since the Ancient Times of Rome
Don't you hear Europa calling
For him who leads the children home

Can't you hear the thunder roarin'?
It's time to wake up from that sleep
Can't you hear Europa cryin'?
Her painful longing to be freed


(pezzo in origine dei Forthcoming Fire, poi Von Thronstahl, ispirato da 'George Forestier'
ovvero Karl Emerich Krämer)


 

la prima versione è in Von Thronstahl "Mutter des Schmerzen" ep, per Der Angriff/Indiestate Distribution;
la seconda versione è in Von Thronstahl "Return Your Revolt Into Style"  versione 2 cd, per Trutzburg Thule;
la terza versione è in Sagittarius "Songs From The Ivory Tower" per Cold Spring;
comparsa in origine come demo dei Forthcoming Fire in "Watching Rome Burn" per VAWS.



Josh

sabato 21 luglio 2012

Il Giardino dei Semplici



A  chiunque di voi sarà capitato di vedere un giardino di erbe aromatiche e officinali sorto tra le mura di un monastero. I frati in passato (e anche oggi), sono sempre stati i gelosi custodi sulle proprietà benefiche di erbe, piante e fiori medicamentosi valorizzandone le proprietà . Fin dal Medioevo i "semplici" (varietà vegetali con virtù medicamentose) si coltivavano in vari orti cittadini. La parola semplici deriva dal latino medioevale medicamentum o medicina simplex usata per definire le erbe medicinali. Inizialmente aveva il nome di Horto dei semplici. Il primo orto botanico del mondo occidentale sorse a Salerno, ad opera di Matteo Silvatico, insigne medico della Scuola salernitana tra il tredicesimo ed il quattordicesimo secolo. Egli si distinse come profondo conoscitore di piante per la produzione di medicamenti.
Sono erbe impiegate non solo in cucina e nelle varie gastronomie, ma nella farmacopea e nella fitoterapia, mediante decotti, tisane ed infusi.  Trattasi di erbe, piante e fiori forse non pregiate ma utilissime. In tempi di crisi economica il distacco tra l'uomo e la natura e il ricorrere di continuo alla grande distribuzione dei supermercati anche per un po' di prezzemolo, ci fa capire l'utilità di queste erbe e la possibilità di coltivarle anche in un terrazzo, un poggiolo, un balcone per averle a portata di mano nell'uso di ogni giorno. Tutti noi sappiamo che la maggiorana, ad esempio, è ottima nelle polpette e nei polpettoni. Che l'origano insaporisce le insalate di pomodori. Che un trito di aglio e prezzemolo rende più gustoso il pesce arrostito. Per non dire del basilico indispensabile per il pesto alla genovese. Occorre coltivarlo nella mezz'ombra, in quantità massiva per preparare i deliziosi vasetti di pesto anche per l'inverno.
Non sono pochi inoltre  liquori che vengono aromatizzati ad esempio coi semi di finocchio selvatico di montagna (kummel), con scorze di arance selvatiche o anche erbe come la ruta  (quest'ultima come è noto, ottima per  aromatizzare la grappa). Gli estratti di molte erbe vengono impiegati anche nella distillazione di liquori (genepì, genziana ecc). 
Inizio questo percorso...vegetale con l'erba cedrina (foto in alto) dal sapore forte di cedro. Sembra una pianticella insignificante con infiorescenze di modesta apparenza, ma la verbena odorosa o erba luisa ( sono questi sono gli altri nomi dati alla cedrina)  dalle ruvide e rugose foglioline verde tenero, ha proprietà digestive, antisettiche e viene impiegata anche per fare degli ottimi cordialini digestivi.

La camomilla matricaria è  una composita facile da far crescere e bisogna tenerla a bada perché piuttosto infestante. Se la coltivate e fatte voi stessi essicare, conterrà proprietà analgesiche superiori a quelle confezionate dalla grande distribuzione. Ottima anche per impacchi in caso di irritazioni agli occhi. Anche la malva ha proprietà decongestionanti.
La lavanda è notoriamente impegata nella profumeria e cosmesi (olio essenziale, ottimo per i massaggi), e ha proprietà battericide (lavande intime). Le palline o i sacchetti di lavanda nei cassetto oltre che profumare gli indumenti, impediscono la formazione di tarme.  Ma eccellente è il miele di lavanda dalle proprietà balsamiche.



Il timo,  che cresce nei dirupi collinosi mediterranei, oltre che essere ottimo nei ripieni e per aromatizzare le olive, ha proprietà espettoranti, come espettoranti sono il rosmarino e il lauro, le foglie della canfora e dell'eucaliptus. Quella che ha più proprietà medicamentose è la variante del timo serpillo.
L'elicrisodi colore bianco cenerino dal caratteristico profumo di liquirizia è la pianta tipica delle isole pelagiche e dei colli marittimi. Quando ci si avvicina coi traghetti, il profumo forte dell'elicriso che imbalsama l'aria di mare, coi suoi fiori gialli (da qui la radice elio/sole), ci riporta agli antichi quando  lo mettevano nei braceri e negli scaldaletto per profumare la brace ardente.


I semi di finocchio mediterraneo (ne esiste anche una varietà montana come il kummel, come detto in precedenza) sono ottimi per aromatizzare il pesce alla griglia o insaporire le acciughe marinate.  E non dimenticate di metterne un ramoscello sulle caldarroste in autunno: le vostre castagne assumeranno un aroma speciale.
Il mirto, pianta simbolo della Sardegna (su mirtu, in dialetto sardo) ha origini antichissime, ed era la pianta cara a Venere. I ramoscelli di mirto sono visibili anche nel famoso dipinto de la Nascita di Venere di Botticelli. Ha fiori bianchi piccoli e profumati che diventano poi bacche bluastre come quelle dei mirtilli. Oltre che per il  famoso liquore, i sardi lo impegano anche per farcire il porceddu arrostito. E che delizioso profumo dà alle carni del tenero  porcellino!
Nell'erbario di casa non si può dimenticare l'erba salvia anche per le sue belle foglie grigio-verdi e la sua fioritura violetta,  erba così utile in cucina. Alzi la mano chi non ha mai mangiato involtini di carne  o uccelletti allo spiedo aromatizzati con la salvia . Tornare alla natura, dopotutto è ...semplice.




Hesperia

giovedì 12 luglio 2012

I laghetti di Milano


Laghetto di San Marco, Milano 1930 - dal sito Vecchia Milano

Nonostante sia posta nel mezzo di tanti corsi d'acqua, Milano, la romana Mediolanum, gode, e ancor più lo godeva nell'antichità, di estati relativamente torride. Lo seppero bene i primi cristiani milanesi, che, dove ora c'è il Duomo, edificarono due chiese, una per le funzioni invernali, l'altra per quelle estive. E lo constatò ancor più la Regina Teodolinda, quando convinse il marito a trasferire a Monza la capitale estiva del Regno Longobardo.
Secoli dopo nacque l'idea di portare a Milano acqua fresca dal Ticino, soprattutto per scopi irrigui. Nacquero così i primi canali, che nel corso del tempo furono resi navigabili, a cominciare dal Naviglio Grande. Questo terminava la sua corsa nel Laghetto di Sant'Eustorgio (ora Darsena). In seguito vennero costruiti i canali interni alla città, divenuti a loro volta canali navigabili, i Navigli Interni, sul cui tragitto verrà in seguito creato il Laghetto di Santo Stefano, utilizzato principalmente come scalo merci per i barconi provenienti dal Lago Maggiore, che trasportavano sabbia, marmo e gran parte del materiale necessario per la costruzione del Duomo di Milano.

Nel 1288, Bonvesin de la Riva, dotto frate degli Umiliati, descriveva così la Milano del suo tempo:
"Un fossato di sorprendente bellezza e larghezza" circonda questa città da ogni parte, e contiene non una palude o uno stagno putrido, ma l'acqua viva delle fonti, popolata di pesci e di gamberi. Esso corre tra un terrapieno all'interno e un mirabile muro all'esterno, il cui circuito, misurato con estrema accuratezza, è risultato corrispondere a diecimilacentoquarantuno cubiti. La larghezza del fossato, lungo l'intero circuito intorno alla città, è di trentotto cubiti. Al di là del muro del fossato vi sono abitazioni suburbane tanto numerose che basterebbero da sole a formare una città".

Collegio Elvetico, nei pressi del laghetto di Santo Stefano. Veduta Settecentesca di Milano, di Marc'Antonio Dal Re.

Il Laghetto di Santo Stefano non esiste più, come pure non esiste più il Laghetto di San Marco(foto in alto). Questi, il più longevo, è esistito a Milano, nell'omonima via, fino al 1930, quando venne interrato. Era stato pensato in epoca viscontea, per risolvere i problemi creati dagli allagamenti: al perdurare di forti acquazzoni i navigli interni si gonfiavano, straripavano, lasciando nel fango la città. A quell'epoca la zona di via San Marco, confinante a nord del Naviglio Interno, era un terreno totalmente agricolo, dislocato fuori dalla cerchia dei Navigli, che all'epoca delimitavano il centro abitato dalla zona agricola. Quel terreno si prestava quindi assai bene per crearvi quella che oggi chiameremmo cassa di espansione. Per quel precipuo scopo era nato il laghetto, un ruolo che ha svolto egregiamente per almeno cinque secoli. Dal 1876, e per molti decenni, ebbe anche funzione di scalo per i barconi che tasportavano le bobine di carta alla tipografia del Corriere della Sera (l'edificio, tuttora esistente, è quello che si vede di fronte, in primo piano, nella foto in alto). Quella sotto è invece la foto di uno di quei barconi mentre entra in via Fatebenefratelli, e raggiungerà il laghetto di San Marco per le operazioni di scarico (da Wikipedia).

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1920 - E' come se si aprisse un mare. "Lavori in corso per la nuova Darsena di Milano con ingresso dalla Conca di Viarenna. Gli antichi bastioni spagnoli sono stati completamente abbattuti" (da Wikipedia).

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martedì 3 luglio 2012

Imagine

Dalle feste estive alle ricorrenze sacre per annum, Pasqua e Natale compresi,
non trascorre occasione che non venga proposta e riproposta la famosa canzone di John Lennon "Imagine" (1971), quasi fosse portatrice di una forma di sacralità.
Oramai c'è stato anche chi l'ha cantata davanti ai Papi.

"Imagine" è considerato (non da me) uno dei pezzi migliori della storia del rock, c'è chi la interpreta in chiave pacifista (peace and love, et similia), Lennon diceva che non era un inno di pace ma un testo vicino al Manifesto del Partito Comunista (a suo avviso). Le implicazioni sono però ancora maggiori.
Per l'autore si trattava di un inno antireligioso, antinazionalista, anticapitalista (anche se del capitalismo e del finanziarismo finisce per fare tutto l'interesse), antiedonista e anticonvenzionale.

Pur non volendosi questo post scagliare contro i gusti musicali personali di nessuno, vale forse un piccolo approfondimento. Il pezzo è diventato/è stato fatto diventare un "classico", almeno tardo novecentesco. Ma cosa dice esattamente? A che temperie ideale o ideologica può essere ascritto il pezzo?

Mentre la musica, suadente, sentimentale e patetica (nel senso letterale di pathos) va,
vengono però inanellati una serie di concetti alquanto discutibili, e in fondo specchio di derive reali che viviamo in pieno oggi.

Qui il pezzo:



Qui il testo:

Imagine there's no heaven
It's easy if you try
No hell below us
Above us only sky
Imagine all the people living for today

Imagine there's no countries
It isn't hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people living life in peace

You, you may say
I'm a dreamer, but I'm not the only one
I hope some day you'll join us
And the world will be as one

Imagine no possessions
I wonder if you can
No need for greed or hunger
A brotherhood of man
Imagine all the people sharing all the world

You, you may say
I'm a dreamer, but I'm not the only one
I hope some day you'll join us
And the world will live as one

Per cui, dal testo: si comincia con un "Immagina che non ci sia il paradiso...che non ci sia l'inferno"
siamo all'emblema della vita hic et nunc, della reductio ad unum, ad una sola prospettiva materiale e immediata della vita, senza eternità, all'inimicizia con la dimensione spirituale/eterna di ogni fede;
"...above us only sky" : solo cielo, MA un cielo disabitato quindi, in cui si contempla l'assenza di Dio....di conseguenza siamo alla deresponsabilizzazione delle azioni...senza un Giudizio, un Paradiso e un Inferno, naturalmente ognuno sarebbe/è libero di fare tutto ciò che vuole senza mai pagare pegno.
"Immagina che la gente viva (solo) per l'oggi"..ma che bella prospettiva. Morto l'ideale, l'iperuranio, il punto d'arrivo sarebbe poi questo bel mondo qui.

In caso di dubbio, il brano continua "Immagina che non ci siano più nazioni" perchè countries non è solo 'terre', ma terre organizzate, paesi quindi, fatti di lingua, leggi, storia, tradizione, confini e identità:
siamo alla deriva mondialista che vuole disattivare le nazioni. Sempre peggio.

"Immagina che non ci sia nulla per cui uccidere o morire": sicuro, detta così, staremmo tutti meglio, ma nel mondo testè auspicato, finisce che si sarà costretti a uccidere per la sopravvivenza;
subito segue, dopo i vocaboli uccidere e morire, "e immagina che non ci sia alcuna religione":
ora, storicamente è il potere che si è talvolta legato alle religioni, e ne ha fatto in varie occasioni pretesto di morte, non le credenze in sè che hanno causato la morte di nessuno, in linea di massima.
Poi bisogna vedere di quale religione si parla, perchè quanto a tributo di sangue non sono tutte uguali.  C'è poi anche la politica, l'ideologia come quella che informa la mente degli atei, che è per altro verso la loro religio, dal Comunismo, o prima, la Rivoluzione Francese, di morti ne han mietuti parecchi.
Ma qui si taglia tutto indistintamente, legando i vocaboli 'uccidere' e 'morire per una causa' con la religione, e non con 'uso pretestuoso/strumentalizzante delle religioni'. Oggi invece si muore lo stesso, magari di tasse, di esproprio, senza il becco di un quattrino, per i mondialisti fautori di questo malsano progetto. O per una religione aggressiva in particolare che insidia tutti i paesi e le loro stesse carte costituzionali o quel che ne rimane, o un'altra che con il proprio millenarismo materialistico ha mire su tutto il globo.

L'auspicio poi è "che il mondo sia uno".
Uno solo.
Modello unico, quello in cui siamo oggi, senza più countries. Un mondo globalizzato, tutto uguale da un capo all'altro dell'emisfero.
E mentre ci hanno dato a bere l'utopia, dell'uno e indistinto, nel mondo sradicato sguazzano plutocrati e banchieri.
Non ci si crede?
e allora "Immagina che non ci siano proprietà!", e riecco l'utopia contro la proprietà privata:
prima col Comunismo, i beni te li sequestravano per "l'ideale" e, si fa per dire, "per il bene comune",
che tanto erano ben stretti nelle mani dei soliti pochi,
oggi invece te li sequestra la casta dell'intelligentsija tecnico bancaria massonica, il risultato è uguale. Chissà poi perchè devono essere sempre le persone comuni e medie a doversi spossessare dei propri minimi possessi necessari e mica certi altri...ma guarda un po'.

Allora sì, puoi immaginare la gente che "share" ogni cosa, il mondo addirittura, "la terra è di tutti" -dicono- (che è, come dire, di nessuno);
questa terra di nessuno "condivisa" (ma è di qualcuno invece, di quelli che l'hanno espropriata, come era di qualcuno prima), questo vocabolo di finta "condivisione" e deprivazione, da internet divenuto ormai universale, non riconoscendo a nessuno, nemmeno ai legittimi proprietari la proprietà,
tutti share, magari il nulla, ma share.
E il mondo sarà UNO, non c'è via di scampo da questo incubo, nè altra via per te se non ti riconosci in quell'"uno" del progetto unico mondiale.
Ah non c'è che dire, ma che bella canzone.....

Josh