domenica 20 luglio 2014

Aldo Grasso e il doppiaggio "fascista"

Ne leggo una buona dal critico televisivo Aldo Grasso,   su Sette, l'inserto settimanale del Corriere della Sera: il doppiaggio cinematografico sarebbe un retaggio fascista da eliminare, dato che ormai la generazione Erasmus è tutta anglofona. Suppongo che di questo passo, Grasso, sia favorevole anche a veicolare una lezione di cattedra universitaria in Inglese all'università Cattolica del Sacro cuore dove insegna Storia della radio e della televisione  Ecco mi piacerebbe  proprio vederlo all'opera quando toccherà  a lui.  Coraggio prof. Grasso: reciti la sua lezioncina di cattedra in Inglese. Ormai si spreca l'anglofilia invocata ovunque, per rendere il nostro paese più suddito di quanto non sia già: lezioni di Filosofia in Inglese, lezioni di discipline scientifiche in Inglese. Già che ci siamo, perché non rottamiamo l'Italiano e la sua Letteratura eliminandola dalle scuole di stato? Ecco dunque il testo dell'articolo di Grasso. Il corsivo evidenziato in colore è mio.

Dopo tre settimane è stato sospeso lo sciopero dei doppiatori. Si riapre, quindi, uno spiraglio sul rinnovo del contratto che è scaduto nel 2011. Lo sciopero è stato indetto dall'Anad (Associazione nazionale attori doppiatori) con il sostegno dei sindacati e dell'Associazione dialoghisti e adattatori. I doppiatori italiani sono circa un migliaio e prestano la loro voce al cinema ma soprattutto alla tv, a tutte le fiction straniere che hanno invaso i palinsesti delle reti, specie delle pay-tv.
Pur rispettando il lavoro dei doppiatori (hanno fama di essere i più bravi, siamo cresciuti con le magiche voci di Tina Lattanzi, Carlo Romano, Laura Gazzolo, Lidia Simoneschi, Emilio Cigoli..),  (ha dimenticato Alberto Sordi, caro Prof, il quale ha dato avvio alla  sua carriera cinematografica proprio grazie al fatto di essere stato il doppiatore di Oliver Hardy- Onllio. Più di recente anche il bravo Ferruccio Amendola, doppiatore di qualità di De Niro, Al Pacino e Dustin Hoffmann) è venuto il momento di chiedersi: ma ha ancora senso il doppiaggio? Non c'è ragazzo che non si scarichi una serie in lingua originale e la generazione Erasmus non tollera più di vedere film doppiati. Al massimo, sottotitolati. (e chissenefrega della generazione Erasmus!? Non mi dirà che tutta la  grande categoria degli spettatori si limita  e  si riduce a questa).
 
Ormai Sky e Mediaset, Premium mandano in onda le serie con sottotitoli e nessuno si è lamentato (tra l'altro, bisogna andare in onda quasi in contemporanea con gli Usa per tentare di prevenire operazioni di pirataggio) (chi le ha detto che nessuno si lamenta? Le sono venuti a scrivere personalmente per dirle: "Caro Grasso, io come spettatore non mi lamento di leggere i sottotitoli?" Le pare bello seguire un dialogo vivace di una commedia brillante, limitandosi a leggere i sottotitoli? ).

Il doppiaggio è una tecnica voluta fortemente dal fascismo. (anche le bonifiche della Maremma Toscana e dell'Agro Pontino furono volute dal fascismo. E' forse una buona ragione per tornare alla Malaria?) .
All'inizio poteva essere effettuato in due modi: nel Paese di origine, utilizzando persone che conoscessero altre lingue, o direttamente nei Paesi in cui il film doveva essere distribuito (è il caso della Mgm, che aprì i propri studi di doppiaggio a Roma già nel 1932). Il governo italiano, prendendo a pretesto la difesa della "purezza" della lingua incoraggiò il doppiaggio italiano, invocando la maggior professionalità dei nostri attori. Del resto, i film doppiati in America dagli italo-americani creavano effetti comici irresistibili. Il doppiaggio in Italia rappresentava inoltre un notevole vantaggio per la censura: maggior controllo e possibilità di modificare i dialoghi. Il pubblico italiano cominciò così ad abituarsi a una tecnica capace di dare una voce italiana, in un effetto di illusione e di riconoscimento voce-volto sempre più  affinato per ritmo e sincronismo delle labbra, alle performance delle star hollywoodiane. Nel 1933 il fascismo istituisce i "buoni di doppiaggio" a difesa della produzione nazionale. Il meccanismo prevede che per ogni film nazionale realizzato un produttore ottenga tre buoni che esonerano dal pagamento della tassa sull'importazione di film stranieri. Da allora, la pratica del doppiaggio è diventata una dei capisaldi della distribuzione.
 (mi sembra un modo corretto per incentivare la distribuzione cinematografica presso un pubblico a quei tempi ancora incolto, al quale almeno fu data l'opportunità di sentir parlare in "buon Italiano". Le fa proprio così schifo?).
 
Con tutto il rispetto per il lavoro dei doppiatori,il procedimento pare in lenta via d'estinzione. Nelle altre nazioni europee, i film doppiati stanno sempre più diminuendo (ah, già! ormai c'è l'armonizzazione obbligatoria con le altre nazioni). Non è un bel modo per imparare le lingue? 

 (Certo le lingue sono importanti. Ma si è mai chiesto perché gli Anglo-Americani sono i popoli più ignoranti, più ottusi e refrattari a imparare altre lingue che non siano la loro? Quando spesso non parlano bene nemmeno la loro... Io sì e mi sono data una risposta: i dominatori da sempre impongono i loro codici. In primis, quelli linguistici. Si può pertanto doppiare  i loro prodotti, che intanto, però,  circolano liberamente nel nostro Paese, grazie al per Lei esecrabile "doppiaggio fascista". Mentre quelli di altri paesi (doppiati o meno) spesso non entrano nemmeno nel loro mercato. Insomma, non sfondano la barriera).
 
 
Giannini in sala di doppiaggio
 
 
 
 Da ultimo, caro prof. Grasso oltre al citato Sordi,  ha dimenticato di menzionare il grande Giancarlo Giannini, la cui carriera si svolge ancor oggi in parallelo tra il buio anonimato della sala di doppiaggio e lo schermo luminoso.  Se lo ricorda in "Shining" di Kubrick col suo memorabile doppiaggio su Jack Nicholson? Doppiaggio e arte di recitare sono due aspetti del buon cinema. Strane omissioni e dimenticanze!