martedì 27 novembre 2012

Napoli sorprendente

 
Campanile della Chiesa di San Gregorio Armeno che sovrasta l'omonima via - da Wikipedia
 
Nella trasmissione Sereno-Variabile di sabato 17 novembre Osvaldo Bevilacqua è andato a curiosare nelle botteghe degli artigiani del presepe del quartiere Armeno di Napoli. Ma cosa ha a che fare Napoli con l'omonimo stato del Medio Oriente? In realtà nulla perchè la storia del nome è legata a fatti avvenuti in maniera del tutto casuale nei primi tempi del cristianesimo; fatti legati alla conversione di Costantino. A quella chiesa, nata secoli dopo, in seguito a quei fatti, nel centro di Napoli, fu dato il nome chiesa di San Gregorio Armeno, perchè custode di importanti reliquie del santo armeno. La strada che conduce alla chiesa, leggermente in salita, ha preso il nome del Santo a cui la stessa è dedicata: via San Gregorio Armeno. La strada, che in realtà è un vicolo pedonale, ha assunto ormai da secoli la prerogativa di essere la strada delle botteghe "artistiche" degli artigiani napoletani del presepe. E' conosciuta in tutto il mondo, tanto che non mi stupirei affatto di vederla un giorno inserita nell'elenco dei siti Patrimonio mondiale dell'Umanità.    
 
 

Via San Gregorio Armeno - dal sito Portanapoli.com

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Tunnel Borbonico - foto dal sito Tunnelborbonico.info

Nella stessa puntata Osvaldo Bevilacqua è sceso nelle viscere della città vesuviana per visitare il Tunnel Borbonico, riaperto al pubblico recentemente. L'ingresso è posto in vicolo del Grottone, 4, un percorso situato alle spalle del celebre Colonnato di Piazza Plebiscito (foto sotto), l'uscita si trova in Riviera di Chiaia, nei pressi del lungomare.

 
Piazza Plebiscito - foto di De Maio Agostino - dal sito Fotoeweb.Napoli

L'imponente opera sotterranea, un tunnel lungo quasi 500 metri (che secondo il progetto iniziale avrebbe dovuto essere di almeno 800 metri, da Palazzo Reale al mare), largo e alto quasi 30 metri in quasi tutta la sua estensione, è stata realizzata in soli tre anni, con inizio dal 1853, scavando a colpi di piccone nel tufo del sottosuolo. L'idea del tunnel era venuta a Ferdinando II di Borbone in seguito ai moti rivoluzionari del '48, che avevano coinvolto varie città italiane, tra cui Milano, Venezia e la stessa  Napoli. Qualora si fosse ripresentato il pericolo di rivolte, Ferdinando II aveva così pensato ad una veloce via di fuga che da Palazzo Reale lo avrebbe portato in tutta sicurezza verso il mare, dove si sarebbe posto in salvo. La galleria doveva essere in grado di far passare contemporaneamente cavallerie affiancate nei due sensi di marcia. Pur se non ancora completato, per ragioni prettamente tecniche, il tunnel venne inaugurato nel 1858 alla presenza del re. L'Unità d'Italia, arrivata tre anni dopo, nel 1861, sancì l'inutilità dell'opera, che non fu più portata a compimento. 
 
 
Nel giugno scorso restai stupito nell'apprendere che una signora italo-inglese, con marito statunitense, estemporanea lettrice di questo blog, sarebbe venuta in vacanza a Napoli nel mese di agosto; e lo stupore fu ancor maggiore quando disse che sarebbe venuta a Napoli per la terza volta, approfittando del fatto che i figli erano ormai diventati grandicelli. Da notare che la signora non ha alcun parente a Napoli, essendo di origini pugliesi da parte di entrambi i genitori; inoltre sua madre vive da tempo qui in Lombardia.
 
 
Allora mi chiesi cos'avesse visto di bello in Napoli, per averla preferita a tante altre località, dal momento che in tutti questi anni i nostri mass-media han fatto di tutto per creare lo stereotipo di una città di fannulloni e incivili, sommersa dai rifiuti, in preda a bande di camorristi, rapinatori, delinquenti, malavitosi? Io che, per tali motivi, e che pure in gioventù avrei avuto molte opportunità per visitare Napoli senza avere un grosso aggravio di spese - poichè sarei sceso lì dalla vicina Ciociaria - non sono mai stato a Napoli città. Dopo aver fatto ricerche per questo post, m'accorgo ora d'aver perso inutilmente un grande treno: Napoli, città dal clima migliore che non quello di Milano, e dalle bellezze architettoniche, culturali, paesaggistiche, ambientali e naturali invidiabili. Il tutto per non parlare poi della Reggia di Capodimonte, l'incombenza del cui tema lascio a Josh, blogger di questo gruppo, poichè è un vero appassionato d'arte e ha molta più competenza di me in questo campo, essendo materia a lui molto congeniale, e classica per il suo repertorio di post sull'arte.
La "lingua", poi, che tempo addietro classificavo come rozza, mi è diventata estremamente gradevole e aggraziante, soprattutto dopo avere più volte ascoltato il brano Cu' mmé, impregnato com'è di fraseggi piacevolmente poetici (ascoltare il brano cliccando qui), magicamente interpretato dalle inimitabili voci di Roberto Murolo e Mia Martini, con voce di accompagnamento e accompagnamento ritmico musicale diretto da Enzo Gragnaniello.

 
Zampognari - foto dal sito Centumcellae.it

Napoli, città oltretutto accogliente e generosa, almeno fino al 1990, e cioè fino a quando mi sono giunte notizie dei gruppi di zampognari ciociari che calavano in massa verso Napoli nel periodo natalizio. Quante volte dai miei ho sentito raccontare di questi zampognari. Gente che ho talvolta anche conosciuto di persona. Gente dedita a tutt'altro genere di lavoro durante l'anno. A Natale s'improvvisavano musicanti per andare a raggranellare qualche soldo, suonando per le strade di Napoli. Negli anni '50 e '60 il fenomeno era molto fiorente. Allora, dal paese dei miei, in Ciociaria, partivano gruppi numerosi di almeno dieci persone. E se tanto mi dà tanto, solo  dalla Ciociaria scendevano a Napoli qualche centinaio di zampognari. E c'era lavoro per tutti. I gruppi alla fine del periodo natalizio rientravano a casa con sacchetti di monete da spartire. Spartizione che avveniva equamente, indipendentemente dal ruolo da ciascuno svolto: c'era proprio un gran bello spirito di gruppo. Nei quindici/venti giorni di lontananza dalle loro case (partivano il giorno dell'Immacolata, l'8 dicembre, per rientrare dopo Natale) dalla generosa gente di Napoli  raccoglievano oboli in abbondanza, tanto da essere in grado di sostenere se stessi e le loro famiglie per mesi.

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martedì 20 novembre 2012

Da Guercino a Caravaggio con Sir Denis Mahon


(Guercino, Saul contro Davide, 1646)

A Milano, a Palazzo Reale, si tiene la Mostra, una delle più importanti della stagione (dal 18 Settembre fino al 20 gennaio 2013), che spazia appunto da Guercino (nativo di Cento, Fe) a Caravaggio, con la presenza di altri Artisti, dando un'immagine potente del nostro 1600.
Sir Denis Mahon aveva ideato questa iniziativa per il suo centesimo compleanno. Si augurava di festeggiarlo presentando i suoi amati dipinti, in ossequio ad un senso del mecenatismo e della cura per la diffusione del bello, con un'etica che sembra appartenere ad altri tempi.


(Sir Denis Mahon)

Considerava l'Italia la culla del Barocco, ed era interessato principalmente al primo periodo di questo stile, già da quando nei decenni scorsi la critica ufficiale osteggiava le produzioni del periodo.
La sua azione, oltre a studi svolti in prima persona per una riscoperta, ha previsto anche un importante lascito (stimato del valore di oltre 50 milioni di euro) alla Pinacoteca Nazionale di Bologna.



(Caravaggio, i Bari,1594)

In effetti Sir Denis già dagli anni '50 organizzò la sua prima importante Mostra sui Carracci proprio a Bologna, e in pratica per 50 anni ha collaborato con Francesco Arcangeli e Andrea Emiliani, in un continuo andirivieni tra Londra e il capoluogo emiliano, contribuendo alla rinascita dell'interesse per questa fase della nostra arte. Sir Denis dedicò ricerche anche al grande Guido Reni.


(Guido Reni, Il Ratto d'Europa, 1630-1640)

"La sua era la collezione privata più pubblica che esista" affermava Nicholas Penny, Direttore della National Gallery di Londra. Tutte le opere di proprietà di Sir Denis sono infatti state donate da lui ad istituzioni pubbliche affinchè tutti potessero usufruirne.
Oltre ai generosi lasciti fatti a noi, parte della collezione privata è stata acquisita dal Regno Unito, ma il mecenate ha vincolato il lascito delle tele in madrepatria esclusivamente ai musei gratuiti.
Radicalmente di classe fino all'ultimo.


(Guercino, Madonna del Passero, 1615-16)

Scomparso Sir Denis l'anno scorso, la Mostra milanese ha luogo ugualmente secondo i piani, ad opera della società gestita da Roberto Celli, a cui Sir Denis aveva affidato la realizzazione delle mostre degli ultimi anni, in collaborazione con la Fondazione Mahon, e naturalmente con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e del Ministero degli Affari Esteri.


(Guido Reni, Una Sibilla, 1635-36)

La rassegna è ubicata al piano nobile di Palazzo Reale, curata da Mina Gregori e Daniele Benati, stesso luogo della mostra su Guercino di Sir Denis del 2003. Se la predilezione di Sir Denis andava a Guercino, lo considerò un punto di partenza per le ricerche intorno all'opera di Caravaggio, fino a Poussin, nell'intento di mettere in evidenze percorsi, scoperte, notazioni.
Alla Mostra sono presenti anche i Guercino e Caravaggio provenienti da San Pietroburgo, che sono stati oggetto di studio ed analisi da parte di Sir Denis.
Il tutto in una seconda fase si trasferirà a San Pietroburgo sotto la direzione del Prof. Piotrovsky, direttore dell'Hermitage.

Qui una biografia più approfondita di Sir John Denis Mahon.
Un articolo dal Times.
Su Rai Arte una lezione di Sir Denis su Caravaggio.

Per info sulla Mostra:
Palazzo Reale, Piazza Duomo 12 e presso Comune di Milano

Josh

martedì 13 novembre 2012

Aznavour le comédien


Forse avrei fatto meglio a titolare Aznavour le Cabotin (l'Istrione). Ma è difficile dare agli istrioni la tragica nobiltà che ha dato lui nella sua famosa canzone. Eppoi avendo recitato (per Cayatte, per Truffaut) dire che Aznavour  è un attore in fondo è la verità. Il pretesto per parlare di lui me lo ha offerto Marshall col suo post sottostante "Gli Armeni a Venezia".  Così, per associazione di idee, non potevo esimermi dal parlare del cantante franco-armeno più famoso nel mondo. Qui nel video che ho scelto in apertura del post, canta inoltre "Les Comédiens" insieme ad una simpaticissima e vitale Liza Minnelli che  si arrampica col suo strano francese americanizzato in un duetto indimenticabile, non prima di aver cercato di scappar via quando lui le dice che ha in serbo una bella sorpresa per lei: "Chiudi gli occhi, canteremo in francese". Liza ha una venerazione speciale per Aznavour e disse di essersi ispirata più  volte a lui per voler diventare "un'attrice che canta", più che una vera e propria cantante nel senso classico.
Charles Aznavour nasce a Parigi il 22 maggio 1922 da immigrati di lingua e origine armena, e canta in sette lingue. La  carriera d'Aznavour conosce il suo primo risveglio nel 1946, allorché vennne scoperto da Edith Piaf.
Si è esibito in molte parti del mondo. Ha dato lustro alla Francia ed è stato insignito della Legion d'Onore. È ambasciatore d'Armenia dal 12 febbraio 2009 e  rappresentante permanente di questo paese, presso l'ONU. Vive in pianta stabile a Ginevra (Svizzera romanda) dopo che ebbe nel 1972,  la brutta avventura col fisco francese di pagare, oltre a una salatissima amenda di centomila franchi e , anche l'umiliazione  di finire in carcere per un anno con il governo di Giscard d'Estaing. Fu una ferita atroce per lui che  aspramente risentito ebbe a scrivere una lettera sotto forma di poema che diceva :
 Per aver servito la mia patria e la mia cultura, dieci milioni e un anno di prigione.
Dopo il terribile terremoto del 1988 che ha colpito l'Armenia, Charles Aznavour non finisce di dare il suo sostegno al suo paese d'origine, grazie alla sua fondazione da lui stesso attivata,  Aznavour per l'Armenia.

Gli anni sessanta sono quelli che gli fanno spiccare il grande volo che poi manterrà per i 70, 80, 90: Je m'voyais déjà (canzone picaresca di un dilettante agli esordi artistici) Tu t’laisses aller (1960 - inserita da Godard nel film "La donna è donna" che parla di una donna che si mostra sciatta coi bigodini, mezza truccata e mezza no, con le calze arrotolate all'ingiù ), Il faut savoir (1961), Les comédiens (1962), Donne tes seize ans, La mamma (1963) sul ritmo di un flamenco, Et pourtant (1963), Hier encore (1964), For Me Formidable (1964), Que c'est triste Venise (Come è triste Venezia) (1964),La Bohème (1965), Emmenez-moi (1967) et Désormais (Oramai) (1969). Canzoni d'amore, legate al tempo che passa, legate alla nostalgia di una giovinezza irrecuperabile (Hier Encore, La Bohème, Come è triste Venezia). Atmosfere sospese , descrizioni di quel banale quotidiano, di cui i francesi sono maestri insuperabili come in "Bon Anniversaire" dove una cerniera lampo di un abito da sera di lei, s' inceppa e  si spacca, e la serata d' anniversario si trasforma un'amara serata dove tutto è andato a monte, simbolo di un matrimonio ormai agli sgoccioli. 
"Et  moi dans mon coin" (E io tra di voi), è stata reinterpretata anche da cantanti come Mina e Battiato. Inutilmente, però, poiché senza nulla togliere a questi cantanti e in particolare alla grande Mina,   le canzoni di Aznavour può farle solo Aznavour.  Così come L'Istrione rifatto da Renato Zero e Massimo Ranieri. Nessuno di questi "istrioni" nostrani però, riesce a eguagliarlo, anche se ce la mettono tutta. E qui mi urge aprire una parentesi, sul perché i cantautori italiani (parlo  in particolare della scuola genovese, che più hanno risentito della vicinanza con la Francia) non riescono ad uguagliare quelli francesi. Il problema è che i Brel, i Ferré, i Brassens, gli Aznavour, hanno fatto percorsi e studi teatrali. E questo è un valore aggiunto nelle capacità interpretative dell'arte dello stare in scena, per un artista canoro.

Faccio un breve excursus sulla sua attività cinematografica tralasciando per un momento di parlare di musica. I francesi  non usano come noi le differenze tra cantanti e attori, come si può vedere dalla parallela carriera di Yves Montand (cantante e attore) o  di Juliette Gréco (cantante e attrice). Pertanto anche ad Aznavour toccò la sorte di venire reclutato come attore (comédien) in alcuni importanti films come "Un taxi per Tobruk" di Denys de La Patellière, "Il passaggio del Reno" di André Cayatte dove diede un'ottima prova interpretativa, e soprattutto "Tirate sul pianista" un noir atipico  di Truffaut,  forse non perfettamente riuscito, ma comunque importante. Un film che, a detta di molti critici,  stravolge i canoni del genere parodiando le figure dei gangster, ritratti come due "vecchi brontoloni" o le scene d'azione come i rapimenti e le sparatorie.

Anche il protagonista Chico (Aznavour)  è una figura atipica per il genere: un personaggio buffo e timido le cui azioni, sempre in contrasto con i suoi pensieri, sono contraddistinte da un'esitazione che risulterà fatale per le donne che ama e che hanno dato la vita per lui, prima la moglie Theresa e poi Lena.
Famosa è anche la tenera commedia sentimentale "Paris au mois d'aout", con Susan Hampshire, storia di un uomo quarantenne che rimasto solo in città con moglie e figli in vacanza al mare, si innamora di una fotomodella inglese, film  che gli ispirò la splendida canzone-colonna sonora, con ottimi arrangiamenti dell'amico Georges Garvarentz.  Canzone, che personalmente adoro e che metto tra le mie preferite.
For me formidable , in questa canzone di cui ho messo il testo in link mentre scorre la musica,  Aznavour riesce ad essere convincente anche quando fa un genere ludico e scherzoso. Come quando sovrappone e mescola l'Inglese al francese, in un simpatico gioco di calembours e di assonanze. Ha composto qualcosa come mille canzoni e pertanto è difficile fare una classifica, poiché ciascuno di noi ha nel cuore  il "suo" Aznavour.  O in "Les plaisirs démodés (Quel che non si fa più), nella quale si trova a disagio in una discoteca psichedelica  dove non si può nemmeno parlare con la persona amata e cerca di danzare un lento con lei, recuperando le atmosfere romantiche d'antan.

Buone prove anche come autore per altri, nell'ambito della musica pop. Davvero deliziosa la canzone composta con l'amico Garvarentz  per Sylvie Vartan "La plus belle pour aller danser", una canzone che conserva ancor oggi un fascino innocente e  una freschezza virginale. E pure per Johnny Hallyday "Retiens la nuit".
Il suo sodalizio col musicista e arrangiatore Georges Garvarentz (divenuto poi suo cognato per aver sposato sua sorella) armeno come lui, nato ad Atene, creerà un binomio indissolubile di successi a quattro mani firmati Aznavour-Garvarentz. Un sodalizio di  grande successo durato fino alla morte del secondo nel '93 che può paragonarsi  per fama e durata al duo Mogol-Battisti o a Lennon-Mc Cartney.
Aznavour dichiara di cantare molto volentieri in Italiano e in Spagnolo, asserendo che con le lingue latine, in fondo si sente a casa sua.  In Italia ha avuto ottimi parolieri da lui molto apprezzati. Hanno collaborato con lui Giorgio Calabrese e Sergio Bardotti. In effetti, Aznavour riesce a cantare in Italiano, preservando aura alle sue canzoni e mantendovi intatta tutta la sua particolare francesità. La disinvoltura con cui canta e parla numerose lingue è certamente un lascito che gli proviene dal suo essere un uomo dell'Est. Sappiamo che i francesi, infatti, non sono molto portati per le lingue. Eppoi che dire di quella sua voce arrocchita, così inimitabile, fatta di scatti repentini, quasi un...recitar cantando?


Concludo con una canzone che ha fatto il giro del mondo, poiché è stata la colonna sonora del film Notting Hill con Hugh Grant e Julia Roberts. Ho trovato questa versione mixata in Italiano, Tedesco, Spagnolo, Francese, Inglese da parte di un amatore che ha fatto un suo medley linguistico in rete, un pastiche,  che ben si adatta alla personalità del cantante franco-armeno: She. Riascoltiamola, perché il grande Charles ha avuto modo di dire che  questa, è una canzone che lo nutre (nel senso delle royalties) pour toujours. Beato lui!

Hesperia

martedì 6 novembre 2012

Gli Armeni a Venezia

 
Ponte dei Ferali - dal sito: Photo.net

 
Sotto - Trattoria Anima Bella - foto mia, dalla visita virtuale di Venezia effettuata col motore di ricerca Geomondo

Venezia. L'edificio ai cui piedi si trova il Ristorante Trattoria Anima Bella (quello dalla tenda rossa delle due foto) dovrebbe essere - o forse lo potrebbe anche diventare - un edificio storico per la Diaspora Armena nella città lagunare. Il motivo lo vedremo, ma avrebbe un motivo ancor più valido per diventarlo, se risulterà che in quell'edificio venne stampato il primo libro al mondo in lingua armena. La lingua armena, almeno quella antica, il cui alfabeto era formato di 36 lettere, tra cui 8 vocali, e per tale motivo molto complessa, l'aveva "inventata" il monaco Mesrob Mashtots nel V secolo, con lo scopo di divulgare la Bibbia tra quei monti nella lingua locale, la lingua armena. La Bibbia, tra quella popolazione, cristiana da sempre, fino ad allora veniva tramandata di generazione in generazione solo oralmente. Al santo monaco si deve pertanto l'invenzione dell'alfabeto armeno, ricavato dalla tramutazione in segni di tutti i possibili suoni emessi dalle labbra di un caucasico. Ne era uscito un alfabeto complesso, che però via via nel tempo si era venuto smussando e affinando, fino a diventare l'alfabeto armeno moderno, composto di un minor numero di lettere. In ogni caso restava sempre una lingua difficoltosa. Fu forse per questo motivo che a Venezia, pur essendo divenuta agli inizi del Cinquecento la patria mondiale della stampa, nella quale venivano stampati libri in qualsiasi lingua, moderna o antica, persino nell'ostico greco antico, sembra che nessun tipografo si sia voluto avventurare con l'armeno. Nel Cinquecento Venezia era talmente popolata di armeni, che vendere libri stampati nella loro lingua non avrebbe comportato rischi di invenduto. Ad affrontare le difficoltà della lingua ci pensò allora un armeno stesso, Yakob. Personaggio certamente colto, del quale non si conosce altro che il nome, è stato lui a stampare il primo libro della storia in armeno. Era il 1512, ed entro il 1514 ne stampò altri quattro, per poi svanire nel nulla, quasi inghiottito nei meandri della storia. Il suo non è stato un primato di poco conto, se si pensa che nei successivi oltre cinquant'anni in tutto il mondo, compresa la stessa Venezia, non verrà più stampato un solo libro in lingua armena, e che per trovarne uno, stampato in quella lingua, nella terra dove la stessa veniva intesa correntemente, nel Medio Oriente, e precisamente in Persia, bisognerà attendere di vederlo nel 1638, esattamente 126 anni dopo le pubblicazioni veneziane di Yakob. Da notare anche che nel 1512 è ambientata la storia narrata nel mio post precedente, storia che vede per protagonista Aldo Manuzio, giunto ormai all'apice della notorietà "mondiale" in campo editoriale.

Ma riprendiamo la narrazione che avevamo lasciato in sospeso, quella che ha come protagonista la casa sotto cui ora c'è la Trattoria dalla tenda rossa. Lì aveva visto la luce la prima casa albergo del mondo. Era nata nel 1253 per iniziativa di Marco Ziani, nipote del famoso doge veneziano Sebastiano Ziani. Persona molto ricca già di suo, ancor prima che diventasse doge, lasciò poi la ricchezza in eredità al figlio, doge pure lui, e da questi al nipote Marco; tra quell'eredità c'era anche la "famosa" casa di cui si parla.
Marco Ziani - dal sito Venezia Nascosta

In seguito ad una lunga permanenza in Armenia, Marco Ziani aveva stretto forte amicizia con abitanti di quella terra, della quale s'era innamorato, essendosi trovato molto bene. La stima e la riconoscenza verso gli abitanti di quella terra fu tale che decise di lasciar loro in eredità quella casa dei pressi del Ponte dei Ferali. Nell'atto di donazione lasciò anche una cospicua somma di denaro per sopraelevarla. Il risultato fu la casa albergo Hay Dun, nata col precipuo scopo di dare piena ospitalità per tre giorni a mercanti armeni in arrivo o in transito da Venezia. I mercanti armeni erano famosi già all'epoca per i loro commerci di tappeti e tappeti kilim. Dal Caucaso portarono anche fichi, albicocche, meloni, mandorle, melograni. Poco distante da quella casa, un isolato dopo, nacque un quartiere popolato di armeni, la famosa Calle degli Armeni (foto sotto). Ci si arriva oltrepassando il Sottoportico degli Armeni (foto sotto).

Rispetto a quei tempi, e rispetto anche al secolo scorso, il quartiere è diventato meno popolato, e pur trovandosi alle spalle di Piazza San Marco, nelle sue immediate vicinanze, a detta di Fausto Maroder, che del vivere a Venezia è un perfetto documentarista, Calle degli Armeni è diventato un quartiere tranquillo, e lo è perfino nei periodi di maggior ressa, quando c'è l'incalzare della folla per grandi manifestazioni, quali il Carnevale di Venezia. Sviluppatosi in quel secolo XIII, il quartiere si è anche dotato di una sua chiesa, la Chiesa di Santa Croce degli Armeni, dipendente dalla Chiesa Armena. Ancora oggi "vi si celebra la Santa Messa ogni ultima domenica del mese".

 
Calle dei Armeni all'incrocio con Calle Fiubera - foto mia dalla visita virtuale di Venezia effettuata col motore Geomondo
In fondo allo stretto camminamento (calle) di sinistra, è visibile il Sottoportico degli Armeni (foto sotto). Sul Calle di destra, Calle Fiubera (perchè vi si costruivano le fibbie), è visibile la tenda rossa della Trattoria Anima Bella 

 
Sottoportico degli Armeni. Foto mia - dal giro virtuale di Venezia effettuato con Geomondo
 

 
La rete commerciale e i possedimenti veneziani all'inizio del XVI secolo - da Wikipedia
 
Come detto, Yakob sparì nel nulla, ma il suo libro, pur essendo di contenuto elementare e stampato nella difficile lingua armena, ebbe molta fortuna in Venezia. Il libro del venerdì, questo il titolo, era una sorta di Zibaldone. Conteneva sì preghiere e invocazioni, ma anche pensieri e consigli disposti senza un ordine preciso. Il suo successo fu però tale che attorno ad esso era nata perfino una leggenda dal risvolto straordinario. Narra di un gruppo di mercanti imbarcati su una nave al seguito del loro prezioso carico di merci pregiate. In arrivo dal Medio Oriente, quando giungono in vista della miriade di isolette dell'attuale Croazia, vengono avvistati da un gruppo di quelle imbarcazioni pirate che infestavano la costa slava, le quali si fanno loro incontro con fare minaccioso. I mercanti, vistisi perduti, e non sapendo più a che santo votarsi, rendono l'anima a Dio e si mettono a leggere ad alta voce le invocazioni contenute nel libro. Di lì a poco si solleva una forte nebbia che rende invisibile ai pirati la loro nave.  Approfittando dell'evento inaspettato, la nave dei mercanti si allontana dalla costa slava, facendo rotta verso quella italiana, dove troveranno la sicura salvezza, per sè e per i loro preziosi carichi.

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Curiosando, dal libro di Alessandro Marzo Magno, alcuni dati sullo stato dell'editoria armena nella Venezia del tempo: "nel XVI secolo si registrano 17 titoli armeni: 8 a Venezia, 6 a Costantinopoli, 3 a Roma. Nel secolo successivo verranno pubblicati 160 titoli, in maggioranza a Venezia; mentre nella città lagunare dal 1512 al 1800 si contano 19 tipografie appartenenti ad armeni e non che stampano in armeno e pubblicano ben 249 volumi di ottima qualità, sia dal punto di vista dei contenuti sia della tecnica di impressione" .
 
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Antico e moderno oggi convivono nei calli delle mercerie. A ridosso di quel Rio delle Ferali, nei pressi di Campo San Zulian, a 10 metri dal Ponte dei Ferali e a meno di 50 metri dalla Trattoria Anima Bella, c'è un Negozio Ferrari con tanto di bolide di Formula 1 esposto in vetrina. Questa è una ulteriore conferma di quanto possa essere trafficata di turisti la Calle Fiubera.

 
Store Ferrari in Marzaria San Zulian 782 - foto mia, dalla visita virtuale effettuata a Venezia tramite Geomondo
  
Bibliografia
L'Alba dei Libri - Alessandro Marzo Magno - Garzanti
Venezia quotidiana - Carla Coco - Editori Laterza
Wikipedia