mercoledì 3 febbraio 2010

Mario Guido Dal Monte

Nasce a Imola nel 1906. Le particolarità di questo pittore sono numerose, il sottotitolo stesso della mostra a lui dedicata ne riassume alcune: dal Futurismo all'Informale, al Neoconcreto attraverso le avanguardie del Novecento.

(il motociclista)

Autodidatta, dalla vita artistica ricca e variegata, inizia la produzione nel 1926 dopo la visita alla XV Biennale di Venezia, in cui si accosta al Futurismo e inizia rapporti con Filippo Tommaso Marinetti e Giacomo Balla. In breve nasce a Imola il Gruppo Futurista Boccioni, Dal Monte espone alle mostre futuriste, e nel 1928 partecipa per la 1° volta alla Biennale di Venezia, presentando 2 opere oggi disperse: 'Veglionissimo' e 'Nevicata'. Fonda a Imola una Casa d'Arte Futurista, si dedica alla ceramica d'arte per la bottega Gatti di Faenza.
Le mostre tra il 1929 e il 1930 segnano già il suo passaggio dal Futurismo verso un lirismo magico stile Novecento, declinato in maniera personale. Nel 1931 espone nella Galleria Der Sturm a Berlino, entra in contatto con le avanguardie europee: Marc Chagall, Vasilij Kandinskij...
Per la V Triennale di Milano nel 1933 sono le pitture murali per la Casa Appenninica progettata in stile razionalista. La Casa d'Arte Futurista nel frattempo si trasforma in "Studio Magudarte" (esempio di casa d'arte a Imola, pensata come 'opera d'arte totale' il cui progetto doveva spaziare dall'oggettistica alla moda, alla pubblicità, dalla pittura murale all'arredo e all'architettura). Nel 1934, nel 1936 è di nuovo alla Biennale di Venezia.



(Vele Romagnole)

A metà anni degli anni 30 la sua ricerca si sposta verso astrattismo e scelte non-figurative vicino alla Galleria del Milione (MI), per la Cassa di Risparmio di Imola esegue 5 pannelli celebrativi dei valori del lavoro e del risparmio.
Dalla 2°metà degli anni 40 si avvicina al Surrealismo astratto. Dopo il 1945 futuristi ed ex-futuristi non hanno vita facile soprattutto in Emilia-Romagna, e la riscoperta del loro fitto lavoro pare una novità di questi nostri ultimi tempi, dopo un lunghissimo immotivato ostracismo.
Espone comunque ancora nel 1948 alla XXIV Biennale di Venezia, e a Roma. Nel 1949 la mostra alla galleria milanese A. Salto, sede delle attività del Movimento Arte Concreta, simboleggia l'adesione dell'artista alla poetica del gruppo.



(gasometro)

Nel 1950 è alla Biennale di Venezia, nel 1951 alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, e a Parigi. In questi anni realizza una tempera murale per la sua casa in stile razionalista, da lui progettata insieme agli arredi. Nel 1953 è a Roma e a Milano, in contatto anche con Giò Ponti.

A metà degli anni 50 Dal Monte si avvicina alla ricerca "informale", espone a Parigi nel 1957, a Firenze, Torino, Roma nel 1958, e nel 1959 allestisce una personale a Milano e a Roma. All'inizio del 1961 è ancora a Londra e a Venezia. Negli anni 60 si allontana dal linguaggio informale per ritornare alla ricerca, questa volta in stile "optical", proposto al III Premio Sassari nel 1972.



(ritratto futurista)

La sua attività ridiventa intensa negli anni 80: i dipinti di questa fase presentano un dinamismo "neofuturista" e sono esposti nell'antologica a Rimini (1986). Alla fine degli anni 80 la sua ricerca compie ancora un passo in avanti con opere "neoconcrete" di forte matericità.
Muore a Imola il 2 gennaio 1990. Una vita dedicata alla pittura lunga e fruttuosa, nel segno dell'arte e della modernità: del moderno ha molto, compreso spirito di ricerca continua e incessante sperimentazione di pressochè tutti gli stili e le avanguardie, insieme alla concezione dell'opera d'arte totale intesa come comprensiva di pittura, scultura, oggettistica, arredi, architettura. In questo senso Dal Monte, interpretando in maniera personale così numerosi stili e tendenze del suo e nostro tempo, assurge ad emblema della nostra epoca, caratterizzata da velocità, dal bisogno di rinnovarsi, da evoluzione continua, dall'impossibilità di fermarsi, forse uno dei vantaggi (ma anche delle maledizioni) dell'essere moderni: indipendenza e individualismo rispetto al mondo circostante, ma anche obbligo continuo di ridefinirsi in un contesto che cambia vorticosamente connotati e significati, e sfugge via.



(treno notte)

La mostra dedicata all'artista si tiene a Imola, Museo di San Domenico, dal 19 dicembre al 5 aprile 2010 (180 opere tra dipinti, sculture, ceramiche, bozzetti e ampia documentazione). In uscita anche un volume edito da Silvana Editoriale che sarà presentato da Enrico Crispolti il 27 febbraio 2010 alle 17.30 nell’auditorium di San Domenico.

per ulteriori info sulla mostra: qui

una riflessione d'interesse germogliata dinanzi a un suo quadro, alla scheda dell'Istituto per i beni artistici, culturali, naturali, cfr. sezione "notizie storico-critiche": qui

Josh

13 commenti:

Hesperia ha detto...

Il Futurismo è un altro periodo che mi intriga molto. Dal Monte non lo conosco a fondo, ma Balla sì. E anche come fenomeno letterario si è mostrato un movimento innovativo. Ho avuto modo di conoscere perfino dei musicisti futuristi che furono amici di Luigi Russolo e mi hanno mostrato l'intonarumori, un marchingegno davvero divertente. Quando si riunivano tra amici futuristi finiva sempre tutto in caciara. E spesso ci scappavano anche risse dove si veniva alle mani :-)

marshall ha detto...

Josh,
sembra quasi che i nostri post si incrocino. Nello stendere oggi la quarta parte del mio racconto a tappe forzate, mi sono imbattuto in Flippo Tommaso Marinetti, scoprendo che è sepolto qui a Milano, nel Cimitero Monumentale (forse al Famedio).
L'amico Fausto, di AlloggiBarbaria.blogspot che parla spesso di personaggi legati in qualche modo a Venezia, chissà se in qualche modo ha mai parlato di questo artista?
Ti confesso che per me è stato emerito sconosciuto fino a pochi minuti fa.
Ciao.

Josh ha detto...

Lieto che il Futurismo ti interessi Hesperia.
"L'intonarumori" era un'altra stravaganza dell'epoca, ma geniale se si pensa allo spirito con cui venivano messe a punto queste trovate:)
Risulta anche a me che le loro riunioni finissero in caciara, ma certo che se si veniva anche alle mani sembrerebbe un'altra declinazione dell'"Accademia dei Pungi", in senso lato, di cui parlava Marshall. :))

Josh ha detto...

@Marshall: stai buono, guarda! :) ...che mi hai già prenotato e messo nel sacco con Rosai, e sarà un post impegnativissimo, a meno che non cercherò di glissare sulla biografia e certi particolari....che lo resero non recensibile nè dalla critica militante di sx nè dalla critica cattolica nè dalla critica di dx nè da quella tradizionalista....

Filippo Tommaso Marinetti per me era geniale. Balla, Boccioni, Depero....idem
alla fine ho gusti multiformi e variegati anche in pittura:)

Per molti di questi artisti, di cui giustamente dici 'sono stati emeriti sconosciuti fino poco fa',
ti solleverei da ogni colpa o responsabilità dato l'ostracismo cui sono stati fatti segno per decenni.

Josh ha detto...

ah ecco, poi dimenticavo, a parte gli errori di battitura sopra:
la particolarità di Dal Monte rispetto ad altri futuristi è stata quella di avere attraversato molte altre avanguardie dei decenni successivi, di essersi rinnovato moltissime volte, e di aver dipinto fino agli anni 90, praticamente fino al punto di morte, mantenendo sempre una forte ispirazione e una qualità alta delle realizzazioni.
Non ha cioè attraversato la 'fase di declino' d'artista, o il periodo del ripetere se stesso all'infinito, tutt'altro. Ha come prodotto un flusso continuo di immagini nuove.

marshall ha detto...

Josh,
mi è bastato quell'accenno a certi particolari su Ottone Rosai, per immaginarmi che il tuo prossimo post potrebbe essere molto spumeggiante.
Passando a questa recensione, su Mario Guido Dal Monte, vedo che siete tutti molto estrosi, sia tu che Hesperia: sapete passare da uno stile pittorico all'altro senza crearvi complicazioni, e sempre con grande entusiasmo. Al contrario di me, che di pittura sono abbastanza retrogrado: sono ancora alle basi elementari, rispetto a voi che siete quasi all'università.
Comunque, il Futurismo, che finora vedevo con un pò di puzza sotto il naso, perchè distante dai canoni del bello cui la massa degli inesperti cui appartengo è abituata (per noi il bello della pittura è rintracciabile in pittori come quelli che finora hai recensito: vedi Correggio, Aspertini, Segantini, ecc.), ora, dicevo, dai quadri che hai pubblicato (soprattutto il primo), il Futurismo comincia a piacermi.

p.s. mi è venuta una frase molto lunga. Spero ne abbi capito il senso, altrimenti ti consiglio di andarti a bere un bel cafferone :-)). Ciao.

marshall ha detto...

Josh,
ho letto la scheda allegata al post, contenente stralci di quell'intervista fatta dal pittore qualche anno prima di morire. La sua città natale, Imola, invece di coccolarselo, lo ha sempre osteggiato ritendolo di idee prettamente fasciste, in quanto aveva fatto parte di quel movimento futurista, tanto osannato da Mussolini.
Questo fatto mi porta a fare un'altra considerazione molto amara.
Ad Aldo Protti, il più bel Rigoletto della lirica italiana e mondiale (e forse di tutti i tempi), la sua città natale, Cremona (dove sono nato), tre anni fa gli aveva negato la dedica di una via. Seguii la vicenda e le polemiche insorte; Aldo Protti era considerato un fascista (e di quelli tosti) perchè era stato iscritto al partito fascista. Nel caso suo, oserei dire che era stato iscritto di forza, per poter cantare. Ma non aveva niente del cattivo fascistone, come la generalità è capace di dipingerli: Protti era un buono, un dolce. Ma tant'è, la via non gli fu dedicata (non so se poi, nel frattempo, con l'arrivo del nuovo sindaco Oreste Perri, campione olimpionico, di emanazione PdL, la faccenda sia andata a posto). Fui però sommamente felice quando Milano, più o meno nello stesso periodo gli dedicò una nuova piazza di Milano, là dove fino a pochi anni prima c'era ancora un boschetto spontaneo di acacie verdi profumate e ombreggianti, dove spesso d'estate abbandonavo la macchina per fare il mio giro di lavoro in metrò.
Un altro caso di bufale prese da certe parti politiche l'ho appreso in questi giorni, leggendo la vita di padre Agostino Gemelli.

Ciao, adesso sono io che mi vado a bere un cafferone! :-))

Nessie ha detto...

Su Futurismo e mostra sulle avanguardie novecentesche raccolte nella mostra Italia Nova a Parigi, che suscitò polemiche a non finire, scrissi un post nell'aprile 2006. La Francia del correttismo politico fece la solita alzata di scudi contro la cosiddetta "arte italiana fascista". Più ottusi di così....si muore. Ecco il link:

http://sauraplesio.blogspot.com/2006/04/le-monde-osteggia-il-classicismo-del.html

Josh ha detto...

@Marsh:
dici "Passando a questa recensione, su Mario Guido Dal Monte, vedo che siete tutti molto estrosi, sia tu che Hesperia: sapete passare da uno stile pittorico all'altro senza crearvi complicazioni, e sempre con grande entusiasmo"

sono 30 anni ormai che mi interesso di pittura e arti in genere, in pratica da sempre.
In particolare il Futurismo, come il déco e il 'vecchio mondo' dell'arte fino agli anni 40, sono gli ultimi stili 'totali' con un'idea di arte già moderna e quasi contemporanea ma ancora sulla falsariga della continuità con il classico, anche se riletto in maniere nuove.
Da lì in poi, invece, la contemporanea diventa.... troppo contemporanea, e di classico non avrà più nulla.

scrivi "Comunque, il Futurismo, che finora vedevo con un pò di puzza sotto il naso, perchè distante dai canoni del bello ...(per noi il bello della pittura è rintracciabile in pittori come quelli che finora hai recensito: vedi Correggio, Aspertini, Segantini, ecc.)"

Certo che il bello è in quei pittori lì...
Sicuramente il Futurismo non è interessato al bello in sè, non è la sua mira, o al bello nel senso tradizionalmente inteso, o meglio trova il "bello" in altre cose...

Rientrano più suggestioni nel F.: la modernità, l'anelito al futuro, la geometria e la geometrizzazione, la scomposizione ottica, e prima ancora la dinamica, il movimento, le torsioni e la scomposizione del movimento, quinte architettoniche dell'epoca.

In questa selezione per es. Il primo suggerisce sia una geometrizzazione, sia il movimento del motociclista;

a me piace molto il terzo, "Gasometro": mostra molte cose, la civiltà industriale, sembra di poter toccare il nero plastico dei tubi, gli acciai 'metallizzati', l'architettura gelida dell'industria...
Notare anche quella specie di torrione grigio stondato, verso destra, che ricorda alcune soluzioni architettoniche (industriali ma anche abitative, nei '30-'40) di quella fase del tardo déco che virava alla geometrizzazione e al razionalismo ma rimaneva monumentale, inventando un classico moderno geometrico maschile e marziale (contrario al déco sinuoso, lezioso e femminile)
notare ancora i monti sulllo sfondo poco naturali e un po' freddi e la plasticità possente delle figure.

Per me è molto bello anche l'ultimo, il treno notte....lì tutto è geometria e movimento.

Josh ha detto...

Su quell'altra questione, in Italia tutta l'arte (e l'architettura) germogliate tra il '20 e il '40 sono state osteggiate nei decenni successivi, quando non irrise e proprio distrutte (intendo proprio palazzi-opere d'arte buttati a terra).
Questo è avvenuto anche quando non si trattava di arte prettamente 'fascista', ma solo perchè nata in quel periodo. Lo voleva il "dogma" della bella vita nata dopo la "resistenza" e la "liberazione".

Piuttosto che distruggere i palazzi razionalisti e dèco, butterei giù quegli orrendi edifici delle coop rosse che infestano mezza Italia, e i condomini-alveare degli architetti amici del pci-pd-ds-unione-ulivo-asino & co ispirati all'archiettura del Soviet impersonale e totalitaria a dir poco orripilanti.

Per il resto altri dettagli sulle polemiche contro il Futurismo li trovi nel post di Hesperia.

Altre tracce, più o meno vicine o lontane, di questi argomenti anche in questi altri miei post e illuminanti commenti sottostanti:

http://esperidi.blogspot.com/2009/05/art-deco-arte-dimenticata.html

http://esperidi.blogspot.com/2008/10/la-citt-il-centro-la-piazza-significati.html

marshall ha detto...

Josh,
la bellezza del terzo quadro per me sta nel fatto che mi richiama subito all'attenzione il simbolo/logo di ENI. Se fossi un direttore di tale azienda, lo farei acquistare (ammesso che non sia già in loro possesso).
Tutto richiama all'ENI: quello che somiglia al cane a sei zampe, simbolo inequivocabile del gruppo, e quei tubi con quell'edificio sullo sfondo che sembrano proprio parti di una raffineria di petrolio.
Bello, bel quadro!

Ciao. A dopo, ora vado a riprendere il filo del mio blog.

marshall ha detto...

Dimmi, Josh,
i "Mascheroni" della facciata della Stazione Centrale di Milano, eseguiti, come credo, tra il '30 e '40, possono essere attribuiti allo stile futurista, o a che altro?
Credo anche che la gente si accorga poco di tali sculture, che invece dovrebbero costituire un grosso vanto per Milano.
Grazie. Ciao.

Josh ha detto...

Dunque, i Mascheroni della Stazione di Milano sono di quel tardo déco cui si accennava sopra, quando quello stile nei tardi '30 vira verso la geometrizzazione, il 'marziale', le forme 'forzute'.

Ma il resto della stazione (il cui primo progetto di Stacchini risale al 1912 e pensava a Washington) è dovuto anche a influssi molto diversi, tra il tardo liberty monumentale che sconfina nell'eclettico (i "pegaso") con elementi quasi assiro-babilonesi un po' stravaganti:)
Comunque a me è sempre piaciuta!