lunedì 24 gennaio 2011

Tolosa, il vero Paese di Cuccagna

L'ispirazione per questo post mi è nata da un commento di Hesperia. Post che mi ha dato anche l'opportunità per approfondire un argomento storico, legato ad uno dei primi crolli in borsa: quello dei titoli legati al pastel di Tolosa. La borsa valori, per come la conosciamo oggi, ha avuto le sue primissime origini ad Amsterdam alla fine del ciclo storico di cui al presente post: nella metà del secolo XVI. A quella vicenda di crollo di borsa è legata una storia che sembrerebbe uscire dalla penna di un narratore, una storia che avevo sempre creduto legata ad un segreto. E invece, segreto non è stato, ma è stata bensì una storia di inventiva, caparbietà, intraprendenza di tolosani che avevano intuito le ottime potenzialità di un prodotto della loro terra e ne avevano studiato il modo diverso dagli altri per estrarvi quello che risultò il miglior pigmento del colore del blu esistente allora sui mercati. E quindi, se Matilde Serao, nel suo romanzo omonimo, aveva definito ironicamente Napoli come Il Paese di Cuccagna, c'è stato un tempo in cui fu Tolosa quello della vera cuccagna.
Nel triangolo d'oro del sud della Francia, racchiuso tra le città di Tolosa, Carcassonne ed Albi, per oltre un secolo i suoi abitanti vissero come per i proventi di una manna caduta dal cielo. Quell'area è sicuramente tuttora una fra le più fertili d'Europa e il suo terreno è particolarmente vocato per certi tipi di colture. Il periodo d'oro in cui avvennero questi avvenimenti andò dal 1463 al 1561, però i benifici si cominciarono a sentire fin dagli inizi del '400, protraendosi poi almeno fino alla fine del '600. I suoi abitanti, ma in particolare un gruppo ristretto di famiglie, guadagnò cifre favolose commerciando le cocagnes, un prodotto generoso della loro terra. L'unicità del prodotto, l'assenza di concorrenza tra le poche famiglie che ne detenevano quella sorta di brevetto, unita alla capacità di mantenere segretezza sui loro affari, consentirono a quelle famiglie di conseguire guadagni favolosi, col minimo dispendio d'energie. Ma cos'è questa cocagnes, il cui termine italianizzato è diventato cuccagna? E' un derivato, proveniente da una coltura tipica di quella ricca terra. Erano le foglie del pastel
che, fatte macerare in acqua, per poter essere ridotte in poltiglia, venivano poi pressate fra le mani e trasformate in palle della grandezza di un pugno. Fatte poi essicare per circa 15 giorni, ne risultavano le famose coques o cocagnes (vedi foto dall'alto), grosse pallottole di circa un kg di peso, che venivano esportate in tutta Europa; costituivano il ricercatissimo pigmento del blu per tintorie e, in taluni casi, per pittori. Alla base della fortuna del paese di Cuccagna vi fu soprattutto la passione per il colore blu da parte dei grandi del mondo, e dai nobili; non a caso, durante il Medio Evo, si designava di sangue blu la classe sociale dei nobili.
In quel periodo d'oro furono 60.000 gli ettari di campagna coltivati a pastel (vedi Isatis tinctoria, e guado in lingua italiana), una pianta simile alla colza, contro i circa 11.000 ettari coltivati a guado (nome usato in Italia e Germania per la stessa isatis tintoria) nella città tedesca di Erfurt (anche qui si visse un lungo periodo di cuccagna, dal 1200 al 1600, grazie ai ricchi proventi derivanti dal commercio del guado, dalla piantina alla tintura pronta).
Ad ogni modo, la scoperta che dalle foglie del pastel (guado) si potesse ricavare il pigmento del blu, fu per l'epoca una vera cuccagna. Considerato il migliore in Europa, era esportato in tutto l'Occidente, ed a prezzi altamente remunerativi per i produttori, che li arricchì notevolmente, assieme a mercanti e banchieri della zona. La domanda era crescente, così costoro, grazie alle ricchezze che andavano accumulando, furono in grado di cambiare il volto delle loro città, costruendo palazzi, torri e castelli. Tolosa si abbellì così di sontuosi palazzi, tra i quali spiccano i palazzi Assezat e Bernuy, ora trasformati in alberghi di lusso; ad Albi primeggiò il palazzo della famiglia Reynes.


Tolosa, in particolare, era così diventata la piattaforma mondiale del commercio del pastello, con succursali di banche, dove venivano negoziati e scambiati titoli legati alle fiorenti attività legate al pastel. L'epoca d’oro prosegue fin poco dopo la metà del XVI secolo, quando una crisi dei raccolti e la concorrenza sempre più agguerrita dell'indaco, proveniente dalle terre del Nuovo Mondo, ne decretò la fine definitiva. Era la fine della cuccagna.

Che pagò il conto diretto di quella sorta di speculazione sul Blu, furono in prima istanza un pò tutti i pittori e tintori europei. Il blu, infatti, non si trova puro in natura ed è l'unico colore che l'uomo fin dall'antichità ha faticato ad ottenere. Di questo fatto, ne seppe certamente qualcosa anche Giotto, che, per affrescare gli azzuzzi della volta della Cappella degli Scrovegni, aveva avuto come uniche possibilità ciò che era reperibile sui mercati nel suo secolo: l'Azzurrite, un minerale abbastanza comune, ma comunque abbastanza caro, oppure il più costoso Blu Oltremare. Questo era chiamato così perchè proveniva dai paesi del vicino Oriente, di là dal mare, come la Siria e soprattutto l'Afghanistan. Durante i secoli d'oro della pittura italiana "quasi tutte le botteghe artigiane erano produttori e alchimisti di colori e ossidi in proprio basati sulla triturazione e l'impasto di minerali e pietre di pregio" (Hesperia: vedi a inizio post). Sperimentavano, ma non seppero trovare una valida alternativa alle cocagnes francesi, ciò che permise quegli arricchimenti oltre misura.

Qui una visita virtuale alla Cappella degli Scrovegni edita da Il Sole 24Ore
Dedica
Questo post è dedicato ad un ragazzo milanese, che ha trovato a Tolosa il grande amore della sua vita, trasferendovisi. E poichè s'è qui parlato di inventiva e intraprendenza dei tolosani, mi piace ricordare la storia di tale ragazzo, ancora emerito sconosciuto, che ha importato a Tolosa un prodotto siciliano, la terra dei suoi nonni, escogitando, però, e provando e riprovando un nuovo ed originale modo per produrlo. Che diventi per lui una nuova cuccagna, così come lo era stata l'idea sviluppata sul pastel dagli antichi tolosani.

Per saperne di più:
Weekend a Tolosa
Cultorweb Medioevo
Turismo: Tolosa e il pastello
Il guado in Germania

Foto:
Tolosa, piazza del Campidoglio: da Wikipedia
Una "cocagne du pastel" dal sito del Museo di Tolosa
Blu Occitania: dal sito Coltivazioni tipiche nel mondo
Tolosa: Palazzo Assezat (ora albergo), dal sito Amedeo Modigliani
Veduta di Carcassonne: da Wikipedia
Veduta di Albi: da Wikipedia
Cappella degli Scrovegni: dal sito Tanogabo
 
Post correlato: Venezia - Chiesa di Sant'Alvise

Aggiornamento del 10/11/2012
Link correlato: Il blu di Tintoretto

13 commenti:

Hesperia ha detto...

Molto interessante Marsh! e sono contenta di averti ispirato :-)

Allora la parola pastello proviene da pastel, cioè un impasto fatto con le foglie della Isatis tinctoria. E' una pianta che devo aver visto nella pianura Padana. A meno che io non la confonda con la colza vera e propria. Ma la colza non ha i sepali blu, è tutta gialla.


Per quanto riguarda il tono del blu degli affreschi di Giotto, mi risulta che l'azzurrite fosse stata abbandonata perché si sfarinava, per il lapislazzulo.
Come puoi leggere qui nel link , dove c'è addirittura l'immagine del quadro di Giotto:

http://it.wikipedia.org/wiki/Lapislazzuli

Il Lapis (anche la matita - guarda caso si chiama così)
è pietra composta da lazurite, pirite e calcite.

Ma anticipo già qui che il mio prossimo post verterà soprattutto su gemme rare, pietre preziose e pietre dure e relativi simboli.
Dopo la "cuccagna" (o cocagne) un po' di vanità. Ciao!

PS: cos'è quella palla marron del secondo fotogramma?

marshall ha detto...

Hesperia,
come vedi ho interrotto il post appena introdotto l'argomento Cappella degli Scrovegni (avrei voluto inserire anche i versi di Dante, che mise Scrovegni all'Inferno tra gli usurai, ma sarei andato letteralmente fuori tema): essendo un "pivellino" in materia di Storia dell'Arte, non ho voluto addentrarmi.
Però credo ci sia molto da discutere sul colore dell'azzurro usato da Giotto per dipingere la Cappella. Ho inserito a piè di pagina il link per accedere allo YouTube del Sole 24Ore dedicato alla Cappella degli Scrovegni. Al minuto 9 circa, il direttore dei Musei Civici di Padova, Davide Banzato, cita chiaramente l'azzurrite come colore usato da Giotto per dipingere i pannelli laterali delle pareti della Cappella.

Quella palla color marron del secondo fotogramma è appunto la cocagne (cuccagna).

Vado a inserire il link.
Ciao.

Hesperia ha detto...

Ho aperto il tuo link del più costoso materiale (rispetto all'azzurrite) blu oltremare e ho trovato:

"Il nome blu oltremare deriva dal fatto che il lapislazzuli veniva estratto principalmente in Oriente e dai porti del vicino oriente (Siria, Palestina, Egitto) arrivava in Europa; da qui Oltremare, nome che questi territori avevano in epoca medievale".

Come vedi, ho ragione anch'io :-)

Hesperia ha detto...

E ancora prelevo dal link:

"Il più antico uso conosciuto di questo pigmento risale a VI - VII secolo nei dipinti dei templi afghani vicini al più noto giacimento di lapislazzuli. L'uso di questa pietra è documentato in dipinti cinesi del X e XI secolo, in India nei dipinti murali dell'XI, XII e XVII secolo, nei manoscritti miniati anglosassoni e normanni scritti dopo il 1100..."

Come volevasi dimostrare.

marshall ha detto...

Hesperia,
ecco perchè la questione dell'azzurro della Cappella degli Scrovegni è controversa.
Anche in uno dei siti che ho linkato (e che me li sono letti e riletti tutti: e che vera gioia nell'apprendere!), QUESTO , la didascalia della foto della Cappella degli Scrovegni dice:
""Negli affreschi il blu oltremare veniva utilizzato solo a secco (scoloriva con gli acidi, ma resisteva bene alla luce) applicato con dei leganti sull'intonaco asciutto come negli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova.""

Quindi, blu oltremare.
A chi dobbiamo dar credito? A questo sito, o alle parole del Direttore dei Musei Civici di Padova, che invece parla di azzurrite? Ma credo che forse abbiano ragione entrambi. Per la volta Giotto ha sicuramente usato il blu di lapislazzuli (che costava letteralente come l'oro), mentre per i pannelli lateali ha usato azzurrite, oppure, come è scritto su altri dei siti che ho linkato, ha mischiato blu oltremare con azzurrite per mediare il costo dei materiali.

Ma aspettiamo Josh, che forse ci risolverà l'enigma.

marshall ha detto...

Hesperia,
intanto creo il lik per quella voce sui
lapislazzuli, che m'hai consigliato. E poi, in un prossimo commento, ti racconterò un aneddoto su uno strumento legato ai "lapis", che ancor oggi, quando ripenso a quella storia, mi viene da sorridere.

Josh ha detto...

arrivo solo adesso per questo post.
Ma complimenti Marshall, che tema interessante, e post scritto molto bene. Mi piace che collegando storia, pittura, tecnica, geografia, lingua e borsa venga fuori tutto questo mucchio di informazioni. Ecco, è un post-miniera:-)
Il pastel di Tolosa era mitico.
Fatti del genere sembrano narrativa più che storia vera, abituati come siamo al mondo attuale globalizzato.
nota bene: la particolarità e ricchezza locale della materia segreta tolosana, quotata in borsa, che per un periodo porta benessere a tutta la zona
è un mondo che frana quando arriva l'indaco dagli USA.
Sembra un paradigma simbolico, una metafora anche per noi oggi, in aggiunta alla globalizzazione.

Josh ha detto...

interessante anche l'etimologia dettagliata e 'ambientata' di 'cuccagna'...

tutta questa passione per il blu ci dice anche di una società intera votata al valore da dare al bello, all'artistico...

oggi invece siamo al profitto ricavato sul niente, robaccia con appiccicata una firma per siglare paccottiglia fatta in Cina, o arte-spazzatura....

Josh ha detto...

Aggiungo....Marshall, su Giotto io so la stessa cosa che ci dice Hesperia, anche se ho visto il link che indichi:
per il blu degli affreschi l'azzurrite è stata abbandonata perché si sfarina...e al posto si optò per il lapislazzulo.
Che tra l'altro è una delle mie pietre preferite...assieme al turchese.

ma in dettaglio il Direttore dei Musei Civici parla di azzurrite.... può essere come dici tu Marshall, per la volta Giotto ha sicuramente usato il blu di lapislazzuli e per i laterali azzurrite, o ha mischiato oltremare e azzurrite.

Di più potrebbe sapere Dionisio....

marshall ha detto...

...certamente Josh,
e a tal propositi mi viene ora in mente un'altra cosa che avevo letto tra i vari link, ma non ricordo in quale, che i frati (quindi si trattava di qualche chiesa o monastero) consegnavano la mattina, prima dell'inizio lavori, una certa dose o quantità di lapislazzuli, e i pittori più maldestri (quasi tutti, a quanto pare), dato che il materiale veniva venduto allo stesso prezzo dell'oro (ho detto bene: costava come l'oro!), ci facevano la cresta, mischiandolo con l'azzurrite (che costava, ma valeva anche meno, e durava poco tempo) e il lapislazzulo messo da parte se lo vendevano, arrotondando il compenso per il lavoro di pittura.

Come vedi, caro Josh, anche questa sembra una favola uscita dalla penna di un narratore. E invece, stando a quel che ho appreso, avveniva proprio così. E dato che Dionisio conosce bene il mondo dei pittori, essendo lui stesso un pittore, credo conosca assai bene questi anneddoti o storie.

Ti ringrazio per i complimenti, che, detti da un vero professore di Storia dell'Arte come te, valgono per tantissime volte quelli di un profano. Ma ti dirò che, parlando appunto con dei profani di questo argomento sulla Cappella degli Scrovegni, allungandola poi con quanto conosco di Dante a Padova in quel periodo, li ho lasciati tutti a bocca aperta, e mi stanno pressando affinchè tenga lì da loro qualche "lezione sull'argmento", nella famosa Università del Tempo Libero.

Ti ringrazio e ti saluto.
Ciao.

Hesperia ha detto...

In attesa che l'artigiano Dionisio dica la sua, io credo che solo chi effettua i restauri degli affreschi ha la certezza quasi matematica dei materiali impiegati. Lì'ipotesi di Josh del metà e metà, sembrerebbe la più verosimile.
Anche a me, Josh piace tanto la pietra e mi hanno regalato per Natale un paio di orecchini lapis e oro. Inoltre nel castello di Baviera di Neuschwanstein detto il castello di Ludwig ci sono stanze che hanno addirittura interi colonnati in lapislazzulo. Mi riferisco a quelle del Lohengrin. Una meraviglia!

E' piaciuta molto anche a me l'idea di Marsh di mescolare la Borsa, la cuccagna, il pastel e i vari materiali. Magari fossimo ora nel paese della Cuccagna! Chissà invece cosa ci aspetta....

paolo ha detto...

C'è anche il China Blue o blu di Cina molto usato nelle porcellane inglesi e che in origine si trovava nelle antiche e finissime porcellane tradizionali cinesi. Però non saprei dire il pigmento impiegato per farlo. Comunque è vero che il blu in natura è difficile da farsi.
Saluti

marshall ha detto...

Paolo,
grazie del contributo. Sarebbe interessante se qualcuno ci racconta della fonte di provenienza di quel tipo di blu.
Mi informo se per caso ne sa qualcosa il mio amico di Venezia, Fausto. Chissà se nella storia c'entra Marco Polo?