Il Giardino delle Esperidi si riserva di ospitare altri blogger che trattano argomenti affini al nostro e che possono contribuire coi loro pezzi ad arricchire e a rendere vivace il nostro dibattito. Per dare un seguito al tema da me già svolto ne "L'importanza di essere Oscar", ospito il post "Dandy e dintorni" dell'amico Johnny Doe del blog "Le bateau ivre". Dalla lettura del pezzo si possono ricavare questi interrogativi: possono esistere ancora i dandy in epoca attuale? E come possono resistere alle sirene e ai disvalori della modernità? Come possono soddisfare la loro eccentricità senza passare attraverso i media? Il dandismo è una moda o piuttosto una filosofia di vita?
Charles Baudelaire |
E' una specie di culto di sé, che può sopravvivere alla ricerca della felicità da trovare nell'altro, a esempio, nella donna; e che può sopravvivere persino a tutto ciò cui si dà il nome di illusioni. E' il piacere di stupire e la soddisfazione orgogliosa di non essere mai stupiti. Un dandy può essere un uomo cinico, può essere un uomo che soffre, ma, anche in questo caso, egli sa sorridere come lo Spartano addentato dalla volpe.
Così, per certi aspetti, il dandismo confina con lo spiritualismo e con lo stoicismo. Ma un dandy non può essere mai un uomo volgare. Se commettesse un delitto non ne sarebbe degradato, forse; ma se il delitto avesse origine da una causa ignobile, il disonore sarebbe irreparabile. Il lettore non si scandalizzi dinanzi a questa gravità nella frivolezza e ricordi che vi è una grandezza in tutte le follie, una forza in tutti gli eccessi.
Questi uomini possono farsi chiamare raffinati, favolosi, magnifici, leoni o dandy, ma tutti vengono da una stessa origine; partecipano del medesimo carattere di opposizione e di rivolta; sono rappresentanti di ciò che vi è di migliore nell'orgoglio umano, del bisogno, troppo raro negli uomini di oggi, di combattere e distruggere la volgarità. Di qui deriva, nei dandy, quell'orgoglioso atteggiamento di casta e di sfida, anche nella sua freddezza"
Così, per certi aspetti, il dandismo confina con lo spiritualismo e con lo stoicismo. Ma un dandy non può essere mai un uomo volgare. Se commettesse un delitto non ne sarebbe degradato, forse; ma se il delitto avesse origine da una causa ignobile, il disonore sarebbe irreparabile. Il lettore non si scandalizzi dinanzi a questa gravità nella frivolezza e ricordi che vi è una grandezza in tutte le follie, una forza in tutti gli eccessi.
Questi uomini possono farsi chiamare raffinati, favolosi, magnifici, leoni o dandy, ma tutti vengono da una stessa origine; partecipano del medesimo carattere di opposizione e di rivolta; sono rappresentanti di ciò che vi è di migliore nell'orgoglio umano, del bisogno, troppo raro negli uomini di oggi, di combattere e distruggere la volgarità. Di qui deriva, nei dandy, quell'orgoglioso atteggiamento di casta e di sfida, anche nella sua freddezza"
(Charles Baudelaire, "Scritti sull'arte")
Lord Byron |
Oscar Wilde |
Il Dandy è un rivoluzionario e un illusionista. È la creazione a partire dal nulla. È per la gratuità, per il trionfo del nulla, per l'ozio, contro il lavoro, la democrazia, contro l'utilità e il progresso. È un esempio di quell'intellettuale negativo, inattuale, perché rifiuta la logica del mondo 'borghese', regressivo perché tutto inverte; sceglie un altro tempo di vita, anzi ferma il tempo. È difficile farne l'identikit, perché ci sfugge, è incollocabile. Quella del dandy è un'estetica della 'singolarità'".
"Il poeta è il dandy e il dandy è il poeta. Il dandy è un comportamento e il comportamento del dandy è la maschera immobile dell'impassibilità assunta come natura."
(G.Franci, 'Il sistema del dandy')
Da non dimenticare la simbolica fascinazione del dandy per il Viaggio, metafora della vita, e dell'attesa. Baudelaire, in "Spleen e ideale", racconta un suo fantastico viaggio attraverso il mare, per giungere ad una terra promessa, ricca di felicità, quanto di mistero; egli trova così dolce e piacevole la lunga attesa, che al momento di attraccare, domanda sconsolato se il viaggio è "Già finito?".
"Esiste solo un modo per sfuggire all'alienazione dell'odierna società: allontanarsi."
(Roland Barthes)
-Un uomo molto ricco, in un casinò, vinse una grossa somma. Un famoso dandy era lì nei pressi, l'uomo lo apostrofò:
"E voi cosa ne fareste di tutti questi soldi?"
Per il seduttore sensuale il piacere culmina nel possesso, ma il seduttore intellettuale è un personaggio più complesso... è un 'homo ludens' che vive di calcoli raffinati e decadenti, che distilla e concentra il piacere...".
(Diario del seduttore, Kierkegaard)
Max Beerbohm, sul letto di morte, declamò al medico, che gli domandava come stava, i versi di Swinburne: "Non c'è fiume così stanco che infine non trovi il mare".
Il dandy, disinteressato a vibrare all'unisono con la storia, cerca negli sconfitti un riflesso della propria virtù che più ama: il distacco da ogni interesse, l'ebbrezza d'esser in minoranza, il gusto del gioco e della morte. Il dandy non è mai per qualcosa, ma sempre e soltanto contro qualcos'altro. Sentenzia Cocteau: " L'estetica dell'insuccesso è l'unica durevole. Chi non capisce l'insuccesso è perduto".
Dandy e snob
Lo snob (sine nobilitate) sta al dandy come il valet Leporello a Don Giovanni
Una differenza fra lo snob e il dandy è che, mentre il primo si fa spedire da Cuba una scatola di sigari Cohiba che non fumerà mai e terrà sigillata, bene in mostra nel salotto, il secondo s'accende un Antico Toscano con la sua ultima banconota da centomila lire.
Lo snob? Un imitatore.
Il dandy? Un… inimitabile.
Dandismo e snobismo si escludono a vicenda.
Lo snob, che non cerca la differenza ma il privilegio, aspira ad aggregarsi a una classe sociale elevata; mentre il dandy, per il quale non conta che 'differirsi', è, per destino, un 'fuori/classe'.
Snobismo: malanno sorto da un sentimento d'inferiorità compensato con l'ambizione e l'attitudine all'autoinganno. Almeno nella forma, lo snobismo non è troppo dissimile dalla schizofrenia: malattia devastante, ma che gli snob credono à la page.
Jean Cocteau |
I dandies hanno messo radici nel letame, ma è grazie ad esso che le orchidee fioriscono più rigogliose, finché infine il fiore muore e resta solo il letame"
(C. Connoly)
Dandy, splendi un po', se puoi; ma soprattutto, 'tramonta'.
dal Blog "Le Bateau Ivre" .
http://www.pojanlive.com/2010/07/dandy-e-dintorni.html
51 commenti:
Un'aggiunta è doverosa, almeno per noi italiani: D'annunzio and Landolfi.
Dandy è ciò che fa scivolare dalla giacca l'impegno, la responsabilità, la preoccupazione del vivere, il progetto.
E' ciò che è infinitamente antidemocratico senza essere volgarmente qualunquista né controrivoluzionario... è ciò che prova disinteresse e spregio per il circondario, non anela quindi ad entrarvi dalla porta principale né da quella di servizio.
Non è che astorico. Fuori dal tempo, perché nel tempo c'è la produzione, il messaggino sociale, la cittadinanza.
Il dandy oggi si confonde spesso coll'elegantone ricco d'una ricchezza industriale, accattona, destilizzata, borghesuccia e bborgatara. Fatta nella penombra non per gusto della penombra ma per l'esigenza di occultare le prove adultere o criminose.
Il dandy è un fiore oggi d'una rarità indefinibile. La democrazia rema contro la sua anima, ma il bello (nelle sue infinite forme) ha sempre battuto i regimi, non foss'altro perché resta. Resterà anche il dandysmo.
Certo, Daniz. Doverosa precisazione, anche se D'Annunzio possiede un attivismo e una passione civile che non è propriamente del dandy.Lo è ovviamente nel Vittoriale che ci ha lasciato, ispirato al Desesseintes di A' rebours.
In fondo è stato un dandy anche il grande critico letterario Mario Praz, basta visitare la sua splendida casa a Roma con manie collezionistiche e corridoi da casa Usher di Allan POe per capirlo.
Ma questo di Johnny non è un'antologia o una rassegna sui personaggi dandy, ma piuttosto suggestioni sparse sul tema.
Importante aver messo "Il diario di un seduttore di Kirkegaard" dove c'è un passaggio tipicamente dandy che cito andando un po' a memoria, la quale può anche tradirmi in qualcosa : "Il fidanzamento andava a gonfie vele, per questo si spezzò".
Il dandysmo resterà? ovvio che resterà poiché è l'essenza stessa del vivere artisticamente.
La foto di Cocteau col gatto mi rimanda alle poesie di Baudelaire sui gatti.
"Il gatto e il dandy" potrebbe essere il titolo di un nuovo post. Perché i dandy amano tanto i gatti? Forse perché li vedono fieri, indipendenti e misteriosi. Ciao a tutti
Rosalind
post interessantissimo e ben scritto!
complimenti....
io devo ammettere di esser già con la mente un po' in ferie, questo è solo un saluto veloce, ripasso al più presto:-)
Ciao Roslaind, sì in effetti, il gatto e il dandy sembrano avere molte affinità in comune: la non addomesticabilità, il fascino e il mistero, l'indocilità, e perchè no? Anche l'eleganza naturale.
- "Dopotutto, cos'è la moda! Dal punto di vista artistico è in genere una forma di bruttezza così insopportabile da essere costretti a cambiarla ogni sei mesi."
- "Ho dei gusti semplicissimi, mi accontento sempre del meglio."
"Elargisco sempre buoni consigli, non saprei che altro farmene."
"Non viaggio mai senza il mio diario. Si dovrebbe avere sempre qualcosa di sensazionale da leggere in treno"
- L'egoismo non consiste nel vivere secondo i propri desideri, ma nel pretendere che gli altri vivano nel modo che noi vogliamo.
Tutte di Oscar.
Questi nostri tempi dell'impegno indotto e obbligato sembrerebbero altamenti inadatti per l'indifferenza storica e sociale del dandy,colui che guarda indietro,fissando in lontananza enigmatiche macerie.
Queste macerie, solo queste, sono la sua Patria.
Supremamente vivo, può permettersi di non esistere.
Ogni tempo è quindi congeniale al dandy,tanto più letame c'è e tanto più il fiore raro splende.
Come diceva Oscar,non importa stare in mezzo al fango,l'importante è fissare le stelle.
Trai nostri dandies,segnalo Raimondo Lanza di Trabia,oggetto di un recente libro.
Per lui fu composta la famosa canzone Vecchio Frak.
Grazie Roy, na sapevo che la canzone di Modugno "Vecchio Frak" (in talune versioni "Quell'uomo in frak") fosse stata ispirata a Raimondo Lanza.
Ce n'è un'altra di Cocteau che mi piace molto: "L'invisibilità è la condizione essenziale dell'eleganza".
Complimenti a Johnny Doe che si era già fatto notare per commenti ricchi (quasi altri post) qui sulle Esperidi.
per me è affascinante l'idea che il dandy possa resistere ai disvalori della modernità: oggi poi l'eccentricità è proprio non passare attraverso i media...
credo che oggi essere "di rivolta" sia prerogativa di pochi, in un'epoca in cui un generico ribellismo è oramai un nuovo conformsimo. Per essere in opposizione alla beceraggine del mondo attuale credo la qualità da coltivare sia l'autenticità di sè.
nel piccolo, senza categorie filosofiche, magari la non facebookizzazione.
Siamo in un'epoca in cui "successo" è frainteso con la "fama".
E qui viene sempre la poesia di Emily Dickinson di cui ci parla Hesperia "Io sono nessuno".
Pensare che per me "successo" è un vocabolo aleatorio (oltre che a me non interessa minimamente)...per me il successo forse è costruire qualcosa nell'anima degli altri che incontriamo, ma io sono di altra epoca.
aggiungo:
molto ben fatta la distinzione tra snob e dandy, è essenziale.
ripenso alla frase riportata da Hesperia
di Jean Cocteau
"L'invisibilità è la condizione essenziale dell'eleganza".
c'è una grande verità, è poi anche quella che mi ha ispirato parte degli sproloqui nei commenti precedenti.
certo che oggi siamo arrivati proprio al polo opposto come concezione di vita:
la gente non si sente esistere finchè non ha messo il suo nome e la sua faccia dappertutto, a partire dal web...
grazie degli spunti di riflessione
Abbiamo capito Josh, sei un vero dandy anche tu e non lo sapevamo :-).
Scherzi a parte, in fondo sei un antimoderno costretto a dover vivere nella modernità e nelle sue volgari ridondanze. Come del resto lo sono anch'io. E oggi tutto ciò ha dello stoicismo.
Il tema dell'invisibilità e dell'eleganza di Cocteau, fu fatto proprio (guarda caso) dalla sua amica Coco (nome assonante) ed è diventato quasi un marchio Chanel:
"l'eleganza passa inossaervata".
Spero che Johnny passi di qui a prendersi i nostri plausi.
Nella sua essenza più nobile e bella,ritengo il dandysmo come una opportunità di sottrarsi alle costrizioni di una civiltà dell'utile e del volgare,senza uscirne o metterla in gioco, ma restaurando sotto l'apparenza della frivolezza uno "stoicismo" e uno "spiritualismo" entro cui resiste un'etica del dispendio e del dono,nonostante l'indigenza anarchica di una bohème non solo sociale ma metafisica.
In un'epoca di déclassés,dégoûtés, désoeuvrés,non resta che coltivare appassionatamente il proprio io come opposizione e rivolta contro un tempo siffatto,sapendo che ogni rivolta di massa e d'altro genere è spesso destinata a riprodurre le stesse misere condizioni precedenti.
Non si può essere dandy senza averne coscienza,non esiste il dandy naturale.
Il dandysmo implica la costante costruzione e gestione di un ruolo e di una maschera, come insegnavano appunto gli stoici,ma senza le loro illusioni.
Saluti
Sono d'accordo con tutte le tue intelligenti notazioni George, ma estraggo questo tuo passaggio
"Non si può essere dandy senza averne coscienza,non esiste il dandy naturale" perché controverso.
PER me ti risponde lo stesso Wilde: "La naturalezza è il più elevato degli artifici".
E difatti quando si è se stessi, è perché si è raggiunta la massima sprezzatura. Ciao e grazie.
sono un po' provocatorio, ma per sapere che ne pensate. secondo me, tutto è comunicazione, e senza comunicazione a lungo andare non resta niente, nemmeno la propria identità. anche se questa identità è elitaria, antimoderna, recalcitrante, lunare, dopo un po', senza "gli altri" fonde, perde pezzi, come una vecchia macchina.
che cosa farebbe dunque il dandy se rimanesse davvero solo, senza simili, senza "gli altri", ultimo ominide sulla crosta terrestre?
Sarebbe ancora il Dandy?
non credo proprio
Mah...quel "tutto è comunicazione" francamente mi convince poco. Sembra quasi un dogma, Daniz. Se tutto è comunicazione, vuol dire che alla fine non c'è proprio nessuna comunicazione. Un po' come avviene per la cosiddetta "informazione". Troppa, vuole dire nessuna. O comunque che esiste tanta di quella fuffa, che ne resta in piedi ben poca di credibile.
Un tempo ci si occupava dell'"espressione" e non della comunicazione. Della "creazione" e non della "creatività", termine abusatissimo anche questo.
La teoria della comunicazione di Jacobson è moderna e non interessa il Nostro.
Carmelo Bene (forse anche lui uno degli ultimi Dandy aristocratici) non si preoccupava di comunicare ma di esprimere un nuovo teatro insieme antico e moderno.
@Hesperia
La comunicazione è la materia basica dell'essere umano, la cui mente viene giustamente definita dagli esperti del settore "Simbolica", proprio per via della sua evoluzione che ha tranciato dei ceppi ominidi non-simbolici come i Neanderthal. L'evoluzione dell'homo sapiens è dovuta alla comunicazione elaborata.
La frase "tutto è comunicazione" non può essere materia di discussione, perché è un assunto scientifico di tutte le discipline che trattano il linguaggio, dalla cinesica alla prossemica alla lingustica la filosofia l'antropologia e così via.
L'espressione poi è solo una delle forme più elaborate di comunicazione, essendo essa solitamente chiamata Poesia, termine quest'ultimo che faceva rabbrividire Carmelo Bene che la riteneva, alla stregua di tutta l'arte, Merda. Merda proprio perché borghese, Utile.
Specialmente l'Espressione è stata il bersaglio del Teatro-Bene, proprio perché è nell'Espressione, colle sue leggi produttive, che la comunicazione tocca il picco più alto di Simbolismo.
Carmelo era un assiduo lettore di Lacan e spesso ne ripeteva questa massima, più che acclarata: "L'inconscio si articola come il linguaggio"; e il linguaggio altro non è che la comunicazione.
CB, che di linguaggio si intendeva, ha scardinato le sue parti in un processo straordinario e piùcchegeniale di prosciugamento (ma non nel senso annullante di Beckett) in senso vivificante degli oggetti, ridonando alle cose una luce nuova (Gilles Deleuze). Per "assentarsi" CB ha dovuto stanare e ingigantire i molti buchi neri del linguaggio, attraversando la sua presenza onnicomprensiva di comunicazione, prima fra tutte quella corporale, rielaborata nella macchina attoriale.
Ma qui non si discute di questo, si discute sulla dipendenza che ogni essere umano (che ci piaccia o no) patisce (sia esso dandy o dindy) nella costruzione della propria personalità. Il misantropo ha bisogno dell'idiozia della gente per essere misantropo, altrimenti non lo sarebbe. Prima dell'800 che senso aveva per una collettività essere anti-comunista?
Se allora perfino l'Inconscio si costruisce come un linguaggio, che forma durissima di linguaggio sarà quello che costruisce l'identità (che è sempre sociale)?
Ecco quindi che senza comunicare con gli altri, senza essere in contatto coll'alterità, che l'uomo si svuota del suo essere costruito secondo cultura, nel qual caso il Dandy (campione di cultura antropologica) e non è più niente.
Il dandy è dandy finché ha un pubblico, per quanto lo schifi e derida. E non sarebbe niente senza di esso. Ergo, è una costruzione dipendente dalle altre come tutte le altre.
Solo il Teatro-Bene, essendo appunto il Teatro e vivendo al di fuori del Tempo, cioè nell'Atto, non ha né dipendenze né parentele. E si potrebbe continuare a lungo.
E' come nel racconto Dialogo sui massimi sistemi di Landolfi dove un poeta scrive una poesia in una lingua nota solo a lui. Sarà mai poesia, cioè massimo grado di espressione per gli altri, qualcosa che può essere capita e interpretata esteticamente solo da una persona?
Il poeta impazzisce, infatti.
Mi pare attinente.
scusa il pistolotto ma mi era necessario.
ciao
Allora parliamo due linguaggi diversi: il mio, è quello di chi non crede nella teoria della comunicazione (che è una teoria moderna dei linguisti strutturalisti e che conosco a menadito); il tuo invece, ad onta della tua antimodernità, ci crede. Niente di male, abbiamo un sentire diverso. Non mettermi pezze d'appoggio "scientifiche" perché io sono ascientifica e sposo filosofie del tutto irrazionaliste.
Pertanto non voglio tirarla più lunga di così.
Mettiamola paradossalmente in questo modo: il dandy cerca un pubblico che sa perfettamente che non lo capirà. Ciao
Sì, per quanto riguarda il linguaggio sono un positivista, così come non penso di essere un ossimoro vivente quando mi professo ateo mistico.
Ma mi interessa molto la tua posizione Hesperia su scienza antiscienza ecc e sinceramente mi dispiace dover star qui a discuterne dietro uno schermaccio dalle modalità un bel po' menomate... (in realtà, scelgo così i blog che seguo: in base ad un rimpianto da accorciare... rimpianto di non poter parlare viso avviso).
Trovo invece pacificante e ben riuscita la tua chiusa sul dandy.
ciao
Daniz,è chiaro che il dandy ha bisogno di una società a cui contrapporsi e costruire una sua identità contro.Che sia Tutta comunicazione o meno.
E allora? Se restasse un solo uomo,sparirebbero tanti altri tipi umani non solo il dandy (in fondo ogni uomo sia nelle stesse sue condizioni),e provocazione per provocazione,non è detto che il dandy non continui in questo suo atteggiamento proprio in spregio al fatto di non doverci più essere.
Un vero dandy!
Un po' come quell' inglese che si faceva la barba tutti i giorni e per mesi abbandonato nella jungla.
Insomma,non ho capito a che mira il discorso,credo che nessuno abbia detto che una società è inutile al dandy.
ciao dandy
Ahhh, neopositivista logico. Mi pareva :-). Allora caschi male: sono una nietzschiana e heideggeriana. Però anche Spengler e Junger mi garbano molto. Gli studi sul linguaggio mi hanno obbligato a farli per motivi per così dire professionali. Li considero utili, ma poi sono un po' come la grammatica: impararla per dimenticarla.
Pienamente d'accordo con Johnny. Te ne dico un'altra di Balzac presa dal "Trattato della vita elegante": "le idee dell'uomo rasato non sono quelle dell'uomo barbuto". Carina no?
Vabbé ho sbagliato l'avatar, ma ci siamo capiti lo stesso, credo. Daniz, cosa rappresenta il tuo avatar che non riesco a capirlo?
cara Nessie, io sono un tipetto abbastanza sui degeneris, e onnivoro... le etichette mi evitano come la peste, sanno che non amo fare la vita dello scoglio e sono dispettoso peggio dei bambini. non piglio moglie.
quindi respingo il tuo neopositivista perché non lo sono tout-court, (anche se apprezzo molto Wittgenstein, ma non solo lui... come si può non amare Nietzsche?).
Il mio pensiero è in pieno rimpianto, Nessie. Conosco abbastanza bene la materia e i suoi effetti da rimpiangere con tutte le mie forze le culture spirituali, le culture magiche. Tra l'era del metallo e quella delle streghe e dei lupi mannari, stai certa che scelgo la seconda, quella del sangue. E in questo, sono credente che l'arte debba oggi ancor di più smetterla di fare il verso della scienza (da qui la mia sonante bocciatura di Houellebecq di qualche post fa).
Ma qui davvero potremmo stare a parlare giorni anteri.
Sull'avatar,
è il signor Giorgio Perozzi (Philippe Noiret), uno degli Amici Miei di Germi-Monicelli.
Questa scena è tratta dallo schiaffeggiamento in stazione ai danni dei passeggeri in partenza appollaiati sui finestrini durante il rito dei saluti a fazzoletto bianco.
Quel film me lo sento molto avatar, e soprattutto il signor Perozzi che fa la supercazzola al confessore sul punto di morte.
ciao
@Johnny
Sai che considero utopico il superindividualismo anche se ne sono fortemente attratto.
La mia è semplicemente la paura di chi ama (anche se criticamente) il passato della propria civiltà, della propria lingua e della propria cultura tanto da non vedere nulla di buono per il futuro, se non una depressione da schifezza, sotto il rullo compressore dei media e del mondialismo (nonché del cinesismo).
Diciamo che mi prendono spesso preoccupazioni direi céliniano-landolfiane.
Ecco allora mettere il dandy colle spalle al muro, vedere che combina quando resta ultima sala da tè nobile in mezzo ai frantumi del cuore della sua cultura.
Un tutto qui
ciao
Ho il dubbio sia un errore ritenere che il superindividualismo del dandy sia da identificare tout court con l'amore per il passato della propria civiltà, della propria lingua e della propria cultura tanto da non vedere nulla di buono per il futuro.
Il dandy è sempre un uomo del suo tempo,pur con tutti i vezzi,le ubbie per un passato,una maceria,un topos puramente ideale ,come può sognare una donna vista di sfuggita.
Non è un passatista alla ricerca del paradiso perduto,l'unico paradiso è la sua epoca,dove ci sta come un pesce nell' acqua, quantunque cerchi sempre di renderla meno torbida e sporca.
Mai credo Wilde,Lord Brummell... abbiano rimpianto il passato,casomai solo il presente...
Quanto al futuro, al dandy non interessa il tempo che verrà.Non esiste per lui.
Questo per il dandysmo,che attenzione,nessuno mitizza.
Andando oltre e venendo ai nostri tempi e sempre sul futuro,nessuno è mago,certo è che gli auspici non son molto incoraggianti.Non c'è solo il mondialismo e il cinesismo,questa vecchia Terra ha tali e tanti insolubili problemi di ogni genere ,un cumulo enorme di casini umani e non,che ha ormai il fiato corto.
A meno di eventi imprevedibili il baraccone è destinato a sfaciarsi,e non alle calende greche.
Detto questo,e per tornare ad un certo altro individualismo,del passato e del futuro del mondo proprio se ne impippa,pur amando cose di entrambi.
Sta solo nel presente,come il dandy,ma senza le sue manie,vezzi, ragione di vita o qualsiasi altra icona,senza bisogno di deprimersi,anzi direi in fondo divertendosi della tanta idiozia e grottesco che circolano.
Poi siccome l'uomo non è di legno,qualche volta manda pure affanculo qualcuno.
Alla fine,l'indifferenza è quel che prova per tutti i problemi che assillano l'umanità.
Stringendo,de cette façon :
"D'obbedienza, fede, adesione
Mentre me ne sto in disparte e osservo, trovo qualcosa di
molto commovente nello spettacolo di grandi masse di uomini, che seguono la guida di quelli che ne-
gli uomini non credono".
(Walt Whitman,Foglie d'erba)
Comprendo però la tua paura,tuttaltro che immotivata,e pure le preoccupazioni céliniano-landolfiane.Anche se credo che Landolfi lo sarebbe molto meno.
Per chiudere,se io fossi il dandy che non sono,in mezzo alle macerie della mia cultura,mi accenderei una sigaretta cercando di non inciampare.
Basta così,altrimenti staremmo qui giorni
ciao dan e a tutti
Daniz e Johnny Doe, siete uno spettacolo!
:-)
Il dandy e l'accarezzamento dell'io…
Per de-cadere ci vuole il vuoto, se no non si cade. I decadenti hanno il piacere del vuoto, solo che alcuni finiscono nella débauche altri nella raffinatezza… Tutti e due, nella assenza di verità e nell'orgasmo del cupio dissolvi, fanno affidamento sulla sensazione e l'irrazionalità, che li porta alla sensualità nelle sue varie forme, possono quindi diventare irrazionali vitalistici alla D'Annunzio, religiosi sensuali alla Fogazzaro, intimisti morbosi alla Pascoli, per restare in ambito italiano. Tutti, sia gli esteti raffinati, sia i debosciati decadenti sono ubriachi del proprio io e vorrebbero astrarsi dalla storia e dalla società che li circonda, di cui però sono figli e non possono essere altrimenti. Quell'io che si ritrovano non è altro che un programma, un software istallato in loro dal contesto storico e dall'ambito sociale in cui si ritrovano. E' software istallato, una volta formattato, vanno a farsi benedire l'io, le idee, i valori ecc, ecc, Nella società di massa in cui si ritrovano i dandy cercano di salvare il loro io, ingigantendolo. In fondo è un processo comune a tutti. Tutti siamo costretti quotidianamente a salvare il nostro software, il nostro io, se no diventiamo dei computer muti… ma il dramma sta in questo… quell'io che noi sentiamo nostro non è mai oggettivamente un io ma un noi, frutto di un processo di istallazioni progressive, impastato di tempo e di spazio, da molteplici lasciti genetici ed educativi. L'io come minimo è un noi, ma anche un essi! Non c'è niente di più ridicolo che dire "io"... "io" la penso così, che comica!! Eppure io.. io è una parola precisa e confinata in paletti concettuali precisi e decisi… e qui sta il comico… nell'avvertimento del contrario!
Conclusione del mio discorso.. i dandy sono dei comici... mi farebbero scompisciare dalle risate, se non sapessi che sotto c'è un dramma!Il dramma del vuoto... in cui non è proprio dolce naufragare!
Johnny, l'arte la letteratura di fondo (nel dulcis in fundo) si spaccano manco fossero una noce in due metà: sociale e antisociale... (grattando all'osso all'osso, parla chiaro).
Il dandy, che sia figlio del suo tempo, che sia barocco seicentesco che sia D'Annunzio (più divo forse), che sia Wilde (ellenico), il dandy è indolentemente un anti- e un a-sociale.
Questo però non vuol dire che sia anche indipendente dagli altri, anzi. Se noi volessimo andare fino alla radice, diremmo che lo sporco zotico Bukowski veniva preso a zampate in faccia fuori e dentro i bar e dandy non era; Wilde, se non fosse stato omosessuale, sarebbe ancora coccolato dalla corte elisabettiana. Forse è più il dandy ad aver bisogno degli altri per esserci che lo scrittore iperealista.
Comunque, so che nessuno ha detto "il dandy è autosufficiente a sé stesso" ma c'è nell'aria e in moltissimi libri e manualetti questa fragranza d'opinione... mi interessava sapere che ne pensavate.
Sulle doti dell'arte pura, della bellezza, io sarò sempre per il merito artistico a prescindere dalla recezione.
Sul presente e sul passato, che vuoi, si tira a campare in questo acquitrino, in questa miscela schifosa del presente deridendo e temendo ciò che ancor di peggio potrà accadere. Certo, data l'enorme mole di pattume che già c'inonda, il genio della folla dovrà farne di strada (ma la farà) per inquinarci ulteriormente la vita...
ciao
Sympatros,mi sa che tu scambi il dandy con l'esteta decadente,che ne è la parte più insignificante, telepopolare e storicizzata.
Vedi un po' se le tue conclusioni si confanno ad un Baudelaire.
I D'Annunzio,Fogazzaeo e Pascoli (!) sono caricature del dandy,che va un po' al di là di tanti Des Esseintes.Certo,se rimaniamo fermi a questo stereotipo,non ci capiremo mai.
Se poi ti seguo sulla strada del vuoto,il dandy più grande di tutti è stato Beckett.Il dandy non si astrae,vive nel suo tempo e contro di esso con ironia,dove non esiste nessuna salvezza degli "essi" e dei "noi" ma solo individuale.
Per inciso l'individuo non è l'io,come vedremo.
Un Wilde non aveva bisogno di ingigantire nulla,era già un gigante,e certo molto meno comico di un Hugo.
Probabilmente tutti tentano di ingigantire l'io,ma sono i modi che differenziano,l'artista non è il fruttivendolo.
Veniamo all'io più in generale.
Salto l'ovvietà delle stratificazioni storiche,genetiche..che nasciamo già con un imprintigg,che siamo il frutto della storia...per focalizzare il discorso su quel presunto centro ordinatore che è l'io o la coscienza.
Non c'entra nulla con il noi e gli essi.
Già Nietsche l'aveva intuito,siamo solo una serie di impulsi,non si sa mai quello che predomina in un certo momento.Tu dirai che è irrazionalismo,ma cos'è l'uomo se non un essere irrazionale per buona parte!La Storia e i comportamenti individuali stanno lì a dimostrarlo.
l'io è un insieme di doppi,se vuoi.
Poi carmelo Bene ha ulteriormente calcato la mano,affermando che dire io è stupido due volte,primo perchè sono molti questi io,poi perchè ogni io che parla è parlato,con particolare riferimento al linguaggio.
Ma il vero dandy,e non la caricatura che tu dipingi,non ignora queste cose e come individuo (che non è l'io)comprende tutti questi doppi e cerca di sottrarsi all'essere parlato con l'ironia spiazzante,che prende in giro appunto questo essere parlato.
Il dandy moderno é Carmelo.
Per finire,il vero dramma e i veri comici sono quelli che naufragano ridicolmente nel troppo pieno,che poi è il vero vuoto.
Di questi ce sono in abbondanza.
Sempre per amor di discussione,e non,come già ho detto, per mitizzare il dandy
@daniz
E chi nega che il dandy ha bisogno del palcoscenico del suo tempo!L'ho sottolineato a più riprese.
E' il suo pane quotidiano.Ha bisogno di spettatori,però come a teatro,che poi se ne vanno.Un teatro che sa benissimo essere fasullo.
Io direi che più che a-sociale o anti-sociale,è indifferente a questa distinzione,è oltre nelle intenzioni.
(Quanto a questo discorso sull'arte tout court,ci porterebbe molto lontano dal tema,sarebbe interessante dedicare all'argomento un capitolo specifico)
Inoltre,se ci fossilizziamo su certi stereotipi più banali del dandysmo,non ne usciamo.
Per me Buk ,per certi versi, era un fior di dandy,senza il linguaggio di corte.
E' l'atteggiamento che conta.
Così come Wilde,poteva pure essere un ermafrodito e sarebbe sempre comunque stato Wilde,un raggio d'intelligenza e ironia nella nebbia della banalità.
Bravo," nessuno ha detto "il dandy è autosufficiente a sé stesso".
Dovrebbe essere il solo individuo al mondo.
Diciamo che ha un certo atteggiamento disincantato e ironico verso il mondo,che osserva con compiacenza ma anche con benevolo distacco, senza farsi tante illusioni, pur godendo del bello che offre e badando a non affondare nel fango della storia e della ragione.Un mondo mai visto come una cosa seria, preoccupato più che di definirsi, di
distinguersi dalla seriosità e dal conformismo,possibilmente nei modi dell'arte.
Ciao
dandy,che va un po' al di là di tanti Des Esseintes.
E' sempre così, il mito si ritrova sempre un po' più al di là, se no che mito sarebbe, è come l'oggetto del desiderio che non si acchiappa mai… io ho voluto un po' de-mitizzare e restare nell'al di qua!
A proposito dell'io, io faccio differenza fra io e individuo,…. se l'io è un software o un'idea, l'individuo invece sarà certamente un hardware, un corpo.. senza corpo niente principio d'individuazione!
Parole... parole... parole... soltanto parole fra noi... noi siamo portatori di parole, legate spesso fra loro e prendono anche il nome di idee, ed il colmo è che ne siamo pure orgogliosi. Caduche cose appiccicate ad un organismo ... ma se l'hardware si guasta, le idee cominciano ad andare a rotoli... è l'organismo il nostro io, non le nostre idee, le idee ci appartengono relativamente. Un bel mal di denti è in grado di far vacillare il nostro mondo ideale, per non parlare di cose più serie.... se si pensa che l'organismo può ammalarsi e finire in qualsiasi momento.... le nostre idee...bah...... è Il corpo il nostro principium individuationis, non le idee o l'anima. Il dolore è veramente nostro, quello fisico, la malattia... le idee no!
I corpi muoiono ... ma le idee continuano, si trasformano e passano da un corpo all'altro.... le idee sono dei virus, che non riescono a vivere senza un organismo.. ma non sono organismo. Le idee.. ovvero la metempsicosi del nulla o dell'eternamente caduco!
Sono nichilisti o amanti del vuoto, i dandy? La differenza sarebbe notevole! Il vuoto non è il nulla, il vuoto fa parte del tutto, è un essere che non fa parte dell'essere, ma permette all'essere di muoversi… quindi il vuoto sarebbe qualcosa di altamente positivo.. e i dandy non sarebbero così dei disperati decadenti… il loro non sarebbe un cadere, ma un planare nel vuoto, per goderne esteticamente la visione, che sarebbe come all'alba in lontananza il tremolar della marina!
Oh, a forza di discorsi strani e di giocare con le parole, mi sta venendo il dubbio e la paura di diventare un dandy! Mi fermo…… anche se il mito, ferocemente demitizzato, cerca sempre di rialzare la testa e prendersi la rivincita sul dissacrante intelletto…. a questa lotta siamo stati dannati. Siamo stati.. non è un noi alla Scilipoti…. è la realtà dell'umana natura… mitizzare e demitizzare!
Qua siamo oltre il dandy,c'è la storia del mondo e di nulla,con microsoft in primo piano.
Che ce ne facciamo del linguaggio e pure dei neuroni,resettiamo tutto il sistema. Mettiamola così,il corpo anela al ritorno nell'inorganico,diamogli soddisfazione e buonanotte alla mitologia e al resto.Non male in fondo.
Anche a me è venuto il dubbio che tu sia un dandy.
bye
Ma poi l'hardware senza il software funziona?
Vedo solo ora la vostra interessante conversazione, dato che sono in trasferta marina. Se non lo possedete già, vi consiglio di procurarvi e leggere "Il dizionario del dandy" di Giuseppe Scaraffia, un libello godibile sull'argomento con illustrazioni, disegni, curiosità e ritratti.
Johnny, il titolo da me dato al tuo post, vuol fare più che altro riferimento alla (legittima) reazione alla società dell'Utile (in particolare quella inglese e vittoriana delle rivoluzione industriale) da sempre disprezzata a favore del Bello. Ovviamente pensavo a Wilde. In questa ribellione, pur essendo creatura del suo tempo, c' è dell'antimodernità. E ancora più nel libro di Huysman "A rebours", dove già dal titolo si intende andare "a ritroso". O forse sospendere il tempo.
Per il resto, è evidente che dal proprio tempo non si possa prescindere, nemmeno noi possiamo farlo. Inutile discettare sull'evidenza.
Vi lascio con questo saggio aforisma di Cocteau: "A forza di andare al fondo delle cose, ci si resta".
E con questo auguro a tutti una serena notte. Qui nel mio giardino ci sono le lucciole.
cara Hesperia
e chi dice a Cocteau che al fondo non si stia bene?
VIAGGIO AL FONDO! DELLA NOTTE
buonanotte anche a te
Vi lascio con questo saggio aforisma di Cocteau: "A forza di andare al fondo delle cose, ci si resta".
E con questo auguro a tutti una serena notte. Qui nel mio giardino ci sono le lucciole.
Il sano principio del buon senso comune.. la praticità del vivere… la saggezza equilibrata e salubre! Perché rincorrere interrogativi a cui non si saprà mai rispondere? Lasciamoli perdere, accontentiamoci della superficie, non andiamo a fondo, viviamo senza romperci l'anima e rovinarci la vita… meglio cento giorni da pecora e non un giorno da leone… Benedetto Croce diceva che il limite di Leopardi consisteva nell'essere rimasto un adolescente attardato, un adolescente che s'intestardiva a porsi domande, che il giudizioso uomo adulto, ad un certo punto mette da parte.. Che fai tu Luna in cielo. dimmi che fai……. ma che vuoi che faccia, sta lì e basta! Però, c'è un però.. il pensiero moderno segue Leopardi e non Croce e difatti Heidegger ci rompe di nuovo le palle con la ricerca del senso dell'essere. Anche io, difronte a tanti fenomeni di banalità dominante odierna, nella società , nella televisione, nel frastuono edonistico consumistico dilagante, anche io comincio a tentennare.
Bisognerebbe forse ridestare il senso dell'essere dell'esserci, come dice Heidegger, possibilmente non con la drammaticità angosciata e angosciante dei tedeschi, ma con un pizzico di solarità italiana, insomma una via mezzo tra Atene e Berlino... ma sono sogni..... per riascoltare la voce dell'essere dell'esserci sono necessari riflessione e silenzio...... la società del baccano, invece, non può mai partorire una civiltà che implichi ripensamento e riflessione... d'altronde è forse inevitabile che sia così.... è quasi giusto che domini l'era del corporeo, del dionisiaco...... è superfluo dare un senso e significato alle cose di questo mondo, è meglio, quindi, zittire la voce dell'essere dell'esserci, non vi pare?
Si sta bene in fondo e in superficie,con i giochetti di Heidegger e a letto con una femminuccia,con l'impresario Platone e il Sei Nazioni,con Montaigne e le lucciole di Hesperia.
Quale è poi il fondo e quale la superficie?
Statemi tutti bene
:-) Johnny Doe quando vuol esser laconico, ci riesce eh! ahahaha
Se il Dandy è come il gatto mi sono antipatici entrambi. Il primo lo disapprovo per diversi motivi. Uno dei quali è che a mio parere, il dandy si sente di essere al centro dell'universo e in questo sua convinta presunzione, guarda tutti gli altri dall'alto in basso con distacco totale.
Il secondo l'ho sempre detestato per quella sua oziosità e per la sua peculiare inaffidabilità sorniona.
Cabiria
Beh che devo dirti Cabiria? Un parere decisamente controccorrente rispetto al resto delle conversazioni fin qui fatte. C' è anche il diritto di...antipatia.
Bella questa dotta dissertazione sui dandy. Propongo una fugace menzione a Gregor Von Rezzori, quindi passo al commento vero.
Sì, il dandy è in conflitto con la volgarità montante del tempo in cui vive: tuttavia, è con esso in simbiosi, e la sua figura è impensabile senza il contorno. Che sarebbe l'esteta decadente, senza un mondo concreto e gretto da disprezzare?
Questa interdipendenza è provata, mi sembra, anche dall'eccellente perizia con cui i dandy più famosi hanno saputo sfruttare la comunicazione di massa per costruire e propagandare il loro personaggio: D'Annunzio, Wilde, perfino Byron ai suoi tempi furono sapienti venditori di se stessi, abili nel creare un culto intorno a sé che si spiega solo in parte con l'eccellenza delle loro opere. Seppero darsi un alone elitario e anticonformista, ma senza eccedere, restando tali da essere adorati dal pubblico.
Nel mondo contemporaneo, decisamente più povero e grossolano, l'erede autentico del dandy è forse la rockstar: creatore e ri-creatore di sé, indossa stili e pose con disinvolta eleganza, e fa il maledetto senza mai rischiare di dispiacere veramente ai suoi fan. Pensate a David Bowie...
Che ne dite?
Hesperia, se sono stata contro corrente era soprattutto per rilevare che è un soggetto negativo, uno dei tanti, da non sopravalutare a livello morale. L'eleganza, la raffinatezza e quant'altro di "positivo" qui è stato messo in rilievo, sono requisiti che si riscontrano anche in altri uomini dall'alto gusto estetico, etico e morale non dandi,
Tutte le opinioni sono bene accette e hanno diritto di cittadinanza, ma questa volta non condivido la tua severità Cabiria. Il dandy è innanzitutto un personaggio letterario come ho scritto nell'etichetta del post. Uno che oltre a fare letteratura la vive. Le considerazioni di ordine morale, in questo contesto, mi appaiono francamente fuori luogo.
Baudelaire, Wilde, Byron, D'Annunzio ecc. li apprezziamo innanzitutto per quello che ci hanno lasciato, che è quasi un tutt'uno con quanto hanno vissuto. Ma se la loro vita può essere opinabile e perfino riprovevole, rimane il loro viatico artistico. Ed è questo che conta e resta.
Yanez, hai fatto un intervento molto interessante, ma la chiosa sulla rockstar mi pare piuttosto improbabile. E' vero che ci sono stati gruppi rock neo-romantic che si sono ispirati a questa figura, ma il dandy resta una figura "inattuale", la rockstar, viceversa, è legata alla contemporaneità, allo show biz e alla cronaca mondana più che all'arte e alla letteratura. Bowie è un gelido snob, non lo vedo propriamente un dandy.
Hesperia, nel "Ritrattro di Dooria Gray", lungo tutta la lettura, non ho intravisto alcun aspetto positivo, nè artistico nè morale del dandy protagonista, che progetto e concluse la sua vita nel modo più vile e orrendo che si potesse immaginare.
E' vero che Wilde e D'Annunzio hanno lasciato in eredità un bel patrimonio artisticopur nel loro essere anche dandy , ma non troppo. Il primo era sposato con prole e amava i suoi figli ed il secondo ebbe un mucchio di amanti femmine fatali (degli altri due on sono informata. Quindi, sono due esempi di vita e di comportamento ben diversi dal Dorian Gray. E' a quest'ultimo a cui facevo riferimento come prototipo negativo di dandy.
Scusa la polemica.
Cabiria
Cara Cabiria, lasciami dire che la tua lettura del Ritratto di Dorian Gray è alquanto disattenta e assai poco ragionata.
Infatti non è Dorian il vero Dandy del romanzo, ma Lord Henry. Dorian è solo il peccatore che fa una sorta di patto col Male per rimanere giovane e che proprio per questo viene punito. Dunque, contrariamente a quanto scrivi, il romanzo ha una sua morale, oltre ad essere delizioso sul piano estetico. Scusa ma trovo assai superficiale quanto hai scritto anche in relazione a D'Annunzio, mescolando vite private e opera e pertanto direi di finirla qui.
PS: oltretutto sono in vacanza e di dare lezioni accelerate di letteratura, non mi pare il caso.
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