domenica 16 ottobre 2011

La breve ma intensa meteora di Boris Vian


Quando si parla di Boris Vian e della sua breve ma intensa meteora, non si può ignorare la difficoltà di trovarsi davanti un poliedro dalle troppe facce, poiché dalla matematica, alla narrativa, dal teatro alla poesia dalla musica alla regia e all'impresariato, Vian si è proiettato lungo le direzioni più bizzarre, con un gusto della novità che sempre diventava una febbre. E alle prese con un fenomeno del genere, era fatale che gli stessi interpreti più volenterosi, fossero costantemente esposti al rischio di confondere nella sua dimensione operativa il superfluo con i motivi profondi ed essenziali. Si aggiunga il gusto della beffa che l'induceva ad abusare della sua vena creativa per allontanare il fantasma inquietante che ogni tanto si affacciava nella sua fantasia lanciandolo in avventure mozzafiato: Vian era malato di cuore sin dalla nascita e visse tutta la vita con la consapevolezza che la morte potesse arrivare da un momento all'altro. Un destino da poeta maledetto, ma è un destino sempre rifiutato in cui il dramma finisce sempre con un sorriso, una burla, una beffa. Beffa che Vian cerca di istituzionalizzare con un certificato dove c'era scritto "Membro d'onore dell'Accademia di Patafisica", in omaggio ad Alfred Jarry. La Patafisica per quest'ultimo era una parodia della Scienza.
Nato casualmente il 10 marzo 1920 a Ville d'Avray sulla porta di una clinica ostetrica che era chiusa per uno sciopero contro il calo delle nascite, nacque piuttosto con la camicia. A scuola “va benino ma neppure benissimo”, prende il diploma superiore con una votazione media, ma decide di iscriversi alla scuola superiore per le arti e i mestieri che in realtà equivale alla nostra facoltà di ingegneria meccanica, ed è così che si reca poco più che diciottenne a Parigi, dove in poco tempo esplodono tutti i suoi vari talenti: in tutte le cose in cui Vian si tuffa con tutto sé stesso, riesce ad ottenere un successo strabiliante.
Nel 1938 cominciò a studiare la trombetta a rosolio, “raggiungendo immediatamente il livello di Luis Armstrong, ma la abbandonò subito per non privare il poveretto della pagnotta”, avvantaggiato dai soliti pregiudizi razziali. Assieme al fratello Alain che suona che suona in una banda di jazz piuttosto importante, inizia ad occuparsi della programmazione musicale del Tabou, un locale notturno di St. Germain dove si suona ovviamente musica jazz e dove Vian inventa spettacoli di cabaret, serate a tema e ben presto diventa un punto di incontro di diversi esponenti dell'esistenzialismo francese e degli intellettuali bohémiens dell'epoca. Su questo periodo intenso e frenetico scrive un libro che verrà pubblicato postumo "Manuale di St. Germain des Près", dove lui e la sua tromba che chiamerà scherzosamente "Trompinette" (in francese tromper significa ingannare)  sono i numi tutelari.
L'incontro tra il filosofo e la “locomotiva dei divertimenti di Saint-Germain” ebbe luogo nella primavera del 1946.
Boris Vian viene presentato a Simone de Beauvoir il 12 marzo assieme alla moglie Michelle, mentre Sartre è in America: trova che Boris si ascolta, è una persona interessante e in più coltiva con troppa compiacenza i paradossi; al mattino Simone, parla già di amicizia eterna.
Quando Sartre ritorna, considera Boris enigmatico mentre la moglie Michelle di una bellezza così evidente che ne diventerà l'amante. Da allora Vian, trascina tutti i suoi amici a coagularsi attorno a Sartre nelle notti di Saint-Germain, divenendo il “monaco sulfureo del Jazz e Saint-Germain des-Prés è il suo profeta” recita una poesia di Prevért dedicata a Boris Vian.
L'Esistenzialismo delle “ caves ” nella sua essenza, era una sorta di deformazione selvaggia dei costumi primitivi estratti dalla ganga millenaria in cui essi sonnecchiavano fino all'avvenimento del Tabou, che li liberò per un uso privato e fu superato dagli avvenimenti.
Boris Vian e la sua trompinette
Il Tabou diventa il regno di Vian e del jazz , e la più celebre delle “ caves ” di Saint-Germain che meglio si adattava, alla nuova filosofia alla moda. Diventa il luogo dove festeggiare i riti dionisiaci dell'euforia della Liberazione dalla guerra con vino, danze, amore e Coca-Cola, una bevanda allora rara e clandestina.
Fu proprio l'amicizia tra Vian e Sartre a trasformare la Rive Gauche in Saint-Germain , conferendo al quartiere dell'intelligenza l'aspetto dei continuati baccanali della Liberazione.
Saint-Germani des Prés a volo d'uccello, era un posto come tutti gli altri, qualche albero e dei davanzali dove le zitelle e gli innamorati disponevano le briciole dell'ultimo pasto. Era un posto in cui, se i primi cristiani si limitavano a cantare le lodi del Signore, a Saint-Germain des Prés invece le si danzavano.
Pur diventandone amico, Vian si prende beffe di Sartre e de Beauvoir, dei loro atteggiamenti e degli esistenzialisti: fu proprio la coppia di filosofi ad ispirargli “ La schiuma dei giorni ” il romanzo che ancora oggi viene considerato come il suo capolavoro, scritto tra il 1944 e il 1945. È un romanzo carico di surrealismo, con una gioia di vivere e di musica, che traboccano e vengon fuori sin dalla breve premessa in cui Vian enuncia una sorta di dettame estetico ed esistenziale nel quale afferma che “l'essenziale nella vita è dare giudizi a priori su tutto, poiché sembra che le masse stiano sempre dalla parte del torto, mentre gli individui hanno sempre ragione”.
Boris Vian e Juliette Gréco ai tempi del Tabou
È un romanzo dolce e pirotecnico colmo di invenzioni che fanno ridere e piangere, ma allo stesso tempo è una feroce denuncia del conformismo dell'epoca. Il più "arrachecoeurant" (letteralmente: strappacuorente) di tutti i romanzi" lo definirà Queneau.
La storia parte da questa Parigi in cui Vian si muove con gran disinvoltura, una Parigi magica e che contribuisce a far sentire tale.
Protagonista del romanzo è Colin, un giovane riccastro colto e annoiato, innamorato perdutamente di una ragazza tenera di nome Chloé e con un amico Chick, a cui presta un pozzo di soldi o meglio di dobloncioni per collezionare tutte le opere del filosofo Jean Sol Partre.
Ma La schiuma dei giorni (L'Ecume des jours) anche se sostenuto da Raymond Queneau che lo candida al prestigioso premio della Pleiade non si rivelò un successo come da Vian sperato, e non riuscì a vendere più di 1500 copie.
A pochi mesi dall'uscita de La schiuma dei giorni, si presenta a Vian la sua grande occasione: incontra Jean d'Hallouin un piccolo editore tutt'altro che ricco, titolare dell'Edition du Scorpion, il quale gli parla del suo ambiziosissimo progetto: metter su una collana dedicata alla letteratura noir americana che in Francia aveva ottenuto un enorme successo, ma il problema è che non sa come fare per pagare i diritti di quei grandi autori. Del resto Vian fu egregio traduttore di Raymond Chandler.
Vian propone di scrivergli lui stesso, in soli quindici giorni un libro scabroso, dalle tinte forti e in più gli promette che sarebbe stato migliore di un vero romanzo americano.
Gli venne la brillante idea di inventarsi un falso nome e di travestirsi in uno scrittore di noir americano: nacque Vernon Sullivan scrittore negro censurato in America a causa del razzismo e della violenza hard boiled ed il romanzo “ Sputerò sulle vostre tombe ” (J'irai cracher sur vos tombes) , – un libro che si legge tutto d'un fiato e che coniuga molto bene la critica sociale alle mode e costumi del tempo – che ha come protagonista Lee Anderson “un negro dalla pelle bianca” che vuol vendicare l'assassinio del fratello, ebbe un successo clamoroso e suscitò enorme scandalo poiché presentava una trama con una miscela esplosiva fatta di auto veloci, alcol fino alla nausea, sesso facile senza limiti e musica di chitarre, una musica giunta alle soglie del rock . Per dirla alla Vian, “la storia è interamente vera, perché l'ho immaginata dall'inizio alla fine”.
Nel giro di pochi giorni Sputerò sulle vostre tombe divenne un best seller ma il sorriso sul volto del nuovo talento non durò per molto perché il romanzo venne censurato e Vian condannato per offesa alla morale. Venne distrutto dalla critica per essersi rifugiato dietro lo pseudonimo di Vernon Sullivan, critica che non aveva esitato a formulare paragoni con la violenza di Henry Miller e a identificare gli esistenzialisti – speculando sulla narrativa erotica – come persone perverse e il sesso come epigono del credo esistenzialista, coprendo di ridicolo il movimento che tante fatiche aveva fatto.
Il romanzo nonostante gli entusiasmi, mosse le acque torbide dello scandalo e un certo Daniel Parker iniziò una crociata morale contro, azionando la rugginosa macchina della giustizia, che a quattro anni dall'apparizione del romanzo ritenuto veicolo di arditezza pornografica, condannò l'autore in maschera di traduttore e l'editore Jean d'Halluin a centomila franchi di multa.
Vian affrontò la giustizia degli umani e accettò il tutto con la sua solita ironia, si divertì anche a sottolineare la banalità di certe critiche che contro, gli erano state mosse. La critica militante, da allora manifestò nei suoi confronti un'attenzione distratta vicina al rigore punitivo, ma Vian restò abilmente nell'ombra così da poter sfruttare “il privilegio di non esser preso sul serio”.
Nel frattempo, era divenuto Satrapo del collegio di Patafisica , la scienza delle soluzioni immaginarie, una farneticazione di Alfred Jarry secondo il quale, basta una piroetta verbale, perché il paesaggio cambi improvvisamente e ci si trovi in tutt'altra terra. Secondo Vian “ la Patafisica spiega il rifiuto di ciò che è serio e di ciò che non lo è perché per essa sono esattamente la stessa cosa”. Boris Vian prenderà da questo serissimo divertimento che è la Patafisica i tratti salienti, le sembianze e il genio del primo patafisico per vocazione e autonoma decisione, il dottor Faustroll, alias Alfred Jarry, e proprio Jarry diventa il metro di paragone per comprendere il “rigore dell'assurdo” di Vian.
Scrisse nel 1951 Lo strappacuore (L'Arrachecoeur) a cui aveva dedicato quattro anni, un romanzo diverso, difficile, raffinato ma a causa dello snobismo nei suoi confronti da parte della critica, non vendette molto. La trama del romanzo spiega, è la storia di un amore materno spinto all'eccesso. È il modo tutto personale di Vian, di fare i conti con il suo passato, nel quale vorrebbe sbarazzarsi di un'infanzia oppressa da una madre asfissiante. E a lui parlare di queste cose fa molto bene: gli consente altresì di fare il punto sulle proprie idee in materia di educazione. Sapeva che si trattava di un testo difficile e che lo sfondo potesse sembrare “costruito”, ma tiene a sottolineare di come sia buffo delle volte, che quando si scrivono fandonie si è credibili, mentre quando si fa sul serio, la gente pensa che la si stia prendendo in giro.
Subito dopo decide di smettere di scrivere ma non prima di aver dato alla luce capolavori come Le formiche il più termitante fra i racconti di guerra e Autunno a Pechino . Di libri ne scrive 10 in tutto.
Da quel momento si getta a capofitto sulle canzoni e ne diviene autore-compositore e cantante,  e sull'attività musicale in genere.
Diventa direttore della compagnia filarmonica Philips, della Fontana e della Barclay, si occupa della colonna sonora di diversi film di successo e collabora alle riviste musicali più importanti come Jazz Hot. Cede poi i diritti cinematografici di Sputerò sulle vostre tombe , ma gli viene negata la possibilità di scrivere lui stesso la sceneggiatura del film.
In Italia molti scoprono l'esistenza di Boris Vian con notevole ritardo, grazie ad una canzone cantata da Ivano Fossati, Il disertore, (Le Déserteur) una canzone che mette i brividi ogni volta che la si ascolta e che riesce a raccontare con semplicità l'orrore della guerra e il punto di vista razionale di lui,   contro la sua irrazionalità.
La scrisse durante la guerra francese in Algeria, e fu ovviamente censurata provocandogli non pochi problemi: il nome di Boris Vian ancora una volta fa scandalo.  La copertina del disco riportava il divieto di trasmissione; successivamente fu anche interpretata da Joan Baez, ma diventa una versione melensa e "pacifista"; meglio quella dell'autore, assai più graffiante. Ma non fu l'unica canzone. Amava scherzare con le parole, e abbandonarsi a calembours e a giochi allitterativi, insieme all'amico Queneau, autore di "Zazie dans le métro". Ecco dunque la graziosa  e divertente "J'suis snob", nella quale dice che da morto vuole essere vestito da Dior.
L'epilogo della sua vita, tra una burla e l'altra, ha un risvolto  simile a quello di  Mercuzio, il giocherellone di Romeo e Giulietta di Shakespeare  che muore scherzando.
Muore la mattina in cui viene proiettata l'anteprima di Sputerò sulle vostre tombe , stroncato da un attacco cardiaco il 23 giugno 1959 all'età di 39 anni. Stando alle indiscrezioni, Vian era indeciso se far apparire sugli schermi il suo nome, e per questo motivo aveva chiesto di vederlo. Enorme sarà stata la sofferenza patita nei minuti in cui ha visto il suo discusso romanzo tradotto in immagini non aderenti al suo pensiero e tagliuzzato dalla censura. Quel suo libro, gli aveva spalancato la porta della sua vita pubblica ed è stato lo stesso che bruscamente gliel'ha richiusa. Dell'America, Boris ebbe una visione romantica e letteraria (importò in Francia molta della letteratura pulp) e quando i produttori americani del suo film censurarono spietatamente numerose scene ebbe a chiedersi "Ma questi tizi sarebbero Americani?".

Vian ebbe una vita frenetica e movimentata, ma per dirla con le sue parole, "sarebbe pronto a ricominciare".

Autopresentazione di Boris Vian (a cura del medesimo)
Hesperia

27 commenti:

johnny doe ha detto...

Vian,per una serie di motivi che non sto qui a spiegare,é uno di quelli messo nel mio cofanetto dei "Ci sono".Mi e vi risparmio ogni altro commento.

Vi metto solo,"Io non vorrei crepare" e una citazione.

Io non vorrei crepare
senza aver visto almeno i cani messicani neri
che senza sognare dormono a ciel sereno;
senza aver conosciuto ai tropici le voraci
scimmie divoratrici (le scimmie a culo nudo).
O anche i ragni argentati dai serici nidi felici
di spruzzi traforati.
No, non vorrei crepare ignorando se la presunta
monetina che spunta sotto la faccia della luna
stia a nascondere una seconda faccia a punta.
Se – dopo gran riflessioni – il sole e’ freddo.
Se le famose quattro stagioni
son proprio quattro e non tre.
Senza aver passeggiato per il corso in vestaglia
guardando fissa la marmaglia dei guardoni.
Senza aver ficcato i miei coglioni
in ogni posto vietato.

Io non vorrei finire senza sapere la lebbra
(beh, si fa per dire)
o almeno la febbre dei sette mali che
piu’ o meno certamente si acchiappano laggiu’:
resterei indifferente al bene e al male
purche’ di tutta questa vasta delizia
l’assoluta primizia
fosse riservata a me.

E poi non basta, c’e’ tutto cio’ che conosco,
che ho imparato ad amare: il fondo verde bosco
del mare dove le alghe sottili gareggiano nel
disegnare onde di walzer sugli arenili.
E ancora la terra, che a giugno crepita e sbotta
di odori, e le conifere, e un semplice pugno d’erba…

... e i baci di quella ! Si, insomma quella, signori.
Ursula.
Ursulotta. La piu’ bella orsacchiotta
fra tutte le orse maggiori.
Quella per la quale proprio non vorrei crepare
senza averla avuta tutta. Goderla la bocca nella bocca,
i bei seni nelle mie mani, poi con gli occhi il resto e
…basta! Questi son fatti miei. Si, taccio.
Morire ? Non posso, come faccio ? ( come si fa ? )

Come vuoi crepare senza che ancora si siano inventate
le cose che contano: le rose eterne, le giornate di un’ora
i monti marini e le spiagge, beh, le spiaggie montagnose.
La cuccagna finiti tutti i tormenti, i quotidiani
splendenti di colori, i bambini contenti e tutti i trucchi
ancora dormenti dentro i crani stipati di ingegneri ingegnosi,
socialisti associati, urbanisti urbanizzati e pensatori pensosi.
Io non vorrei finire senza sapere la lebbra
Dio, quante cose da fare,da intendere e volere
da contare e aspettare,
Mentre la fine gia’ avanza in notti sempre piu’ nere.
Striscia, con la schifosa sembianza di un rospo.
Eccola, non c’e’ piu’ scampo.
Gli occhi nei miei…
No, proprio no,
io non verrei crepare,
nossignori, nossignore,
non senza aver fatto conoscenza
del sapore tormentoso di cui sono geloso e goloso.
Il sapore piu’ delicato che si possa sentire.
Il piu’ forte.
Io non vorrei crepare.
Senza aver gustato il gusto della morte.

“Dire idiozie oggi, quando tutti riflettono profondamente, rimane il solo mezzo per provare la propria libertà ed indipendenza di pensiero”

Certo,dipende quali idiozie...

Hesperia ha detto...

Grande! grazie Johnny, sì conosco "Je voudrais pas crever" e ci avrei giurato che Vian sarebbe stato nelle tue corde.
Personaggio assai intrigante, effervescente e vulcanico, malinconico e vitale. E' curioso da parte sua, aver esplorato tanti ambiti e averli fatti tutti bene.

Poi anni dopo, c'è stato Gainsbourg che lo ha scopiazzato, ma altra stoffa e altro livello.Per me, insopportabile e inautentico.

Hesperia ha detto...

Ecco il testo di J'suis snob, Johnny. "e quando sarò morto voglio un sudario firmato Dior"...:-)


C'est vraiment l'seul défaut que j'gobe
Ça demande des mois d'turbin
C'est une vie de galérien
Mais lorsque je sors à son bras
Je suis fier du résultat
J'suis snob Foutrement snob
Tous mes amis le sont
On est snobs et c'est bon

Chemises d'organdi, chaussures de zébu
Cravate d'Italie et méchant complet vermoulu
Un rubis au doigt de pied, pas çui-là
Les ongles tout noirs et un tres joli p'tit mouchoir
J'vais au cinéma voir des films suédois
Et j'entre au bistro pour boire du whisky à gogo
J'ai pas mal au foie, personne fait plus ça
J'ai un ulcère, c'est moins banal et plus cher

J'suis snob J'suis snob
J'm'appelle Patrick, mais on dit Bob
Je fais du ch'val tous les matins
Car j'ador' l'odeur du crottin
Je ne fréquente que des baronnes
Aux noms comme des trombones
J'suis snob Excessivement snob
Et quand j'parle d'amour
C'est tout nu dans la cour

On se réunit avec les amis
Tous les vendredis, pour faire des snobisme-parties
Il y a du coca, on deteste ça
Et du camembert qu'on mange à la petite cuiller
Mon appartement est vraiment charmant
J'me chauffe au diamant, on n'peut rien rêver d'plus fumant
J'avais la télé, mais ça m'ennuyait
Je l'ai r'tournée d'l'aut' côté c'est passionnant

J'suis snob J'suis snob
J'suis ravagé par ce microbe
J'ai des accidents en Jaguar
Je passe le mois d'août au plumard
C'est dans les p'tits détails comme ça
Que l'on est snob ou pas
J'suis snob Encor plus snob que tout à l'heure
Et quand je serai mort
J'veux un suaire de chez Dior!

Anonimo ha detto...

Vian è stato un personaggio affascinante del mondo letterario che ha sempre intrigato anche me. Eppoi è anche un bell'uomo molto somigliante a Gary Cooper. E' proprio vero che chi muore giovane viene baciato dagli dei. Ciao Hesperia
Rosalind

johnny doe ha detto...

Ha visto bene Hesperia,nelle nie corde,mi piace questa gente che che non si affitta a questo e quello.Inoltre,essendo io un cultore, e presuntuosamente anche un intenditore di jazz,é un elemeto in più...

Hesperia ha detto...

Ciao Rosalind, curiosamente intorno a Boris Vian c'è a tutt'oggi una grande attenzione. "La Schiuma dei giorni" è un romanzo caldamente raccomandato da Daniel Pennac. E per chi non l'avesse fatto, consiglio di leggere "Manuale di St. Germain des Près" dove lui annota minuziosamente le cronache mondane intorno alla St. Germain di quegli anni e ai suoi riti dionisiaci di dopo la Liberazione.

Vera la rassomiglianza con Gary Cooper. Il che non guasta ;-)

Hesperia ha detto...

Ah, pensa, non sapevo Johnny che fossi un intenditore di jazz. Allora conoscerai molti dei numerosi suoi articoli di critica musicale e jazzistica.

Josh ha detto...

bravissima Hesperia ad avere incorniciato così bene questa insolita personalità:-) Ecco, questo è un altro originale di cui non avevamo mai parlato direttamente, ma ero sicuro ti sarebbe interessato, infatti mi collego e trovo il post.

la mia settimana è una battaglia, anzi di più, ma ripasso con più calma perchè volevo anche io commentare meglio alcuni punti.

Nessie ha detto...

JOsh, ho saputo che Le Déserteur, testo censuratissimo ai tempi della Guerra in Algeria, dato che la République coloniale non scherzava con la coscrizione obbligatoria, è una canzone che ha fatto il giro del mondo molti molti anni più tardi, tradotta anche in Inglese dal gruppo folk Peter Paul and Mary. MA la verità è che non è una canzone pacifista come la vogliono far passare oggi. E' la canzone individuale di un eterno "non riconciliato". Mi pare cosa diversa.

johnny doe ha detto...

Alcuni di quelli scritti su Jazz Hot li ho letti..ma a quei tempi la critica più aggiornata e preparata per ovvie ragioni era in pratica in Usa (un must era la rivista Down Beat,ma mi piace ricordare anche la nostra Musica Jazz,diretta dal grande appassionato Arrigo Polillo).
Il be bop di Charlie Parker fu portato a Parigi sopratutto dal genio di Bud Powell.(il film di Tavernier,'Round Midnight' é la sua storia,arrangiata però per un sassofonista,interpretato dal grande Dexter Gordon),e in altre forme da Miles Davis (che fu amante della Greco)che Vian frequentò.
Questa era la temperie jazzistica in cui si muoveva Vian negli anni '50,buon musicista e grande estimatore in passato anche dello stile New Orleans e swing(Hot club de France.Ellington.

Per inciso,Sartre e la Beauvoir non capivano una mazza di jazz (un po' come Veltroni..).
E già che ci sono...Jazz che, come al solito,nella sua accezione free(la decadenza) e contestatorio delle persecuzioni razziali anni '60 in Usa,fu immediatamente fatto proprio dalla sinistra per motivi politici,dato che mai prima hanno capito e ascoltato questa musica,definita borghese ed elitaria.
Il risultato fu che,tolti alcuni artisti del calibro di Shepp,Coleman,Cecil Taylor e pochi altri,l'Italia fu invasa da una schiera di carneadi che a mala pena potevano tenere in mano lo strumento,ma faceva moda...e soprautto Arci.
Saluti patafisici,johnny

Hesperia ha detto...

Sartre si picca di saperne ne "La Nausea" dove fa dire al suo protagonista Antoine Roquentin (una palla unica!) che i suoi "momenti perfetti" erano dati dall'ascolto del jazz. Ma la verità è quella che dici Jean Paul Tartre (come lo chiamava Céline) non ne capiva una beata mazza.

E non c'è di che stupirsene. Contrraccambio i saluti patafisici.

Hesperia ha detto...

PS: Sapevo della relazione interetnica (e quindi per quei tempi doppiamente in odore di zolfo) tra la Gréco e Miles Davis.
E secondo l'autobiografia di Davis quando tornò negli USA senza di lei dichiarò di essere entrato in depressione, dandosi alle droghe pesanti.

Josh ha detto...

eccomi....
il post è proprio ben scritto ed esaustivo...certo per quanto si possa essere esaustivi a proposito di una personalità incontenibile a scoppio continuo:-)

la St. Germain d'allora è racchiusa in pratica in un passato mitico.
Boris Vian è una figura affascinante, e il suo sarcasmo è un elemento intelligente, che cattura.
Le sue prese in giro di Sartre e della posa esistenzialista hanno fatto storia.

Beh certo, pensando allo sciancato e a carlà oggi, proprio come atmosfera, clima locale, sono trascorsi anni luce eh

Da un punto di vista musicale, parte proprio da qui quella connotazione particolare del "jazz francese".
Lo stesso Miles Davis ne assorbì parecchio,
basti pensare alla sua colonna sonora per "Ascenseur pour l'échafaud" di Louis Malle, che trasuda un tipo particolare di Francia e noir da ogni seminota.

Josh ha detto...

@Hesperia:
"ho saputo che Le Déserteur, testo censuratissimo ai tempi della Guerra in Algeria, dato che la République coloniale non scherzava con la coscrizione obbligatoria, è una canzone che ha fatto il giro del mondo molti anni più tardi, tradotta anche in Inglese dal gruppo folk Peter Paul and Mary. MA la verità è che non è una canzone pacifista come la vogliono far passare oggi. E' la canzone individuale di un eterno "non riconciliato". Mi pare cosa diversa."


:-))
E' una cosa diversissima, e oggi più che mai i non riconciliati li vedono di malo occhio, e di solito sono ridotti al silenzio.

Nel caso di "Le Déserteur", si tratta...più che di una cover, di un "modello decontestualizzato" quando la rieseguono Peter Paul & Mary.

Nè più nè meno che la cover da te citata nel corso del post, messa in bocca a quella lessa di Joan Baez.
In questi casi non sono cover musicali, o neutrali, o omaggianti, o riletture emotive,
no, sono riletture politiche che violano lo spirito del pezzo, della temperie in cui venne scritto, per far significare altro. Anche appropriarsi di un passato che non gli appartiene. Anche devitalizzare la carica eversiva di un pensiero ralmente libero.
Tattica in cui poi certa "intelligentsija" è espertissima.

Josh ha detto...

@Johnny Doe:
di Arrigo Polillo sono diffusi ormai anche volumi, non solo gli articoli. Ottimi.
Certo poi il jazz per me è musica viscerale, che si approfondisce sui dischi stessi o dal vivo: è solo da lì che si scorgono i nessi, i collegamenti.

hai ragione poi sull'appropriarsi del jazz dopo la fine '60, da parte delle sinistre, sempre in maniera tardiva, ovvio, e adoperata in maniera strumentalizzante.

johnny doe ha detto...

Più dei volumi,gli articoli di Polillo sui vari musicisti erano dei must per un'Italia,periferia del jazz.Esilaranti erano le lettere al direttore,dove neofiti sinistrorsi (c'erano anche nella musica jazz)si affannavano a proporre pseusdoartisti dilettanti sol per motivi politici,non capendo nulla di questa musica,e che venivano puntualmente sbeffeggiati coi loro paragoni improponibili.Poi fu la volta di certi altri dilettanti del rock (quando si passò dal Che ai figli dei fiori,o alla new age),che sostenevano un Ginger Baker più grande di Elvin Jones.Uno spasso.
Il jazz é come l'opera,o ti entra subito o mai più.
Più dei dischi,é una musica da ascoltare dal vivo,come é nata,In un teatro è improponibile,perchè il pubblico deve entrare in sintonia perfetta coi musicisti,col bicchiere in mano,incoraggiandoli con frequenti yeaah!,e non bloccati su una sedia.Ho visto certi musicisti nei clubs che si lamentavano del brusio del pubblico (il vero appassionato ascolta anche se sta al bar),dimenticandosi che i più grandi musicisti,più che infastiditi, erano caricati dalla partecipazione e incitamenti del pubblico che gradivano senza false ipocrisie.
Siamo alle solite,come in letteratura,scrivono un libro e già credono d'essere un Proust,un Céline...

Nessie ha detto...

Ricordo benissimo, caro Josh, la camminata notturna della Moreau col pezzo formidabile di Miles Davis.

E di Vian annoto anche il libro postumo "Manuale di St. Germain des Près" dove racconta indiscrezioni, follie, suprise party e riti dionisiaci di quel periodo, dopo la Liberazione quando Parigi volle reimpossessarsi della sua verve dopo le mortificazioni della IIa GM.

Certo che JP Sartre era davvero repellente. Come riuscisse a reperire delle belle donne è un vero mistero :-)

Josh ha detto...

Non mi citare Jeanne Moreau! :-))

ecco la sua famosa camminata con sottofondo milesdavisiano e ripresa louismalle:-)

http://www.youtube.com/watch?v=zDMfC0CjCSA


L'epoca da te citata, la temperie artistica e spirituale era così tipicizzata che anche qualche anno fa gli è stato dedicato un disco-spot, più delirio estetizzante che musicale eh...lontano dal jazz,
impresa peraltro piuttosto commercialotta, in cui compariva anche Santa Catherine Deneuve:-)

http://www.youtube.com/watch?v=x-E7s9vZ-_o

il tutto sorretto ovviamente da quell'affarista furbone di Malcom McLaren che col jazz c'entra un fico secco, anche se per l'occasione s'è messo il lupetto nero esistenzialista:-)

in quel disco un pezzo è un chiaro omaggio a questa tua epoca:

http://www.youtube.com/watch?v=bifxw9C9RJk

"...I wore black on St-Germain de Prés
Feelings in the air they love today
It's true, I don't believe
in love beyond the grave,
But then I listened to a trumpet play...."

Josh ha detto...

ahahaha Nessie, che dire, Sartre quanto a bellezza!

e poi...certe idee quello lì! :-)

Hesperia ha detto...

Josh, davvero sensualissima e intensa la Moreau. NOn ho mai trovato un uomo a cui non piace. Eppure non è glamour né rifatta. In fondo è la tipica donna francese neanche molto alta. Grazie del video.

Quello di Mc Laren invece fa proprio pena. Sempre di gran classe però la Denueve nel video. Il resto è da buttare.

Hesperia ha detto...

Questo video quasi certamente non lo conosci (o almeno spero :-)). Si tratta di una poesia di Raymond Queneau offerta come canzone per Juliette Gréco, dal titolo "Si tu t'imagines"

http://www.youtube.com/watch?v=RKKFGedanjU

un pastiche, un divertissement che mescola classicismo (allusione a Ronsard quando dice "alors cueille cueille, la rose, la rose") e modernità., tra ironico gioco letterario e serio esperimento di "volagarizzazione".
MOlto bello anche il montaggio delle immagini con una Gréco giovane e avvenente.
Ne esiste la traduzione di Franco Fortini, magari poi la trovo.

Hesperia ha detto...

Ecco la traduzione, che poi è una "riscrittura" in metrica di Fortini:

"Ma cosa ti credi"

Ma cosa ti credi
ma cosa ti credi
ragazzina bella
ma cosa ti credi
che la duri sempre
la stagione dell’a
la stagione dell’a
dell’amore in fiore
dio come t’illudi
ragazzina bella.
Passano i bei giorni
i bei giorni lieti
soli e pianeti
fanno girotondo
mentre tu bambina
dritto dritta fili
verso diosaché
e di già si spiccia
la pesante ciccia
la zampa di gallina
la giogaia al collo
il muscolo frollo.
Dai coglile coglile
le rose le rose
e le loro foglie
siano mare calmo
d’ogni colmo bene
dai coglile coglile
se non lo farai
dio come t’illudi
ragazzina bella
dio come t’illudi.

(Franco Fortini)

Josh ha detto...

Sì, a me Jeanne Moreau è sempre piaciuta. Attrice enorme. Come donna non è "bella" nel senso classico, ma è sempre stata magnetica. Non è alta, non è importante, aveva quel viso un po' imbronciato, con l'espressione un po' amara che passa dal severo allo scanzonato. E' un'ottima attrice anche nella terza età.

E Catherine Deneuve invece è stata una delle donne più belle del mondo, per me, un sogno proprio.

Il video che mi segnali invece non lo conosco, anche se conosco un po' Juliette Greco e Raymond Queneau.
Bella anche la traduzione di Fortini
(con tutti i limiti fisiologici delle traduzioni).

Quell'Hesperia lì ci ha dei repertori infiniti! :-)

Nessie ha detto...

Sì, davvero una buona traduzione quella di Fortini, che ha avuto il coraggio di tradurre un autore difficile come Queneau anche nei suoi romanzi. Davvero non so come abbia fatto. Bergonzoni (non so se l'hai mai visto a teatro) dice sempre di essersi ispirato a Queneau che è un laboratorio linguistico e culturale aperto a ogni immaginazione. Facile desumere che Queneau e Vian fossero amici, dato che entrambi sono dei funamboli del linguaggio.

Hesperia ha detto...

PS: Catherine Deneuve ha uno sguardo enigmatico e fascinoso, molto adatto a ruoli ambigui, come le donne fatali dei noir. Ora, vabbè, è fuori gioco perché è troppo avanti con gli anni. Inoltre non ha rinunciato anche lei a ritoccarsi la bocca gonfiandosela, secondo la moda "canotto". Un vero peccato.

Anonimo ha detto...

Beh, un piacere incontrare altri curiosi e devoti di Vian.
Tra i commenti ho letto qualche accenno alle sue collaborazioni con riviste jazz, e una risposta un po' frettolosa che rimanda agli "esperti" americani. Mhhh, in realtà io mi sento di consigliare un libro che lessi credo circa 30 anni fa, e che probabilmente sarà difficile reperire:"Hot Jazz" mi pare s'intitoli, ed. Dall'Oglio. Raccoglieva le sue recensioni per Jazz Hot e, proprio in virtù della sua distanza dalla critica americana e grazie alla sua personalissima visione e alla contagiosa curiosità di un vero appassionato, risulta un'ottima occasione di lettura per chi abbia qualche curiosità sul mood che si poteva respirare a Parigi ed in Europa in quegli anni, con l'arrivo dei grandi jazzisti. Particolarmente consigliato, quindi, anche a chi non mastica pane e jazz tutti i giorni. Ho scoperto che esiste un'altra, più recente, raccolta di scritti di Vian sul jazz "Jazz! (rassegna stramba)", tradotta da Idolina Landolfi (figlia di un altro al quale son devoto)pubblicata nel 2003 da Nuovi Equilibri e che sta tra i remaninders...

Saluti.

odradek

Hesperia ha detto...

Grazie dei preziosi e utili consigli di lettura, Odradek.

Mi fa piacere che ci siano dei devoti e appassionati di Boris Vian.

Dall'Oglio è una casa editrice ormai introvabile, però.