Laghetto di San Marco, Milano 1930 - dal sito Vecchia Milano
Nonostante sia posta nel mezzo di tanti corsi d'acqua, Milano, la romana Mediolanum, gode, e ancor più lo godeva nell'antichità, di estati relativamente torride. Lo seppero bene i primi cristiani milanesi, che, dove ora c'è il Duomo, edificarono due chiese, una per le funzioni invernali, l'altra per quelle estive. E lo constatò ancor più la Regina Teodolinda, quando convinse il marito a trasferire a Monza la capitale estiva del Regno Longobardo.
Secoli dopo nacque l'idea di portare a Milano acqua fresca dal Ticino, soprattutto per scopi irrigui. Nacquero così i primi canali, che nel corso del tempo furono resi navigabili, a cominciare dal Naviglio Grande. Questo terminava la sua corsa nel Laghetto di Sant'Eustorgio (ora Darsena). In seguito vennero costruiti i canali interni alla città, divenuti a loro volta canali navigabili, i Navigli Interni, sul cui tragitto verrà in seguito creato il Laghetto di Santo Stefano, utilizzato principalmente come scalo merci per i barconi provenienti dal Lago Maggiore, che trasportavano sabbia, marmo e gran parte del materiale necessario per la costruzione del Duomo di Milano.
Nel 1288, Bonvesin de la Riva, dotto frate degli Umiliati, descriveva così la Milano del suo tempo:
"Un fossato di sorprendente bellezza e larghezza" circonda questa città da ogni parte, e contiene non una palude o uno stagno putrido, ma l'acqua viva delle fonti, popolata di pesci e di gamberi. Esso corre tra un terrapieno all'interno e un mirabile muro all'esterno, il cui circuito, misurato con estrema accuratezza, è risultato corrispondere a diecimilacentoquarantuno cubiti. La larghezza del fossato, lungo l'intero circuito intorno alla città, è di trentotto cubiti. Al di là del muro del fossato vi sono abitazioni suburbane tanto numerose che basterebbero da sole a formare una città".
Collegio Elvetico, nei pressi del laghetto di Santo Stefano. Veduta Settecentesca di Milano, di Marc'Antonio Dal Re.
Il Laghetto di Santo Stefano non esiste più, come pure non esiste più il Laghetto di San Marco(foto in alto). Questi, il più longevo, è esistito a Milano, nell'omonima via, fino al 1930, quando venne interrato. Era stato pensato in epoca viscontea, per risolvere i problemi creati dagli allagamenti: al perdurare di forti acquazzoni i navigli interni si gonfiavano, straripavano, lasciando nel fango la città. A quell'epoca la zona di via San Marco, confinante a nord del Naviglio Interno, era un terreno totalmente agricolo, dislocato fuori dalla cerchia dei Navigli, che all'epoca delimitavano il centro abitato dalla zona agricola. Quel terreno si prestava quindi assai bene per crearvi quella che oggi chiameremmo cassa di espansione. Per quel precipuo scopo era nato il laghetto, un ruolo che ha svolto egregiamente per almeno cinque secoli. Dal 1876, e per molti decenni, ebbe anche funzione di scalo per i barconi che tasportavano le bobine di carta alla tipografia del Corriere della Sera (l'edificio, tuttora esistente, è quello che si vede di fronte, in primo piano, nella foto in alto). Quella sotto è invece la foto di uno di quei barconi mentre entra in via Fatebenefratelli, e raggiungerà il laghetto di San Marco per le operazioni di scarico (da Wikipedia).
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4 commenti:
Marsh, pensa ad un futuro in cui le persone possono usare la navigabilità dei fiumi e dei canali per spostarsi invece del traffico milanese, degli ecopass e altre complicazioni inurbane per farci dannare la vita. Un tempo sul Villoresi si navigava e uomini e merci si spostavano agevolmente.
Marsh, sei già tornato dalle vacanze?
Hesperia,
approfitto di questa possibilità che ho avuto di usare internet, per mandarvi il mio caro saluto da Dervio. Sono ancora qui, e ne avrò per tutto luglio. Penso quindi di riprendere a settembre, e ho già in mente un post sull'opera di Sebastiano Vassalli "La Chimera", che ho trovato essere straordinaria.
Firmo senza registarmi: Marshall.
Hesperia,
pensa che il Villoresi passa sotto le finestre di casa mia. Conosco tante storie legate a questo canale, alcune immortalate nello struggente canto popolare: I Carriolanti.
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