Aldo Manuzio - da Wikipedia
Il Canal Grande attraversa la città di Venezia, passando in mezzo ai sestieri, tre per parte, e a circa metà percorso si restringe, vira bruscamente a destra per poi passare sotto il Ponte di Rialto. L'antico Ponte, così per come lo conosciamo nella sua forma attuale venne inaugurato nel 1591 (un ponte di legno, poi franato, esisteva già da prima), e fino al 1854 era stato l'unico ponte pedonale di collegamento tra le due parti di Venezia. A quella data, nel 1854, era entrato in funzione il secondo ponte, quello che adesso si chiama Ponte dell'Accademia. Fu a Rialto che, secondo la tradizione, nel 421 si insediarono i primi abitanti della futura città di Venezia. Rialto, a quell'epoca, era una semplice isoletta della vasta Laguna Veneta, scelta da quelle popolazioni perchè un pò più rialzata, e quindi un pò più salubre, rispetto alle numerose altre. Da lì potrebbe forse derivare il nome di Rialto. Nel "rione", diventato poi in un millennio il più popolato di Venezia, alla fine del Quattrocento, all'indomani dell'invenzione della stampa, vi sorsero tante tipografie, la cui concentrazione fù la più alta di tutte le tipografie d'Europa messe assieme, primato che mantenne per quasi un secolo.
Da giovane ho fatto il venditore di carta da stampa; miei clienti erano soprattutto alcune tipografie e alcuni piccoli editori di Milano. Avevamo un ispettore vendite che si recava spesso a visitare i clienti del Veneto, facendo tappa fissa a Venezia. Città nella quale andava ad alloggiare in un albergo nei pressi del Ponte di Rialto, lungo il Canal Grande; approfittava di quella "postazione" privilegiata, per unire l'utile al dilettevole. Durante le pause pranzo ammirava passare i vaporetti carichi di mercanzie (così li chiamava lui, vaporetti, e così li chiamo anch'io, per restare fedele al racconto, ma l'amico Fausto, della Alloggi Barbaria, nel post Pacchi a Venezia ce ne fornisce l'esatta definizione: a Venezia chiamano ""topi" le speciali imbarcazioni adibite al trasporto di merci in mezzo all'intricata ramificazione dei suoi oltre 200 canali), puntando gli occhi su quelli che trasportavano risme di carta. Dal colore degli impacchi era in grado di stabilire da quali cartiere provenissero, e in base al canale secondario che imboccavano capiva dove erano diretti. Di ritorno a Milano, immancabilmente ci raccontava del giro dei clienti di Venezia, e della possibilità unica di "perlustrazione" che gli forniva la città lagunare. Col venditore di zona, pranzando in quel ristorante nei pressi del Ponte di Rialto, con vista "privilegiata" sul Canal Grande, affinavano strategie di vendita. Alle loro spalle, nelle Calle delle Mercerie, c'era, e forse c'è ancora, qualche grossa tipografia, probabile erede "storica" di quelle "decine e decine di tipografie" che esistettero a Venezia nel XVI secolo, e situate in quella "strada" che andava da Rialto a Piazza San Marco, già allora conosciuta nel mondo col nome di Mercerie. "Nel secolo precedente, a partire dal 1469, in Venezia si alternarono 153 tipografie, che stamparono un totale di 4500 titoli, producendo in tutto 1.350.000 libri" (quindi una media di 300 copie a titolo). tutto questo andò a vantaggio della capillare diffusione della cultura tra i veneziani. In Germania, invece, dove pure fu inventata la stampa, fino a tutto il XVIII secolo la lettura resterà un privilegio riservato a pochi "fortunati" "Si calcola (infatti) che (in Germania) nel Settecento il pubblico dei lettori regolari si aggiri attorno all'1,5 % della popolazione totale (...) La Venezia cinquecentesca (quindi 200 anni prima che in Germania) tuttavia fa eccezione (anche in questo): un quarto della popolazione maschile tra i 6 e i 15 anni va a scuola, percentuali inarrivabili altrove e che spiegano l'interesse per i libri" (Giovanni Ragone, Classici dietro le quinte. Storie di libri ed editori. Da Dante a Pasolini, Laterza, Roma-Bari 2009, pag.43 - nota in calce a pag.16 del libro di Alessandro Marzo Magno, L'Alba dei Libri) .
All'epoca non sapevo ancora nulla del glorioso passato nel settore della stampa di Venezia, nè dei suoi numerosi primati mondiali in tale ambito (vedi post Mastro Martino), altrimenti mi sarei appassionato ai racconti del mio ispettore, tempestandolo di domande specifiche.
Libro stampato e rilegato da Aldo Manuzio - da Wikipedia
(si noti bellezza ed eleganza)
(si noti bellezza ed eleganza)
In questi giorni è in corso la Fiera del Libro di Francoforte, le cui origini risalgono al Cinquecento. Fu creata nell'epoca di cui scriviamo, per fare concorrenza alle Fiere del Libro che si svolgevano a Lione e a Venezia. Ma competere con Venezia in quel secolo, era battaglia persa: la distesa dei negozi del "rione" Mercerie, che vendevano libri, dava l'impressione di una fiera aperta tutto l'anno. Cronache del tempo raccontano di turisti (che quindi già allora esistevano) che, transitando in qualunque mese a piedi da Rialto, per raggiungere Piazza San Marco, passando per Mercerie, già allora famose "strade" dello shopping internazionale, avevano smarrito l'orizzonte, frastornati dagli innumerevoli titoli di libri che s'eran fermati a leggere strada facendo.
In quel secolo Venezia ebbe il ruolo che attualmente detiene New York, primeggiava in molti campi; era il centro del mondo. Nel 1500 solo tre città europee superavano i 150.000 abitanti, Parigi, Napoli, ed appunto Venezia. Venezia era meta di gente proveniente da tutta l'area mediterranea, e oltre. Bastava avesse voglia di lavorare, e a Venezia poteva fare fortuna. Non a caso tipografie di Venezia furono aperte da tedeschi, greci, ebrei, armeni, croati, dalmati, ecc. La metà di tutti i libri stampati in Europa, nella prima metà del Cinquecento, provenivano da Venezia. Il made in Venice, nel settore libri, e non solo, fu nel mondo sinonimo di qualità eccellente. A far decretare tale primato contribuirono certamente uomini come Aldo Manuzio.
Aldo Manuzio non era nato a Venezia, era originario di quella che oggi è la provincia di Latina, che a quel tempo era parte integrante della provincia Terra di Lavoro. Località nomen omen, Aldo Manuzio aveva appreso il mestiere di stampatore tipografo da monaci laziali, dopo alcuni passaggi, ultraquarantenne si era poi trasferito a Venezia per impiantare là la propria azienda tipografica. Lavoratore indefesso, vulcanico nelle idee (basti pensare che dopo 500 anni moderne tipografie si avvalgono ancora delle sue "invenzioni"). Disdegnava i perditempo, e coloro che gliene facevano perdere, tanto che all'ingresso della sua "officina" si trovò costretto a dover esporre un cartello con la scritta: "Chiunque tu sia, Aldo ti chiede di esporre la tua questione in breve e di andartene quanto prima".
Se il mio ispettore segugio di cui sopra, fosse vissuto cinquecento anni fa, per esempio intorno al 1512, e si fosse appostato nei pressi delle allora case dei Barbarigo (ricostruite e unificate anni dopo nell'attuale Palazzo Barbarigo) sarebbe stato in grado di tenere sott'occhio un andirivieni giornaliero di peàte (imbarcazioni veneziane del tempo, adibite al trasporto di merci) vogate da barcaroli, dirette o provenienti dalla tipografia di Aldo Manuzio. Questa si trovava, ed è visibile tuttora, in Rio Terà Secondo, a due passi da Campo Sant'Agostin. Dal Canal Grande si arriva alla casa di Aldo Manuzio accedendo al Rio di San Polo, che in quel punto costeggia il bel Palazzo Barbarigo della Terrazza, poco distante a sua volta da Casa Manuzio. Qui è d'obbligo ricordare che con un membro di tale famiglia, Pierfrancesco Barbarigo, editore anch'egli, e figlio del Doge in carica, Agostino Barbarigo, Aldo Manuzio aveva dato vita ad una società editoriale, una fra le più grandi del periodo, e fors'anche in tutta Europa.
Casa/Tipografia di Aldo Manuzio, con relative insegne. Foto scattate il 13 ottobre 2012, in esclusiva per questo blog, da Fausto Maroder della Alloggi Barbaria
Non viene mai ricordato, ma Aldo Manuzio è stato il genio della stampa e dell'editoria, allo stesso modo come lo sono stati Raffaello per la pittura e Michelangelo per la scultura. A Manuzio si deve la "messa a punto" definitiva della punteggiatura nella stampa: virgola, punto, accento, apostrofo, usati per la prima volta nella sua tipografia nella loro forma attuale; ha inventato il punto e virgola, nonchè l'introduzione della numerazione delle pagine su entrambi i lati (recto e verso). A lui si deve l'introduzione del corsivo nella stampa, che in suo onore gli anglosassoni hanno chiamato italics. E siccome in alcune opere soleva firmarsi Aldo Romano, in ricordo delle sue origini laziali, il carattere tondeggiante da lui creato (quello usato anche da questo blog), in suo onore è stato chiamato Roman dagli inglesi.
Marchio Aldino - dal sito Giandri Altervista Org
Nei quasi 20 anni di attività a Venezia, Aldo Manuzio pubblicò 132 libri. Pubblicò pure quello che è stato unanimemente considerato il più bel libro stampato del Rinascimento, il "discusso" Hypnerotomachia Poliphili, del 1499 (visibile on-line cliccando qui). "Discusso" perchè fuori dai suoi canoni di produzione; una sorta di "amor profano" per lui che invece aveva quella sorta di"amor sacro" nel divulgare nel mondo la conoscenza di opere "monumentali", i classici latini (Virgilio, ...), greci (Omero,...) e i padri della lingua italiana: Dante, Petrarca, Boccaccio. Il Canzoniere di Francesco Petrarca fu la sua opera più richiesta; si stima che ne stampò più di 100.000 copie. Insomma, una quantità di libri e di tirature notevoli, mastodontica se si pensa che i fogli di stampa venivano "tirati" uno per uno con la forza muscolare sotto i torchi, e che in quell'epoca le tipogafie dovevano lavorare per gran parte del tempo dell'anno a lume di candele (in particolar modo l'inverno).
Concludendo, rimane indiscutibile un fatto: grazie ai libri da lui stampati, Aldo Manuzio ha fatto giungere fino a noi l'italiano così per come lo conosciamo; e anche in ciò risiederebbe la sua grandezza.
Aldo Manuzio, nato a Bassiano (Latina) nel 1449, morì a Venezia il 6 febbraio 1515. Aveva 66 anni.
Al minuto 3 è visibile la casa veneziana di Aldo Manuzio
Bibliografia: Alessandro Marzo Magno, L'alba dei libri
27 commenti:
NOn conoscevo nulla di questo Aldo Manuzio, ed è proprio vero che ogni giorno si impara qualcosa. Vedo che ti sei appassionato all'argomento, Marsh e ormai sei diventato un vero esperto in fatto di tipografie.
A proposito, ma chi è questo Fausto di cui parli?
Ancora adesso, se vai per le calli veneziane trovi antiche librerie antiquarie e antiche stampe e incisioni di pregio. Io ho comprato qualcosa in proposito.
Un po' come i bouquinistes di lungo Senna a Parigi che hanno una loro lunga storia e tradizione:
http://fr.wikipedia.org/wiki/Bouquinistes_de_Paris
Hesperia,
rispondo intanto alla tua domanda.
Fausto è (credo sia) contitolare di un grazioso albergo dai prezzi molto contenuti (così scrive nella pubblicità) situato in Sestiere Castello, molto vicino all'Arsenale; quell'Arsenale che aveva ispirato Dante per ambientarvi Malebolge. Lo conobbi in occasione della stesura del post su Marco D'Aviano.
Se vai su quel post e clicchi su Marcantonio Bragadin, posto giù in basso, ti porta al suo blog.
Da allora visito quasi quotidianamente il suo blog, in cerca di notizie su Venezia, e credo anche di essere il suo commentatore n.1
Hesperia,
su chi sia Aldo Manuzio, potresti chiederlo anche a Jonnhy doe che credo lo conosca assai meglio di noi.
Ho seguito il collegamento e ho letto quel blog. Venezia è sempre una splendida città che raccoglie una miniera di notizie storiche. Grazie Marsh
Hesperia,
grazie alla rilettura del commentario su Marco d'Aviano, scritto 3 anni fa, ho potuto rileggere in maniera più approfondita commenti di carattere notevole di Josh, che si era contrapposto a Sympatros, su questioni concernenti differenze tra fede cattolica e fede islamica.
Grazie per l'imput.
Ciao Marshall, hai fatto proprio bene a dedicare un post ad Aldo Manuzio.
Insomma, dopo la questione sulla nascita della stampa, ecco la questione della nascita del libro come lo conosciamo oggi.
Venezia è sempre una meraviglia da qualsiasi prospettiva la si osservi. A volte penso sia talmente bella tanto da essere “troppo”.
Con la fantasia penso mi piacerebbe viverci, ma temo passerei tutto il tempo a bighellonarci per godermi il posto, senza riuscire più a combinare nulla: diventerebbe solo vita contemplativa:-)
Per l'epoca se consideriamo l'analfabetismo diffuso, la stampa (con alcune procedure a mano) di 1.350.000 libri è una cifra abnorme.
I turisti d'allora venivano per le fiere, ma era già in uso il Grand Tour. L'Italia era considerata un museo a cielo aperto (in buona parte lo sarebbe tuttora),
è oggi che i media, governanti imbecilli e tecnici autoeletti insieme a banche rapinatrici continuano a dirci che facciamo schifo....
Presto prenderanno tutto a mo' di ricatto per 2 soldi di cacio, e arriverà qualche altro imbecille del PD a dire “visto che adesso che è tutto in mano agli stranieri le cose funzionano?”. Complesso del self hating italian. Ma intanto ci avranno espropriati, grazie alla “finanza internazionale” e ai suoi loschi giochi, appoggiati dai consueti tirapiedi interni.
Vedo che hai riportati i dati demografici, legati anche al commercio e alle attività:
Nel 1500 solo tre città europee superavano i 150.000 abitanti, Parigi, Napoli, ed appunto Venezia.
Non a caso la Napoli d'allora era detta la seconda Parigi. E Venezia rimaneva unica al mondo.
Nel disagio di oggi Napoli ci cade tra gli spagnoli e il loro “appoggiare la lancia” dello sfruttamento, e l'incuria del dopo l'Unità.
Ma ascoltando solo pessima cronaca di oggi dimentichiamo spesso cosa abbiamo in Italia. Eppure facendoci caso più approfonditamente, capiamo anche perchè ce l'abbiano da sempre a morte con noi, siamo un “piatto ricco mi ci ficco” non dopo aver fatto un “chi disprezza compera”.
Peccato che ci abbiano messi in svendita. Solo l'idea che tutto questo nostro ben di dio, la nostra storia la si faccia presto appartenere ad altri è un delitto.
Cito dal post:
”Il made in Venice, nel settore libri, e non solo, fu nel mondo sinonimo di qualità eccellente.“
Assolutamente sì.
Ecco pensa che oggi vendono, anche a Venezia, il finto Murano made in China. Non ho parole. E questo grazie ai soliti del neoliberismo e della globalizzazione.
L'Hypnerotomachia Poliphili è bellissimo, punto e basta.
Josh,
così an passant ti confesso una cosa: io a Venezia c'ero andato di sfuggita una sola volta (tanto era stato il desiderio di vederla). Poi arrivò l'acciacco di cui soffro, e addio ad altre visite. Ma grazie al blog di Fausto della Alloggi Barbaria, modestamente parlando, credo di conoscerla meglio di tanti veneziani doc (è stato anche Fausto a dirmelo). Di Venezia tutto mi piace, a cominciare dalla sua storia, che i nostri politici per dichiararsi tali, dovrebbero conoscere: lì per 1000 anni è stata praticata la vera democrazia (conoscerai il caso del grande Doge Francesco Foscari che volle abicare per via di una marachella compiuta dal figlio.
E questo commento chiamiamolo an passant. Ma era il minimo che ti dovessi, dopo aver riletto ieri sera tuoi grandiosi commenti (vedi sopra).
Ciao
Hesperia,
ho visitato quel sito, che linko: Librerie di Parigi.
La traduzione automatica dal francese lascia un poco a desiderare, ma si comprende comunque chiaramente che le Librerie di Parigi sono iscritte nel Patrimonio Mondiale dell'UNESCO.
Hesperia,
a proposito del mio esser pratico di tipografie, io o Fausto parleremo della bella storia che ruota attorno alla Tipografia di San Lazzaro degli Armeni (Venezia). Una storia legata anche a vicende napoleoniche.
Hesperia,
infatti adoro il "profumo dei libri", e pensa che la biblioteca comunale del paese dove vado in vacanza (che tu conosci), vedendo questa mia passione per i libri, ha fatto in modo di regalarmene una decina, scegliendo tra gli scaffali quelli che non venivano più richiesti da anni: in pratica tra i più antichi.
Hesperia,
se vuoi altre notizie su Fausto, eccoti un suo link:
4 anni di blog.
Il link interesserà anche Josh perchè è mostrata l'attrezzatura fotografica di cui si avvale Fausto.
Intanto grazie a Marsh del gradito post sul grande Aldo Manuzio,lui e Bodoni sono due miei pallini da sempre,i loro caratteri sono un puro piacere degli occhi...
Per diverso tempo,quando i prezzi erano accessibili e i librai veri librai,ho frequentato la libreria Gonelli a Firenze dove ho trovato diverse perle ,alcune ancora le conservo in un piccolo scaffale.
L'altro mio pallino erano gli incunaboli,di cui uno dei belli é certamente l'Hypnerotomachia Poliphili di Aldo.
Ma ormai son sempre meno reperibili e a prezzi astronomici.Ne ho solo qualche foglio.Per chi ama il profumo dei libri,l'incunabolo é un Paco Rabanne inarrivabile.
Di Aldo e parenti ho avuto per le mani diverse edizioni,ma ne ho conservato solo uno di cui già ho parlato in un precedente post.
Di tanta frenesia e traffico librario,mi restano
- un De Re Metallica dell'Agricola,1563,Basilea,tradotto in italiano corrente dal Florio
- uno stupendo Mattioli figurato in due volumi-Valgrisi,Venezia 1585
- Un Pirotechnia del Biringuccio,1556,Venezia
- più diverse edizioni sei-settecentesche su vari argomenti
Oggetto del desiderio fu sempre la cinquecentina del Piccolpasso su l'Arte del vasaio...mai trovata.
Ormai non frequento più librerie antiquarie,non han quasi più nulla d'interessante e spesso quando chiedi di vedere qualche libro antico ti mostrano libri dell'800...mentre continuo a frequentare Venezia...quando sono in grana e voglia di folla-folleggiante al Saturnia International,quando sono ridotto a frate francescano e voglia di solitudine vado alla Giudecca,a volte a Murano,Coccole in laguna,doppia 50-60 euro..
Marsh, i bouquinestes (Bouquin in francese significa libriccino, pamphlet) che si trovano oggi lungo Senna, sono diventati un'attrazione turistica e non tutto è oro quel che luce.
Grazie per i links. Se ben ricordi, tu che hai lavorato alla Sottrici, anche a Castiglione Olona c'era qualche importante libreria antiquaria e avevano perfino antichi testi di Galileo.
Johnny doe,
i miei libri più antichi non vanno più in dietro dell'Ottocento, purtroppo! e quindi invidio le antichità che possiedi. Pensa che quell'Eneide è come minimo passata tra le mani del "grande" Manuzio: anche se completati da altri, controllava uno ad uno tutti i libri che uscivano dalla sua "officina". Sono pratico di tipografie, ed un tipografo che si rispetti - dove il suo nome appare in frontespizio - farebbe così ancor oggi.
Johnny doe,
possedendo quel libro, allora chiamato incunabulo, il più bell'incunabulo del Rinascimento (stampato da Aldo Manuzio) sei al top del collezionismo: credo non esista di più bello.
Ma è bene ricordare cosa fossero gli incunaboli, poichè anche a me la parola incuteva enorme riverenza e rispetto (riverenza e rispetto che comunque si deve avere per quelle "opere d'arte", se si pensa al lavoro immane che richiedevano, rispetto ad oggi). Incunaboli non è altro che il nome che veniva dato ai libri prima del 1500; da quell'anno in poi verranno chiamati libri. Con riferimento al post, a Venezia furono quindi prodotti 1.350.000 incunaboli; una quantità stratosferica.
Ne approfitto per dare qualche notizia aggiuntiva su Manuzio.
Intanto,ogni aldina prima del 1515,é passata rra le mani del grande Aldo.A questo proposito,il suo marchio tipografico é la famosa ancora "secca"(con testi curati e corretti),mentre gl eredi usarono l'ancora "grassa",dove però si trovano diversi errori di stampa, e molti più se ne trovano nell’ultimo marchio dell’Ancora coronata.
Ora é in discussione l'anno in cui Aldo cominciò ad usare l'ancora secca ,pare nel 1502,in un testo di antichi poeti cristiani.
Sul senso del marchio (delfino attorcigliato all'ancora)ci sono diverse ipotesi,tra cui quella di Erasmo da Rotterdam,frequentatore delle bottega di Aldo,e cioè:Festina Lente,"Affrettati lentamente".Rapidità dell'azione e lentezza della cura. Erasmo ricorda due imperatori romani che lo ebbero caro: Augusto e Vespasiano.Ricorda anche un'antica moneta d'argento che gli era stata mostrata da Aldo Manuzio. Una moneta di Vespasiano,con rovescio identico al marchio di Aldo, e donata al tipografo da Pietro Bembo,altro frequentatore della bottega.Pare infatti che proprio al Bembo si deva il suggerimento di regole sull’uso della punteggiatura;nacquero così il punto e virgola,l'apostrofo e gli accenti.
Il primo libro in ottavo é un'edizione del 1501,oggi rarissima, dell'Eneide di Virgilio prototipo del libro moderno,trasportabile e di agevole lettura e che contribuì notevolmente a diminuire i costi e allargare la platea di lettori.E'anche il primo libro ad avere la numerazione di tutte le pagine e non più solo delle carte.
Marsh,la cifra di incunaboli che riporti a me pare eccesiva,così come i 100 mila volumi di opere di Petrarca stampati da Aldo,anche se Venezia impose al mondo il business del libro e la nuova parola di editore.
Vero é però,come riportato in certe cronache veneziane,che in un solo giorno,il 18 marzo 1559, in piazza San Marco, per ordine dell’Inquisizione, furono bruciati dodicimila volumi
Da certe studi,si stima che nel solo XVI secolo il libro stampato fu prodotto in oltre 35 milioni di copie.Toccò i suoi vertici tra il 1526 e il 1550. E fu Venezia con le sue tante stamperie ad averne il primato. A Venezia si pubblicavano i tre quarti delle edizioni impresse in Italia; e la metà di quelle prodotte in Europa.
Quanto alla mia edizione dell'Eneide del 1505 (che non è un incunabolo),risulta come ultimo libro stampato nel 1505.Nel 1506 Aldo fu fuori Venezia e il lavoro tipografico fu sospeso.Quindi,se trovate edizioni aldine di quest'anno,sono probabilmente artefatte.Sempre a proposito di questo mio libro,hai accennato ad un fatto curioso.Come é noto,Virgilio lasciò l'Eneide incompleta,nel senso di dover fare una revisione dei versi,correzioni....,ma la tradizione che fosse in altro modo incompleta,cioè che mancassero addirittura capitoli,perdurò fino al Rinascimento.Fatto sta che dalle ultime decadi del '400 fino a metà '600,(mia edizione compresa)si trova l'Eneide in tredici libri,dodici scritti da Virgilio e uno da un umanista,un certo Matteo Vegio.Ad onor del vero,va poi riconosciuto ad Aldo di averlo espunto dall'edizione del 1514,cosa che rende questa edizione preziosa.
Concludendo,chi volesse oggi acquistare senza troppe pretese di conservazione un'edizione aldina
(non figurata)ante 1515 e cioè passata tra le mani di Aldo (le uniche che contano per l'appassionato),se la può cavare con un migliaio di euro,naturalmente con rilegatura seicentesca o posteriore.
Più in generale,in ogni acquisto di libri antichi,non devono MAI mancare ovviamente e assolutamente il Frontespizio e il Colophon e possibilmente che il libro conservi i margini originali dei fogli,spesso tagliati per una successiva rilegatura del'600-'700.
Johnny doe,
anch'io ero rimasto incredulo di fronte a quei dati, che rilessi più volte prima di trascrivere. A pag. 21 del libro di Alessandro Marzo Magno, a proposito del 1.350.000 libri c'è scritto:
"Dal 1469 alla fine del XV secolo 153 tipografi stampano 4500 titoli; ammettendo una tiratura di 300 copie a titolo, significa che dai torchi veneziani escono 1.350.000 volumi...".
Del libro Alessandro Marzo Magno ne discusse anche in questa puntata di Le Storie, condotta da Corrado Augias su Rai3, che è possibile rivedere.
A dopo con i 100.000 Canzoniere di Petrarca.
...
a proposito delle 100.000 e più copie del Canzoniere, riportando testi di quel Ragone citato nel post, Alessandro Marzo Magno scrive: ... "totalizza 148 edizioni in Italia, forse più di 100.000 copie, quasi esclusivamente del Canzoniere".
Ecco, l'unico punto dubbioso di questa frase sta nel fatto che sta scritto: "...quasi esclusivamente del Canzoniere".
Ohi Marsh...! Tu parlavi di incunaboli,quindi si parla dal 1469 fino al 1500, e non tutto il XV secolo...se invece si parla di incunaboli più le cinquecentine,é possibile la cifra.
Di tutto Petrarca,e per tutto il periodo considerato,é anche questo possibile....del solo Canzoniere avrei qualche dubbio anch'io,sempre parlando di edizioni veneziane.
Non vorrei che certi dati si riferissero anche a tutte le stamperie nazionali o europee.
Comunque sia non é molto importante la cifra esatta,quanto il concetto che per tutto il XV secolo ci fu un'abbuffata straordinaria di libri,molti di grandissimo pregio.Pensa un po' la meraviglia quando capitava in mano a gente che mai aveva visto un libro un'opera come il Mattioli con 300-400 xilogtafie in folio perfettamente disegnate di piante,erbe....o le illustrazioni del Piccolpasso su come si fabbricavano passo passo illustrandoli le famose ceramiche faentine,i piatti istoriati di Urbino o il celebre doppio fuoco di Mastro Giorgio da Gubbio...
Insomma,era come toccare una sconosciuta magìa....e allra l'Italia era il faro del mondo....
Poi c'era sempre lo snob,come Federico di Montefeltro,gran signore e mecenate d'arte,che non ne voleva proprio sentire di stampa,ma solo di "libri" scritti a mano e miniati....certo che a livello di bellezza di scrittura,non é poi che avesse tutti i torti....
scusa di certe ripetizioni....nn h mlto controllato il commento
Leggo sempre con piacere i tuoi commenti, Johnny doe. Qui per esempio parli con enfasi di quando l'Italia era stato "Il faro del Mondo". Ciò che fa piacere sentire, e che fa rinascere l'orgoglio sopito di sentirsi italiani, ma poi ci si abbatte pensando a chissà mai se le future generazioni italiane rivedranno mai un periodo come quello, o se dovranno rassegnarsi per sempre a vivere in un paese che sarà diventato marginale nel mondo! A quel successo contribuirono tutti, ciascuno nel suo ruolo, anche il più piccolo e in apparenza insignificante, come quei personaggi che illustri, personaggi che a me erano rimasti finora sconosciuti: Mattioli, Piccolpasso, Mastro Giorgio da Gubbio.
E'stato un periodo irripetibile caro Marsh....dubito fortemente che possa ritornare....anche se in tempi più recenti,non tutti sanno che il personal computer é stato inventato da due ragazzi dell'Olivetti...la famosa Programma 101...manco gli americani ce l'avevano...avevano computer che occupavano una stanza !
Se ti capita,é interessante leggere questa storia....il genio italiano e la dabbenaggine di certi soloni di allora che non trovarono di meglio che vendere il brevetto agli yankees....
Johnny doe,
questa è davvero troppo forte! e cade proprio come un fulmine a ciel sereno. La ignoravo, eppure, a quel tempo, ero stato un forte estimatore del De Benedetti primi tempi, e quella notizia non mi sarebbe dovuta scappare
(vedi su ecopolfinanza i post che gli avevo dedicato. Altri tempi! chissà perchè ero stato ammaliato dalla quella falsa immagine di "risolvitutto". Solo dopo, quando fece quella incursione nelle cartiere, il mio ex mondo (vedi vicenda Cartiere Sottrici-Binda), aprii veramente gli occhi su di lui, comprendendo i suoi veri scopi: quello di far soldi, valanghe di soldi alla faccia di gonzi creduloni: azionisti che lo seguivano nelle sue scorribande, affidandosi ciecamente a lui.
Johnny doe,
ecco i link dell'articolo:
Olivetti P101.
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