Incontrare Valentina Cortese è un po' come sentirsi cospargere di una sorta di scintillio contagioso e benefico, oltre che di umana simpatia. E non è stata solo un'impressione della sottoscritta, ma osservavo nella sala teatrale, l'atteggiamento dei più giovani: incuriositi, intrigati, divertiti quando non addirittura incantati e ammutoliti dalla sua dirompente personalità. L'occasione mi è stata data l'11 ottobre scorso, nel quadro delle manifestazioni del Premio Piero Chiara, e la Cortese aveva con sé la sua autobiografia al Teatro Santuccio di Varese.
"Uffa! ", pensai tra di me, "Ecco la solita diva sul viale del tramonto che racconta vita, amori, avventure e miracoli vari del buon tempo che fu". Non avevo fatto i conti con la sua teatralità coinvolgente, ma anche con il suo ineffabile sense of humour. In realtà Valentina aveva con sé non un libro, ma il suo ennesimo copione teatrale: una sorta di teatro-vita in un teatro vero, gremito di pubblico venuto ad ascoltarla; ed ecco la sua messa in scena. Alla fine, il vero, il finto, il recitato, il vissuto, il letto e il raccontato erano un tutt'uno inscindibile.
"Quanti sono i domani passati" (è questo il titolo del suo libro edito per Mondadori) in realtà avrebbe dovuto avere un punto di domanda, dato che la Cortese, è sempre "in situazione".
"Quanti sono i domani passati" (è questo il titolo del suo libro edito per Mondadori) in realtà avrebbe dovuto avere un punto di domanda, dato che la Cortese, è sempre "in situazione".
Ma intanto eccola là sul palco, la Valentina novantenne con il suo immancabile foulard en pendant annodato dietro alla nuca che lei chiama " el riòtt, il fazzoletto delle contadine lombarde" e che si cala quasi fino alla fronte come un Pierrot Lunaire. Una sorta di copertina di Linus che, come lei stessa ammette, le dà riparo e sicurezza. Tutta in bianco panna, i suoi cristalli (o forse addirittura diamanti) in doppia e tripla fila, il suo manto e la sua eleganza. Quasi un'icona liberty. Come raccontare quasi un secolo di vita senza annoiare? Come la Tosca, la Cortese visse d'arte (teatro, cinema e teatro) e visse d'amore.
Fu consegnata ai nonni che la diedero a una balia di campagna e di sua madre non parla quasi mai, dato che fu come si diceva ai tempi "figlia del peccato". Ci sono due giornalisti che la intervistano, tra cui un attore teatrale del Piccolo Teatro, nonché doppiatore Antonio Zanoletti, l'altro, Mario Chiodetti, ma intanto è inutile dato che lei è un'affabulatrice e alla fine si sgancia dalle domande..
" Raggomitolata in un fiocco di neve sono nata a Milano, il primo gennaio, all'ora del tramonto" . Correva l'anno 1923...
Cominciamo subito dai grandi amori della sua vita: Victor de Sabata, prestigioso direttore d'orchestra, della quale la Cortese si innamorò mentre stava eseguendo i compiti di scuola, ascoltando la Radio. Galeotto fu il suo Tristano e Isotta. E quando parla di Victor ,della guerra, di Stresa, luogo a cui è ancora legatissima, ecco che racconta di questo suo amour fou col quale avrebbe voluto morire insieme sotto le bombe. Ma il destino decise diversamente e allora fu lei a porre fine a quel legame così importante per la sua vita dopo che vide il figlioletto di lui guardarli insieme con occhi assai tristi. "Non volli fare la rovinafamiglie, sebbene sapessi che Victor era già separato da parecchio tempo". E se ne andò.
Dopo un debutto cinematografico prestigioso, accanto a Ermete Zacconi, Laura Adani, Renzo Ricci, Cesco Baseggio, Memo Benassi e Irma Grammatica (L'orizzonte dipinto, Guido Salvini, 1941) diventa presto una delle attrici più popolari del periodo dei telefoni bianchi. Per la sua aria sognante e romantica viene scelta da Alessandro Blasetti per La cena delle beffe (1941) e sempre con Blasetti recita a teatro durante gli anni della guerra.
Nel 1946 ottiene la parte di protagonista nel film di Luigi Zampa Un americano in vacanza, una commedia post-telefoni bianchi nella quale già dimostra doti di interprete originale e sensibile, un fascino vago e luminoso che si discosta dall'appeal più esplicito o lezioso di molte attrici italiane sue coetanee.
Nel 1948 firma un contratto con la 20th Century Fox e si traferisce ad Hollywood dove gira I corsari della strada, un noir diretto da Jules Dassin, il regista con cui ebbe una storia d'amore. Subito dopo sposa l'attore Richard Baseheart dal quale avrà un figlio, Jackie, futuro attore di cinema. Hollywood però è una breve parentesi. Ritorna in Italia (e ci spiegherà come mai fuggì da Hollywood in questo incontro) e nel 1955 è una delle protagonisite de Le amiche (Michelangelo Antonioni), che le valse un Nastro d'Argento come migliore attrice non protagonista, film al quale è rimasta particolarmente legata. Ma è l'incontro con il teatro, soprattutto con l'avventura del Piccolo Teatro in Via Rovello di Paolo Grassi, Giorgio Strehler e Nina Vinchi, a segnare una svolta decisiva per la sua carriera. Proprio per le sue qualità di attrice drammatica, dopo essere stata la madre di Francesco d'Assisi in Fratello Sole, Sorella Luna (Franco Zeffirelli, 1971), Francois Truffaut la volle per Effetto notte (1973). La parte è quella di un'attrice alcolista che dimentica le battute e deve ripeterle un'infinità di volte fino allo stremo, arrivando a suggerire al regista di adottare il metodo usato da Fellini. "Perchè non giriamo con i numeri? Con Federico lo facevo sempre", parte di non protagonista che le fruttò una nomination all'Oscar. Poi "Giulietta degli spiriti" con Fellini a proposito del quale, la Cortese ricorda la sua passione per i piccioni farciti cucinati dalla sua cuoca. Il Federico nazionale era capace di interrompere il suo lavoro, e scampanellare a casa sua anche di notte, in cerca di questo manicaretto, dato che ne era golosissimo. Quanto alla Masina, lei "non era quella santarellina devota che pretendeva essere", ma alla domanda di Zanoletti nel merito, non volle aggiungere altro.
Invece, il suo libro parla di una liaison fra la Masina e suo marito Richard Basehart.
Invece, il suo libro parla di una liaison fra la Masina e suo marito Richard Basehart.
Tra i suoi molteplici ruoli da comprimaria, ricordiamo "La contessa scalza" di Mankiewicz, fino ad arrivare oggi ai frivoli Vanzina con un cameo in "Via Montenapoleone". Impossibile citare tutta la sua copiosa filmografia tra il periodo dei telefoni bianchi, quello hollywoodiano e il cinema italiano del dopoguerra che troverete in questa scheda.
Ed ecco come la Cortese rivolgendosi al pubblico in sala narrò come fu che dovette rinunciare ad una prodigiosa carriera hollywoodiana, dopo aver incontrato artisti del calibro della Garbo e della Dietrich, dopo essere stata amica di Ingrid Bergman. Darryl Zanuck, il grande produttore statunitense diede un party e le si avvicinò con intenzioni lubriche e malevole (In quel preciso istante Valentina mima la sua dentatura all'infuori da coniglio, facendogli il verso e suscitando l'ilarità generale). L'approccio erotico non riuscì perché lei gli buttò in faccia il bicchiere pieno di whisky. Lo sconcerto fu grande e, com'era prevedibile, il suo contratto con la Fox venne stracciato. L'indomani lei si ritrovò libera e felice di volare alla volta dell'Italia in cerca di ingaggi col nostro cinema che a quel tempo, per sua fortuna, godeva di ottima salute.
Poi la grande avventura del Piccolo di Milano, e la sua convivenza-sodalizio con Strehler. Un momento di grande climax è stato in sala la lettura delle lettere di lui. Rampogne, schermaglie amorose: "Cretinaccia! Sei viziata come una gatta adottata da una vedova gattara" . Poi le suppliche affinché lei tornasse perché "il Giorgio" ammette sconsolato che senza lei, si sente solo come "un gatto soriano senza baffi" (e cioè privo di equilibrio). Durante la lettura di queste lettere, Valentina si commuove e la voce le si incrina, perché "il Giorgio è morto la notte di Natale", lui che il Natale lo amava tanto e sapeva allestire meravigliosi alberi con arance fasciate di stagnola d'oro... .
Non potevano mancare le scaramucce tra Strehler e Grassi (due galli in un pollaio) quando ricorda quella volta che Giorgio pensò di ammazzare Paolo. Al che, allarmatissima, corse da Nina Vinchi, per avvertirla dell'imminente tragedia.
"Stai tranquilla, non andrà molto lontano. Non ha una lira in tasca" assicurò laconica la Vinchi.
E forse era vero: non c'erano soldi a quel tempo, ma sicuramente c'erano tante idee e tanta voglia di fare, di sperimentare...Mentre oggi non ci sono né gli uni né le altre. Erano anni segnati dall'ansia della sperimentazione, dal bisogno di aggiornamento
nei confronti della drammaturgia e del teatro degli altri paesi.
E' stato un tempo segnato da un creativo eclettismo che la Cortese ricorda come fosse ieri, dato che le ore non si contavano nemmeno e da giorno si faceva notte, e da notte si tirava l'alba, ma si era sempre lì a progettare qualcosa. Con questo suo strano inafferabile oggetto che è una vita della quale lei non rinnegherebbe un solo giorno. E' raro e davvero invidiabile vivere una parabola di così coerente costruttività.
Inutile chiederle chi butterebbe giù dalla torre tra i suoi due grandi amori: Victor de Sabata o Giorgio Strehler, perché lei risponde che ci si butterebbe lei giù dalla torre. Ma con tutti e due. Risate e applausi a scena aperta e un omaggio floreale da parte del sindaco della città.
Materiali video: in alto una scena da Il Giardino dei ciliegi di Cecov per la regia di G. Strehler
In basso: Effetto notte di F. Truffaut.
Hesperia
32 commenti:
uhm...avevo scritto un commento di getto e non me l'ha pigliato grrr
Bel post, su un'attrice che mi è sempre piaciuta che ha attraversato più generazioni, gusti, e stili, più a teatro che al cinema, anche se per il cinema ha regalato delle parti indimenticabili.
Dalle mie parti, di lei si direbbe "una soggetta!" ....come dire che unisce certo talento e simpatia, ma anche un modo di porsi molto personale e connotato tutto a modo suo:-)
Comunque una delle poche che ancora oggi può insegnare stile, mestiere ma anche schiettezza.
l'avevo citata insieme ad altri in questo mio post:
http://esperidi.blogspot.it/2010/05/breve-tra-teatro-e-cinema.html
tra i film, con lei:
ovvio il citato noir "I corsari della strada" di Jules Dassin,
importante nella "Contessa scalza" di Joseph Leo Mankiewicz,
ne"Le Amiche" di M. Antonioni, è un po' come interpretasse se stessa....
ottimo "La ragazza che sapeva troppo" di Mario Bava, fece bene a sceglierla....
rieccola nella Tragic & Glam Hollywood di "Quando muore una stella" di Aldrich,
poi ovvio "Effetto Notte" di Truffaut, ...e anche "Un'orchidea rosso sangue" di Pierre Chereau
e ancora molti altri
...pensavi: "Ecco la solita diva sul viale del tramonto che racconta vita, amori, avventure e miracoli vari del buon tempo che fu"...poi invece
è vero...la classe va di pari passo con l'ironia e il prendersi in giro.
Mi ha sempre impressionato come poteva sembrare severa e autorevole sul palco o al cinema, "emanare" qualcosa,
ma come di tutte le persone toste e vere che non devono 'dimostrare' nulla,
la Cortese non se la crede per niente.....
e per me è una notevole qualità anche solo questa qui...
in un mondo dove chiunque si crede qualcosa, pur non essendolo.
Basta pensare alla tv degli ultimi anni, gli 'uomini e donne', i 'tronisti' e orrori del genere.
Anche dalle mie parti si dice "una soggetta", Josh :-) O anche un "soggetto" se è maschio. E solo chi impiega questo termine può capirne appieno il significato. Che ha a che vedere con l'originalità, l'imprevedibilità, e anche una certa dose di stravaganza innata. Stravaganti si nasce o si diventa? E' una bella domanda...
"Mi ha sempre impressionato come poteva sembrare severa e autorevole sul palco o al cinema, "emanare" qualcosa,
ma come di tutte le persone toste e vere che non devono 'dimostrare' nulla,
la Cortese non se la crede per niente..... "
Non se la crede, sta per "non se la tira"? Verissimo!
Non se la tira per niente e questa sua freschezza e spontaneità la rende molto simpatica. Pensa che quando sono stata a vedere a teatro Milva che faceva quei soliti Brecht, se la tirava di brutto durante le interviste e voleva fare l'intellettualona che non è: semplicemente patetica!
Non è necessario fare le (o gli) intellettuali se si nasce popolani, e in questo senso ha ragione Oscar Wilde, con il suo celebre "la naturalezza è il più elevato di tutti gli artifici".
Ah, poi ce n'è un'altra che sconfina nel gossip, ma è davvero esilarante. Un giornalista (non quella sera dell'11 ottobre scorso, ma in altra occasione, a Milano) osò mettere in equiparazione la sua autobiografia con quella della Vanoni, a proposito di Strehler. Come sai, anche la Vanoni, prima di passare alla canzone, ebbe un percorso teatrale col PIccolo, anche se non prestigioso come quello della Cortese.
E Strehler ebbe anche con l'Ornella, una storia, sebbene non lunga come la sua. II cronista chiese alla Cortese se era vero quello che dichiarava la Vanoni... E cioè che Strehler praticava i partouzes.
E lei, secca e perentoria: "Quando stava con me, io gli bastavo!".
Della serie: io lo facevo rigar dritto :-). Beh, è una risposta alla...Cortese.
Sì, mi ricordo di quel tuo post Tra cinema e teatro e la rassegna di quelle splendide attrici come Anna Proclemer, Rossella Falk, Marina Malfatti, Anna Maria Guarnieri ecc. dove il posto d'onore spettava alla Cortese. Hai scritto che per lei ci vorrebbe uno specifico post. E difatti...
Forse in Italia è difficile che possano ripetersi fenomeni come Vivien Leigh, grande artista teatrale che poi divenne grande attrice cinematografica. Per poi rientrare in madre patria, ancora al teatro shakespeariano insieme a Sir Lawrence Olivier. Due veri baronetti del cinema-teatro!
Da noi si tende un po' a ghettizzare nell'uno o nell'altro campo. Con le eccezioni di Gassman e della Cortese.
Sono di Milano e come tutti i milanesi adoro andare a teatro. O meglio, adoravo. Quando penso a come siamo ridotti con gente come la Littizzetto, Lella Costa, Bisio o Aldo giovanni e Giacomo ecc. e paragono tutta questa cianfrusaglia agli attori eccellenti e alle attrici che avevamo, viene solo da piangere.
E difatti è un pezzo che non riesco più a farmi un abbonamento. Soldi buttati. Del Piccolo Teatro e dei suoi fasti è rimasto solo un bel ricordo. Un saluto
Diego
Caro Diego,
se è la prima volta che ci leggi, benvenuto. Hai toccato un tasto assai dolente, dato che oggi il teatro è alla frutta e che si rischia davvero di buttare soldi nella pattumiera, in quanto a spettacoli. POi i nomi che fai sono i nomi dei soliti intrallazzati con una certa area politica che già ce li fa sciroppare ad abundantiam nei vari canali televisivi dove non li si schioda nemmeno con la dinamite. Ma è questo il punto: si cerca di incrementare i botteghini teatrali con nomi arcinoti e facce ultra inflazionate, senza andare troppo per il sottile in quanto a doti drammatiche e teatrali.
Del resto, quando ormai il teatro è diventato un simile refugium peccatorum, cos'altro vogliamo aspettarci di buono?
Meglio farsi un bel viaggetto e risparmiare i soldi dell'abbonamento. Almeno, io faccio così. Saluti.
@Hesperia
"Stravaganti si nasce o si diventa?"
mmmah davvero difficile. Per me ci si nasce.
Ma è anche vero che in certi casi può essere una reazione ad un mondo circostante che sentiamo non appartenerci: che ne sappiamo davvero di come reagiscono psiche e creatività?
:-)
"Non se la crede, sta per "non se la tira"?
sì vuol dir così, non se la tira, e nemmeno ha l'aria di non pensar d'esser chissà chi, quando poi di fatto lo è:-)
Milva Brechtiana ha un che di pretenzioso sì...aveva dimenticato il passato nel nebbioso paesino di Goro:-) dove poi lì nella bassa ....fanno una salama da sugo che è ....coltissima. :-)
Sicuro Milva a volte non è la naturalezza personificata.
C'è modo e modo di darsi un tono....
sì so i trascorsi della Vanoni a teatro.
la preferisco come cantante e preferisco gli ultimi decenni che la voce è meno squillante:-)
dici "Forse in Italia è difficile che possano ripetersi fenomeni come Vivien Leigh..."
la cosa che temo è quello che spiegate tu e Diego poco sotto...se continuiamo così non nasce una Vivien Leigh e un Olivier (ma là il tetrato Shakespeariano è un'istituzione a parte, protetto come stendardo nazionale, noi di "nazionale" abbiamo sempre meno visto che l'idea di Nazione è tabù)...didcevo non nasce una Leigh, ma temo non nasca più niente proprio.
ma là il teatro Shakespeariano è un'istituzione a parte, protetto come stendardo nazionale, noi di "nazionale" abbiamo sempre meno visto che l'idea di Nazione è tabù)...dicevo non nasce una Leigh, ma temo non nasca più niente proprio.
L'operazione di demolizione teatrale (e non solo) da noi è stata sistematica, caro Josh. I buffoni, i comici (categoria che meriterebbe rispetto se non fosse inflazionata di poveri scemi che non fanno nemmeno ridere), le macchiette televisive riciclate ormai la fanno da padroni. E il bello che si permettono di fare pure gli opinionisti di politica ai TG, come è avvenuto con Benigni ierisera, uno che non riesce a strapparmi una risata che sia una. Sarò Bastian contraria?
Per non parlare di "eventi" pompati dai media, come l'intervento di Celentano all'Arena di Verona.
Su Valentina Cortese e la sua stravaganza, anche per me l'eccentricità e la stravaganza è qualcosa di innato.... che però si coltiva nel tempo e diventa una sorta di habitus mentale.
:-) a proposito di signorilità, vedo che quando hai citato la mia frase l'hai anche corretta...si capiva così così, avevo scritto tutto uno sgorbio:-)
no davvero agli opinionisti di politica alla Benigni: non fa ridere MAI, e anche come lettura intellettualmente perversa della politica non mi è mai piaciuto.
L'unica volta che mi fece ridere (ma ero un ragazzino) fu una sola scena (in tutta la sua cinematografia) del "Piccolo diavolo" quando Benigni posseduto indossa gli abiti cerimoniali cattolici e fa una specie di sfilata con i vestiti dei sacerdoti e a un certo punto, sgraziatissimo e bruttissimo, dice "modello: Giuditta!".
Era evidente quanto ci fosse di ideologico nei suoi scimmiottamenti, ma quella scena era grottesca forte.
Oggi mi sta su e basta.
Celentano ce mancava....non l'ho mai sopportato, mi è sempre sembrato un po' scimmiesco....:-))
meglio i veri stravaganti
Mi sembra giusto, all'Arena di VR, già tempio della lirica, da Zeffirelli siamo passati a chi? Allo scimmiesco Celentano e alle sue prediche estenuanti di sagrestano mancato :-( O tempora o mores!
A proposito di Zeffirelli, non ricordo che parte facesse la Cortese in Gesù di Nazareth, che pure ho visto. E pure nella Capinera.
ah sì! Nel Gesù di Zeffirelli era Erodiade, moglie di Erode e madre di Salomè.
Che sguardo che aveva:-)
p.s. mi fa ridere l'idea che il fazzoletto/turbante sempre in testa sia diventata un'abitudine e un po' come la copertina di Linus. Certo le sta bene, non sono abituato a vederla senza, dai tempi post Jules Dassin:-)
El riòtt, si chiama in dialetto lombardo. Sì, questa mise, le fa risaltare particolarmente lo sguardo. Begli occhi verdi, aveva!
Dimenticavo di citare il suo grande successo della commedia di Bertolazzi "El nost Milàn" ai tempi del Piccolo, che poi rifece anche la Melato, sulla sua scia.
No, non è la prima volta, vi ho letto altre volte. E' solo che ho pochissimo tempo a disposizione (per motivi di lavoro) sia per leggere tutto quel che scrivete che di intervenire.
Sulla domanda se stravaganti si nasce o si diventa, secondo me si diventa, perché ha a che fare col comportamento e la stravaganza potrebbe essere anche una forma di difesa.
Mariangela Melato è forse una di quelle attrici moderne che ha saputo dare il meglio sia nel cinema che nel teatro un po' come Valentina Cortese. Buona serata
Diego
La Melato è molto brava, e l'ho vista qualche anno fa in una buona interpretazione teatrale del dramma di Albee "Chi ha paura di Virginia WolF? ".
Però appartiene al novero delle attrici professioniste e non più delle dive, come la Cortese, dato che è di un'altra epoca. Buona serata anche a te. Anzi, buona notte, vista l'ora.
Caspita è stata legata a Victor de Sabata! Uno tra i più grandi direttori d'orchestra che abbia avuto la Scala. Se non sbaglio De Sabata è stato il maggior interprete di Sibelius, autore questi molto simile a Wagner, del quale De Sabata è stato peraltro uno dei massimi interpreti. Chissà come Valentina Cortese avrà vissuto in quel periodo al fianco del grande direttore? Qualche anno fa su Radio3 avevo sentito una donna parlare molto bene di De Sabata, ed ora, facendo mente locale, credo sia stata proprio Valentina Cortese.
Marsh, è stato il suo primo grande amore della sua vita. Poi ne sono subentrati altri, ma lui è stato importantissimo per la sua educazione sentimentale. Lei parla sempre con entusiasmo del periodo di Stresa quando era con lui. Se non sbaglio De Sabata era triestino. E curiosamente anche Strehler con cui ebbe un lungo sodalizio artistico e sentimentale era triestino. Ciao
E' quella che chiamerei "una vita inimitabile"....da quanto ho letto,dato che poco conoscevo questo personaggio,se non di nome.
La Vanoni come attrice di teatro era ridicola,e pure il Giorgio con quel suo teatro di regia,la solfa su Brecht e sul Giardino dei Ciliegi mi aveva un po' stufato.
Ma io son troppo di parte sul teatro,visto che per me é morto con Carmelo Bene.Chiedo venia...
Non parliamo poi di certi giullari che avete menzionato,che stanno al teatro come Jovanotti a Frank....ora chiamano teatro persino Lella Costa alla festa dell'Unità...!
Il discorso di (e su) Carmelo Bene, è un discorso di rottura rispetto al teatro di rappresentazione che ha sempre molto interessato anche me. Tuttavia il glorioso periodo del Piccolo Teatro sorto nel dopoguerra una sua dignità ce l'ha avuta e resterà sempre un simbolo della grande Milano. Parlo della fase iniziale con Grassi.
In seguito Strehler si è fissato con Brecht e lì ti do ragione. In ogni caso, da quella scuderia uscirono attori del calibro Giulia Lazzarini, Gianrico Tedeschi, Tino Carraro, e scusa se è poco, rispetto agli attorucoli che circolano oggi. Questi, beninteso, oltre alla divina Cortese.
Certo,il Piccolo é nella storia di Milano e italiana,son pure d'accordo sul primo periodo di Grassi.
Il teatro di Carmelo (tre fasi,molto diverse tra loro) non é sempre di facile comprensione,perchè non c'è da comprendere,ma da da lasciarsi trasportare.Non si rappresenta nulla,se non quello che non si può rappresentare,lo Shakespeare che nessuno ha mai visto e sentito...un Amleto e un Riccardo terzo,vittime del linguaggio,che comunicano direttamente il loro essere più segreto (e l'ethos shakespiriano) attraverso i gesti e i suoni dell'attore,mero medium e fuori da se stesso,come in trance,che non interpreta ma viene visitato,ogni sera in modo diverso,Non c'è più la solita ripetizione eterna del testo,perchè il testo é un mero pretesto .Sicuramente non é un teatro conciliante,di tutto riposo,ma proprio questo lui non voleva,voleva che il pubblico ci mettesse del suo nel lasciarsi trasportare non dal testo,ma dai suoni,gesti,espressioni,dall' abbandono della parola in favore di uno scorporamento della medesima, che non ha più funzione comunicativa nel senso comune.Un po' l'operazione che Bacon ha fatto con la sua pittura:modificare la dimensione corporea portandola ai confini della carne, in un tentativo estremo di fuga dei corpi da se stessi.
Allo stesso modo Bene dà vita ad una deformazione della phonè, una disarticolazione dell’atto linguistico che dovrebbe alterare a tal punto la comunicazione e consentire di interloquire direttamente da un interno (quello dell’attore in scena) a un altro interno (quello dello spettatore in sala.Non a caso i continui riferimenti all’estasi mistica(Beata Ludovica Albertoni ammirabile nella chiesa di S. Francesco a Ripa in Roma o la Transverberazione di S. Teresa),come abbandono della parola in favore di uno scorporamento della medesima, che non ha più funzione comunicativa nel senso comune, ma diviene alone del suono di una lettura-oblio.Un dimenticarsi nell'immediato,il momento sublime avvertibile dallo spettatore,e non solo a teatro ma anche durante un evento sportivo come una partita di calcio: gli assist di un Van Basten o le invenzioni geniali di Maradona sono momenti di non consapevolezza degli attori-calciatori medesimi, estraniati da se stessi come nell’estasi mistica.
L’attore diventa discorso avulso dall’essere che lo pronuncia, pura macchina estatica, senza più testi di riferimento e, seguendo l’insegnamento di Nietzsche:
“Ciò che nel linguaggio meglio si comprende non è la parola, bensì il tono, l’intensità, la modulazione, il ritmo con cui una serie di parole vengono pronunciate. Insomma la musica che sta dietro le parole, la passione dietro questa musica, la personalità dietro questa passione: quindi tutto quanto non può essere scritto. Per questo lo scrivere ha così poca importanza”.
Bene avrebbe potuto starsene buono e bravo nel teatro di regia o di rappresentazione,da quel grandissimo attore che era,già dall'esordio nel Caligola di Camus.Ma non si é fermato,ha continuato a cercare,ad inventare,é questo per me é il grande artista.
L'esatta antitesi di un mediocre ed enfatico Gassman,che molti scambiano per un attore di teatro,come Benigni un lettore (da scuola elementare) dei versi danteschi.Una volta sentita l'orchestra vocale di Carmelo in Majakovskij,dovrebbero andar tutti a nascondersi.
Scusa,mi son fatto prendere la mano,ma con Carmelo é sempre così....ci sarebbe da parlare per ore...
Un ricordo va a Pino Quartucci,regista è precursore di un nuovo teatro,agli straordinari attori Leo de Bernrdinis e Perla Peragallo.Amen
Corrige....era Carlo Quartucci,non Pino....
Johnny, conosco il teatro di Bene, per aver visto molte delle sue più importanti opere (Manfred, Macbeth, Omelette for Hamlet, il suo Pinocchio, recital per Dino Campana ecc.). Poi ho visto anche il suo film "Nostra Signora dei turchi" e ho letto anche il suo saggio "Sono apparso alla Madonna".
Su Gassman non condivido e mi sembri troppo severo con lui. Inoltre Bene lo stimava, in quanto attore classico. Inoltre è un ottimo attore di cinema e alcuni suoi ruoli sono indimenticabili.
PS: certo è un altro teatro, ma non si può essere così estremisti da bannare un un certo tipo di teatro, solo perché ti piace l'avanguardia.
Ma no,non banno il teatro convenzionale,specie perchè molti non ci sono mai stati...ma personalmente poco m'interessa andare a vedere la decima o la ventesima versione di Cechov o Shakespeare,Goldoni o Moliere,dove conosci il testo quasi a memoria e l'unica variante è la recitazione di attori bravi o meno,che poi finisce per esser sempre quella.
Il re-citare,appunto,continuare a citare sempre quello.
A questo punto meglio il cinema.
Continuo a ritenere Gassman un attore di teatro vecchio stile, sorpassatissimo,scuola gigionesca e recitazione enfatica anteguerra,mentre mi piace al cinema,dove riesce ad essere un interprete multiforme.
Carmelo lo stimava di maniera,essendone anche amico...ma era la sua esatta antitesi teatrale.
Lo stesso Gassman capiva che non c'era confronto e,da intelligente qual'era,lo esternò diverse volte in maniera molto garbata.
In generale,più che l'avanguardia tout court, a me piace l'innovatore che riesce a far fare un passo in avanti (anche se molti presunti tali lo fanno solo indietro o non si sa dove)alla sua arte.
Ma é un gusto personale,me ne rendo conto....
Per tornare all'etichetta del post e al topic (personaggi, teatro e cinema) il problema dei problemi, caro Johnny, sai qual è?
Che prima avevamo un vero teatro (anche tradizionale e di rappresentazione) che sfornava dei VERI grandi attori professionisti e un grande cinema che attingeva a piene mani da questo e c'era una proficua osmosi tra cinema e teatro. Il caso della Cortese, di Albertazzi (L'Anno scorso a Marienbad) dello stesso Gassman, della Valeri, di caratteristi come Agus e molti altri. Ora non abbiamo più un bel nulla. Né da una parte né dall'altra.
Teatri che razzolano macchiette sceme dalla tv, cinepanettoni, vanzinate, virzinate, e tante altre mezze tacche di registi che non ho nemmeno voglia di citare. Conseguetemente a ciò, altre mezze tacche di attori, e solo un'unica preoccupazione: i botteghini e gli incassi stagionali.
Quindi abbiamo poco da essere selettivi, perché parliamo solo di un bel tempo che è morto. Sia nel teatro di innovazione, che in quello più tradizionale. Ho un abbonamento teatrale anche quest'anno come mera forma di sopravvivenza invernale; ma ti assicuro che se su sei spettacoli, se ne salveranno almeno tre, vuol dire che sono già fortunata. Ciao
Mala tempora currunt!
Io non vado a teatro da almeno sette otto anni.Vado invece all'Opera,ormai storicizzata nel suo splendido immobilismo musicale.
A proposito,ho sentito che il deficiente tecnico Ornaghi taglia i fondi al jazz (vari festival....)perchè non é musica italiana! Avesse almeno detto per darli agli esodati...!
Dai i fondi alla Litizzetto e simili....italiani sì,ma meglio le fiere della porchetta...
Mala tempora ri-currunt...
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