Non chiamiamolo cantautore: sarebbe una limitazione. Cantautore sarà Vecchioni, cantautore sarà Battiato e
la sua spocchia, cantautore è De Gregori o De André che si atteggiava a maudit, e tanto altro cantautoreameitaliano. Lui, Enzo Jannacci, non ha la pretesa di fare il divo né di interpretare il mondo in versi e note musicali. Curiosa la sua carriera sempre sospesa tra due professioni impegnative: la cardiochirurgia e la musica jazz. Non era, tuttavia, un dilettante della musica Jannacci, sebbene per molto tempo abbiano voluto presentarcelo come un medico che cantava a tempo perso. Amava Chet Baker e Gerry Mulligan con cui ebbe il privilegio di suonare in una fumosa Santa Tecla, locale che diede i natali a tanti rinomati nomi della musica e dello spettacolo.
Posso testimoniare con le mie orecchie quando andai a vederlo in un concerto nel 1989, che grande pianista e tastierista, capace di reintepretare con personalità e maestria anche pezzi non suoi, personalizzandoli con estro, era Jannacci. Mi piacque immensamente ascoltarlo in "Sotto le stelle del jazz" di Paolo Conte. E il suo "Bartali" dai toni picareschi è anche meglio di quello del suo collega piemontese. Per non dire la capacità di improvvisazione e di coinvolgimento del pubblico verso il quale ha sempre avuto rispetto. Si presentava sempre ben vestito in giacca e cravatta come un professionista. In comune con Paolo Conte ha oltre la passione per il jazz, anche l'aver fatto della musica una professione "non ufficiale", ma ufficiosa. Avvocato, Paolo Conte e medico cardiochirurgo, Jannacci. Professione "ufficiosa": la musica. Ufficiosa ma non per questo meno sentita, meno esercitata con passione e fervore, dell'altra sua professione di medico che gli ha sempre dato quel forte contatto con la realtà e quell'umanità e simpatia che poi è la sua cifra.
Si diploma infatti al conservatorio di Milano in armonia, composizione e direzione, e l'anno dopo si laurea in Medicina. La sua singolare carriera sempre sul crinale del cabaret, del teatro, del teatro-canzone come Gaber l'amico fraterno di sempre con cui duettava (i due Corsari), del cinema (Lizzani, Ferreri, Monicelli), della tv, del compositore di colonne sonore cinematografiche (Romanzo Popolare con Vincenzina e la fabbrica, Pasqualino Settebellezze, Saxophone, Sturmtruppen di Salvatore Samperi ) ne fanno alla fin fine quello che lui stesso ama autodefinirsi e avrebbe voluto vedere iscritto sulla lapide : un fantasista. Senza contare il teatro (con il grande Tino Carraro e Milly), il cabaret, i testi per la tv ai tempi della sua scoperta dei due figliocci Cochi e Renato, che tenne egli stesso a battesimo cabarettistico.
Il mio incontro con Jannacci in tv, risale a quando poco più che bambina, esplose in un duetto esilarante con Gaber (che nel filmato, non riusciva a trattenersi dalle risate) nell'Armando. Mia madre guardò questo mattocco stralunato che faceva la sua strampalata deposizione contradditoria a un commissario di polizia: "Mi è caduto giù l'Armando" eppoi esplodeva con i suoi iattatititta titta titta. iattatittatitta tà. Mi guarda esterefatta e mi dice: "Ma adesso anche i pazzi vanno in tv a cantare?". E dato che i bambini hanno sempre un grande feeling per i matti del villaggio, risposi che invece mi piaceva e che mi stava simpatico.
In questi giorni di "coccodrilli" per il povero Jannacci, morto il venerdi di Pasqua, la retorica la fa da padrona. Ora poi che siamo in piena crisi, è quasi d'obbligo, la retorica pauperista: "il cantore degli ultimi, dei dimenticati, degli esclusi ecc. ecc. ". Che uno dei suoi più grandi successi (El purtava i scarp da tennis) fosse dedicata a un clochard (il famoso barbùn dell'Idroscalo) è un fatto. Ma se è per questo Jannacci canta di sbirri, di mariuoli, di magnaccia, di donnine allegre, di ubriaconi, "pali" di qualche banda del buco ecc.
Tuttavia la figura che ha sempre attratto la sua fantasia è quella del minus habens, dell'inetto a vivere. O se vogliamo usare un termine milanese del "povero Pirla". E anche il suo sforzo poetico e musicale è quello di filtrare il mondo con gli occhi del "povero Pirla", obbedendo in questo al motto shakespeariano "il mondo è un lungo monologo visto con gli occhi di un idiota fatto di urlo e furore il cui significato è nulla".
Tuttavia la figura che ha sempre attratto la sua fantasia è quella del minus habens, dell'inetto a vivere. O se vogliamo usare un termine milanese del "povero Pirla". E anche il suo sforzo poetico e musicale è quello di filtrare il mondo con gli occhi del "povero Pirla", obbedendo in questo al motto shakespeariano "il mondo è un lungo monologo visto con gli occhi di un idiota fatto di urlo e furore il cui significato è nulla".
Dalla figura del "Pistola" vorrebbe (ma non può) uscire nemmeno il cinico personaggio del protettore (il rucheté) nella canzone "T'ho comprà i calzètt de seda" che racconta quanto sia furbo da parte sua, scialare i quattrini della sua bella che batte il marciapiede. Ma poi sul finir della canzone gli prende qualche dubbio contro chi lo guarda male, e allora strilla jannaccianamente "saria mi el pistola?!?....
Tuti i volt che semm insema ghe sempre un qualchedun
aca in un cantun che el me varda e me dis:
"va quel li', el gh'ha la dona che la rola, el dev ess on poo on pistola".
Ah? Saria mi el pistola? El pistola te se ti.
Te ghe la miè de mantegni
Te lavoret tutti el di'...
Ah? Saria mi el pistola? Sariia mi el pistola? El pistola te se ti.
Tutte le volte che siamo assieme c'è sempre qualcheduno
in qualche cantone
che mi guarda e che dice:
"Guarda quello lì, ha la donna che batte, deve essere un po' pistola"
Ah, sarei io il pistola? Pistola sarai tu.
Tu hai la moglie da mantenere
Tu lavori tutti i giorni ...
Ah, sarei io il pistola? Sarei io il pistola? Pistola sarai tu...
in qualche cantone
che mi guarda e che dice:
"Guarda quello lì, ha la donna che batte, deve essere un po' pistola"
Ah, sarei io il pistola? Pistola sarai tu.
Tu hai la moglie da mantenere
Tu lavori tutti i giorni ...
Ah, sarei io il pistola? Sarei io il pistola? Pistola sarai tu...
Da qui i suoi nonsense, e la sua comicità surreale, ma in filigrana, anche una certa sua vena malinconica che emerge in "Sun s-ciopà" "Sono un ragazzo padre", "Mario", "Giovanni telegrafista dal cuore urgente". Il tema ricorrente dell'inettitudine a vivere si colloca a buona ragione nella poetica novecentesca.
Jannacci nasce a Milano nel 1935 e la sua Milano la si ritrova dappertutto nelle sue canzoni: nel dialetto, nel suo accento meneghino che sa tanto di nebbia, di Navigli e di cortili di ringhiera con quelle "e" larghe come "michètta", ma pèrchèee, pèerchèee no, anche quando parla in Italiano, nei quadretti di provincia. Il capoluogo ambrosiano che canta lui non è la metropoli spersonalizzante odierna, ma un aggregato di quartieri e rioni che pullulano di personaggi pittoreschi, talora chiamati per nome (la sciura del Rino, Nino il Barbiere, l'Armando , la Lina, ecc.) . O strade, rioni e piazze citate di proposito (Rogoredo, la Bovisa, Piazza Beccaria, il citato Idroscalo ecc. ) .
La gente l'ha capito, per questo pur rimanendo Jannacci un cantante e musicista di nicchia amatissimo nella sua città, la sua popolarità ha travalicato i confini regionali per venire amato in tutta Italia. Lontanissimo dalle mode è davvero impensabile imitarlo, anche se non sono pochi comici e cabarattisti che a lui si sono ispirati. Egli stesse fu il Pigmalione di Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto per cui scrisse memorabile successi come "La Gallina" "La canzone intelligente", "La vita l'è bela" . Ma poi nella combriccola dei cabarettisti usciti dal leggendario Derby come Boldi, Beruschi, i Gufi di Nanni Svampa e Lino Patrun, Lino Toffolo, dei Gatti del Vicolo dei Miracoli (da cui uscì Teocoli) , beh... lì ci furono i suoi amici e compagni di "cazzeggio" di sempre. E a vederli insieme vien fatto di chiedere se "ci sono" o se "ci fanno"... Perchè è difficile pensare che sia solo finzione comica la loro, e non un vero e proprio stile di vita della Milano che più che da bere era della voglia di farsi quattro risate insieme.
Lo racconta perfino Domenico Gattullo, il fornaio pasticcere di Milano la cui forneria-pasticceria era il ritrovo di tutti costoro e narra di quella volta che un suo garzone che lavorava in nero, si tagliò una mano e l'Enzo, lo fece entrare di sfroso sul retro del pronto soccorso per operarlo.Come pure il noto aneddoto di un tizio che arrivò al pronto soccorso privo di sensi e nello svegliarsi vede la faccia di Jannacci e dice: "Uhé mi avete portato in ospedale o in televisione?". E ne ha di cose da raccontare il Gattullo su tutti questi personaggi strampalati...
La gente l'ha capito, per questo pur rimanendo Jannacci un cantante e musicista di nicchia amatissimo nella sua città, la sua popolarità ha travalicato i confini regionali per venire amato in tutta Italia. Lontanissimo dalle mode è davvero impensabile imitarlo, anche se non sono pochi comici e cabarattisti che a lui si sono ispirati. Egli stesse fu il Pigmalione di Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto per cui scrisse memorabile successi come "La Gallina" "La canzone intelligente", "La vita l'è bela" . Ma poi nella combriccola dei cabarettisti usciti dal leggendario Derby come Boldi, Beruschi, i Gufi di Nanni Svampa e Lino Patrun, Lino Toffolo, dei Gatti del Vicolo dei Miracoli (da cui uscì Teocoli) , beh... lì ci furono i suoi amici e compagni di "cazzeggio" di sempre. E a vederli insieme vien fatto di chiedere se "ci sono" o se "ci fanno"... Perchè è difficile pensare che sia solo finzione comica la loro, e non un vero e proprio stile di vita della Milano che più che da bere era della voglia di farsi quattro risate insieme.
Lo racconta perfino Domenico Gattullo, il fornaio pasticcere di Milano la cui forneria-pasticceria era il ritrovo di tutti costoro e narra di quella volta che un suo garzone che lavorava in nero, si tagliò una mano e l'Enzo, lo fece entrare di sfroso sul retro del pronto soccorso per operarlo.Come pure il noto aneddoto di un tizio che arrivò al pronto soccorso privo di sensi e nello svegliarsi vede la faccia di Jannacci e dice: "Uhé mi avete portato in ospedale o in televisione?". E ne ha di cose da raccontare il Gattullo su tutti questi personaggi strampalati...
La RAI ci manda in onda i soliti filmati in bianco e nero con "Mexico e Nuvole", "Vengo anch'io no, tu no", "Ho visto un re" ma mi chiedo perché ad esempio, non ha mandato in onda il film "L'udienza" di Marco Ferreri con Jannacci e la Cardinale? Sarebbe stato un bell'omaggio adatto a mettere in
evidenza la poliedricità di questo artista in questo film tenero e atroce di un giovanotto del Nord impacciato che vuole incontrare il Papa ma si scontra con la burocrazia della Curia. Vorrei terminare con una sua canzone che mai come adesso che imperversano immondizie musicali e talent show, è diventata attuale: "Ci vuole orècchio" (con la solita e larga). Riascoltiamola perché è su come è conciata l'attuale musica che parla.
Con Jannacci quel che resta del buon Novecento se ne va. Se ne va questo grande milanese, milanista (fu grande amico del cronista sportivo Beppe Viola), dall'incallita milanesità, che è anche una filosofia di vita: laboriosità, operosità, creatività e onestà.
La Milano attuale ora può venire impestata dall'Expo, dalle rotonde, dagli outlet, dalle migrazioni senza scrupoli, dalle enclaves multikulti. Soprattutto non più provinciale ma anonima e "internazionalizzata", senza più osterie né trattorie con lì appesa, una chitarra da suonare. Ci vuole un pessimo orecchio per fare tutto questo.
Ciapa i stèss, direbbe l'Enzo.
Un'ultima non trascurabile cosa. Il dott. Enzo Jannacci ha saputo essere anche un ottimo genitore. Il bravo figlio Paolo, musicista virtuoso che fa il direttore d'orchestra, lo ha diretto a Sanremo in "La fotografia" accanto a Ute Lemper. Non è facile nell'ambiente dello spettacolo, così uso a trascurare i figli, fino a farne dei disadattati. Come si dice, una persona perbene. Uno così può anche dormire sonni tranquilli. Noi che tirèm innanz, un po' meno.
17 commenti:
Una notazione che non ho messo nel post. Jannacci ha scritto un pezzo modificando la melodia del XV secolo dal titolo "La mia morosa la va alla fonte", presa pari pari da De André che gli innestò l'aria della famosa "Via del Campo". Non so come furono sistemati i "diritti", ma so che De André non era nuovo a questi...."prelievi forzosi". Qui le notizie sulla faccenda della "Morosa":
http://it.wikipedia.org/wiki/Enzo_Jannacci
Effettivamente sì, non si tratta di qualche nota ma di un'intera melodia interamente copiata. Ho ascoltato il pezzo qui:
https://www.youtube.com/watch?v=i8P4AI9A-tA
Non conosco i risvolti legali della vicenda e se mai ci sono stati, ma conoscendo Jannacci avrà lasciato perdere, da gran signore qual era.
buon rientro, e post molto ben scritto e documentato.
Certo che in questo periodo sembrano scomparire un po' troppe persone....
Devo dire che non ho mai approfondito più di tanto Jannacci, ne ho presente il ruolo, la figura, la statura...
ma per me che sono fondamentalmente un audiofilo-musicofilo un po' astratto,
trovavo intelligenti e ironici i suoi testi, simpatico lui, convincenti le sue operazioni culturali,
ma al mio orecchio vocalmente poco ascoltabile nelle esecuzioni tipo teatro-canzone,
almeno dal punto di vista dell'armonia.
Grazie Stefy, ci ho messo un po' a ricaricare il video perché viaggio con una connessione lenta. Ma lo conoscevo. Sì, la melodia è identica e De André avrà copiato i compiti.
Non conosco i risvolti legali della vicenda e i copyright a cui hanno diritto chi "modifica" un'antica melodia. Ma conoscendo i soggetti c'è da giurarci che il "genovese" (solitamente tirchi e interessati) l'avrà fatta franca e che il generoso milanese avrà lasciato correre.
Josh, sei riuscito a vedere l'Udienza di Ferreri dove Jannacci è protagonista con la Cardinale? Una bella prova e davvero bravo anche come attore. D'altro canto, in comune coi cantautori francesi, lui ha dalla sua il pathos recitativo.
C'è un altra cifra da sottolineare circa i suoi dischi e le sue interpretazioni: la dissonanza. Credo che Jannacci fosse più interessato più alla dissonanza che alla consonanza.
Lui stesso, nonostante la popolarità è stato e sarà pur sempre un fenomeno di "nicchia".
Mi regalarono un 33 giri che conservo tuttora (La Milano di Enzo Jannacci) dove ricanta canzoni di Nanni Svampa (E l'era tardi, una canzone davvero straziante) e "Quella cosa in Lombardia" composta da Franco Fortini, già successo di Milly.
PS X Sefy. Non vorrei distruggere un mito ma senti cosa dichiara Francesco De Gregori su De André, in un'intervista a Roberto Cotroneo:
« Fabrizio è stato un grande organizzatore del lavoro altrui, perché le cose che realmente ha inventato, ha scritto, sono percentualmente molto poche rispetto a quelle che lui ha preso, o firmandole o senza firmarle"
Josh, come avviene per Paolo Conte, Jannacci è meglio vederlo in esecuzione che ascoltarlo nel disco. E questo per via del Jazz e della sua formidabile capacità di improvvisazione. Ti assicuro che averlo visto dal vivo è davvero entusiasmante.
Paolo Conte musicalmente è più nelle mie corde, l'ho visto anche dal vivo e ho parecchi suoi dischi
dev'essere la chiave di lettura giusta quella che dai della "dissonanza" nel caso Jannacci, è così.
Sì avevo visto l'Udienza di Ferreri...
Ferreri mi piaceva come regista in alcuni punti della carriera...almeno fino a inizio degli anni 80....folle ma anche discontinuo...
Certo mi piace meno quando indulge troppo in chiavi di letture sociologiche e politicizzanti.
Ma come organizzatore di immagini era proprio visionario e surreale, a volte volutamente disturbante nel suo tentativo di demistificare, non s'è accorto che percorrendo quella strada ideologica si andava di corsa in una crisi di valori.
Sì ricordo Jannacci attore nell'Udienza, era bravo.
Sì, anche a me è interessato Ferreri per un buon periodo della mia vita. E' stato un regista anarcoide e provocatorio ma geniale.
"L'udienza" non è l'unica prova cinematografica di Jannacci. Ha lavorato ne "La vita agra" di Lizzani. E' poi protagonista di un episodio (Il frigorifero) diretto da Monicelli per il film "Le coppie" (1970). Ha inoltre interpretato i film "Il mondo nuovo" di Ettore Scola (1982), "Scherzo del destino in agguato dietro l'angolo come un brigante da strada" di Lina Wertmüller, accanto a Ugo Tognazzi (1983) e Figurine di Giovanni Robbiano (1997). Nel 2010 è tra gli interpreti de "La bellezza del somaro", per la regia di Sergio Castellitto, film nel quale interpreta il ruolo dell'anziano fidanzato della figlia adolescente dei protagonisti.
In teatro, ha interpretato uno stralunatissimo Godot di Beckett.
Con Paolo Conte, come saprai ha collaborato in Sudamerica, Mexico e Nuvole (firmato da entrambi), Bartali (firmato da entrambi) e pure "Ci vuole orecchio" che ho messo lì in video di cui sono autori tutti e due.
Forte è stata anche la collaborazione con Franco Cerri, un nostro importante jazzista.
Credo che per i più giovani valga la pena di conoscere e approfondire meglio Jannacc, perché è un tipaccio che riserva sorprese. Specie in periodi di nullità come quelli che stiamo vivendo.
Sui numerosi plagi di De Andrè esistono interi forum di discussione sul web. Pare abbia copiato Fiume Sand Creek da Summer 68 dei Pink Floyd. POi anche Geordie l'ha fatta passare per sua quando in realtà è un'antica ballata inglese del XVI sec cantata da Joan Baez da cui lui ha preso la traduzione delle parole. Non ho capito cosa esista a fare la Siae.
POi non ho capito perché i media hanno messo in parallelo Jannacci con Califano. Hanno in comune solo il fatto di essere morti a distanza di 24 ore l'uno dall'altro.
Califano era solo un paroliere che ha scritto canzoni portate al successo da altri, mentre Jannacci era un musicista-interprete.
Califano dal canto suo ha scritto cose anche molto belle. Alcuni suoi pezzi cantati da lui stesso non sono affatto male.
la Siae così strutturata è un fenomeno tutto italiano...
se si sapesse fino in fondo come sono compilate le ricevute delle discoteche come la tassa sui brani messi dai dj (e i ricavi che invece vanno lo stesso a gente che non è stata messa su qulla serata in disco ovviamente, ma a quelli primi nella superclassifica sciò)
....fino a come sono ripartiti i guadagni delle vendite dei dischi degli artisti, non corrispondenti alle vendite individuali effettive, ma ai primi nomi in classifica....
@ Stefy, sapevo che De André aveva scopiazzato il repertorio francese medievale mettendovi il proprio nome anche in alcune musiche (Fila la lana e Carlo Martello) ma non sapevo dei Pink Floyd e del repertorio popolare inglese come Geordie. Già, la Siae cosa esiste a fare?
Su Jannacci e Califano. I cronisti hanno creduto opportuno raccogliere i "coccodrilli" in un solo articolo, vuoi che sia per risparmiare spazio, che per non dannarsi troppo nel dedicare a ciascheduno le notizie biografiche che meritavano. In effetti sì, vuoi per collacazione geografica che per diversità di repeertorio i due non potrebbero essere più diversi.
Josh, onestamente non mi piace Califano quando canta Minuetto, dato che è una canzone al femminile, creata su misura per Mia Martini. Eppoi ha una vociaccia da osteria romanesca che è poco nelle mie corde.
La musica è finita (composta da Umberto Bindi per la musica e di cui Califfo è paroliere) poi è un'altra canzone su misura per la vocalità della Vanoni.
Anche "E la chiamano estate" mi piace da Bruno Martino (autore della musica) e non da lui. Fa più atmosfere intimiste da piano bar.
Da lui mi piace solo "Tutto il resto è noia".
Dall'album Mina quasi Jannacci 'E l'era tardi':
http://www.youtube.com/watch?v=NZkAbhCnY6E&list=SPAABBA12F144ECC37
Z
Ah, è vero, non potevo ricordarmi di tutto...Grazie Z di aver ricordato quest'album di MIna. E l'era tardi è una canzone molto triste, ma bella. Se non sbaglio ad un certo punto vi interviene anche Jannacci stesso.
Anche per Milva lui ha composto "La rossa" e il Dritto contenuto nell'album Milva canta Jannacci.
il non sense il surreale come escamotage per fare parlare un reale profondo….. il conflitto di forze contrastanti, che non riescono a trovare intesa e armonia, stanno insieme l'una accanto all'altra in contrasto e producono quell'effetto straniante, surreale e folle, il funerale accanto al divertimento di vedere l'effetto che fa, riso e morte… la follia in Jannacci non è come quella di Fo, è più fine e autoironica.
Califano il popolare e il "volgare" che con "strafottenza" accampa il diritto dell'arte, della partecipazione all'arte dei non raffinati, del sentimento dei suburbani che hanno pure loro un'anima e cantano con machismo di borgata l'amore e la noia!
Sono d'accordo Sympa, sia su quanto hai scritto su Jannacci che su Califano.
Vero poi che Jannacci è più astratto e surreale di Fo (sebbene abbiano insieme firmato due canzoni di successo come "Ho visto un re" e "Vengo anch'io").
Jannacci è il prototipo del Mercuzio di Romeo e Giulietta, quello che anche quando muore fa sberleffi e scherzacci. Per questo riesce ad essere struggente e commovente.
Sta a dimostrarlo il fatto che le sue canzoni non possono essere interpretate che da lui. Se Mina rifà "E l'era tardi" non riesce ad essere altrettanto espressiva, dato che con lui senti proprio il "poar christ" in cerca di un "milla lira" per pagare una cambiale in scadenza.
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