martedì 16 settembre 2008

Come eravamo, chi siamo e quanto durerà

Nell'Italia dell'outlet e dell'iperstore, dei fast food, del malpaese sempre più in svendita, trovare piccoli villaggi, borghi marinari, realtà circoscritte dove la piazzetta è ancora il luogo d' incontro e di aggregazione è quasi un miracolo. Eppure succede e bisognerebbe incoraggiare e diffondere questi antichi stili di vita trasmettitori di antichi saperi, mediante intelligenti politiche urbanistiche a misura d'uomo, dove le vecchie generazioni convivono con le nuove, le nuove con le nuovissime. Complice ovviamente il clima mite e la bella stagione che favorisce gli incontri e che porta la gente a vivere en plein air. In alcuni villaggi liguri ad esempio, c'è la chiesetta, le case circostanti, ciascuna con piccole edicole votive di madonnine e di santi protettori. Ci sono le anziane signore che lavorano all'uncinetto, ci sono i bambini che giocano ai quattro cantoni, o a rialzo, o a rimpiattino. C'è un chiacchiericcio nelle sere d'estate mentre si spande per l'aria calma il profumo del gelsomino che arrampica sui muri.





Sui fatidici muretti del lungomare, giovani compagnie di ragazzi e ragazze, chiacchiarano e scherzano mangiando un gelato, mentre se ne stanno al fresco, le gambe a penzoloni. Ogni portone di casa ha un batacchio a forma di chimera, di medusa, di teste di leoni o serpi, quasi in funzione apotropaica. Oppure una mano con una palla di ferro. E guardandoli mi ricordo dei nostri ingenui scherzi di ragazzi quando andavamo a percuoterli con forza, per poi nasconderci se l'interessato si affacciava al balcone. "Chi è ? Chi ha suonato?". E noi rimpiattati in un angolo del portone a soffocare per le risate trattenute.

Un tempo non c'erano i campanelli elettrici e il portalettere era obbligato a suonare un tocco per chi abitava al primo piano, due tocchi per il secondo, tre per il terzo. Ogni casa, ha la sua Madonnina incastonata a mo' di tabernacolo nell'edificio, lì immobile e in funzione protettiva. Ogni peschereccio, ha la sua polena, quei mostri col corpo di donna che mettono a prua delle imbarcazioni per esorcizzare l'incontro coi veri mostri marini o con gli inevitabili pericoli delle tempeste. Ogni panchina, i suoi habitués che conversano amabilmente. E le ore si dilatavano piacevolmente, perché i ragazzini non erano fissi davanti a un monitor a smanettare in Internet o con la Play Station, e i compagni di giochi si potevano trovare facilmente lì, a portata di mano. Lontani dai cosiddetti "servizi sociali" a tempo pieno. Il villaggio natio (e non quello globale né quello virtuale) era (ed è) il miglior "servizio sociale" di cui potessero mai disporre gli esseri umani. In fondo , a pensarci e a ripensarci, la gioia e l'armonia è fatta di poche cose semplici. E un paese serve sempre, perchè - come diceva Pavese - se non altro ti fa venire voglia di andare via e di scoprire nuovi orizzonti. Però dev'esserci...come parte essenziale della più antica odissea umana, da Ulisse a oggi.
Hesperia

19 commenti:

Anonimo ha detto...

Provengo da un paese dell'Appennino parmense e curiosamente le cose qui rilevate sono anche quelle vissute da me. E da bambini quando giocavamo c'erano gli abitanti del villaggio che si sentivano investiti di responsabilità, se per caso accadeva qualcosa a qualcuno di noi (cadute e ruzzoloni). Ora invece i miei figli, rispetto a me, vivono giornate perfino troppo organizzate: 1) scuola mattino e pomeriggio 2) piscina 3) inglese ecc
Credo anch'io che i paesi di una volta ( e quelli che hanno ancora la fortuna di essere rimasti inalterati) rappresentino naturalmente il miglior "servizio sociale" che ci sia. Tant'è vero che qualcuna di queste rarità viene reclamizzata in tv nei reportage. Ne ho visto uno proprio su Report
Leonardo

Anonimo ha detto...

Riemergo dopo un weekend campale e un lunedì peggio pure:) Proprio interessante questa riflessione sui 'modi'-spazi di vita. Fin dalle prime righe, la mEnzione (con la e:) dell'outlet, dell'iperstore, dei fast food mi richiama alla mente tutta quella dimensionalità falsa delle strutture contemporanee che cerco sempre di sfuggire anche quando avrei bisogno di fare spese. Sono semplicemente mostruosi gli outlet anche se tra refusi industriali seriali si può trovare qualcosa che ancora interessa, ma l'iperstore e il fast food sono il massimo dell'impersonalità, dell'antiestetica e della ripetitività anonima della produzione, come dell'innaturalità nella maniera di acquistare.
I villaggi, i borghi integri con piazzetta e chiesa sono una rarità. In altre regioni, per es. in E/R spesso nelle comunità montane questi villaggi anche di origine medievale sono abbandonati, per mancanza di lavoro nei dintorni, da decenni, e vengono poi acquistati da qualche eccentrica multinazionale in toto che li rileva e li trasforma in Residence/uffici, o sede distaccata, cui si accede con l'elicottero, talvolta facendo anche restauro e recupero, ma la maggior parte delle volte se senza pregi artistici particolari vengono abbandonati e lasciati all'usura del tempo e basta.
Per il resto, sono nato da subito in una metropoli...il 'villaggio natìo' casomai era dei nonni o meglio dei bisnonni, ma per transfert un po' mi appartiene lo stesso, con la sua insolita commistione di dialetti emiliano e toscano.

Anonimo ha detto...

P.s.: A proposito di edicole votive e madonnine incastonate negli edifici, o cippi appositi lungo strade e sentieri, che rendono tipico il posto e segnalano il radicamento di una certa cultura, segnalo che negli ultimi anni le più antiche, in ceramica o rilievo, sono soggette a continui furti e distruzioni; altre sono lasciate all'incuria più totale, almeno dalle mie parti; altre ancora, sottratti dai soliti furbi gli esemplari di valore, le ritrovi sostituite con oggetti kitsch da bancarella e souvenirs di plastica quando va bene.

Hesperia ha detto...

Benvenuto nel blog Leonardo. Mi pare che tu abbia colto nel segno. I luoghi dell'affezione si rassomigliano sia che si tratti di borghi marinari che di borghi agresti o montani. E danno quella piacevole sensazione di esserci già stati e di non volersene più andare.

Hesperia ha detto...

Peccato, caro Josh, che li lascino andare senza ristrutturarli. Purtroppo è la mancanza di gente che li popola che favorisce questo fenomeno di degrado e di abbandono.
Basterebbe ripensare al rilancio dell'Emilia Romagna a partire dai suoi borghi, per ridarle un'anima.
I villaggi di villegiatura dei nonni, io trovo che siano più di villaggi nativi. Sono villaggi "materni".
E ritornarci fa bene allo spirito.

Hesperia ha detto...

Josh, ho titolato "come eravamo, chi siamo e quanto durerà" non a caso. Te lo ricordi quel fattaccio a Lecco dove c'è stato un marocchino che voleva murare col cemento l'edicola votiva in quel cortile di Lecco? Cippi, croci, cappellette e edicole votive contrassegnano il passaggio della nsotra cultura. Che ne sarà quando non ci saranno più le anziane signore che vedi nella foto in panchina a presidiare queste piccole realtà?

Anonimo ha detto...

Cara Hesperia, 'quanto durerà' ancora non lo so. Perchè i bei luoghi che ci mostri in foto sono al momento ancora più popolati di molti altri simili luoghi sulle alpi o sugli appennini, che trovandosi nell'entroterra, magari con clima più rigido e senza l'attrattiva anche del mare, sono stati già abbandonati da più tempo rispetto ai luoghi liguri o marinari in genere che citi. Non ci sono spesso più le anziane signore-presidii in quei casi, perchè questi paesetti si sono svuotati rispettivamente 1-2 generazioni prima. Ricordo benissimo il fattaccio di Lecco...e tu ricordi che il Mons Gothorum è oggi il Comune attualmente con più alta densità di stranieri (non Goths:) in Italia, data la posizione strategica tra BO e Fi per lavoro (e quant'altro)e case a prezzi stracciati? Che accade? che realmente i 2 o 3 anziani rimasti, nei centri più grandi una decina, non possono più sedersi intorno alla fontana centrale del paese perchè è "occupata", e sono sempre guardati in cagnesco dai nuovi arrivati, e se dici loro qualcosa ti puoi sentire rispondere: 'tra 10 anni tu sei morto e qui comandiamo solo noi'- come risposero a mio padre.

Hesperia ha detto...

Quello che racconti sul paese dove tuoi padre non può manco più sedersi sulla panchina della piazzetta è semplicememte agghiacciante.
Eppoi Putin viene criticato perché non vuole fare entrare troppi stranieri in Russsia. Ma beato lui che può ancora farlo! Ci vado io a chiedere asilo in Russia. Anche se non so ancora per quanto, visto che anche lì, le forze "mercatiste" premono per la "mescolanza universale".

Mia suocera ha la fortuna di avere una badante del suo stesso paese per aiutarla nelle faccende domestiche ecc. Ma sai che fortuna è per un vecchio sentire parlare la propria lingua e il proprio dialetto? Ormai gli anziani di città hanno perso anche questi semplici punti di riferimento. Ma se dici queste semplici cose, fai la figura del razzista, parola passepartout ormai buona per tutti gli usi.Compreso il terrorismo psicologico.

Anonimo ha detto...

L'altro ieri era l'anniversario della morte della grande Oriana Fallaci. La quale si è sempre battuta per l'identità cristiana del nostro Paese. Anch'io ora guardo con apprensione i nostri stupendi borghi e villaggetti e mi chiedo quanto durerà questa calma, queste merviglie uniche che tutti ci invidiano. Anche quelle più modeste e nascoste che ci hai messo in foto, cara Hesperia.
Prima non ci facevo nemmeno caso e mi pareva tutto scontato che fosse un nostro patrimonio. Inquietante davvero il racconto di Josh. L'altro giorno sono stata a fare una passeggiata lungo fiume. Beh, sulle panchine si sentiva parlare tutte le lingue (slave, albanesi, arabe) tranne la nostra. E mi è presa tanta tanta amarezza.

Anonimo ha detto...

E comunque si può provare a rispondere alla domanda ‘quanto durerà?’ con una …proiezione logica.

Sui paesi abbandonati, se si cominciò a pensare così

http://www.edilportale.com/edilnews/NpopUp.asp?IDDOC=2484

http://www.info-action.info/index.php?option=com_content&task=view&id=741&Itemid=2

http://digilander.libero.it/giorgiocroce/IndexPaesi.htm

già hanno pensato di fare così:

http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=1751

Hesperia ha detto...

Grazie Demetra, per averci ricordato di Oriana. Me ne ero scordata visto che settembre è un mese ricco di altre ricorrenze. La faccenda della Babilonia di lingue è qualcosa che dà profondamente fastidio anche a me. Specie sui treni quando sento gente al telefonino che parla ad alta voce. Già mi danno fastidio i telefomani nella mia lingua. Figurati sentire urlare in slavo, albanese, ucraino, arabo e babilonie varie...Che ne sarà di nostra cara Lingua Italiana? Anche questo è un tema che si lega bene...

Hesperia ha detto...

Josh, sono interessanti questi link.
Pensa che bello se ci fosse una riprogettazione del borgo com'era da parte di architetti e urbanisti intelligenti, in grado di restituirgli un'anima.
Lasciare il territorio abbandonato e spoglio vuole dire che poi può cader preda ed essere invaso dalla delinquenza. O di campi nomadi...

Aretusa ha detto...

Ciao Hesperia proprio un bel post, che mi riporta alla mia infanzia...
Anch'io sono nata in una grande città, ma mia mamma si é trasferita con me bebé e mio fratello (il maggiore), a Rapallo.
Che a quei tempi era un bel paesino (anche se io non ne ho memoria), poi é stato "rapallizzato", e adesso tutto il centro storico é caotico, spariti i vecchi bar di pescatori,le ricamatrici di tombolo, le panetterie e le dolcerie a conduzione familiare, da cui usciva un profumo delizioso, ( che a quei tempi, con i chiari di luna che c'erano, era una calamita per noi bambini).
Un mondo completamente diverso.
Dove gli anziani rappresentavano calore e saggezza e non un peso, perchè limitano la possibilità di viaggiare... la società moderna ha sostituito valori intangibili, con valori unicamente "tangibili".
Macchine, abiti firmati, viaggi, gadget tecnologici...e tanto tanto vuoto.
Persino gli animali sono elettronici, ricordo quegli orribili tamagoci, e adesso impazza un cagnolino, da addestrare con ninteno ds.
Ma che calore può dare un affare del genere?
Come può insegnare ad amare e rispettare gli animali?
Anzi insegna a considerarli "cose", che quando ci si stufa, si possono tranquillamente gettare nel cestino della pattumiera.
E' un mondo alla rovescia....
Ciao Are

Anonimo ha detto...

Mi ha intrigato l'idea di Hesperia sui link di Josh, di fare ristrutturare villaggi e paesi in abbandono, dando magari lavoro a giovani per cercare di rianimarli e ripopolarli, dando precedenza ai locali. Invece noto con rammarico che la tendenza è proprio all'opposto. E cioè si dismettono stazioncine secondarie chiudendo le biglietterie , si accorpano scuolette piccole a quelle più grandi portando avanti e indietro gli alunni con lo scuola bus. Si chiudono piccole strutture sanitarie per annetterle a quelle grandi.
Insomma siamo davvero un paese in svendita. E che svende i più bei gioielli di famiglia.
Leo-nardo

Hesperia ha detto...

Are, purtroppo la "rapallizzazione" è un fenomeno esteso a tutti i paesi di mare. E se in montagna (o mezza montagna) la tendenza è l'abbandono), viceversa al mare i palazzinari si scatenano fino alle falde dei colli, che sventrano con le scavatrici per costruire dei garage. Senza parlare dei parcheggi e delle auto (alla quale nessuno vuole rinunciare) parcheggiate in seconda fila.
Molti negozietti caratteristici come quelli che hai menzionato sono spariti. Anch'io ricordo con piacere il vinaio con botti e tini fuori dal negozio, la merciaia col grosso metro di legno sul banco. E soprattutto il droghiere con i suoi barattoli di vetro con mentine, mentone, pesciolini di liquirizia e tante altre buone leccornie.

Hesperia ha detto...

Leonardo, è vero , la tendenza è prorio quella che hai detto della soppressione delle piccole realtà. Anche istituzionali e strutturali. Ne parla in modo dettagliato Aldo Cazzullo (giornalista del Corriere) nel suo libro "OUTLET Italia, viaggio in un paese in svendita".
A corollario di quanto detto sopra ad Aretusa, si chiudono i negozietti tipici e caratteristici, per fare posto ai market. Dapprima minimarket, poi via, via... ci si ritrova lo stesso casino di quelle città da cui si è in fuga.

Propongo agli Esperidi di tornare sull'argomento legato all' etichetta "identità e memorie", con loro eventuali testimonianze. Magari nei loro successivi post. Credo che sia importantissimo.

Anonimo ha detto...

Grazie Hesperia, il libro di Cazzullo 'Outlet Italia' l'ho visto esposto un po' dappertutto e ho scoperto anche il suo blog in Internet:
http://blog.aldocazzullo.it/

Magari lo leggerò.
Leo-Nardo

Anonimo ha detto...

Leggendolo, il post a me ha suscitato dolci e lieti ricordi: remoti, passati e recenti.
Leggendoli, i vostri commenti appaiono in gran parte come l’elogio funebre dell’oggetto dell’argomento, cioè i nostri villaggi natìi, o di antiche origini.
A parte il fatto che propriamente villaggi non sono, ma, in gran parte trattasi di veri e propri paesi e paesini, centri urbani attrezzati e arredati architettonicamente e urbanisticamente come piccole antiche città in miniature. I veri gioielli della nostra Penisola.
I paesi di mia frequentazione e conoscenza, non sono affatto abbandonati a sé stessi. Sono regolarmente abitati e ben vissuti dai residenti e non, in ogni angolo del rispettivo territorio.
La gran parte di essi, conservano intatte le loro antiche costruzioni architettoniche e strutturali d’ogni genere, d’ogni epoca, d’ogni stile d’ogni tipo, attorno alle quali il paese si è sviluppato nel rispetto, ove possibile, degli stili e dei piani regolatori.
Non so come sono i villaggi di vostra frequentazione, ma le foto pubblicate qui, sembrano tratte da qualche angolo del borgo antichissimo del mio bel paese. Un borgo raggomitolato nel cuore del paese, avvolto in un bianco candido che d’estate acceca, pulito e ben tenuto e ben abitato, fatto di case e casette, piazzette, chiesine e chiesette, scale e scalette, arcate sui vicoli e vicoletti, che spesso sembrano sfociare nel vuoto, mentre offrono incantevoli viste panoramiche sulle colline prospicienti, che fan da contrasto al bianco che l’avvolge.
Scusate se ho esagerato, ma l’amor patrio mi ha trascinata a dire, almeno in piccola parte, del mio caro paese, dove ho vissuto il periodo più bello della mia vita: l’intera infanzia, trascorsa serenamente, gioiosamente e felicemente fino alla adolescenza
Perciò, da com’eravamo, siamo rimasti tali e quali, nel cuore e nell’anima, come cantava il bravo Battisti.
Per me è così.
marnie

Hesperia ha detto...

Marnie, noi sì. Speriamo che sia così anche per le generazioni successive dei nostri figli e dei nostri nipoti. Il paese che vedi si trova sulla riviera ligure. Come borgo mediterraneo è chiaro che sia simile al tuo che è più a sud. Ciao.