“Non credo che sapesse quanto era amato: è stata una sorpresa per tutti; molti l’hanno scoperto dopo la sua assenza. I suoi testi esistono, la sua voce la ascoltiamo, ma la voce che conosco, quando mi parlava, mi manca tanto. Il suo mondo l’aveva dentro di sé.”
Le bellissime parole di Dori Grezzi sono il modo migliore per iniziare questo modesto tributo a Fabrizio De Andrè, poeta, menestrello e anarchico, che dieci anni fa ha salutato per sempre questo mondo, tanto bello quanto crudele, un mondo che amava profondamente e che ha raccontato nelle sue indimenticabili canzoni. Dissacratore del potere, dell’ordine costituito, delle ipocrisie, dell’arroganza, cantore appassionato e pietoso dell’umanità emarginata e sofferente: ladri per fame, assassini per amore, malati di cuore, matti, donne dai facili costumi, innamorati abbandonati, soldati morti in guerra.
Nei nostri cuori e nelle nostre menti danzano sulle note tristi della sua chitarra personaggi memorabili:
Miché assassino per gelosia che “s'è impiccato ad un chiodo perché non voleva restare vent’anni in galera lontano da te"
Nei nostri cuori e nelle nostre menti danzano sulle note tristi della sua chitarra personaggi memorabili:
Miché assassino per gelosia che “s'è impiccato ad un chiodo perché non voleva restare vent’anni in galera lontano da te"
Bocca di Rosa donnina allegra che “portava l’amore sopra ogni cosa”.
Piero soldato altruista e sfortunato che dorme "sepolto in un campo di grano non è la rosa non è il tulipano che ti fan veglia dall’ombra dei fossi, ma sono mille papaveri rossi”.
Marinella “che sei volata in cielo su una stella e come tutte le più belle cose vivesti solo un giorno come le rose” e il suo principe “che non ti volle creder morta bussò cent’anni ancora alla tua porta”.
Piero soldato altruista e sfortunato che dorme "sepolto in un campo di grano non è la rosa non è il tulipano che ti fan veglia dall’ombra dei fossi, ma sono mille papaveri rossi”.
Marinella “che sei volata in cielo su una stella e come tutte le più belle cose vivesti solo un giorno come le rose” e il suo principe “che non ti volle creder morta bussò cent’anni ancora alla tua porta”.
Lui è morto, ma ci ha lasciato un dono prezioso, la sua grande umanità, nessuno come lui è riuscito a trovare parole tanto intense e commoventi per raccontare storie di dolore, di morte, di disperazione, di degradazione, sondando tutti i sentimenti dell’animo umano, tutte le sue sfaccettature , dalle più sublimi alle più riprovevoli.
Per tutti però non c’è condanna, ma umana pietà, che è anche amore.
“Nella pietà che non cede al rancore, madre ho imparato l’amore” (Testamento di Tito)
Questa è la grandezza di Fabrizio De Andrè che nessun cantautore, per quanto bravo è riuscito ad eguagliare e che amo fin da quando adolescente, sognavo un mondo migliore ascoltando la sua dolcissima voce.
Fabrizio è stato più cristiano di molti frequentatori assidui di Chiese e sagrestie, lui non credeva in Dio ma amava la figura del Nazzareno, un Dio “capellone” che parlava con prostitute e peccatori, perché erano “gli ultimi” e avevano quindi, più bisogno della luce della fede. Così lui, ha dedicato agli stessi, la sua opera perché erano quelli che più avevano bisogno della luce della poesia. Una luce che non cambia il mondo, ma rende sopportabile il dolore, lo sublima e fa si che l’uomo l'accetti, come parte indivisibile della vita. L'altra faccia della felicità.
C’è una canzone in cui Fabrizio racconta se stesso, quella del suonatore Jones:
"In un vortice di polvere gli altri vedevan siccità, a me ricordava la gonna di Jenny in un ballo di tanti anni fa.
Sentivo la mia terra vibrare di suoni, era il mio cuore e allora perché coltivarla ancora, come pensarla migliore.
Libertà l'ho vista dormire nei campi coltivati a cielo e denaro, a cielo ed amore, protetta da un filo spinato.
Libertà l'ho vista svegliarsi ogni volta che ho suonato per un fruscio di ragazze a un ballo, per un compagno ubriaco.
E poi se la gente sa, e la gente lo sa che sai suonare, suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace lasciarti ascoltare.
Finii con i campi alle ortiche finii con un flauto spezzato e un ridere rauco ricordi tanti e nemmeno un rimpianto".
No, non credo avesse rimpianti Fabrizio De Andrè, la sua vita l’ha vissuta appieno, facendo ciò che desiderava; come Jones capace di vedere oltre le apparenze, libero dal “filo spinato” del cielo e del denaro e con tanti ricordi e nessun rimpianto.
Infine un cenno per ricordate la sua vena dissacratoria, ironica e scanzonata, quella del “Gorilla”, “Il Testamento”, S'i' Fosse Foco (Sonetto Di Cecco Angiolieri), “Carlo Martello Ritorna Dalla Battaglia Di Poitiers”, e le canzoni in dialetto da “Creuza de ma’” a “ A Dumenega”, che però sono le uniche che non mi piacciono, della vasta opera del cantautore genovese.
Fabrizio ci ha lasciato, troppo presto, un cancro se l’è portato via, Dori Grezzi, dice che quando ha appreso la terribile sentenza, non ha battuto ciglio, forse era conscio che non sarebbe morto totalmente, una parte di lui sarebbe sopravvissuta, la migliore, quella che ci avrebbe lasciato una “goccia di splendore” e la consolazione che "è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati” mentre lo ricordiamo lontano in un "vortice di polvere" a suonare, cantare, scrivere e a sfiorare il cielo "con il suo dito più corto".
Aretusa
Infine un cenno per ricordate la sua vena dissacratoria, ironica e scanzonata, quella del “Gorilla”, “Il Testamento”, S'i' Fosse Foco (Sonetto Di Cecco Angiolieri), “Carlo Martello Ritorna Dalla Battaglia Di Poitiers”, e le canzoni in dialetto da “Creuza de ma’” a “ A Dumenega”, che però sono le uniche che non mi piacciono, della vasta opera del cantautore genovese.
Fabrizio ci ha lasciato, troppo presto, un cancro se l’è portato via, Dori Grezzi, dice che quando ha appreso la terribile sentenza, non ha battuto ciglio, forse era conscio che non sarebbe morto totalmente, una parte di lui sarebbe sopravvissuta, la migliore, quella che ci avrebbe lasciato una “goccia di splendore” e la consolazione che "è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati” mentre lo ricordiamo lontano in un "vortice di polvere" a suonare, cantare, scrivere e a sfiorare il cielo "con il suo dito più corto".
Aretusa
8 commenti:
Lo sai Are, che l'ho conosciuto pure personalmente a Genova? Abitavamo in Albaro in palazzi non lontani. Certo, lui èra un bel po' più grande di me. Eppoi tra una che non ha manco vent'anni e un uomo che ne ha più di trenta, le differenze si vedono. Beh, direi che era abbastanza simile a come compare in tv, per quelle rare volte che compare. Purtroppo beveva molto, e questo le alterava l'umore in parecchie circostanze. Oltre che ad avergli accorciato la vita. Una volta finì sulle pagine del quoridiano IL SECOLO XIX per aver scatenato una rissa in una celebre discoteca di GE rovesciando tavoli e spaccando tutto.
La mia canzone preferita di lui è "Per i tuoi larghi occhi". Il Gorilla non è sua ma è di Georges Brassens.
Are, eccoti il link de "La leggenda di Natale" http://it.youtube.com/watch?v=ihZQjzEewdk
qui è cantata.
E questo è il testo:
http://angolotesti.leonardo.it/F/testi_canzoni_fabrizio_de_andre_1059/testo_canzone_leggenda_di_natale_33033.html
Altra cosa dalla nefandezza di Paoli. Qui l'abuso è dichiarato in quanto tale, attraverso la ricchezza dell'uomo.
De André non mi dispiace. Personalmento preferisco quello stile etnico che Aretusa dice non prediligere (Creuza de mà, Megu Megu, Dolce nera ecc.).
Però mi rendo conto che c'è dietro la sua immagine un'industria della nostalgia davvero potente e anche un po' troppo ridondante. Sua moglie poi ha creato un intera organizzazione museale su di lui che francamente mi sembra esagerata. Come la mostra attuale a Genova.
Si hai ragione era eccessivo, in tutto, bere, fumare e fare casino.
Così l'hai conosciuto di persona...fisicamente non era un granchè, e a "naso" non doveva essere molto amante della saponetta.
Ma le sue canzoni sono poesie.
Grazie per il link:-)
Marlowe sono d'accordo con te "che c'è dietro la sua immagine un'industria della nostalgia davvero potente e anche un po' troppo ridondante"...ma la sua arte rimane e lui era tutto tranne che il "santino" che ne hanno fatto.
Era un poeta pazzo...
Ciao Are
Tra l'altro, la canzone scelta da Hesperia si riallaccia bene al tema romantico della femme fatale che è stato qui trattato in modo esaustivo.
Per i tuoi larghi occhi, per i tuoi larghi occhi chiari
che non piangono mai, che non piangono mai.
E perché non mi hai dato che un addio tanto breve,
perché dietro a quegli occhi batte un cuore di neve.
Io ti dico che mai il ricordo che in me lascerai
sarà stretto al mio cuore da un motivo d'amore.
Non pensarlo perché tutto quel che ricordo di te,
di quegli attimi amari, sono i tuoi occhi chiari.
I tuoi larghi occhi che restavan lontani
anche quando io sognavo, anche mentre ti amavo.
E se tu tornerai t'amerò come sempre ti amai,
come un bel sogno inutile che si scorda al mattino.
Ma i tuoi larghi occhi, i tuoi larghi occhi chiari
anche se non verrai non li scorderò mai...
Era anche tra le mie preferite ex aequo con La canzone dell'amore perduto.
Andate a vedere la mostra a Genova a palazzo Ducale su De André.
Vedo che c'è qualcuno che è scettico, io sono appena stata ed è bellissima. Dura fino al 3 maggio.
Ecco il link con tutte le info del caso:
http://www.palazzoducale.genova.it/deandre/index.htm
Viviana
ottimo ritratto, Aretusa. Si vede che l'hai scritto con passione. Mi piace che molte delle immagini con cui l'hai descritto siano espressioni poetiche prese dalle sue canzoni, sembra di risentirle mentre si legge il post.
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