lunedì 15 marzo 2010

Cartier-Bresson e l'anima ritrovata

                              

Non ricordo più quale tribù di aborigeni si rifiuta di farsi fotografare, perché pensa che la foto sia un modo per rubare loro l'anima. Eppure quante foto vediamo sulle lapidi che ritraggono i defunti mentre vivono i momenti sereni e lieti della vita. In questo caso, la fotografia dei volti sembra restituire anima agli estinti. La foto in fondo è quel click che ferma l'attimo fuggente, in grado di sorprenderci: ci si riconosce e nel contempo si è stupiti nel vederci immortalati in un atteggiamento bizzarro o inconsueto. Ci sono immagini che possiamo ritenere salvifiche e ci sono altre immagini che sono espressione di volgarità, grossolanità, crudeltà, sadismo, perversione. Di fronte al persistente bombardamento fotografico moderno è importante saper selezionare. Quel che però occorre dire è che se sfogliamo rotocalchi, tabloid o riviste, difficilmente possiamo sottrarci agli ambigui e feticistici messaggi della pubblicità, incentrati sull'edonismo di massa, cattive sirene che approfittano della nostra distrazione per attaccarci.

C'è stato poi un periodo della più recente storia di questi anni , nel quale nasce quasi un'ideologia catastrofista precostituita della fotografia: "documentare, a scopo di denuncia, le brutture e le storture prodotte dall’uomo nel mondo contemporaneo. Ne è scaturita una vera e propria etica fotografica, un modello di comportamento precostituito che induceva a ricercare immagini di disastri e degrado: inquinamento, guerra, mostruosità urbanistiche, umanità affamata e derelitta, imbruttita dalle privazioni, dall’alienazione o dalla depravazione , e via insistendo lungo questo fosco percorso"
(D. Di Francescantonio).

Ovviamente un fotoreporter di guerra non può che descrivere scene di guerra e in questo senso, memorabile fu la foto di Robert Capa del miliziano che cade quale foto-simbolo della Guerra Civile di Spagna. Ma il valore aggiunto di tutto ciò, quello che permette di trascendere il fatto nudo e crudo è dato dalla particolare cura estetica dell'immagine fotografica.

Quando penso però a un vero artista della fotografia capace di fare del poetico quotidiano la sua grande cifra, penso a Henri Cartier-Bresson. Forte è la compenente pittorica (sapeva dipingere) delle sue immagini così riconoscibili fra tante. Cartier-Bresson cofondatore della prestigiosa agenzia Magnum con David Seymour e il citato Robert Capa, diventa un padre fondatore del fotogiornalismo. Ma i suoi rittratti rimarranno sempre negli annali della grande fotografia d'autore, grazie alla sua prodigiosa Leica 25. Nessuno come lui ci ha regalato ritratti indimenticabili in uno sgranato bianco e nero con tutta la sua incomparabile gamma de grigi di Albert Camus, Balthus, Truman Capote, Faulkner, Coco Chanel, Gandhi, Sartre, Giacometti.

Voglio soffermarmi su quest'ultimo per ricordare la sua scanzonata fotografia,  immortalato nei sobborghi di Parigi in una stravagante flanerie mentre si ripara dalla pioggia tirandosi l'impermeabile in testa (in alto al centro). O quella in cui diventa un'esile e minuta figurina tra le sue stilizzate silhouette in un gioco simbiotico fra l'artista e la sua opera. E ancora Giacometti, con la sua faccia scolpita e segnata che è già in un certo senso, scultura tra le sculture.

Le foto di Cartier-Bresson sono protette dai diritti d'autore nella fondazione che va a suo nome. Leggere la sua affascinante biografia dei suoi viaggi di lavoro, significa rendersi conto che fotografare e viaggiare era per lui un tutt'uno inscindibile. Ma ci ha altresì dimostrato che è forse più facile fare i bravi fotoreporter in lontane terre esotiche che eseguire uno scatto magico dietro casa propria. E vi assicuro che le foto scattate in patria, magari nei paraggi di casa sua, in fondo non hanno nulla da invidiare a quelle  dei paesi lontani.

                                                                                                                                               
Hesperia

22 commenti:

giovanni ha detto...

L'ho visto di recente in una mostra a Palazzo Ducale a Genova ed è davvero inimitabile. Lui ci ha insegnato innanzitutto a saper guardare, a saper osservare. Lo scatto simultaneo arriva dopo. Un vero maestro che ha lasciato un patrimonio di immagini ineguagliate.

Hesperia ha detto...

Sì, Giovanni, sapevo di Genova. Io Cartier-Bresson lo vidi alla Rotonda della Besana a Milano. MI hanno detto che la mostra a Palazzo Ducale comprendeva soprattutto la produzione fotografica fatta in Urss negli anni '70.
E' vero quel che dici sul fatto che questo maestro, ci ha insegnato prima di tutto a saper osservare. Inoltre a renderlo così unico sono due elementi come la poeticità e la tenerezza di molti suoi ritratti. Due doti eredi di quell’umanesimo che sembra essere stato bandito dalle arti visive, compresa la fotografia. Oggi prevalgono le immagini hard, il cosiddetto glamour, la pornografia, la volgarità, la crudeltà e il catastrofismo.

Josh ha detto...

Oh beh ecco finalmente il post, mi stavo preoccupando questa settimana:) Qui le signore son già in giro a festeggiare primavera in anticipo, mi dicevo.
Ottima scelta dell'argomento, uno dei miei preferiti.

Vediamo di dire qualcosa di non banale...il post è già fatto così bene.
Ho sempre pensato che nello sguardo di Cartier-Bresson ci fossero molte cose che anche tu dici,
ma a volte anche ho trovato in lui molto dello sguardo cinematografico di Jean Renoir, tra i registi del passato che prediligo: e in effetti avevano lavorato anche insieme.

Se ancora non ti è capitato, quando hai tempo dà un'occhiata ai seguenti film di Renoir per approfondire quel suo sguardo sulle cose, specie in:
_Boudou salvato dalle acque
_la scampagnata
tra naturalismo e realismo poetico dell'immagine.
Di epoca successiva:
-la regola del gioco
-diario di una cameriera
e Assolutamente:
-il fiume
-India

se non li hai visti, specie i primi e gli ultimi 2, rimarrai stupita.

Josh ha detto...

Della tribù di aborigeni che rifiuta di farsi fotografare perchè teme che la fotografia gli rubi l'anima, e temi simili, come il complesso della mummia/desiderio di fermare il tempo e cogliere l'anima delle cose in un'immagine parla anche a lungo Andrè Bazin in "che cos'è il cinema".

http://it.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Bazin

Per tornare a Cartier-Bresson, mi hanno sempre colpito più di tutto il resto i suoi ritratti che sono un modo di indagare le persone.

Josh ha detto...

p.s. Bazin discetta a lungo dell'etica dell'immagine sia nel cinema sia nella fotografia, e parla della non rappresentabilità reale della morte e del sesso (ne scriveva negli anni 50-60)...come concetti e fatti intimi/interiori che l'immagine non può imprigionare o raccontare del tutto...
Se (fotografia o fotogramma) lo provano a fare, violano la realtà: siamo alla pornografia delle anime e alla violazione dell'indicibile, con conseguente banalizzazione e riproduzione seriale dei pochissimi momenti sacri rimastici.

Se la foto/il fotogramma invece tentano di rappresentare sesso e morte (piccola morte e morte vera e propria) ossessivamente in tutto l'apparato di bruttura e automatismo, allora per lui si è sfondata ormai l'etica della vita e dell'immagine.
A quanto pare fu profetico.

Cartier-Bresson a suo modo apparteneva invece a questa etica e generazione nell'approccio con l'immagine. E' anche questo che ci manca oggi. Arrivare (anche nell'arte, o nella fotografia) all'anima delle cose tramite la pelle delle cose, senza violarle, ma questo richiede un 'realista-veggente' o un poeta,
non un brutale vivisezionatore che imbandisce al macello l'espositore del mercatino.

Hesperia ha detto...

Sì Josh, in effetti ero via e col baracco a chiavetta portatile si lavora malissimo. E' lento come una lumaca.
Sicuramente per HCB, le frecce nel suo arco sono il fatto che fosse a sua volta pittore d'ottima levatura.
Farò un esempio: anche la foto più apparentamente banale come un angolo di Parigi sotto la pioggia (l'ultima foto in basso coi passanti con gli ombrelli) contiene, come si può vedere, un elevato grado di pittoricismo. Sembra quasi una pittura impressionista.
Non ultimo, il fatto che la fotografia non era così tecnicamente perfetta come quella attuale (l'uso dell'elettronica). Quindi l'intervento umano c'era ancora dentro tutto. Siamo alle solite: oggi con l'elettronica, se vuoi, non ne sbagli più una. Ma il capolavoro non ti salta fuori nemmeno per sbaglio. Di Renoir regista ho visto:
La regola del gioco, la Grande illusione, Il Fiume e India. E' vero che HCB è stato suo collaboratore e hai fatto bene a ricordarlo.

Ma "Diario di una cameriera" non era di Bunuel con la Moreau?

Vero poi quel che dici dei ritratti. A Ligornetto in Svizzera ho visto una mostra di Alberto Giacometti e non si può separare la sua opera di scultore, lui stesso e la sua vita, dalle foto che gli ha fatto HCB, seguendo in modo capillare il suo lavoro e il suo vissuto d'artista. E' chiaro che il fotografo che lo ha ritratto non è un fotografo qualsiasi, ma ha una grande sensibilità per questo mondo.

Hesperia ha detto...

PS: dimenticavo di aggiungere, che HCB ha collaborato anche con Jacques Becker, il regista di "Casco d'oro" (con Simone Signoret) e di "Le trou" (Il buco) dove compare in una particina anche Catherine Spaak allora 14enne.

Josh ha detto...

@Hesperia: la foto di Parigi con la pioggia a me piace assai:)

Sono contento che tu abbia visto India e Il Fiume, entrambi per le soluzioni ottiche-visive, e Il fiume anche per la poesia dei contenuti e la costruzione circolare.
A parte questo, Renoir è stato un regista enorme anche negli altri film. Arte cioè Ars cioè anche Techne inteso come alto artigianato in cui la mano dell'uomo si sente.

Diario di una cameriera di Bunuel con Jeanne Moreau è del 1964,
la versione di Jean Renoir è del 1946, mi riferivo stavolta per le scdelte iconografiche a quella di Renoir del 46.

p.s. Jacques Becker mi ha sempre interessato, ma non è tra i miei cult personali anche se gli riconosco il suo ruolo 'storico'. Posso dire una cosa?
Catherine Spaak mi sta un po' su :D
almeno per come si è presentata a volte in tv, sa tutto lei.

Hesperia ha detto...

Sì, davvero magnifico.
Anche La grande illusione è un bel film.

Non conosco la versione della "cameriera" di Renoir , ma solo quella di Bunuel.
La Spaak, figlia del grande Charles Spaak, sceneggiatore di Carné, Becker, Renoir ecc. è sempre stata "refiosetta", ma da giovane era molto carina. ("I dolci inganni", "Weekend a Zuid Cote", "Il sorpasso", "La Parmigiana" ecc.).

Per tornare al Topic ecco qualche interessante aforisma di Cartier-Bresson:
"Non è la mera fotografia che mi interessa. Quel che voglio è catturare QUEL minuto, parte della realtà"

Hesperia ha detto...

E ancora sempre di HCB:

"La fotografia è il riconoscimento simultaneo, in una frazione di secondo, del significato di un evento".

"Le fotografie possono raggiungere l'eternità attraverso il momento".

E a proposito di fotografia e della Spaak, lo sapevi che sua sorella Agnès è una fotografa molto apprezzata che lavora per Vogue, Harper Bazar e altro?

http://www.agnesspaak.com/

Anonimo ha detto...

Tenerissima la foto piccola in basso della coppia che si bacia seduti in un caffé con il cane che li guarda. Oltretutto c'è la freschezza dell'immediato e si vede che i due non sanno di essere ripresi. Ciao
Rosalind

Hesperia ha detto...

Sì, davvero deliziosa, trovo anch'io. Ne ho trovate un mucchio su google immagini e mi dispiace che per motivi di spazio, non posso ospitarne che una parte minima. Ciao Rosalind.

Aretusa ha detto...

Ottimo post come sempre, Hesperia.
Sia l'argomento (anche io ho già fatto un post sulla fotografia), che il soggetto sono fra le mie preferenze.
Amo le fotografie, soprattutto quelle di una volta, che non hanno la fedeltà d'immagine del digitale, ma una profondità "artistica", per me superiore.
HCB con il suo "bianco-nero" è il mio preferito.
Un artista raffinato e originale.
Bella l'ultima foto...
a me piace molto questa

http://www.globartmag.com/wp-content/uploads/2009/07/henri-cartier-bresson.jpg

Ciao Are

Hesperia ha detto...

Sì Are, conoscevo quella foto simpatica della scala a chiocciola che hai messo in link. Ma mi pare che in quell'immagine ci sia ancora un po' di avanguardismo surrealista sul genere di Man Ray. Certamente un innovatore, ma personalmente preferisco l'HCB dall'ispirazione intimista e impressionista. Ciao.

dionisio ha detto...

Ho visto con piacere che hai citato un passo del mio pezzo intitolato "Fotografia etica e fotografia estetica". Non c'è dubbio che la poesia, ossia il risultato a cui dovrebbero tendere le arti visive, si ottiene quando c'è il talento, ossia quella capacità di coniugare la cognizione tecnica (indispensabile avere la padronanza dello strumento, ossia conoscere il mestiere, come in tutte le discipline artistiche), alla capacità di restituire nell'oggetto prodotto il pathos ispiratoci dal soggetto verso il quale volgiamo il nostro occhio insieme al nostro cuore e alla nostra anima.

Hesperia ha detto...

Sì Dionisio, infatti è stato proprio il tuo pezzo su HCB a ispirarmi il post su di lui che è anche per me tra i preferiti.
Allora benvenuto nel Giardino :-)

dionisio ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
dionisio ha detto...

Comunque il grande Cartier è bravo sempre, soprattutto quando esprime la tenerezza, ma anche quando si trova davanti al soggetto crudo, che ispira pietà ma anche repulsione. Il suo dono particolare, in ogni caso, è che, oltre a cogliere l'attimo pregnante, quello più espressivo e più capace di trasmettere emozione, riesce a "mettere in ordine", per così dire, la scena,cogliendo cioè gli elementi che la costituiscono nell'istante preciso in cui vanno a comporre una sorta di quadro. E' come quando, in pittura, si ottiene quel momento magico in cui l'accostamento di alcuni colori creano la musica, quello che ti fa dire che "i colori si mettono a cantare". La riuscita del quadro non è dato solo da questo (essa consiste nel restituire a chi guarda quel quid di emotività che il soggetto ha ispirato a te), però ne rappresenta un elemento importantissimo.

Hesperia ha detto...

E' vero, sono immagini che sono ad un tempo spontanee e nello stesso tempo "comnpositive", basate sull'equilibrio e l'armonia degli elementi.

dionisio ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Hesperia ha detto...

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marshall ha detto...

Hesperia,
in un post ho citato "Dialoghi delle Carmelitane" di Georges Bernanos. Nella sua biografia Wikipedia, c'e il riferimento al fotografo e regista Robert Bresson, che nel 1950 ha girato il film "Diario di un curato di Campagna", ispirato all'omonimo romanzo di Bernanos.
Sai se c'è consanguineità tra Robert Bresson e Henri Cartier-Bresson?