Continua fino a fine ottobre la mostra “Ombre e luci (1920 – 1960) Volti del cinema nei ritratti di Manlio Villoresi”, a cura di Anita Margiotta e Alessandra Grella.
Si tratta di un'esposizione fotografica, di circa 90 fotografie di attori teatrali e cinematografici italiani, e alcuni cantanti dal 1925 al 1960.
La particolarità della mostra è l'arco di tempo coperto che evidenzia sia alcune personalità dello spettacolo italiano del passato, sia la moda del tempo e lo stile dei ritratti di Villoresi.
Presenti ritratti di Eleonora Duse, Emma Grammatica, Ruggero Ruggeri, Antonio Gandusio e Mario Del Monaco, compresi Annibale Ninchi (protagonista di "Scipione l'Africano", primo vero Kolossal italiano, del 1937 per la regia di Carmine Gallone, foto sotto) e attori dei telefoni bianchi come Elsa Merlini, Nino Besozzi e Doris Duranti (foto in alto).
Con Anna Magnani (sotto), Raf Vallone e Massimo Girotti, si passa al Neorealismo, fino ai film più popolari con Ave Ninchi, Isa Barzizza e Franca Faldini (sotto).
Per la Dolce Vita non potevano non comparire Marcello Mastroianni e Vittorio Gassman, Gabriele Ferzetti, John Derek, Isa Pola, Anna Maria Ferrero (sotto), Maria Mercader e Domenico Modugno, e attori di sceneggiati come Paolo Carlini e Alberto Lupo.
Le foto sono selezionate da circa 1500 negativi su lastra in vetro alla gelatina bromuro d'argento del fotografo Manlio Villoresi (Città di Castello 1891 – Roma 1976), conservate dal 1978 presso l’Archivio Fotografico del Museo di Roma. Sarà possibile visitare la mostra al Museo di Roma Palazzo Braschi dal 27 giugno al 28 ottobre.
Dopo aver appreso la professione con il padre Aristide, Manlio Villoresi si trasferisce a Roma aprendo il famoso studio fotografico in via Veneto n. 96, frequentato da personalità della cultura, dello sport, della vita politica, musicisti, e attori cinematografici.
I ritratti della fine degli anni ’20 si caratterizzano per l’uso studiato delle luci, gli effetti flou, un'impostazione molto studiata, preparata e decorativa della visione.
I primi piani del periodo successivo appaiono invece meno costruiti e pittorici, mossi da una maggiore attenzione al ritratto psicologico-caratteriale e a notazioni realistiche.
Presente oltre ai ritratti una selezione di abiti di scena, costumi cinematografici (alcuni provenienti dalla Fondazione Annamode) per contestualizzare le immagini nelle rispettive epoche e film, generi e settori dello spettacolo.
Lo spirito della mostra in realtà, oltre all'omaggio a Villoresi e alla sua fotografia, vuole evidenziare uno spaccato dell'Italia anche storico e documentale, attraverso protagonisti simbolici e miti dell'immaginario d'allora.
Info
Ombre e Luci (1920 – 1960)
Volti del cinema nei ritratti di Manlio Villoresi
Museo di Roma Palazzo Braschi - sale espositive del piano terra
ingresso da Piazza Navona, 2 e da Piazza San Pantaleo, 10
Apertura al pubblico dal 27 giugno al 28 ottobre 2012
Orari Martedì-Domenica ore 10.00-20.00, chiuso lunedì, 1 maggio
Biglietteria: Integrato Museo + Mostra: Intero € 9,00; Ridotto € 7,00
060608 (tutti i giorni dalle 9.00 alle 21.00)
www.museodiroma.it
Volti del cinema nei ritratti di Manlio Villoresi
Museo di Roma Palazzo Braschi - sale espositive del piano terra
ingresso da Piazza Navona, 2 e da Piazza San Pantaleo, 10
Apertura al pubblico dal 27 giugno al 28 ottobre 2012
Orari Martedì-Domenica ore 10.00-20.00, chiuso lunedì, 1 maggio
Biglietteria: Integrato Museo + Mostra: Intero € 9,00; Ridotto € 7,00
060608 (tutti i giorni dalle 9.00 alle 21.00)
www.museodiroma.it
18 commenti:
La fotografia in bianco e nero, conserva sempre una magia speciale. E questa ritrattistica di Villoresi (così come di altri bravi fotografi stranieri come il citatissimo Cartier-Bresson, Doisneau, e molti altri della prestigiosa Magnum) nel tentativo di catturare il realismo, alla fine lo supera. Bella la Ferrero da giovane e peccato sia sparita dalle scene.
Certo che oggi con le macchinine digitalizzate elettroniche le foto sembraano tutte belle e ben riuscite, ma alla fin fine rassomigliano tutte.
Anche la Faldini, moglie di Totò era una gran bella donna.
Ho fatto a tempo a entrare in uno di quegli studi fotografici con gioco di luci molto studiate e attente, e ti posso garantire che anche un ritratto o una foto per un documento venivano fatte con minuzia quasi maniacale. Io stesso ne ho una davvero impeccabile. Poi vennero quelle orrende macchinette fai-da-te, e improvvisamente i fotografati parevano tutti quanti degli WANTED :-) . Ovvero ricercati dalla polizia.
Sì la Ferrero era bella, e anche la foto è ben riuscita. Mi piace la scelta dell'inquadratura obliqua.
La Faldini anche era una bella figliuola, e mi piace anche la foto.
E' un b/n con profondità questo di Villoresi.
il digitale è un'altra cosa, indubbiamente.
Come già lo fu il colore.
Alcuni wanted con le macchinette digitali mi sa che sembrano così perchè anche dal vivo sono degli wanted:-))
a parte gli scherzi, i ritocchi infiniti possibili col digitale, cioè la cosa che noto di più, rendono le immagini finte, di plastica.
Sembrano tutti "rifatti", anche se uno non è stato dal chirurgo, sembra ci sia stato con le foto digitali.
p.s.:
la foto di Anna Magnani l'ho messa per importanza, ma per me era molto più affascinante, anche come viso da studiare per un fotografo, quando era più matura.
Aggiungo su Annibale Ninchi:
un notevole attore, a teatro e cinema, colto, straordinario conoscitore del repertorio classico, insegnante e scrittore.
Come immagine...
si vede che all'epoca bastava essere 'solidi' e saper fare, bene, parecchie cose.
Oggi invece gli attori uomini devono sembrare finti come dei Big Jim, e con lo stesso quoziente intellettivo del 'compagno' di Barbie,
che non esitano a propalare in ogni trasmissione tv.
No no, non parlo ancora delle macchinette digitali, Josh. Sto parlando di quelle Polaroid che si mettevano in stazione per chi aveva urgenza di fare in fretta i documenti. Ne venivano fuori tre alla volta formato tessera. Ora non ne esistono più, ma quei poveretti che si infilavano là dietro la tenda e si facevano fotografare davanti a un flash, venivano in fotpgrafia che parevano usciti da un commissariato :-).
Per il resto, quello che dici sulla digitale dai ritocchi infiniti è già una sorta di photoshop, in fondo.
La Magnani è vero, ha un viso drammatico molto adatto al bianco e nero. Per non dire la Garbo fotografata da Cecil Beaton: divina per davvero.
Hesperia
"Sto parlando di quelle Polaroid che si mettevano in stazione per chi aveva urgenza di fare in fretta i documenti. Ne venivano fuori tre alla volta formato tessera. Ora non ne esistono più, ma quei poveretti che si infilavano là dietro la tenda e si facevano fotografare davanti a un flash, venivano in fotpgrafia che parevano usciti da un commissariato :-)."
ah ho capito, sì me le ricordo...
ma in certi posti ci sono ancora i gabbiotti, col seggiolino, la tenda,
la flashata in pieno volto,
e le 3-4 foto che escono dal macchinino formato fototessera, phonate finchè non si asciugano....
oggi sono a colori.
Sempre di Wanted si tratta :-)
Salve ragazzi,ben ritrovati..dopo tanti squallidi avvenimenti della cronaca italiana,torniamo a lustrarci gli occhi...
Confesso la mia ignoranza di non conoscere questo fotografo,ma se sarò a Roma,cercherò di colmare questa lacuna,anche perchè sono un appassionato della fotografia in bianco e nero,almeno di certe tipologie.
Chi é la ragazza nella prima foto del post?
Ciao a tutti...
Ciao Johnny e felice di rileggerti :-)
la prima in alto è Doris Duranti..l'ho detto nel testo del post veh :-)
era la rivale della Calamai
eccola:
http://it.wikipedia.org/wiki/Doris_Duranti
Mi é sfuggito Josh....ma me piace....bye
Josh,
parlando di cinema, una volta (era ancora vivo Marcello, e anche lui partecipò alla discussione) mi raccontasti che avevi fatto o partecipato al rimessaggio (non so se è giusto il termine) di oltre 3000 film, ebbene, in questo articolo, quando parli di tecnica fotografica, si vede proprio l'impronta del professionista.
che gentile Marshall a ricordarti:-)
i film erano anche di più....sì era per studio delle tecniche del montaggio.
Per filmologia si studiano le tecniche di montaggio intese come tecniche del discorso per immagini, cercando paralleli logici al raccontare per parole nel discorso.
Dall'accostare dei fatti ripresi, dei segmenti si produce un senso in modo dinamico, che lo spettatore coglie e di lì scaturiscono i significati del film, molte volte sono più di uno: entrano in gioco sia il discorso effettivamente parlato, l'accostamento delle immagini a produrre senso, la musica con funzione di raccordo, la memoria iconografica (quando c'è, se ha riferimenti per es. a quadri) nascosta nei fotogrammi.
Questo post ha più un taglio memoriale e fotografico, però è vero ci sono degli accorgimenti in queste foto, nel modo di decidere l'inquadratura. Sempre tecnica, certo, ma per produrre un senso.
Josh,
caspita che discorso da vero professionista. Potresti benissimo fare il consulente per qualche regista, magari di quelli i cui film non hanno un senso compiuto, per insegnar loro come fare a raccordare le immagini per discorsi logici.
Per tre mesi ho seguito SISKA, ebbene, in 45 minuti riuscivavo sempre a fare quello che ad altri sarebbero occorse non meno di due ore. Veramente bravi. Credo che il regista, o la casa di produzione, sia stata la stessa che aveva prodotto Derrick.
@Marshall:
".....i cui film non hanno un senso compiuto, per insegnar loro come fare a raccordare le immagini per discorsi logici."
ahaha :-) ce ne sono tanti di film così di recente. Un tempo invece il montaggio era governato da accostamenti logici, talvolta ferrei, talvolta suggeriti per accostamento di significati, ma lo sviluppo della narrazione per immagini non era mai casuale o senza senso.
Hitchcock criticava (a ragione) quelle regie fatte solo di "riprese casuali di gente che parla", perchè non approvava spesso il modo del cinema di massa di usare i raccordi tra scene fatti a caso. Per H. ogni cosa mostrata doveva avere un senso, tutto era a senso, e doveva avere un rapporto di causa-effetto.
Oggi di film così ce ne sono meno.
A volte nelle pubblicità (i 4/5 sono da cestinare) si usa un montaggio furbo e consapevole, fatto di accostamenti che inducono a leggere la realtà in un certo modo.
La serie tv che dici: sì sono entrambe di scuole tedesca e austriaca, quindi si nota essenzialità, rigore del racconto.
Pensata per la tv, è diversa dalla regia cinematografica, e ha un obbligo temporale, i 45 minuti.
Nella regia al cinema è permessa anche un po' di interpretazione personale in più, rispetto a queste serie,
ma senz'altro, oggi come oggi, piuttosto che una regia sconclusionata, meglio l'essenzialità dei Derrick e Siska.
In part. gli episodi di Derrick erano molto morali...in questo traspariva l'attitudine filosofica tedesca sull'etica, sul fato-destino.
Ma anche la capacità di far emergere un personaggio, o una colpa (dato il genere) con 3 pennellate, pochi dialoghi, pochi tratti, alcuni particolari della persona o delle azioni in primo piano.
Siska si pone come su una linea di continuità, ma è più recente, la morale è un po' più allentata, e la macchina da presa meno rigorosa e più libera, diciamo è già più diluito anche dei Derrick. Ma c'è poco tergiversare e poco cincischiare anche lì in azioni prive di senso:-)
Josh,
mi parli del mostro sacro Hitchcock. Pensa che mia figlia per Scienza delle Comunicazioni ha dovuto dare un esame incentrato sui suoi film. E, oltre che procurarsi parecchie videocassette, alcune delle quali rigurdai anch'io assieme a lei, dovette studiarsi quel libro tutto incentrato sui 52 (?) film del maestro. Quel libro era stato scritto dall'attore-regista (?) Truffant. Tutti film ben congegnati, che si rivedono sempre volentieri, a partire da Psycho, Uccelli, La donna che visse due volte, La finestra sul cortile, ecc.ecc.. Quel libro scritto da Truffant fa ora bella mostra nella mia libreria. Anni fa, ai tempi degli inizi della mia patologia, libri come questo, oltre a quello sulle "tribolazioni" di J. Michael Fox, mi furono di grande aiuto. Del libro su Hitchcock ne avevo letto una buona metà (è abbastanza lungo). Comunque sia, erano state piacevolissime letture, che riprenderei volentieri in mano per scriverci i miei ricordi.
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