Vorrei parlare di due importanti libri che toccano un tema cruciale: le politiche di genere, dette "gender" LGTB e come si tenda a creare confusione tra i sessi con provocazioni sensazionaliste apparentemente (ma solo apparentemente) gratuite. Ma come più volte osservato, queste tematiche non sono fini a se stesse, ma obbediscono a motivazioni ben più profonde collegate a temi più pregnanti di significato, a cui più volte abbiamo accennato anche in questo blog e in quello generalista. Pertanto lascio parlare direttamente i due testi in oggetto. Il primo si intitola UNISEX di Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta - Arianna editrice. Il secondo è "La donna a una dimensione" che tratta della falsa emancipazione scaturita dal femminismo ideologico - Autrice : Alessandra Nucci - edizione Marietti.
Qui in anteprima un capitolo, dal libro Unisex che tratta della manipolazione fisiologica e psichica di uomini e donne. Uomini che si sentono donne, donne che si sentono uomini...Nulla è come appare ma come ci si sente. Il dogma dei behaviouristi o comportamentisti "donna e uomo non si nasce, ma si diventa" è dunque diventato un'inquietante realtà .
Secondo l’ideologia di genere, tra il maschio e la femmina vi sarebbe un numero indefinito di altri “generi” o “orientamenti sessuali”, che comprenderebbe, tra l’altro, l’omosessualità maschile, il lesbismo, la bisessualità ecc.; generi, che sarebbero “naturali” quanto l’eterosessualità.
I sessi, infatti, non sarebbero un’evidenza presente fin dalla nascita – come si è creduto per millenni – ma solo “un modo” con cui la persona percepirebbe se stessa in seguito a condizionamenti genetici o culturali, oppure, secondo altre versioni, per “scelta” compiuta durante il corso della vita. In questo senso, la visione della sessualità diventa “fluida”.
Questa ideologia viene oggi promossa in tutto l’Occidente mediante una gigantesca operazione culturale, che pervade letteralmente “l’aria stessa che respiriamo”: essa ha luogo attraverso la diffusione incessante di modelli culturali, mediatici, artistici, in cui viene riproposta senza requie l’immagine di un essere umano “ibrido” – né uomo, né donna – il concetto stesso di “differenza naturale” tra i sessi viene minimizzato o persino ridicolizzato e il solo presupporre l’esistenza di “sessi differenti” inizia a essere visto come un atteggiamento “discriminatorio”.
Il “braccio militante” di questo processo culturale è rappresentato, in concreto, dalla galassia dei movimenti gay e omosessualisti: questi gruppi un tempo erano assolutamente minoritari, ma negli ultimi anni, potendo contare su un vero e proprio torrente di finanziamenti pubblici e privati e sul sostegno di istituzioni e lobby di altissimo livello, hanno invaso i media e le piazze di tutto il mondo occidentale, imponendo all’opinione pubblica le proprie “istanze”, come quella di potere celebrare “matrimoni” o adottare bambini.
Tali istanze, tuttavia – è bene ribadirlo – rimarrebbero “lettera morta” senza l’appoggio sempre più plateale delle istituzioni del mondo occidentale, per le quali l’agenda politica dell’ideologia di genere sembra essere divenuta una priorità assoluta, da proporre o imporre mediante leggi d’ogni tipo, riprogrammazione dei corsi scolastici, sanzioni amministrative e penali e persino attraverso una rielaborazione del linguaggio comune, che, almeno in pubblico, si vuole fare rientrare nei canoni di un “politicamente corretto”, che bolla come discriminatorie e “sessiste” persino espressioni arcaiche e immemorabili, patrimonio comune di tutta l’umanità (tra queste, come vedremo, vi sono persino le espressioni “donna incinta” e “mamma e papà”).
Tutto questo, perché l’ideologia di genere – al pari del suo “braccio militante”, rappresentato dai movimenti gay – al giorno d’oggi sembra essere piuttosto uno “strumento”, una sorta di vero e proprio “cavallo di Troia”, che alcuni Poteri Forti sembrano decisi a utilizzare per dei “fini”, i quali vanno ben al di là delle “rivendicazioni omosessualiste” e mirano, con tutta evidenza, a manipolare la natura stessa dell’uomo, allo scopo di generare un “uomo nuovo”, compatibile con il progetto ormai sempre più avanzato di un Nuovo Ordine Mondiale.
Le grandi oligarchie economiche a sostegno dell’ideologia "gender"
Uno dei segnali evidenti dell’appoggio dei Poteri Forti occidentali all’ideologia di genere e ai movimenti omosessualisti, viene dal sostegno economico “a fondo perduto”, che una gran parte delle grandi oligarchie economiche effonde a beneficio di tali cause.
Di recente, ha fatto scalpore, negli Stati Uniti, l’atteggiamento di alcune grandi fondazioni bancarie come Goldman Sachs e JP Morgan – istituzioni solitamente molto attente a non schierarsi in pubblico su qualsivoglia questione – che hanno pubblicamente “brindato” alla recente decisione della Corte Suprema USA favorevole alla legalizzazione dei matrimoni gay:
«Nel giorno in cui la Corte Suprema ha definito incostituzionale il Defense of Marriage Act – che definisce matrimonio solo quello tra un uomo e una donna – riconoscendo ai coniugi gay gli stessi benefici federali di cui hanno goduto solo mogli e mariti nel senso tradizionale del termine, il numero uno di Jp Morgan ha lodato la decisione odierna.“È una cosa buona per la nostra società e per i clienti, ma soprattutto è la cosa giusta da fare”, ha dichiarato in una nota Jamie Dimon. “I diritti di tutte le persone sono importanti e devono essere protetti”, ha aggiunto.Goldman Sachs gli ha fatto eco: “L’uguaglianza nel matrimonio riduce gli oneri e le sfide a carico dei dipendenti e porterà alla costituzione di attività imprenditoriali di successo e a un’economia americana forte”»
Ritenendo improbabile che i maggiori hedge funds del mondo si schierino platealmente a fianco della “causa gay” per ragioni puramente “filantropiche” – specie in un’epoca di devastante crisi economica in cui, con tutta evidenza, le priorità “umanitarie” sembrerebbero essere ben altre – c’è chi ha ipotizzato una motivazione meramente finanziaria per questo atteggiamento: le oligarchie economiche, in sostanza, riterrebbero che i “matrimoni gay” potrebbero smuovere positivamente la stagnante economia occidentale, generando un giro d’affari considerevole.
Pur senza escluderla del tutto, l’ipotesi economicistica non sembra tuttavia rendere ragione di un tale e inedito sostegno pubblico, se solo si pensa a come il “matrimonio gay” sia una questione ritenuta marginale anche dalla maggior parte degli omosessuali.
In effetti, come denunciano i critici, anche ipotizzando che le stime siano state sbagliate per difetto e che la percentuale della comunità gay favorevole e attiva nella promozione del matrimonio e delle adozioni sia ben maggiore, essa rimarrebbe comunque, stando alle statistiche, nettamente inferiore a quella che i media intendono invece diffondere.
Nonostante ciò, il sostegno delle oligarchie finanziarie ed economiche alla “causa gay” sembra essere una costante da anni, a dispetto di ogni apparente convenienza economica.
Nei soli Stati Uniti (dati del 2008), le organizzazioni omosessualiste possono vantare i loro principali paladini nella persona del miliardario mondialista George Soros – lo stesso che ha finanziato le “primavere arabe” e le rivoluzioni filoccidentali e antirusse in alcuni Paesi dell’Est – attraverso l’Open Society Institute (150 mila dollari annui), la MacArthur Foundation (600 mila dollari) e la fondazione della casa automobilistica Ford (1.200.000 dollari).
Meritano un cenno anche le somme fornite dalla Goldman Fund di San Francisco (nel 2000 ha devoluto ben 2 milioni di dollari alle organizzazioni gay) e dalla Rockefeller Foundation (con circa 60.000 dollari annui), oltre agli innumerevoli altri “torrenti” di decine di migliaia di dollari, che giungono con regolarità da gruppi come Kodak, Hewlett-Packard, American Airlines, Apple, AT&T, BP, Chevron, Citigroup, Credit Suisse First Boston, Daimler Chrysler, Dell, Deutsche Bank, Ernst & Young, Estee Lauder, Intel, Ibm, J.P. Morgan Chase & Co, Johnson & Johnson, Levi Strauss & Co, Merril Lynch, MetLife, Microsoft, Nike, Pepsi, Toyota, Ubs, Xerox e, soprattutto, Motorola e la Fondazione Playboy (che da decenni finanzia le organizzazioni gay).
Meritano un cenno anche le somme fornite dalla Goldman Fund di San Francisco (nel 2000 ha devoluto ben 2 milioni di dollari alle organizzazioni gay) e dalla Rockefeller Foundation (con circa 60.000 dollari annui), oltre agli innumerevoli altri “torrenti” di decine di migliaia di dollari, che giungono con regolarità da gruppi come Kodak, Hewlett-Packard, American Airlines, Apple, AT&T, BP, Chevron, Citigroup, Credit Suisse First Boston, Daimler Chrysler, Dell, Deutsche Bank, Ernst & Young, Estee Lauder, Intel, Ibm, J.P. Morgan Chase & Co, Johnson & Johnson, Levi Strauss & Co, Merril Lynch, MetLife, Microsoft, Nike, Pepsi, Toyota, Ubs, Xerox e, soprattutto, Motorola e la Fondazione Playboy (che da decenni finanzia le organizzazioni gay).
Sempre George Soros, insieme ad altri miliardari come Jeff Bezos di Amazon o Bill Gates, ha recentemente donato milioni di dollari ai comitati pro matrimoni gay negli Stati Uniti, arrivando persino a “ungere” di dollari molti deputati del Partito Repubblicano – il cui elettorato è al 90% contrario ai matrimoni gay – pur di ottenerne il consenso.
Un tale sostegno finanziario a fondo perduto, pertanto, non può non suscitare la domanda su quali siano le vere ragioni di tutta questa mobilitazione, che avviene peraltro in contemporanea con una sovraesposizione senza precedenti dei maggiori leader politici e delle più rappresentative istituzioni dell’Occidente.
La Drag Queen Conchita Wurst |
Il libro di Alessandra Nucci è altrettanto importante perché sulla liberazione "mondiale" e
mondialista della donna, si gioca l 'importante tema del controllo delle nascite. Ma soprattutto si tende a creare un Comitato internazionalista di tutela dei popoli con finalità oppressive.
Il femminismo in Occidente, che sembrava sopito per mancanza di buone cause, al volgere del Millennio è tornato alla ribalta, con maggiore antagonismo, ponendosi al servizio di una cultura omologante fatta di tenui appartenenze e “generi” interscambiabili. Per questa cultura, egemone in ambito internazionalista, la volontà femminile non è da conoscere e da favorire, ma da influenzare e incanalare verso scopi che non sempre corrispondono all’interesse della donna e spesso le sono perfino contro. Questo libro traccia la genesi e la funzione di questo nuovo femminismo, elaborato a tavolino da un’élite intellettuale e diffuso nel mondo da istituzioni e associazioni tese a promuovere una società pianificabile, fatta di una moltitudine atomizzata di persone poco interessate ad appartenersi l’un l’altra e dunque poco interessate a riprodursi. Perché le donne non si facciano strumentalizzare, ma prendano in piena libertà le decisioni delle proprie vite, occorre portare alla luce gli scopi e i meccanismi di persuasione messi in campo da quella che è diventata oggi una filiera educativa mondiale, sempre più potente, ramificata e coesa.
mondialista della donna, si gioca l 'importante tema del controllo delle nascite. Ma soprattutto si tende a creare un Comitato internazionalista di tutela dei popoli con finalità oppressive.
Il femminismo in Occidente, che sembrava sopito per mancanza di buone cause, al volgere del Millennio è tornato alla ribalta, con maggiore antagonismo, ponendosi al servizio di una cultura omologante fatta di tenui appartenenze e “generi” interscambiabili. Per questa cultura, egemone in ambito internazionalista, la volontà femminile non è da conoscere e da favorire, ma da influenzare e incanalare verso scopi che non sempre corrispondono all’interesse della donna e spesso le sono perfino contro. Questo libro traccia la genesi e la funzione di questo nuovo femminismo, elaborato a tavolino da un’élite intellettuale e diffuso nel mondo da istituzioni e associazioni tese a promuovere una società pianificabile, fatta di una moltitudine atomizzata di persone poco interessate ad appartenersi l’un l’altra e dunque poco interessate a riprodursi. Perché le donne non si facciano strumentalizzare, ma prendano in piena libertà le decisioni delle proprie vite, occorre portare alla luce gli scopi e i meccanismi di persuasione messi in campo da quella che è diventata oggi una filiera educativa mondiale, sempre più potente, ramificata e coesa.
Intervista con l'autrice, di Roberto Persico:
Vent'anni fa è ritornata alla fede, «perché è la cosa più razionale», dopo venti in cui aveva battuto tutt'altri lidi. Da allora, dice, «sono diventata più razionale, e ho visto come le cose in cui credevo prima erano in realtà dei condizionamenti». Così Alessandra Nucci, un tempo femminista ribelle, oggi nonna fiera di esserlo, ha intrapreso quella che definisce «una rivisitazione senza perdere lo spirito libertario» delle posizioni di un tempo.
Qui andiamo lontano. Le origini del rifiuto della maternità sono da ricercare in un certo ambientalismo che considera l'uomo non lo scopo della creazione, ma il suo nemico. Che rifiuta l'idea dell'uomo come immagine e somiglianza di Dio, dotato di ragione e libertà, per farne un semplice prodotto dell'evoluzione: è quest'ultima il vero signore della terra, al quale gli uomini si devono sottomettere. (...) (continua)
Qui un altro importante saggio sul tema: Le teorie sul genere 5
Dunque è ancora femminista?
Lo sono se femminismo vuol dire difesa della donna, se guarda alla verità e non all'ideologia. Ma il femminismo è pesantemente ideologico: si presenta come un orizzonte indiscutibile, ci rifila un sacco di imposizioni surrettizie, e soprattutto ha fatto sparire ogni alternativa. Le ragazze oggi non riescono neppure a immaginare che possa esistere un modello di donna diverso da quello imposto dalla mentalità dominante.
Non è un po' esagerato?
No. E non si tratta neppure della spontanea diffusione di una mentalità, ma di un progetto preciso, che ha al proprio servizio le agenzie internazionali. Addirittura. Lei ha mai sentito parlare del Comitato di monitoraggio per l'applicazione del trattato Cedav?
No. Onestamente, neppure del trattato.
Appunto. È un trattato delle Nazioni Unite sulle pari opportunità. E il Comitato di monitoraggio svolge un'opera attivissima e pressoché ignota. Ma efficacissima: chi si oppone a un'agenzia Onu che accusi uno Stato di discriminare le donne? E così si sviluppa uno Stato-balia planetario, che dolcemente ci abbraccia per dirci come dobbiamo pensare.
E come dobbiamo pensare?
Secondo una linea che lega il femminismo non alla difesa delle donne, ma al controllo delle nascite. Tutta la cosiddetta liberazione della donna si traduce alla fine in questo: nella "liberazione" dalla maternità, ossia nel suo rifiuto, prima culturale (l'idea tenacemente promossa che la maternità sia una sorta di handicap) e poi pratico.
Lo sono se femminismo vuol dire difesa della donna, se guarda alla verità e non all'ideologia. Ma il femminismo è pesantemente ideologico: si presenta come un orizzonte indiscutibile, ci rifila un sacco di imposizioni surrettizie, e soprattutto ha fatto sparire ogni alternativa. Le ragazze oggi non riescono neppure a immaginare che possa esistere un modello di donna diverso da quello imposto dalla mentalità dominante.
Non è un po' esagerato?
No. E non si tratta neppure della spontanea diffusione di una mentalità, ma di un progetto preciso, che ha al proprio servizio le agenzie internazionali. Addirittura. Lei ha mai sentito parlare del Comitato di monitoraggio per l'applicazione del trattato Cedav?
No. Onestamente, neppure del trattato.
Appunto. È un trattato delle Nazioni Unite sulle pari opportunità. E il Comitato di monitoraggio svolge un'opera attivissima e pressoché ignota. Ma efficacissima: chi si oppone a un'agenzia Onu che accusi uno Stato di discriminare le donne? E così si sviluppa uno Stato-balia planetario, che dolcemente ci abbraccia per dirci come dobbiamo pensare.
E come dobbiamo pensare?
Secondo una linea che lega il femminismo non alla difesa delle donne, ma al controllo delle nascite. Tutta la cosiddetta liberazione della donna si traduce alla fine in questo: nella "liberazione" dalla maternità, ossia nel suo rifiuto, prima culturale (l'idea tenacemente promossa che la maternità sia una sorta di handicap) e poi pratico.
Per quale motivo?
Qui andiamo lontano. Le origini del rifiuto della maternità sono da ricercare in un certo ambientalismo che considera l'uomo non lo scopo della creazione, ma il suo nemico. Che rifiuta l'idea dell'uomo come immagine e somiglianza di Dio, dotato di ragione e libertà, per farne un semplice prodotto dell'evoluzione: è quest'ultima il vero signore della terra, al quale gli uomini si devono sottomettere. (...) (continua)
Qui un altro importante saggio sul tema: Le teorie sul genere 5
5 commenti:
Ho letto queste recensioni di libri a mio avviso, a contenuto omofobico. Sembrerebbe che tutti i gay se la passimo bene, e ben foraggiati da importanti lobby, ma io conosco omosessuali che sono dei poveracci e che vivono onestamente del loro lavoro.
Ernesto
E te pareva, che non venisse piazzata lì l'etichettatura di "omofobo".
Gli autori non si riferiscono a casi singoli, ma a lobby californiane diventate poi "trasversali" nel mondo con tanto di bandiera (arcobaleno) e di canzone di culto (Over the Rainbow) i quali vengono opportunamente foraggiati dai magnati citati. E che rappresentano "gruppi di pressione" all'interno degli schiaramenti politci americani, siano essi democratici che repubblicani.
Altrettanto sta avvenendo da noi con lotte bipartisan per accaparrarsene il consenso.
Poi è chiaro che esistono casi singoli di poveracci come quelli che lei cita.
Ma si ammetterà che la questione dei Pacs e della "reversibilità" fra uomini o donne dello stesso sesso, pone come minimo, problemi di bilancio. Non ce né per la famiglia naturale, figuriamoci per coppie fasulle e fittizie.
Mi correggo: "non ce n'è per la famiglia naturale".
Oltre a ciò esiste anche un problema di costituzione italiana la quale fa esplicito riferimento alla "famiglia naturale" e al matrimonio tra uomini e donne.
Oppure questa "tanto magnificata Costituzione" di cui si riempiono la bocca Napolitano, Boldrini ecc. la vogliamo tirare fuori solo quando fa comodo e mandare al macero quando non si piega ai capricci delle "minoranze"?
Da ultimo, c'è anche la "riscrittura" del codice civile. E non è cosa da poco.
Tutti i paesi d'Europa e dell'Occidente hanno i Pacs o altre forme di convivenza tra omosessuali riconosciute dallo stato, tranne che qui da noi in Italia
Ernesto
Appunto, lo dice lei stesso. Quello dei gay è un problema "mondiale", e le nazioni vi si devono adeguare: per amore o per forza. Un tempo le nazioni si occupavano dei loro cittadini, applicando semplicemente i loro statuti. Oggi sono costrette ad occuparsi di minoranza transnazionali e di ubbidire all'Agenda dell'ONU.
Posta un commento