lunedì 6 marzo 2017

La rivincita del film scartato



La scena l'avete vista tutti la notte degli Oscar, che contrariamente a quanto si crede, ormai per i telespettatori americani è  diventato negli anni, un rito stracco e autoreferenziale. Warren Beatty in diretta che annuncia la vittoria di "La La Land", poi l'imbarazzata correzione in diretta. E l'Academy Award per il miglior film, come è noto, è andato a "Moonlight",  che con la sua storia dell' afroamericano gay è più "politically correct". Qualcuno è arrivato perfino a dichiararlo come la statuetta lanciata contro Trump e il trumpismo. E Hollywood, come è noto, è la roccaforte "liberal" del politicamente corretto. 
Al musical del giovane Damien Chazelle 6 Oscar.
"La La Land"  vince dunque l’Oscar come migliore regia, facendo entrare Chazelle nel guinness dei primati: con i suoi 31 anni è il più giovane regista a vedersi assegnato questo premio. Migliore attrice ad una commossa Emma Stone. Miglior fotografia, miglior sceneggiatura, miglior colonna sonora, miglior canzone originale, ma non si aggiudica quello di miglior film. L’errore dello scambio delle buste durante la scorsa Notte degli Oscar che ha catapultato il verdetto definitivo a favore di "Moonlight", ha generato infiniti commenti ironici, parodie, polemiche, dietrologie e perfino inchieste sulla questione.


LA LA LAND, titolo che gioca sulla sigla LA (Los Angeles) e sul paese del La-la (cioè  delle cose impossibili), è anche un sorprendente musical moderno che racconta un’intensa e burrascosa storia d’amore tra una giovane aspirante attrice e un musicista jazz che si sono appena trasferiti a Los Angeles in cerca di fortuna. Mia (Emma Stone) è un’aspirante attrice che, tra un provino e l’altro, si mantiene servendo cappuccini al bar alle star del cinema. Sebastian (Ryan Gosling), è un musicista jazz che sbarca il lunario suonando nei piano bar. Dopo alcuni incontri-scontri casuali, fra Mia e Sebastian esplode una grande passione nutrita dalla condivisione di aspirazioni comuni, da sogni intrecciati e da una complicità fatta di incoraggiamento e sostegno reciproco. Ma quando iniziano ad arrivare i primi successi , i due si dovranno confrontare con delle scelte che metteranno in discussione il loro rapporto. La minaccia più grande sarà rappresentata proprio dai sogni che condividono e dalle loro ambizioni professionali che li uniscono all'inizio, ma li separano alla fine. Alla fine, ciascuno realizzerà il proprio sogno, ma i due saranno stelle binarie: destinate a splendere separatamente e in ambiti distinti.

Il regista e sceneggiatore rivelazione Damien Chazelle ha scritto e diretto un film che è una lettera d’amore alla magia della vecchia Hollywood d'antan raccontata da un punto di vista giovane, fresco e contemporaneo. Stupisce vedere già la sapienza e la perizia di un giovane regista, nella sua capacità di assemblare pezzi della storia di Hollywood e dei classici del musicali in modo creativo. E i citazionismi e i dotti rimandi cinéphiles, scorrono con magica fluidità. Con ciò non bisogna affatto credere che Chazelle si limiti a realizzare un film nostalgico o meramente  citazionista, perché in realtà sa come andare ben oltre i parametri del classico e lo dichiara sin dallo straordinario piano sequenza iniziale (la scena dell'ingorgo automobilistico sul ponte dove tutti danzano e saltano sui tetti delle automobili).

Ryan Gosling ed Emma Stone sono alla loro terza collaborazione: belli, simpatici, affiatati, teneramente goffi nella danza e nel canto. Forse perché per girare un musical, oggi, hai bisogno di vere star professioniste, o forse perché Damien Chazelle sapeva che era proprio di quella goffaggine giovanile e finto-dilettantesca che aveva bisogno per raccontare la sua storia per renderla credibile.
Toh, chi si rivede! - esclama lo spettatore sospettoso -   il musical, un genere considerato "disimpegnato" e tuttavia fortemente "impegnativo" e costoso: coreografiche, costumi, danze, canti.

L'attento spettatore un po' cinefilo riconoscerà le scarpe  bianche e blu di Gene Kelly in Ryan Gosling ormai specializzato nel ruolo del romantico sognatore (vedi "Le pagine della nostra vita"), qualcosa di "Un americano a Parigi" sul ballo lungo Senna. Emma Stone coi palloncini colorati in mano sotto l'Arc de Triomphe come Audrey Hepburn in Funny Face (Cenerentola a Parigi) di Stanley Donen, il Planetario di "Gioventù Bruciata" di Nicholas Ray, la giungla di  ombrelli coloratissimi di Jacques Démy in "Les Parapluies de Cherbourg"  e tanti altri riferimenti cinematografici ormai storici e non solo. Anche i rimandi musicali sono molteplici. Nella musica Jazz (Miles Davis, Count Basie, Sidney Bechet, Charlie Parker e Charlie Mingus). 
Nella musica pop, il gruppo norvegese degli A-Ha con la celeberrima "Take on me".

Funny Face di Stanley Donen

I due innamorati levitano, ascendono e volano tra le stelle come  le esili figurine di Chagall mentre si ascolta la bellissima canzone dedicata a Los Angels "The City of Stars".
Una storia d'amore, di sogni e delusioni, di follie e di crescita; una storia che, come quei vertiginosi zoom all'indietro che arrivano fino allo spazio, ambisce a raccontare due giovani personaggi, una città, la musica, il cinema, l'Arte, l'Immaginario. Dove non manca anche un pizzico nostalgia, ma sarebbe riduttivo definirlo solo un film nostalgico.

Una cosa non è stata ancora scritta... In questo film rifà capolino il Sogno Americano che la lunga crisi  economica tuttora in corso, sembrava aver frantumato e annientato. E forse forse è proprio l'American Dream a lungo accarezzato, vagheggiato e inseguito dai due giovani protagonisti, il vero filo conduttore di tutto il film.

Fu vera gaffe quella della notte degli Oscar? Mah... curiosamente è una gaffe che ha favorito il botteghino degli incassi per il  film del giovane Chazelle.


And the winner is... come al solito al pubblico, l'ardua sentenza.

2 commenti:

Vivy ha detto...

L'ho appena visto e mi è piaciuto. Se l'hanno scartato perché non parlava di omosessuali, di droga, di violenza, di sesso estremo, hanno fatto male. Il pubblico alla fine sa sempre dove indirizzarsi.

Hesperia ha detto...

Questo è vero. In fin dei conti, l'Oscar funziona un po' come Sanremo dove la canzone vincitrice non è mai la migliore. Ma è tanti anni che va così, ormai.

Del resto l'Oscar sta diventando un po' come il Nobel: un premio politico-ideologico ad opera di poche consorterie. E con l'ideologia non si fanno bei racconti filmici.