Rileggendo "Ogni Terzo Pensiero", di Giovanni Raboni, per Mondadori,si può notare qualcosa che auspichiamo possa valere per tutta la poesia contemporanea.
Un senso ancora autobiografico del fare poesia, fittissimi riferimenti culturali ma appena accennati, quasi cifrati, simboli,
come spesso accade nel fare poetico, uniti in questo caso a citazioni insolite:
la malattia, la vita, la matematica, lo spirituale, il fisico ormai quasi scientizzato, il biologico, la chimica, il finito e l'infinito.
Nella deromantizzazione dei linguaggi e nello scientismo del Novecento si scopre che si può ancora fare poesia, anche mescolando i piani,
ma non abdicando all'essenza, magari ottenendo un cortocircuito spazio-temporale, un tempo personale, un tempo dell'anima che si schiude ancora all'eternità.
Nel primo componimento c'è un richiamo memoriale anche al lessico Gozzaniano, delle "buone cose di pessimo gusto", ...i "rigattieri", i "feticci di fulgida latta",
ma caricate di un sovrappiù sentimentale, di un alone strettamente personale;
c'è lo scorrere del tempo mostrato dalla differenza cronologica tra le collezioni di un rigattiere e di un antiquario (già alta epoca, quindi)
a segnare il tempo che passa; espressioni 'esistenzialismo-Novecento' come "l'aria ulcerata", ("in mente dei" con Dei minuscolo, nel '900 è sintomatico)
o geniali nel loro essere retrò come "l'attonita infanta dei calendari" che dipinge un ritratto a pochi segni, ma abbiamo tutti ricevuto un'impressione visiva
efficace dell'immaginario perduto cui si riferisce.
Nel secondo componimento ci sono assonanze con "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi" di Cesare Pavese,
ed è da notare l'incipit che sembra la risposta implicita a "Essere o non essere'" shakespeariano. L'essere intimi è nel cuore, ma anche nel..."midollo",
"le 206 ossa": il lessico scientista-ospedaliero-materico del '900 caduto cozza volutamente con l'espressione lirica e intensa "se è di estraneità alla vita che si muore".
Pavese vi è presente in filigrana, ricordato nell'espressione "come lasciamo una casa senza fuoco" .
Ma la poesia di Raboni, anche se come giusto si ricollega ad alcuni passaggi della nostra (e non solo nostra) tradizione, come poetica dell'attraversamento,
è originale e sa rivitalizzarla.
Spero piacciano anche a voi.Ecco due esempi significativi:
Adesso non è più dai rigattieri,
è da qualche antiquario che potrei
comprarmi l'infanzia, riavere i miei
feticci di fulgida latta ieri
derelitti, oggi preziosi, stranieri
venuti da un tempo in cui tu che sei
la mia vita eri ancora in mente dei
e che forse per questo ami. O c'eri
Un senso ancora autobiografico del fare poesia, fittissimi riferimenti culturali ma appena accennati, quasi cifrati, simboli,
come spesso accade nel fare poetico, uniti in questo caso a citazioni insolite:
la malattia, la vita, la matematica, lo spirituale, il fisico ormai quasi scientizzato, il biologico, la chimica, il finito e l'infinito.
Nella deromantizzazione dei linguaggi e nello scientismo del Novecento si scopre che si può ancora fare poesia, anche mescolando i piani,
ma non abdicando all'essenza, magari ottenendo un cortocircuito spazio-temporale, un tempo personale, un tempo dell'anima che si schiude ancora all'eternità.
Nel primo componimento c'è un richiamo memoriale anche al lessico Gozzaniano, delle "buone cose di pessimo gusto", ...i "rigattieri", i "feticci di fulgida latta",
ma caricate di un sovrappiù sentimentale, di un alone strettamente personale;
c'è lo scorrere del tempo mostrato dalla differenza cronologica tra le collezioni di un rigattiere e di un antiquario (già alta epoca, quindi)
a segnare il tempo che passa; espressioni 'esistenzialismo-Novecento' come "l'aria ulcerata", ("in mente dei" con Dei minuscolo, nel '900 è sintomatico)
o geniali nel loro essere retrò come "l'attonita infanta dei calendari" che dipinge un ritratto a pochi segni, ma abbiamo tutti ricevuto un'impressione visiva
efficace dell'immaginario perduto cui si riferisce.
Nel secondo componimento ci sono assonanze con "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi" di Cesare Pavese,
ed è da notare l'incipit che sembra la risposta implicita a "Essere o non essere'" shakespeariano. L'essere intimi è nel cuore, ma anche nel..."midollo",
"le 206 ossa": il lessico scientista-ospedaliero-materico del '900 caduto cozza volutamente con l'espressione lirica e intensa "se è di estraneità alla vita che si muore".
Pavese vi è presente in filigrana, ricordato nell'espressione "come lasciamo una casa senza fuoco" .
Ma la poesia di Raboni, anche se come giusto si ricollega ad alcuni passaggi della nostra (e non solo nostra) tradizione, come poetica dell'attraversamento,
è originale e sa rivitalizzarla.
Spero piacciano anche a voi.Ecco due esempi significativi:
Adesso non è più dai rigattieri,
è da qualche antiquario che potrei
comprarmi l'infanzia, riavere i miei
feticci di fulgida latta ieri
derelitti, oggi preziosi, stranieri
venuti da un tempo in cui tu che sei
la mia vita eri ancora in mente dei
e che forse per questo ami. O c'eri
forse anche tu, invisibile, e nell'aria
ulcerata ti credevo magari
la famosa sorellina mai nata,
l'attonita infanta dei calendari
illustrati, muta depositaria
del bene, mite bellezza insidiata?
------------------
Essere...essere, sì, intimi nel cuore,
nel midollo, con chi è noi, con chi
d'altro noi siamo -- forse è tutto qui
il segreto, è così che si fa onore
alla vita se è solo per ardore
che le duecentosei ossa non si
dissaldano innanzi tempo, se è di
estraneità alla vita che si muore,
con minima pena, come lasciamo
una casa senza fuoco. E forse, ossa
dimenticate, una provvida mente
ci penserà, due amanti! e nuovamente
vivi traslocheremo dalla fossa
all'apparirci, all'esserci che siamo.
ulcerata ti credevo magari
la famosa sorellina mai nata,
l'attonita infanta dei calendari
illustrati, muta depositaria
del bene, mite bellezza insidiata?
------------------
Essere...essere, sì, intimi nel cuore,
nel midollo, con chi è noi, con chi
d'altro noi siamo -- forse è tutto qui
il segreto, è così che si fa onore
alla vita se è solo per ardore
che le duecentosei ossa non si
dissaldano innanzi tempo, se è di
estraneità alla vita che si muore,
con minima pena, come lasciamo
una casa senza fuoco. E forse, ossa
dimenticate, una provvida mente
ci penserà, due amanti! e nuovamente
vivi traslocheremo dalla fossa
all'apparirci, all'esserci che siamo.
(Giovanni Raboni)
Josh
16 commenti:
Raboni ha un curriculum di tutto prestigio nel mondo della cultura. Tra l'altro è stato anche nel Comitato direttivo del Piccolo Teatro di MIlano e in quello di Redazione della casa editrice Guanda. E Milano è proprio la protagonista e il backgrond di tante sue poesia. Ma la domanda che scaturisce dagli spunti che hai offerto nel tuo post, caro Josh, è la seguente: ha ancora un senso "fare poesia" nell'universo contemporaneo?
che domandona, Hesperia!
Sì, per me ha ancora senso fare poesia oggi, anzi assume il valore di una resistenza individualistica alla massificazione e alla banalizzazione.
Diceva Montale al discorso per il Nobel, Dic 1975):
"Ma non è credibile che la cultura di massa per il suo carattere effimero e fatiscente non produca, per necessario contraccolpo, una cultura che sia anche argine e riflessione. Possiamo tutti collaborare a questo futuro. Ma la vita dell'uomo è breve e la vita del mondo può essere quasi infinitamente lunga."
(Eugenio Montale, E’ ancora possibile la poesia, Nobel Lecture, 12 Dicembre 1975)
concordo ancora con lui, anche se questo non è un periodo fiorente nè particolarmente roseo da questo punto di vista.
un po' di acidità! :) Sappiamo che la poesia è ispirazione, è negli ultimi secoli anche individualità/individualismo, in passato fu anche epica e voce immaginaria di tutto l'ethos mitico di un popolo. Ma la poesia è anche ...una tecnica, una conoscenza profonda della lingua, un lessico sentimentale e visionario ricreato.
Non per tornare alla perdita dell'aura che già avevamo citato mesi fa, ma di recente anche la De Agostini ha fatto uscire in edicola un manuale di scrittura, con tecniche e stratagemmi vari di composizione:)) a fascicoli!
come fosse i Lavori ai Ferri di zia Peppina o le Ricette di Bravacasa.
In più la scrittura che vende oggi sappiamo cos'è: romanzi, e non di alta levatura, specie di gente che è andata spesso in tv. La poesia in questa logica mercantile industriale in cui si scrive per il mercato non può prosperare a mio avviso, anche se la sua crisi nasce molto prima, con la morte di una certa tensione ideale nel Novecento.
E' così che non vedo altra soluzione se non quella enunciata da Montale: forse solo la poesia può sopravvivere alla cultura di massa proprio perché non massificabile,
non coercibile, come opposizione aliena all’effimero.
Sicuramente sarà sempre di nicchia, e quasi in opposizione rispetto alla grande Banalizzazione in cui viviamo.
Pensa al commento di Stella di là da Nessie: dei ragazzi cantavano 'La canzone del Sole' ed erano convinti fosse la nuova di Fiorello e non il brano storico di Battisti. E' un segno dei tempi. Non è solo perdita dell'aura, e l'inflazione della copia della copia, è anche ignoranza gigantesca diffusa, che sicuro non potrà intendere il sottile rapportarsi di ogni vera poesia a tutto il mondo culturale presente e passato. Ma sono speranzoso.
MI hai offerto molti spunti e suggestioni. La poesia che nasce come fenomeno legato all'etnos, è diventata un fatto elitario. E curiosamente,sopravvive alla massificazione, proprio in virtù di questo elitarismo. Ricordo una bella frase ne "Il dottor Zivago" (Pasternak è soprattutto poeta, nonostante abbia scritto questo bel romanzo). "Nessuno ama la poesia come il popolo russo". Perché? Perché allora i poeti frequentavano taverne e si mescolavano al popolo che erano gli ascoltatori beneficiari dei loro versi. E' pensabile nell'era mediatica un canale così povero di comunicazione come "le taverne"? certamente no.
Però, paradossalmente il linguaggio criptico del Poeta si sottrae a fenomeni quale la clonazione, di cui si è detto nel LOch a proposito di Battisti.
Aggiungo 1 nota: l'immagine in alto è di Renzo Vespignani, altro artista italiano. E' noto soprattutto come incisore, spesso di cicli ispirati a opere letterarie, qualcosa delle sue opere si può trovare qui, ma il web vedo non ha i suoi lavori maggiori.
http://www.galleriavirtuale.net/vespignani/index.htm
Su Raboni c'è oggi una lettera di sua moglie Patrizia Valduga che chiarisce i suoi rapporti con l'editore De Michelis di Marsilio.
E comunque alla moda di esibirsi ai media non rinunciano nemmeno i poeti, viste le immagini di Alda Merini vecchia che si fa fotografare nuda sui giornali.
Sandro
La lettera era su Corriere "interventi e repliche".
Sandro
"Carmina panem non dant" dicevano i Latini.
Si vede che Alda Merini è in cerca di "pane". Da qui le copertine di nudo.
@Sandro: esistono anche poeti e poetesse un po' più schivi di chi si fa fotografare nudo....in questi casi non so perchè ma preferirei attenermi strettamente ai testi:))
Ben ritrovati, amici! Vedo che avete ripreso.
Mi rendo conto che Raboni ha un posto importante nella storia della poesia del Novecento. Però , ecco, se devo dire la verità, più ci avviciniamo ai nostri giorni (che Raboni ha attraversato), più mi accorgo che la poesia perde aura e tratta di cose minime. Insomma, diventa un po' minimalista. Per questo francamente preferisco i poeti a lui antecedenti.
O quelli che pur essendogli contemporanei hanno moduli più classici, come Luzi.
Ottima scelta Josh, Giovanni Raboni é stato un autore molto prolifico, versatile e profondo.
Nella folla dei contemporanei é stato sicuramente il poeta di più alto "lignaggio"...
Mi piace quando la sua poetica assume toni attenuati, discreti, attenta al quotidiano, ma che non trascura i grandi temi morali e politici.
A questo link potrette ascoltarlo mentre recita una sua poesia http://www.giovanniraboni.it/Default.aspx?Voice=true
Questa:
Svegliami, ti prego, succede ancora
d'implorare in un sogno a questa tenera
età, aiutami, fa' che non sia vera
l'oscena materia del buio. Sfiora
allora davvero una mano il mio corpo assiderato e di colpo so
d'averti chiamata e che non saprò
più niente.
Molto, molto intensa.
Come in un libro o all’opera
sembra un trucco squisito la tua morte
preparata nei gesti della vita
con mille dolcissimi addii.
Ciao Are
Alda Merini nuda?
Mamma mia...francamente, non capisco. Forse una botta di senilità.
X Hesperia secondo me fare poesia avrà sempre senso, perchè scaturisce dalle pieghe più segrete e intense dell'animo umano, specchio quindi del tempi, ma anche immortale come le emozioni.
Ciao Are
Ciao Demetra, ben ritrovata. Senz'altro vero il percorso di ...spoliazione, e a volte di scadimento man mano che ci si avvicina ai giorni nostri. Nella mia opinione almeno con Raboni stavamo ancora in botti di ferro quanto a qualità della composizione, e ispirazione sincera. Molto c'entra anche il gusto personale, e i mondi cui siamo istintivamente affezionati. Mario Luzi piace molto anche a me.
cara Aretusa, è un piacere leggerti su questi schermi:) Grazie del link, che non conoscevo.
La poesia invece sì, è vero è intensa. Ha quelle sue espressioni concentrate e se vuoi cariche, sue tipiche: "oscena materia del buio", "sembra un trucco squisito la tua morte", "i mille dolcissimi addii".
Insomma mi piace.
Grazie del tuo intervento.
Sì, Are, e Josh giustamente ha scritto per l'uopo che in questo caso preferisce concentrarsi sui versi :-). Si vede che la teoria della provocazione mediatica funziona anche per certi poeti e poetesse.
Credo anch'io che la condizione poetica sia parte integrante della condizione umana. Era sui mezzi di diffusione che ero perplessa. Ciao a tutti, torno lunedi.
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