Valvarrone - Tremenico - foto dal sito Ecomuseo della Valvarrone
Volevo scrivere un post a completamento dei tre brani che ho trascritto dal libro di Enrico Baroncelli, La Valle del ferro (questi i brani), ma il racconto sulla Via del ferro, parte integrante della storia della Valle, mi ha entusiasmato a tal punto da farmi deviare dal proposito iniziale. In Italia ci sono tante altre vie o valli con questi toponimi, ma la valle di cui si parla in questo post è quella che si estende tra la Valsassina e la Valvarrone.
Nel VI secolo A.C. fu forse un gruppo di etruschi, spintisi fino a quelle latitudini, ad introdurre in quelle valli il metodo di estrazione del ferro da rocce metallifere; aveva così inizio la vocazione mineraria della vallata. Una vocazione che procede tuttora nel distretto manifatturiero di Premana, dove ogni casa è un laboratorio per la lavorazione del ferro. Nel paese vengono prodotte forbici per le quali è famosa Premana nel mondo.
La storia plurimillenaria delle miniere della Valsassina e Valvarrone, nel Seicento e Settecento s'incrocia con quella di due potenti famiglie della valle, i Monti e i Manzoni, che in quel periodo ebbero un ruolo primario nelle vicende geo-politiche della valle. Nel 1647 la Valsassina era stata infeudata per la prima volta nel corso della sua storia, e il primo feudatario fu un Monti, il quale, per vanagloria, assieme al feudo aveva pure acquistato il titolo nobiliare di Conte, conte don Giulio Monti. Dalla famiglia Manzoni, proprietaria di quasi tutti i forni della Valvarrone, nascerà Alessandro Manzoni. Ma queste sono belle storie che riprenderemo eventualmente in altri post, qui ci occupiamo di storia mineraria della valle.
Premana. Il rudere è ciò che rimane di una vecchia fucina. Vicino ci sono anche i forni che servivano a fondere il ferro scavato dalle miniere della vallata (Foto di Donata Barin)
La Via del ferro, questa via del ferro, da non confondere con altre, ha avuto anch'essa origini nell'Età del Ferro, e precisamente tra i secoli VI - II A.C., forse ad opera di etruschi che s'erano spinti fino a queste latitudini, sul Monte Varrone, la montagna alle spalle di Dervio, località del Lago di Como situata tra Bellano e Colico. La presenza di etruschi sul Varrone pare sia ancora avvolta nel mistero, non essendo stato trovato alcun reperto che lo comprovi. E' invece certo che a loro si sovrapposero gruppi di Celti-Liguri, i quali dovettero poi lasciare il campo a popolazioni barbare provenienti da nord. Seguirono i Galli, padroni della zona fino all'arrivo dei romani, avvenuto nell'anno 196 A.C., con le legioni di Claudio Marcello. Anzichè combatterli e cacciarli, quei romani optarono per la pacifica convivenza con i Galli, formando così un nucleo misto di Gallo-Romani, contemporaneamente presenti anche a Milano. Per le miniere di ferro della Val Varrone iniziava un periodo d'intenso lavoro, durato incessantemente fino al termine dell'età viscontea. Nell'Età Romana, i lavori più pericolosi e massacranti - scavo nelle miniere e trasporto del materiale alle fornaci - veniva fatto svolgere da schiavi che i romani avevano strappato dalle loro terre.
La via del ferro della Valvarrone era una ragnatela di sentieri e mulattiere rimaste attive migliaia di anni, che partivano dalle cave sparse per i monti, per confluire a fornaci parecchio distanti. Tragitti lunghi, quindi, e assai faticosi, tanto che un cavallo, carico di rocce da colare, pesanti l'equivalente odierno di circa 160 kg, poteva fare un solo viaggio al giorno.
Nel Settecento le fornaci della Valvarrore in totale erano 6, e quasi tutte di proprietà dei Manzoni. Dai punti di colatura quasi tutto il ferro prodotto prendeva la via per Milano. Non essendoci strade, ma solo sentieri fino al 1832, quando gli austriaci inaugurarono la strada militare per lo Stelvio, divenuta poi l'attuale provinciale 72 Lecco - Colico (vedi alla voce Sentiero del Viandante), le merci viaggiavano via lago fino a Como, per poi giungere a Milano tramite l'antica arteria viaria costruita ancora in età Romana quasi 2000 anni prima. Per ridurre la durata, e alleviare la fatica per quel genere di trasporti, Ludovico il Moro ordinò l'apertura del naviglio della Martesana (originariamente nato solo per scopi irrigui) al passaggio di barconi mercantili. In tal modo il traffico fu dirottato gradatamente a Lecco. Da lì le merci potevano giungere direttamente alla Darsena di Milano, col solo disagio per un doppio trasbordo nei pressi di Paderno d'Adda (vedi alla voce Leonardo al MUST di Vimercate). Nei pressi della Darsena erano dislocati tutti gli utilizzatori di quelle merci, nel nostro caso il ferro, raggruppati in vie che già in epoca viscontea portavano nomi che richiamavano ai loro mestieri: via Spadari, via Armorari, ecc.
L'assenza di una vera rete viaria rendeva sempre meno conveniente la produzione locale, a favore di altri concorrenti regionali, tra cui le fornaci di Dongo, poste dall'altra parte del lago, sulla riva occidentale, che invece godevano di una funzionale viabilità stradaria fin dall'epoca romana, attraverso la Strada Regia (poi Strada Regina). E' quindi logico pensare che i porti di Dervio e di Bellano rivestirono grande importanza nei secoli, fino al 1832, poichè mancavano strade di comunicazione, e i commerci per Milano, sbocco privilegiato per le merci della Valsassina, si potevano svolgeve solo via lago.
Forbici di Premana - foto mia
Curiosando
Nel 1782 a Premana il Forno detto di San Giorgio "lavora quattro mesi ogni due anni, consuma ogni giorno 32 sacchi di carbone e cuoce 44 Cavalli di vena circa, da cui ricavasi circa Pesi 117 di Ferro crudo e pesi 3 di Ferro minuto".
Per far rilanciare il ferro della Valsassina, rendendolo più competitivo, sul finire del XVIII secolo gli austriaci costruirono la strada Taceno-Bellano.
Secondo il saggio-ricerca di Enrico Baroncelli, ferro della Valvarrone sarebbe stato impiegato per la costruzione del Teatro La Scala.
All'epoca dei Monti e dei Manzoni, si utilizzavano unità di misura totalmente diverse da quelle odierne.
Estrapolate dai quaderni derviesi, a cura di Michele Casanova, ecco alcune unità di peso utilizzate per gli scambi commerciali.
Per il ferro si usava il rubbo, equivalente a 8,17 kg per la città di Milano, e 7,916 kg nella città di Como.
Cataste di legna ricoperte di terriccio per produrre carbone a legna
Foto di Donata Barin, dalla festa "Premana rivive l'antico"
Per il carbone, necessario per colare il ferro, si usava il moggio, corrispondente a varie libbre, unità di peso variabile, a seconda del genere di prodotto da pesare (esempio, un moggio di frumento corrispondeva a 340 libbre).
La libbra aveva anche due sottounità: libbra grossa (0,76252 kg a Milano); libretta (0,3268 kg a Milano).
I boschi della Valsassina venivano di norma tagliati ogni 30 anni, e da ogni pertica di bosco si potevano ricavare circa 63 moggia di carbone.
I Ferraini - cioè gli scavatori - siccome erano pagati a cottimo, per avere una maggiore mole di minerale da consegnare non facevano una cernita diligente. Buttavano dentro di tutto, e questo danneggiava il padrone, quindi l'impresa, che poi spesso chiudeva o falliva, anche a causa di questo sleale comportamento che ne abbassava la resa.
Nel 1783 il forno al Ponte Regio di Premana, di proprietà di Massimiliano Manzoni, dava lavoro a circa 150 persone. Lo aveva concesso in affitto fin dal 1775 a Francesco Mornico, il quale, nel 1788, vi produsse il primo acciaio italiano. Massimiliano e il poeta Alessandro Manzoni discendevano dall'avo comune Pasino Manzoni, valsassinese morto nel 1592.
La via del ferro - nell'interpretazione di Davide Van De Sfroos
6 commenti:
Dal suo blog, riporto qui un commento di Alfa, ovvero Il lago dei misteri, perchè inerente all'argomento delle miniere del ferro.
Il blog, il cui amministratore è un eccellente ricercatore, oltre che conduttore radiofonico, me l'ha fatto conoscere Josh, che nuovamente ringrazio.
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Appena sopra Omegna, in Valle Strona, c'era una miniera di ferro aperta dagli Sforza nel Quattrocento...
E a proposito di miniere di ferro, ci sono anche quelle descritte inquesto post di Alfa, in cui si legge anche della probabile presenza di Leonardo sul Cusio.
Bellissima la canzone sulla via del ferro di Davide Van de Sfros. Tra l'altro è un cantante molto originale che mi piace molto. E suggestivo ed efficace il suo dialetto laghé.
Si intitola proprio "La via del Ferro"? mi pare che parli di acqua dolce. Ora vado a cercare il testo.
Hesperia,
non conosco il titolo. Sarà il caso di chiederlo a chi ha messo il video in rete, che è Informalecco.com .
Ho scoperto per caso questo video, ma la cosa straordinaria è che alla fine del filmato mi hanno portato a scoprire una realtà che non credevo di trovare al sud Italia. Una realtà che invece, specie da Saviano in Gomorra, ci viene dipinta come se il SudItalia (e non solo...) fosse tutto pervaso da cosche malavitose, che non han di meglio a cui pensare se non al malaffare. Il Sud che si scopre da codesto filmato è il sud che vorrei, quello di un sud lavoratore, fatto di sudore e schiene spezzate in un'altra fantastica via del ferro calabrese. E' esistita, e credo tanto che sarà oggetto di un mio prossimo post.
Marshall, è stato un caso imbattermi in quel blog, però lieto che ti sia servito.
Sul post:
sono in molti a pensare a un'origine etrusca della capacità d'estrazione del ferro, e quindi si suppone fossero arrivati anche là.
Va ben che c'è un Manzoni nel post....e ci siamo;
ma c'è anche un Monti...che roba.
Hai letto delle sue ultime intraprese (del Monti attuale) da SauraPlesio?
da mettersi le mani nei capelli.
Anzi, da mandargli Edward mani di Forbice.
Anche dalle storie locali s'intende come la storia d'Italia sia una summa di sostrati e substrati.
Curiosa l'interpretazione di Van De Sfroos.
Josh,
comunque sia ti ringrazio perchè è un blog-sito veramente straordinario, arrivato in questi giorni a 1000 post, quasi tutti di ottima fattura. Oltre aver scritto quasi inediti su Margherita Pusterla (il motivo per cui mi ci avevi indirizzato), ha anche scritto una serie di post di buon livello, sulla figura di San Maurizio e della sua Legione Tebana. Tutto questo perchè il blogger aveva letto il mio Adelaide e gli Ottoniani, in cui accenno ad una chiesa dedicata al santo.
Da leggere.
Il fatto della presenza di un Monti in quella valle, e che era in perenne dissidio con un Manzoni, è perchè il Monti aveva fatto un grosso investimento per l'acquisto di feudo e titolo, rivelatosi poi un clamoroso flop finanziario alla resa dei conti.
Mi fermo qui perchè dovrebbe essere argomento conclusivo a quei tre post.
Non ho ancora letto il post che mi consigli (a proposito, dalle parti di Dongo, citato nel post, c'è il paese di Plesio) perchè mi sto dedicando di più a queste ricerche più soddisfacenti; comunque sia, ora vado a leggere perchè Saura Plesio è un'eccellente penna.
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