sabato 16 febbraio 2008

Cinema e letteratura: un legame indissolubile

Cinema, letteratura: teatro d’ombre, simulacri di fronte ai quali l’uomo di cultura non può nulla… Se non conoscerne il funzionamento. Gilles Thérien, “Revue des sciences humaines”

Così questa scrittura reca un senso sottilee dona agli occhi più concentrazione. Ibn At-TubiNon si tratta unicamente di fotogrammi e parole, di voce ed immagine, di racconto scritto e mostrato, si tratta di due linguaggi diversi, ma complementari, che al
lettore o allo spettatore, sembrano "semplici macchine” per raccontare storie,
Cinema e letteratura.
Ne parlo perché sta per uscire un film tratto da uno dei libri che più mi hanno emozionato e commosso ultimamente, “Il cacciatore di Aquiloni” di Khaled Hosseini.
Il libro racconta la storia di due bambini afgani Hassan e Amir di etnia ed estrazione sociale diverse, il primo hazara, il secondo pashtun e di come si snoderanno le loro vite, dopo che una terribile violenza li vede protagonisti: lo stupro di Hassan, a cui Amir assiste senza intervenire. Questa è la chiave di tutto il romanzo, che diventa metafora per narrare le tragedie di quella terra straziata, da guerre fratricide, invasioni e regimi dusumani.
Lo stesso Hosseini considera il suo libro una potente metafora: “Hassan lo stuprato rappresenta l’Afghanistan; Amir che guarda e non interviene, la comunità internazionale, che è sempre rimasta alla finestra mentre il mio paese veniva brutalizzato da un regime dopo l’altro”.
Un libro, quindi pieno di pathos e significati profondi , che coinvolge in modo straordinario il lettore.

Cinema e letteratura, pur essendo due arti distinte, hanno un rapporto di osmosi, di compenetrazione e a volte di contrapposizione, non fosse altro, perché la maggior parte dell’opera cinematografica s’ispira o è tratta dall’opera letteraria. Le connessioni e le contaminazioni e gli esempi sono innumerevoli nella storia del cinema e si potrebbe andare avanti all’infinto a parlarne.
Il legame fra le due arti è così stretto che spesso non si può fare a meno di fare confronti.

A chiunque è capitato di vedere film brutti tratti da romanzi bellissimi e viceversa, scoprire bellissimi libri attraverso capolavori cinematografici.

Recentemente mi è successo con “La ragazza con l’orecchino di perla” film mediocre sulla “genesi” dell’omonima opera di Jan Veermer, che mi ha fatto scoprire il libro, un piccolo “gioiello” di Maurice Chevalier.

Altre volte l’immagine rende più della parola scritta, perché oltre a riprodurne perfettamente lo spirito, si veste del “contatto visivo”, regalandoci quei capolavori che hanno fatto la storia del cinema.
Dal film più amato “Via col vento” tratto dall’omonimo romanzo di M. Mitchell, sontuoso melodramma in costume e capodopera del grande cinema hollywoodiano, ormai scomparso, a “Il grande sonno” di Howard Hawks, tratto anche questo dall’omonimo romanzo di Raimond Chandler, dove, al di là della trasposizione cinematografica un po’ smorzata dalla censura di quegli anni, Humphrey Bogart ci regala un Philippe Marlow che è meglio di quello uscito dalla penna di Chandler.

Da “Ombre Rosse” (dal racconto Stage to Lordsburg di Ernest Haycox) capostipite del western classico, diretto da John Ford a “La donna che visse due volte” (Vertigo) di Alfred Hitchcock (dal romanzo “Entre les morts” di Pierre Boileau) ossessione di un grande regista che già dagli splendidi titoli di testa trasporta lo spettatore in una parabola noir di straordinario impatto visivo.
I grandi capolavori nati dal “matrimonio” fra cinema e letteratura sono talmente numerosi che lascio a voi il piacere di ricordarne ancora ( altrimenti fareste notte a leggere questo post…)

Io mi limito a segnalare alcuni dei mie libri/film preferiti in ordine sparso, come mi vengono in mente: “Eva contro Eva” (Mankievich/The Wisdom of Eve-Mary Orr) per le battute perfide e l’humor sarcastico e lo scontro immortale di Bette Davis e Anne Baxter.
“Gli uomini preferiscono le bionde”(Howard Hawks/Anita Loos) ironica e travolgente commedia e secondo me un’irresistibile Marylin.
“ Shining ( Stanley Kubrick/Sthephen King), prima impietosa metafora sulla crisi della famiglia contemporanea in chiave horror. Magistrale.
Blade Runner (Ridley Scott/Philip K.Dick) la fantascienza sposa il poliziesco e ci regala una delle più angoscianti e realistiche visioni di un possibile futuro oltre ad una delle più famose frasi del cinema. “ Io ne o visto cose…).
E qui mi fermo…
Are

51 commenti:

Hesperia ha detto...

"...E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia" conclude l'androide che sta per morire interpretato da Rutger Hauer nel film "Blade Runner"di Ridley Scott.
Brava Mary che ci hai dato questa rassegna di liaisons letterarie-cinematografiche. Ma come spesso mi è capitato di dire, il cinema altro non è che una forma di letteratura popolare raccontata per immagini.
"Dopotutto domani è un altro giorno" (Via col vento). "Francamente me ne infischio" (Via col vento).
"Se mi vuoi fammi un fischio" (Bacall a Bogart in "Sui Mary del Sud").
"Suonala ancora Sam" (Play it again Sam) in "Casablanca". E chi più ne ha, più ne metta...

Un'ultima cosa. Ci sono romanzi (ed è il caso del "poliziesco", della detective story, del noir di Chandler, di James Cain, di William Irish, di Patricia Highsmith) che sembrano già delle sceneggiature cinematografiche e che forse nella forma di romanzi non avrebbero avuto altrettanta fortuna.

Hesperia ha detto...

PS: ...dimenticavo una delizia. Imperdibile "Il terzo Uomo" dal racconto di Graham Greene.
Lì ci fu Orson Welles che intervenne con una sua battuta personale che non esisteva nella sceneggiatura originale di Greene.
"In Italia, sotto i Borgia per trent'anni hanno avuto guerre, terrore, assassinii, massacri e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e cos'hanno prodotto? Orologi a cucù".

Anonimo ha detto...

Hesperia,
allora Orson Welles voleva dire che le guerre fanno bene all'arte?
Coi venti di guerra che si profilano da oriente, non penso che l'Italia potrà produrre niente di buono, nè per l'arte cinemaografica e tanto meno per la letteratura.

p.s. a me non piacque il film "La ragazza con l'orecchino".
La ragazzina si, il film no.

Hesperia ha detto...

Marnie, altri tempi, altre guerre: quelle dei Borgia. Orson Welles ne "Il terzo Uomo" avrà voluto far notare un paese diviso in signorie e guerre intestine, ma che allora, disponeva di mecenati che finanziavano grandi artisti. Mi pare che dal Rinascimento ad oggi, siamo molto, ma molto lontani...
Volevo segnalare ad Are che la versione DVD di Blade Runner è stata cambiata nel finale da Ridley Scott, in modo assai deludente. Deckard (Harrison Ford) e Rachel (Sean Young) non vanno più via in astronave, ma escono dalla porta. Mi domando perché intervengano a fare simili revisioni peggiorative.

Egle ha detto...

Mentre leggevo il bel post di Aretusa con la storia dei due ragazzini, mi é venuto in mente il libro che avevo molto amato:''Qualcosa che vale'' tratto dal romanzo di Robert C.Ruark da cui venne tratto il film con Sidney Poitier e Rock Hudson.
Oggi probabilmente non sarebbe piu' accettato politicamente ( il libro), ma resta una gran bella storia.
Direi che ho visto tutti i film citati qui e letto praticamente anche quasi tutti i libri corrispondenti.
Poi potrei continuare con ''Uomini e topi'' di Steimbeck e il film con Henri Fonda e tutti i film tratti dai romanzi di Hemingway.
Un altro che mi era piaciuto era il romanzo di Jones '' Qualcuno verrà'' di cui fu fatta una mediocre versione cinamatografica con Frank Sinatra e la regia di Vincent Minnelli.
Ma poi diciamo che ci fu anche il teatro drammatico americano da Arthur Miller ( Morte di un commesso viaggiatore) a Eugene O'Neil e a Tennesse Williams ( Zoo di vetro , Un tram chiamato desiderio...)
É un vero piacere ripensare a quelle storie piu' o meno bene rappresentate al cinema.
Alla prossima, care amiche! :-)

Aretusa ha detto...

Hesperia si é vero, in parte "il cinema altro non è che una forma di letteratura popolare raccontata per immagini".
Ma per me il cinema dovrebbe essere anche l'evoluzione della letteratura.
Il linguaggio scritto arricchito da quello visivo e sonoro.
Purtroppo il cinema, come le altri arti ha perso gran parte della sua originalità e genialità, perchè ha messo in primo piano il "fattore" visivo, trascurando o annullando (in taluni casi) il potere di una trama letteraria ben impostata con dialoghi intelligenti, ironici e densi di significati (con frasi rimaste nella storia del cinema, quali quelle che tu hai citato).
Le trame dei film sono diventate funzionali agli effetti speciali e non viceversa, come all'inizio dell'uso di questi.
Gli effetti speciali che hanno permesso la realizzazione di scene impossibili da replicare con i mezzi primari del cinema, hanno finito per soffocarlo.
Le produzioni di oggi, sono un “exploit” di effetti, ma sotto "il vestito niente".
Quella che era la vera anima del cinema si sta spegnendo, perchè l'ossatura del film, tratta appunto dalla letteratura, o comunque dalla parola scritta, soccombe davanti allo strapotere degli effetti visivi.
Sviluppando in modo abnorme, quella che é la prima prerogativa del cinema (la vista) rispetto a quella secondaria (ma non meno importante, la parola scritta), il cinema si é impoverito.
Si parla tanto della crisi del cinema italiano, ma non c'è solo quella, é il cinema ad essere in crisi.
Tutto.
Ciao Are

Aretusa ha detto...

Marnie neanche a me ha entusiasmato il film "la ragazza con l'orecchino di perla", ma ti consiglio il libro.
Fra l'altro io avevo letto prima il libro e poi visto il film. Sono rimasta doppiamente delusa.
Ciao Mary

Aretusa ha detto...

Grazie Egle...
Hai ragione quel film oggi sarebbe politicamente scorretto, perchè vige la mentalità ipocrita del "volemose bene" fra le diverse razze, anche quando la controparte taglia la gola ai tuoi consimili.
La fede multiculturalista è cieca e tenta di nascondere la cultura radicata nei secoli di un popolo, per ricoprirla con il velo, dell’integrazione a tutti i costi.
Ma non ci può essere integrazione laddove, chi arriva non rispetta leggi e cultura del paese ospitante.
In quel film sono molto bene illustrati gli odi razziali (da ambo le parti) che hanno sempre diviso i neri dai bianchi, in America. Odi, sopiti, ma non totalmente spenti. E nemmeno si arriverà a spegnerli mai, secondo me, perché l’uomo sotto la patina della modernità, è sempre un selvaggio.
E basta leggere un giornale la mattina per rendersene conto.

Hai fatto bene a ricordare il teatro drammatico americano, sono veramente tanti i rapporti fra cinema e letteratura, e questo da solo meriterebbe un post.
Ciao Are

Hesperia ha detto...

Ho capito che le Esperidi sono delle patite cinefile (e nel caso di Are e mio, pure cinofile, ma questo è un OT):-)
Egle non ricordo "Qualcosa che vale", ma con Rock Hudson ricordo l'indimenticabile "Come le foglie al vento" di Douglas Sirk, un regista da "romanzoni filmici".
Del duo Steinbeck-Fonda ricordo "Furore", sulla crisi del '29. E sempre di Steinbeck-Kazan l'indimenticabile "La valle dell'Eden", con Jimmy Dean.
Quoto Are, sul fatto che oggi ci si preoccupa troppo di confezionare dei "giocattoloni" molto "childish", tutti effetti speciali che incassano molto al botteghino, ma che non ti lasciano dentro un bel niente, dopo averli visti.
Il cinema assurgeva anche a popolare Bildungsroman (romanzo di formazione) della nostra vita. Consiglio di leggere, pertanto, il libro di Truffaut "I film della mia vita", dove il regista francese ripercorre le tappe della sua crescita esistenziale "da spettatore".

Egle ha detto...

Oh-oh! Mettetemi pure anche fra le cinofile! :-)) Sempre avuto cani (tranne ora) e fatto parte della SPA della mia cittadina canadese....:-))

Verissimo cio' che é stato detto sugli effetti speciali! Io non li sopporto piu'. Vanno bene se sono pochi e in un contesto interessante, ma costruire interi film solo sugli effetti speciali é noiosissimo e va bene solo agli adolescenti..
In questo periodo freddo sto facendo scorpacciate di film americani. Inserisco i sottotitoli e metto la cuffia per capire meglio, ma devo fare uno zapping mostruoso per evitare tutti i vari film ad effetti.
Certo che ho potuto vedere un sacco di film mai passati, che io sappia, in Italia.
C'é un canale che si chiama Drive-in, dove ripropongono i capolavori.
Se riesco a beccare dei film con Bette Davis, vado in brodo di giuggiole!
A proposito, Hesperia, Il terzo uomo, mi era piaciuto moltissimo, ma non son piu' riuscita a vederlo. Forse potrei scaricarlo da internet come ho fatto con Dishonored lady...

Egle ha detto...

Ah, poi...Somerset Maugham...vi ricordate tutti i film tratti dai suoi romanzi?
E Henry James? É uno dei miei favoriti...
Mia madre direbbe che sono una perdigiorno...:-))

Anonimo ha detto...

Per restare sul filone americano, ricordiamo i films degli anni “60, quando il razzismo imperava in America: per esempio “LA LUNGA NOTTE DELL’ISPETTORE TIBBS”, con Sidney Poitier, nella parte di un Ispettore nero, in trasferta alle prese con i delinquenti razzisti della città, per risolvere un caso, che, nonostante la diffidenza razziale dal collega bianco, risolve tutto in una notte.

E poi, “INDOVINA CHI VIENE A CENA?”, ancora con Sidney Poitier. Una bella storia d’amore di una coppia formata da un nero e una bianca, che riesce a superare, anche con il sostegno dei genitori e di un prete, ogni forma di pregiudizio razziale, per andare avanti nella loro storia d’amore, allora inusuale
L’attore Poitier a me piace tanto, in qualunque ruolo svolto in ogni sua età, sia da giovane che da meno giovane.

E poi c’è da ricordare “IL BUIO OLTRE LA SIEPE” tratto dal romanzo "TO KILL MOCKINGBIRD" di HARPER LEE, con Gregory Peck, in veste d’avvocato in un caso intricato di peccatori di provincia. Questo film vinse nel 1962 tre premi Oscar, di cui uno andò a Gregory Peck come miglior attore.
Di questo film, avevo letto il romanzo tradotto in italiano, prima che arrivasse sullo schermo cinematografico.
E buoni ricordi cinematografici del tempo che fu. Ora non più.

Egle ha detto...

Fantastico il Buio oltre la siepe!Anche gli altri che hai citato, tuttavia il Buio o.l.s. é, secondo me, il migliore sul tema.

Hesperia ha detto...

Egle, l'Adelphi ha pubblicato recentemente di Somerset Maugham, "Il filo del rasoio", ma io non riesco a dimenticare l'omonimo film in bianco e nero con Tyrone Power e Gene Tierney.
Consolati: della perdigiorno me lo sono sentita dare anch'io un'infinità di volte, per il mio vizio di scappare al cinema ogni volta che litigavo con mia madre. Un personaggio del genere lo ha dipinto con grazia Woody Allen ne "La rosa purpurea del Cairo". Ma lì, Mia Farrow, scappava dal marito. C'è poi una famosa frase di Truffaut in "Effetto notte" (indimenticabile!) che diceva: "Potrei lasciare un bel ragazzo, per un buon film; ma non potrei mai rinunciare a un bel film per un bel ragazzo". Ovviamente la tipa che lo ha detto era una sceneggiatrice del suo film.

Erda i film sui diritti civili, francamente li trovo un po' datati e legati a un'epoca, ma Il buio oltre la siepe, è certamente tra i migliori.

Hesperia ha detto...

Non ridete, ma mi sono pure comprata il libro delle battute cinematografiche celebri, dal titolo: FERMATE QUELLA MACCHINA!". Chissà quante volte negli action movie sentiamo 'sta battuta. E sul genere adoro quelle di Sergio Leone tipo: "Quando un uomo col fucile incontra un uomo con la pistola, l'uomo con la pistola è un uomo morto". Oppure quella di Eli Walach alla fine de "IL buono, il brutto e il cattivo" con l'ululato del coyote fatto da Morricone, che copre il suo "Son of a whoooooooore!". :-)

Anonimo ha detto...

Ma Signoree! Uno si assenta per un week end e guarda quanta cose si trova, vero e proprio lavoro arretrato:)
dal post di Aretusa "Lo stesso Hosseini considera il suo libro una potente metafora: “Hassan lo stuprato rappresenta l’Afghanistan; Amir che guarda e non interviene, la comunità internazionale, che è sempre rimasta alla finestra mentre il mio paese veniva brutalizzato da un regime dopo l’altro”.
Non sono mica del tutto d’accordo con l’impostazione di Hosseini…il problema dell’Afghanistan non è per me l’assenza della comunità internazionale, ma la deriva fondamentalistica talebana politica e religiosa al suo interno come fatto stuprante, le madrasse & co. Ma per intendere il tutto dovrò aver visto il film, che dato il tema, non so se vedrò e non mi entusiasma affatto.

Anonimo ha detto...

dici nel post "Cinema e letteratura, pur essendo due arti distinte, hanno un rapporto di osmosi, di compenetrazione e a volte di contrapposizione, non fosse altro, perché la maggior parte dell’opera cinematografica s’ispira o è tratta dall’opera letteraria. Le connessioni e le contaminazioni e gli esempi sono innumerevoli nella storia del cinema e si potrebbe andare avanti all’infinto a parlarne.
Il legame fra le due arti è così stretto che spesso non si può fare a meno di fare confronti"

Concordo…poi senz’altro esistono film veramente pensati come ‘cinema e pittura’, film di montaggio, senza letteratura, nel senso che hanno alla base solo un esiguo script, o penso alla camera-stylo della Nouvelle Vague, o certi stili della Neue Welle tedesca, in cui si parte spesso da un esiguo script non letterario, o il cinema veritè, o quando lo stesso Truffaut che parlava di ‘tagliare’ selezionando solo ‘i momenti privilegiati’ di un testo, romanzo, novella, che erano le scelte fatte del rappresentabile. Per l'occasione ricordo i 400 colpi con l'altare ingenuo di un bimbo a Balzac; "la camera verde" tratto da 3, 4 libri di Henry James;penso a "Jules & Jim" tratto da H.P. Rochè in cui la scrittura prende forma anche sullo schermo (le lettere di Jeanne); penso ad Adele H.; penso al cinema mut, in cui lo scritto era nelle didascalie, tra le immagini....

Anonimo ha detto...

Per il resto, vedo che avete già citato film che sono tra i miei preferiti. Nella mia attività sia nel rapporto cine/lett, e teoria del montaggio, ne ho esaminati fotogramma per fotogramma circa 8000, per cui non saprei scegliere, andrei a naso. Mi vengono in mente "Rebecca" di Hitchcock, da D. Du Maurier libro d'interesse, ma film geniale per soluzioni cinematografiche e formali.Welles ho visto l'avete citato, anche per vedere il suo rapporto con Shakespeare, che molti citano in qs. blog.
ad Aretusa quando scrivi "Le produzioni di oggi, sono un “exploit” di effetti, ma sotto "il vestito niente".
Il problema però non è solo il primato della visione(in cui credevano anche i grandi del passato come gli sperimentatori non mainstream); per esempio Godard già 40 anni fa credeva nel primato della visione, eppure ha fatto grandi film. Oggi pensa al giovane Francois Ozon, poca letteratura ma ottimi film; pensa a Lars Von Trier, poca letteratura ma talvolta buoni film, almeno alcuni; il problema di oggi è la "macchina industriale" che pur è sempre esistita, che scrive trame non per il primato della visione, perchè il raccontare per immagini anche senza gran testo c'era anche nelle avanguardie storiche, ma quello attuale è il primato dei soldi e dei film stupidi per le masse, senza nemmeno provare a salvare la faccia. Gli effettacci non sono più nemmeno loro 'primato della visione', ma degenerazione della visione.

Anonimo ha detto...

x Hesperia: Douglas Sirk non si tocca! Un genio della visione, alto che "romanzoni filmici". E' stato per esempio l'ispiratore di Fassbinder. Sarebbe da vedere tutto Sirk, ma i suoi "Come le foglie al vento" e "secondo amore" sono strappacuore. Se ne avete memoria, pensate al suo trattamento del colore, rossi accesi, colori delle stagioni violentissimi...la rappresentazione della città, la famiglia, un genio, anche nella tecnica, che pur lavorò all'interno di un sistema rigido, ma che seppe superare con la sua personalità. Il libro di Truffaut fu tra i primi che lessi.

Aretusa ha detto...

Erda bellissimo "Il buio oltre la siepe", ma ancor di più "Indovina chi viene a cena".
Un capolavoro assoluto dove quel "mostro" di bravura che fu Katharine Hepburn é affiancata da compagni in "stato di grazia": Sidney Poitier e Spencer Tracy (ma anche i genitori di lui, e la figlia di cui non ricordo il nome).
La Hepburn fu compagna di Tracy anche nella vita, e insieme girarono una decina di film, in parte commedie stile vecchia Hollywood sulla "guerra tra sessi". Irresistibili.
"La donna del giorno" é uno dei più deliziosi, con duelli verbali, quanto mai vivaci e "affilati" se non l'avete visto (cosa di cui dubito) ve lo consiglio...
La coppia Hepburn-Tracy, non andò mai a convivere (lui era sposato), ma si amarono per oltre 20 anni con molta discrezione, fino alla morte di Tracy.
Se pensiamo a cosa ci hanno abituato le star oggi....droga, relazioni omosex-bisex e scandali di ogni genere.
Non si può non rimpangere quei tempi e non solo per la qualità dei film.

Recentemente Cate Blanchett ha interpretato KH in un film di Scorsese, The Aviator, devo dire, che pur se ritengo la Blanchett la migliore attrice su piazza oggi, nei panni della Hepuburn non mi ha convinto molto...ma forse perchè lei é stata troppo grande per essere eguagliata o anche semplicemente imitata.
Ciao Are

Anonimo ha detto...

Hitchcock racconta, nel libro_intervista a lui di Truffaut, questa storia. Ci sono 2 capre che stanno brucando le bobine di un film tratto da un bestseller. Una capretta dice all'altra "personalmente preferisco il libro".:) Raggelante come suo solito, Hitch liquida così la domanda sulla fedeltà dell'adattamento di un libro a un film: è assodato che un film, anche se si derivazione letteraria, è un'opera autonoma che va giudicata come tale.Kezich scrive "più che la fedeltà, l'attendibilità culturale, o il valore artistico della trasposizione cinematografica (di un film da un libro) contano l'alone che suscitano, la forza mitizzatrice, il fascino esercitato sulle masse". Prima dei singoli testi, ci sono i dispositivi (letteratura e cinema con statuti molto differenti della narrazione), e l'effetto 'alone' che testi letterari e film si scambiano a vicenda.La vita di un testo si prolunga anche in interpretazione infedele, come talvolta il cinema opera;ugualmente i film richiamano pubblico anche per 'forza mitica' di titoli e personaggi letterari. Gli studi al momento indagano qs. complesso sistema di interazioni (specie Francois Jost e Gerard Genette) dopo gli studi di semiologia di Christian Metz.

Aretusa ha detto...

Josh…neanche tu scherzi con i commenti, risponderti è un piacevole “lavoro”.
Sull’Afghanistan: io non appartengo di sicuro al genere “culpa, mea culpa, mea maxima culpa”, tuttavia ritengo che l’Occidente (Onu) qualche errore l’abbia fatto in Afghanistan.
I talebani inzialmente, furono lasciati tranquillamente proliferare (si lasciò che il Pakistan li finanziasse), perché c’era la convinzione che avrebbero messo “ordine” nella questioni interne al paese..
Troppo tardi ci si accorse dello sbaglio e si intervenne…
Cmq, politica a parte, se non vuoi vedere il film, leggiti il libro. E’ molto bello. Come bello è “Mille splendidi soli” il secondo libro di Hosseini sulla condizione della donna in Afghanistan.

Verissimo quello che dici sui film pensati come ‘cinema e pittura’ , E Truffaut ne è un ottimo esempio. Se devo essere sincera, però si allontana dal mio gusto cinematografico e dal mio modo d’interpretare il cinema.
La parola scritta, i dialoghi per me sono fondamentali, per confezionare un opera “completa” e appagante…Ho sempre trovato il cinema di Truffaut “evanescente” …più forma che sostanza (non me ne vogliano gli amanti di T.)

Aretusa ha detto...

x Josh
Concordo con il tuo giudizio su “Rebecca, la prima moglie”, un film geniale, tratto da un libro mediocre. Uno dei tanti esempi in cui il regista reinterpreta in modo mirabile il romanzo e lo supera…d’altronde si parla del grande Hitch…
Quanto a Ozon e Lars Von Trier si tratta di registi che io catalogo fra gli “sperimentatori”. Addirittura Von Trier ha fondato il famoso quanto controverso “Dogma” (che tu conoscerai benissimo) , tecnica che a me fa solo venire il mal di mare. L’unico film Dogma degno di ricordo è Festen, ma per la scabrosità del tema…per il resto, non mi è spiaciuto “Dancer in the dark” che però non era più un dogma vero e proprio. Gli ultimi poi non li ho nemmeno visti.
Per Francois Ozon il discorso è diverso, ho letto (non mi ricordo più dove) che i suoi film sono paragonabili a “trappole per topi” in una situazione di partenza banale, s’insinua un fatto apparentemente innocuo, ma il destino ci mette lo zampino, e la situazione si complica fino a distruggere ogni punto di riferimento sia per i personaggi che per lo spettatore, che non riesce più a tracciare i confini fra realtà e finzione.
Geniale, il suo film che più mi è piaciuto: “Otto donne e un mistero”…
Ciao Are

Aretusa ha detto...

Carina la storia delle caprette :-)…ovvio che ciò che fa grande un film non è la fedeltà, parola per parola al libro…anzi, la grandezza di un regista sta proprio nel coglierne lo spirito di un romanzo e nel rappresentarlo sullo schermo filtrato dalla propria personale sensibilità artistica e cifra stililistica.
Mi viene in mente “Apocalypse Now” di Coppola il cui romanzo di Conrad “Cuore di Tenebra” è preso solo come struttura, per essere riportato dall’Africa ottocentesca, alla “sporca guerra” per antonomasia il Vietnam e costruire il più potente apologo sulla follia del potere.
Straordinario sia film che Marlon Brando.

Anonimo ha detto...

x Aretusa:vero però che l'Onu lasciò proliferare anche troppo il fenomeno Talebani./
Su Von Trier, preferivo la vecchia produzione, a me non è piaciuto neanche Dancer in the Dark, ma mi piacquero molto "L'elemento del crimine" un noir pesante con improvvisi momenti di poesia,"Epidemic", "Medea" e il capolavoro "Europa" con una grande ricerca iconografica./Di Ozon preferisco "Gocce d'acqua su pietre roventi" e "Sotto la sabbia" con Charlotte Rampling, una delle mie attrici preferite./Il lavoro che Coppola ha fatto da "Cuore di tenebra" di Conrad (già tentato da Welles e abbandonato) per 'Apocalypse now' è geniale (mitizzato...da tutti gli strutturalisti:)/
per cine e lett. ricordiamo allora anche "il Gattopardo" Visconti/Tomasi di Lampedusa; "Le notti bianche" Visconti/Dostojevsky;
"Senso" Camillo Boito/Visconti;
"Gruppo di famiglia in un interno" ispirato a Mario Praz "scene di conversazione"/Visconti...sarebbero migliaia.../
Ricordo ora un libro e film sempre detti minori, ma che mi impressionò da ragazzino. Si chiama "Fantasma d'amore" di Dino Risi, una delle ultime apparizioni di Romy Schneider (per me una delle donne più belle e magnetiche mai viste specie dopo i 30 anni, post Sissi insomma), tratto dal romanzo di Mino Milani (con musica di Riz Ortolani e...Benny Goodman).

Hesperia ha detto...

Ah, bravo Josh che ci sei. Cominciavo a pensare che al cinema ci andassero solo donne e "rose purpuree del Cairo" in fuga da mariti rompi :-). Vedo che abbiamo gusti davvero simili. Douglas Sirk, l'ho ridotto a regista di romanzoni filmici, ma sapevo di Fassbinder (che francamente non amo) e di quel che diceva di lui. E come dimenticare "Magnifica ossessione"? E' giusto poi quel che sottolinei sul suo uso simbolico del technicolor.
"La camera verde" tratto da "L'altare dei morti" di Henry James è un film molto intenso sulla morte e già che lo citi vale la pena di ricordare quella battuta "viene un momento nella vita che si conoscono più morti che vivi". Ovviamente, dato il delicato argomento trattato, non ha avuto nessun successo di pubblico.
E visto che tu e Egle avete citato il mio amato Henry James, allora vale la pena di ripescare un vecchio fim di un orrorifico sublime tratto da il suo romanzo "Il giro di vite" e distribuito in Italia col titolo di "Suspense", con Deborah Kerr. Il titolo originale è "The innocents" di Jack Clayton e mi pare più adatto. E' un gothic novel di due revenants (il custode della villa e l'istitutrice) che si incorporano nei due bambini usandoli come tramite. Ma secondo altre letture, anche gli isterismi di Deborah Kerr (nelruolo di nuova istitutrice) che immagina situazioni morbose, a causa del suo puritanesimo. Lo vidi da ragazzina, senza capirci un accidenti, ma mi presi uno spavento tale che ebbi paura a tornare a casa. Il film fu sceneggiato nientemeno che da Truman Capote e la prossima volta che io e Are ci incotriamo a MI alle messaggerie, dobbiamo assolutamente procurarcelo in DVD.
Sull'Afghanistan e quel che dici, sono pienamente d'accordo e francamente non sono invogliata a leggere quel libro, né a vedere quel film.

Hesperia ha detto...

Josh, è vero anche quel "effetto d'alone" di cui dici sulle traduzioni cinematografiche e il "tradire per essere fedeli". Una trascrizione filmica letterale del romanzo, non rende mai onore al romanzo stesso , ma diventa pedestre e pedissequa.
Un'ottimo caso di buona traduzione filmica, ad esempio, è "Morte a Venezia", dall'omonima novella di Thomas Mann.
E nel mio cuore, resta un film che piaceva molto alle nostre madri e che è "La voce nella tempesta" da Cime Tempestose, con Laurence Olivier e Merle Oberon. Ne hanno fatte tante versioni, ma quella lì di William Wyler mi pare la più bella.
Ovvio, che la lettura del romanzo Wuthering Heights della Bronte, è altra cosa e tocca vertici che nessun film potrà mai raggiugere.

Anonimo ha detto...

x Hesperia. Stavo scrivendo la stessa cosa che hai appena scritto tu su "Giro di vite" da Henry James, di Jack Clayton con l'incredibile Deborah Kerr, il che incomincia a diventare inquietante (intendo la nostra muta comunicazione da 'Scanners' di David Cronenberg).Quanti stilemi di regia sono finiti da lì in "the Others" di Alejandro Amenabar. Allora nello stesso stile, ti segnalo "the night of the hunter"
di Charles Laughton, dalla novella di Davis Grubb. Una fiaba visiva, un racconto morale e visionario/In Morte a Venezia, al di là del tema e la corruzione di tutta la città o di un'epoca, una sorta di malattia dell'anima, molto fa anche la musica, l'adagio dalla V di Mahler e la fotografia/
Sì la versione Wyler'la voce nella tempesta' è la migliore anche per me, classica, recitata, con un uso della profondità di campo/
altri esempi cine/lett a caso: 'Professione reporter' di M. Antonioni che ha in filigrana il tema del doppio e dell'identità del "Fu Mattia Pascal" di Pirandello/
"il Processo" di Kafka e il film di Orson Welles...; "l'orgoglio degli Ambersons" di Welles e il libro di Tarkington; "Macbeth" di Welles; (segnalo a Hesperia la Rita Hayworth bionda con capelli corti nella "Signora di Shangai" e la scena degli specchi)

Anonimo ha detto...

Dal momento che tra i citati c'era Truffaut, ricordo un suo film "Fahreneith 451" tratto da un capolavoro di libro dallo stesso titolo di Ray Bradbury. Alla fine di un mondo alla deriva, in cui si bruciano i libri e la memoria, la vita diviene autoriflessiva e sterile, dei sopravvissuti ricordano a memoria libri e Memoria (scusate il bisticcio), quasi come fossero uomini-libro e uomini-parola. Il libro di Bradbury si conclude con una pagina splendida, parla Montag, protagonista e uomo-libro "E quando fosse venuta la sua volta, che cosa avrebbe potuto dire, che cosa avrebbe potuto offrire in un giorno come quello, per rendere il viaggio un po' più agevole? Per ogni cosa c'è una stagione. Sì. Il tempo della demolizione e il tempo della costruzione.Sì. Il tempo del silenzio e il tempo della parola. (n.d.r. è il Qoeleth, cioè l'Ecclesiaste) (...)Ma che altro?
"E sull'una e sull'altra riva del fiume v'era l'albero della vita che dava 12 specie di frutti, rendendo il suo frutto per ciascun mese; e le fronde dell'albero erano per la guarigione delle genti." (n.d.r. è Apocalisse 22:2)...Sì, pensò, ecco ciò che voglio mettere da parte per mezzogiorno.Quando saremo giunti alla Città." finisce così il bel romanzo di Bradbury, recuperando la memoria sacra e l'umanesimo, insieme. Truffaut per es. non colse il lato sacro e mistico, se si vuole messianico del testo, e fece un film che non è brutto, ma è a metà.

Anonimo ha detto...

x Hesperia: per la 'Chambre Verte', Truffaut dichiara più "temi DA Henry James", cioè "The Altar of the Dead", "The Friends of the Friends" e "The Beast in the Jungle", citati in una lettera da Truffaut a Jean Gruault del luglio 1974.Certo la traccia principale è "the Altar of the dead", ma T. scrive "i rapporti tra eroe ed eroina (nel film che sarà) sono simili a quelli della "Bestia nella Giungla", cioè lei è innamorata di lui da subito, lui anche ma non lo sa perchè non crede che si possa amare 2 volte nella vita", e il tema dagli "Amici degli amici" in cui T. scrive che "il protagonista e la prot. prima di conoscersi hanno perso entrambi 1 persona cara di cui hanno presentito con pena la scomparsa nell'attimo in cui succedeva" (le lettere sono in F.T,. "Correspondance", 5 Continents-hatier, Renens 1988, in parte tradotte in "Autoritratto", Einaudi, To 1989, pp. 216-18)

Hesperia ha detto...

E figurati un po' Josh, se potevo perdermi "La morte corre sul fiume" (The night of Hunter) con un Mitchum ineguagliabile, nel ruolo dell'orco cattivo nonché di serial killer di ricche vedovelle della provincia americana. Una fiaba nera con tuttii topics della fiaba: viaggio iniziatico e salvifico dei due bambini, bestiario circostante; la fata burbera-buona che li accoglie a casa sua (Lillian Gish), la gente credulona che prima idealizza il mostro e poi vuole linciarlo ecc.

Truffaut viene a tratti preso per "superficiale" (e in questo non ha torto Are). In realtà è "di superficie", cosa un po' diversa. Nel senso che la sua angolazione hitchcockiana (è stato allievo del grande Hitch) ti permette di desumere molte cose dal suo linguaggio fotografico. Talvolta è un esempio di cinema dentro il cinema. O dentro il teatro. Come ne "L'ultimo metro" che deve molto a "Les enfants du paradis" di Marcel Carnè, con quella continua interazione di teatro-vita-vita-teatro.

Anonimo ha detto...

C'era anche una splendida Catherine Deneuve nell''Ultimo metrò':)

Anonimo ha detto...

mi aspetto molto dal cacciatore di aquiloni versione film,perchè ho molto amato il libro...che è straordinario per la storia che racconta,ma formalmente non è a mio avviso,niente di chè.ho un timore riguardo il regista a cui la direzione è stata affidata,è lo stesso di neverland...tende alla melassa.una sola precisazione su questo post interessante:se non sbaglio il bambino hazara è assan

Aretusa ha detto...

Hai ragione Andrea ho controllato, é Hassan di etnia Hazara...ho corretto:-)
Anche a me la storia narrata é piaciuta molto, spero vivamente che il regista sappia rappresentarla nella sua toccante crudezza e non ne abbia fatto un polpettone melodrammatico...
Ciao e grazie per la segnalazione

Anonimo ha detto...

speriamo bene...ieri ho visto il trailer prima dell'orrido "sogni e delitti" di Allen,e devo dire che la prima sensazione è positiva:il casting degli attori sembra azzeccato,le facce sono quelle che il libro mi ha suggerito.speriamo bene per tutto il resto...manon ho fiducia nel regista.ciao

Anonimo ha detto...

D'interesse anche vedere "Othello" di Orson Welles del '52, raffrontarlo ancora a Shakespeare, e a proposito di film nel film e teatro nel teatro, questa percezione a mise en abyme, vedersi anche il "Filming Othello" del 1978, un film sul film mentre già l'altro film era un film su Shakespeare e sul teatro:)Lo stesso 'filming Othello' chiarisce l'interpretazione della tragedia secondo Welles./Per nominare ancora Hitch, nella 'Donna che visse 2 volte" il raffronto con il romanzo di Boileau e Narcejac: la cosa più interessante è come cambia il punto di vista nel passaggio dal testo alla ripresa, cioè quali equivalenti della 1a e 3a persona letteraria sono rinvenibili nella narrazione per inquadrature propria del cinema, rispetto alla narrazione letteraria, quale sul piano letterario l'equivalente del montaggio o del 1° piano, quali coincidenze e differenze tra le coordinate spazio e tempo tra la scrittura e il film.

Anonimo ha detto...

Da ricordare anche il rapporto tra intellettuali italiani d'un tempo e cinema: furono coinvolti nel muto Carolina Invernizio, Verga, Gozzano, Pirandello,D'Annunzio (e molti altri).Tutto l'immaginario dannunziano condiziona il cinema italiano degli anni '10, per esplodere in alcune opere "Cabiria" di Pastrone del 1914, da cui prenderà D.W.Griffith per il suo "Nascita di una nazione" del 1915: eh sì, una volta eravamo noi ad insegnare, e a parte i nostri grandi nomi, pure ancora Mario Bava o Lucio Fulci artigiani dei nostri 60 e 70 insegnano oggi all'underground americano. Il punto è cosa accaduto al cinema italiano dagli anni '80 circa in poi fino ad oggi...

Anonimo ha detto...

x Hesperia quando dici "Ci sono romanzi (ed è il caso del "poliziesco", della detective story, del noir di Chandler, di James Cain, di William Irish, di Patricia Highsmith) che sembrano già delle sceneggiature cinematografiche". Giusto. Questi romanzi devono molto al cinema, anche nel modo di narrare e situare le storie, sono già visivi.Dashiell Hammett dopo il romanzo "l'uomo ombra" del 1932 dà vita a una vera "serie". Inizia un filone di detective alla Sam Spade, "La chiave di vetro" (Stuart Heisler, '42 con Veronica Lake);"il mistero del falco" di John Huston del 1941;il romanzo di Hammett "Piombo e sangue" del 29 ha avuto una inedita circolazione cinematografica, intertestuale: l'impianto è già nel citato "La chiave di vetro", finisce anche in "la sfida del samurai" di Kurosawa del 61, ed è presente in "un pugno di dollari" di Sergio Leone del 64.Hammett influenza anche Wenders che nel 1983 gli dedica il suo Hammett. L'altro modello è lo scrittore Raymond Chandler, altra base del noir americano, "il grande sonno" Hawks 1946; fino al "lungo Addio" di Altman del 73;"una donna nel lago" di Robert Montgomery del 46, a "Marlowe il poliziotto privato" del 75 di Dick Richards; Chandler ha curato la sceneggiatura per "La fiamma del peccato" di Billy Wilder e 'delitto per delitto' di Hitchcock. Anche il recente L.A.Confidential di James Ellroy/Curtis Hanson ha forti debiti con quel mondo, come la bionda Basinger in quel film è chiaramente un richiamo a Veronica Lake.

Anonimo ha detto...

Graham Greene che avete citato si mosse tra cinema e letteratura per anni, solo alcuni: "il fuorilegge" di Frank Tuttle 42, "fine di una storia" Neil Jordan 99, "Idolo infranto" di Carol Reed del 48, fino al da voi citato "il terzo uomo" di Carol Reed.
Rifacendo il salto della Nouvelle Vague, segnalo "Hiroshima Mon Amour" di Alan Resnais 59 con scen. di Marguerite Duras, e l'enigmatico "L'anno scorso a Marienbad" sempre di Resnais scritto da Alain Robbe-Grillet. Un caso a parte meriterebbe l'opera di Pasolini a cavallo tra letteratura e cinema e studio di come rendere i sintagmi narrativi per l'uno e l'altro mezzo.
Da segnalare anche la frequentazione stretta di Roger Corman con i libri di Edgar Allan Poe, e la creazione di icone di quel cinema, prima tra tutte Barbara Steele.

Hesperia ha detto...

Resnais è troppo corticale ( o di testa) e non sempre la sua vena ispirativa è autentica. C'era a proposito di "L'anno scorso a Marienbad" una simpatica freddura che circolava tra gli addetti del nostro cinema: se si fosse intitolato "L'anno scorso a Chianciano", nessuno se lo sarebbe filato. Lo stesso effetto me lo fa Alain Robbe-Grillet e il nouveau roman, a cui Resnais si rifece. Che in realtà sono dei divertissiment, giocati in chiave. Comunque "Parole parole parole" è un film geniale e mi ha anche divertito. Penso che tu Josh, lo conosca senz'altro. E' tutto giocato sulle canzonette che diventano pezzi di supporto dell'intero dialogo fra i personaggi, ma anche dei loro pensieri nascosti e del "non detto".
E' una sorta di "Frammenti di un discorso amoroso" di Barthes trasformato in canoro.

Aretusa ha detto...

Ragazzi, complimenti leggervi é come é come consultare una "treccani" del cinema:-)
ciao Are

Hesperia ha detto...

La fiamma del peccato" di Chandler per la regia di Billy Wilder è un altro autentico capolavoro e anche lì le battute e gags celebri si sprecano. Tipo, "non credevo che il delitto avesse l'odore del caprifoglio". Poi ci sono le varie versioni del noir "Il postino suona sempre due volte", tratto dal romanzo di James Cain (quella di Visconti "Ossessione", l'altra con Lana Turner di cui non ricordo il regista, e infine quella con Jack Nicholson e Jessica Lange, che se non sbaglio è di Huston).
Però, ad essere sincera non sono una grande lettrice di gialli, mistery e polizieschi e preferisco le riduzioni cinematografiche.Detto ciò è letteratura a tutti gli effetti e con una sua alta dignità, visto che l'antesignano è Poe in "Il delitto della via Morgue".

Anonimo ha detto...

x Hesperia: "parole parole parole" di Resnais è divertente. A me piacquero di più i suoi "Providence", "Notte e nebbia", "Muriel" e "l'amour a mort"...certo è intellettualistico. (Preferisco film drammatici per natura, per transfert, o che mi sconvolgano un po'. Non riesco ancora a cancellare le impressioni di Film Blu di Kieslowski con la base della 1 Corinzi di San Paolo...) Bella la tua definizione da Barthes applicata a 'parole...'.
embeh cosa c'è di brutto a Chianciano?:-))con quelle belle terme eh...Resnais e il periodo Robbe-Grillet..sono sperimentatori o meglio divertissement, li ho comunque citati nel rapporto cine/lett., alcune soluzioni per l'epoca furono una svolta. A quel punto mi piacciono anche Rohmer e Chabrol, più...narrativi, e meno spiazzanti, poi delle cose si studiano, col tempo l'incanto si perde un po' a forza di sezionare le opere e il nostro sguardo diventa meno innocente.

Anonimo ha detto...

comunque, per sorridere un po', ricordo una scena da una commedia di George Cukor, "Let's make love" del 61, con Marilyn Monroe, che penso ai maschi faccia un certo effetto: lei bellissima scende da un tubo su una scena di un teatrino/bettola di Broadway con indosso i collant e il maglione, e canta una versione swingante e un po' assurda di "my heart belongs to daddy" di Cole Porter...Per tornare a cinema e letteratura, nel film Marilyn dice "Alexandre Dumas! Quello che scrisse I tre moschettieri per la Metro! Com'è piccolo il mondo!"
Lieta serata.
:)

Hesperia ha detto...

Are,ho trascorso una vita nei cinema d'essais e qualche volta ho pure organizzato io stessa dei cicli per scolaresche, ecc. Da bambina, invece, collezionavo figurine Panini su questo e quel film e ritagliavo dai giornali, rotocalchi, riviste, e incollavo attrice e attori sui quaderni maxi-pigna con la colla di pasta di mandorle. Se ci penso, risento ancora il profumo. Come vedi, trattasi di antichi hobby del tutto futili :-).
Josh, carina la battuta di Marilyn in "Facciamo l'amore". Ce ne sono tante anche in "Quando la moglie è in vacanza" sempre di Wilder, film delizioso.
Buona serata :-)

Anonimo ha detto...

x Aretusa: sui linguaggi, un passaggio del linguaggio proprio del mezzo cinema:nei primi decenni del 900 la Russia, per es. ha ottimi romanzieri, e già teorici del cinema, studiosi di linguaggi.Lev Kulesov inizia a fare ricerche su linguaggio ed esperimenti della peculiarità dei 2 mezzi, lett. e cine, parola e immagine.Dimostra la peculiarità del cinema di esprimere concetti tramite il montaggio.(sto riassumendo)Il cinema in singole inquadrature può rappresentare un oggetto A e in un'altra un oggetto B, in modo indifferente, ma attraverso la relazione che il montaggio stabilisce tra A e B può fare scaturire un significato C, che non è la somma, ma può essere la moltiplicazione degli oggetti mostrati, e un concetto astratto che il regista ci spinge a interpretare a modo suo. Per es. prima inq. di viso emaciato, poi inq. di tavola imbandita, ci può suggerire la fame. Invece se prima ci viene mostrata la tavola imbandita, e poi una serie di volti emaciati, ci può suggerire la sperequazione sociale o la distribuzione di ricchezza e povertà.Idem in una sequenza di "Ottobre" '28 di Ejzenstejn. Indica le ragioni dell'ateismo marxista associando, tramite un montaggio 'non indifferente', immagini di Chiese e di simboli cristiani a simboli di religioni varie da tutto il mondo:il significato finale dell'associazione stabilita (o imposta) dal montaggio era il postulato marxista della religione come 'oppio dei popoli', e del 'buono dell'ateismo', attraverso una serie di associazioni stabilite dal montaggio: prima c'è effetto di banalizzazione simbolica delle immagini cristiane, poi relativizzazione del cristianesimo, perchè sembra che ogni terra abbia una sua religione diversa, quindi le religioni , sembra, sono tante e ognuna pretende la verità e quindi dice il montaggio in Ejzenstejn, si escludono a vicenda, poi noi troviamo ridicoli talvolta usi e simboli di religioni animiste, e alora E. associa a caso e mescola varie immagini anche cristiane per mettere in ridicolo anche quelle, suggerendo che non c'è alcuna differenza in fondo. La semantica e le relazioni interne all'associazione tra immagini nel cinema è ancora più pilotata e obbliga ad una interpretazione associativa-ideologica rispetto all'espressione letteraria, che può rimanere a un livello sottostante.

Aretusa ha detto...

Molto interessante quello che dici: se ho capito bene con un accurato montaggio il regista può arrivare a manipolare l'emozioni degli spettatori, usando solo le immagini...
Ergo l'immagine al posto della parola, per esprimere un concetto, come la fame, o l'ateismo.
In effetti si tende a sottovalutare il montaggio, ma non é solo, "l'assemblamento" delle scene girate, é il modo per dare a quelle scene una logica narrativa per pilotare lo spettatore verso determinate emozioni.
Adesso che mi ci hai fatto pensare ricordo che Lucas si riferiva al montaggio come "la quintessenza del cinema come forma d'arte" e anche Godard diceva che quando gli effetti del montaggio superavano quelli della regia, la bellezza della regia stessa ne veniva raddoppiata.
In effetti il montaggio di un film, é lo scheletro del film stesso.
le "ossa" da sole servono a ben poco...
Il paragone non é molto poetico, ma mi sembra che renda l'idea.
Ciao Are

Anonimo ha detto...

Esatto. Citando poi tu Lucas e Godard cogli l'aspetto di 2 registi in modo differente "visionari" che devono tanto alle possibilità del montaggio. Il montaggio è oltre che lo scheletro, anche la sintassi, il metodo e il principio ordinatore/produttore di senso che, in base a come è gestito, decide cosa dovranno comunicare le relazioni tra le inquadrature, quindi è depositario dei segni dialogici e dei meccanismi di produzione di significati, sfruttando l'attitudine innata nella nostra percezione del principio di individuazione e del modo in cui stabiliamo relazioni tra azioni, gli oggetti (già lo si progetta in parte nella sceneggiatura e nel momento del decoupage, non tanto nel soggetto o nel testo letterario di partenza quando c'è). Poi senz'altro esistono grandi film con montaggio fluido semi-invisibile(la magistrale commedia americana degli anni d'oro in cui i dialoghi sono gestiti campo/controcampo con semplicità e pochi simbolismi), o in Godard dove in mont. è esibito, a volte irritante, a scatti; o mettiamo Hitchcock, un montaggio creativo e come le sue riprese, sempre rigorosamente a senso, mirate ad un effetto preciso (la scena di Psycho del delitto sotto la doccia sembra fluida ma è composta da centinaia di riprese, e da molti punti di vista montati insieme; coordina i movimenti di macchina impossibili e acrobatici come la chiave nelle mani di Ingrid Bergman in Notorius); o lo stato attuale del cinema, diciamo con un montaggio anonimo da "fiction" (come anonimi e gratuiti sembrano i movimenti di macchina del tutto assenti) presente però in molti film attuali, in cui il montaggio non è adoperato nemmeno come 'segno di interpunzione', ma per dirla con Hitchcock sui film che detestava, si tratta spesso solo di "riprese casuali incollate di gente che parla". Tornando in Italia, Pasolini studia la possibilità di una corrispondenza tra sintassi linguistica letteraria, e sintassi del discorso cinematografico. Isola per esempio in "Prima della rivoluzione" di Bertolucci, e in "Deserto Rosso" di M. Antonioni (64)una figura stilistica che chiama "soggettiva libera indiretta pretestuale", che sarebbe uno degli equivalenti cinematografici di verso poetico, una delle risorse che a suo avviso caratterizzano il cinema di poesia.

Anonimo ha detto...

Il cinema anche se ha sempre avuto il contatto e legame con la letteratura, (o per libri da cui è tratto, o per il soggetto che diventerà film, che è ancora pagina letteraria) è stato proprio una sorta di intersezione tra le arti, musica e pittura (nella scenografia, nell'ambito profilmico, nella fotografia, nei...furti iconografici, talvolta) comprese. Oggi è intersezione anche con il fumetto, con il multimediale, con il videoclip, con internet. Speriamo si sollevi in genere, e rinasca anche il nostro, per forme (che siamo scarsi in Italia da un po') e contenuti (non ne parliamo), al di là dei classici che amiamo e dei soliti nuovi propagandati. un caro saluto.

Aretusa ha detto...

Josh, devo dire, che dopo i tuoi interessanti interventi, guarderò un film con occhi meno profani:-)
Io amo molto il cinema, e ho visto migliaia di film, ma mi rendo conto di conoscerlo pochissimo, dal punto di vista strutturale...

Ho l'impressione che oggi ci sia meno attenzione e ricerca nella tecnica (a parte i soliti effetti speciali "buoni per tutte le stagioni").
Forse c'è meno preparazione nei registi...chissà.
Un caro saluto anche a te
Are

Lo PseudoSauro ha detto...

Ammetto la mia assoluta ignoranza in materia. Ultimamente guardo solo documentari naturalistici e film molto vecchi. Mi manca proprio l'esperienza per poter contribuire con qualcosa di personale. Pero' nel post la passione si sente e si vede. :-)