venerdì 6 novembre 2009

Land of Plenty e la fine del sogno americano


Ho visto in dvd, un film che mi era sfuggito : Land of Plenty (La terra dell'Abbondanza) di Wim Wenders (2004), ispirato nel titolo ad una ballata di Leonard Cohen. Non l'ho trovato cinematograficamente convincente e condivido questa recensione.  Tuttavia il dvd contiene un' interessante intervista interna dell'autore che merita attenzione. Premetto che Wenders non è un Michael Moore qualsiasi, ma al contrario, è innamorato di questo grande e contradditorio paese. Si trovano tracce evidenti  di cinema americano ( in particolare, dei road movie) nei suoi film  "L'amico americano", "Alice nella città" e soprattutto "Paris Texas".




Quando si parla di crisi, lo si fa in concomitanza col crollo del Sogno Americano (American Dream).  Ma che cos'è davvero questo Sogno?
 In un certo senso ha a che fare con l'essenza della loro Costituzione "The pursuit of Happiness" (il diritto per ogni uomo a perseguire la sua felicità individuale)  e secondo Wenders è un mito fondativo del XVIII e XIX secolo inventato dagli europei  che migrarono in America alla ricerca dell'Eldorado, dovendo mostrare che lasciandosi il vecchio continente alle spalle, il passaggio a  nuova vita non poteva che contenere elementi mitizzati che la rendevano particolarmente allettante. E' un mito sopravvissuto e divulgato nel grande cinema statunitense, che ha finito per esserci venduto quasi come un "prodotto" pubblicitario. "Gli americani" – dice il regista  tedesco – sono un ottimo soggetto di studio, in quanto hanno colonizzato il nostro inconscio" (intervista sul suo film Land Of Plenty). 
Lost people, li definisce lui, cioè persone smarrite, disperse e in un certo senso "scollegate dalla realtà in quanto sono abituate a credersi il centro del mondo". Ma appena viaggiano ed escono da questo epicentro, restano stupite nel constatare quante  ostilità sappiano suscitare  nel mondo e ne hanno un profondo choc.  L'America – dice Wenders – è un ricco paese, ma anche profondamente povero. E non solo per l'esercito dei senzatetto, degli homeless che sono numerosi in molte città, ma soprattutto  povero culturalmente e spiritualmente.
Non dimentichiamoci mai che in America la cultura e l'educazione di un certo livello si pagano e che non tutti vi hanno accesso.
Il patriottismo è il cibo di cui si nutre la propaganda che lo istilla agli Americani di tutti gli strati sociali. Ma lo cosa più sorprendente , è che questo patriottismo e questo sogno venga istillato in particolare alle classi meno abbienti. Sono queste, alcune delle considerazioni di Wim Wenders contenute nel dvd del suo film.
 Nei giorni più neri della crisi legata ai mutui subprime, scaturita nel 2007, erano proprio coloro i quali vivevano nelle tendopoli che avevano la bandiera americana a stelle e strisce che sventolava sulle loro tende o sulle roulotte. Questo è ad un tempo, la loro forza (poiché crea coesione)  e la loro debolezza (poiché mostra scarso spirito critico).
Si diceva  poc'anzi che il sogno americano è un prodotto che sono riusciti a vendere e che fa parte dei miti fondativi. Oggi, però,  questo sogno si è trasformato in un incubo, a causa della debt economy (l'economia a debito) le cui ingenti perdite, vengono spalmate per tutti i paesi del mondo (compreso il nostro). Epperò il sogno è stato impacchettato e diffuso attraverso le tv, Internet, i main streams e i grandi media per i paesi del Sud del mondo , paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina. Nel contempo, dopo la Caduta del Muro e la fine della Guerra Fredda, la nozione di America si è allargata alla nozione più generica di "Occidente" (West).  Cioè tutti noi:  americani ed europei che dir si voglia.
Ecco perché assistiamo a queste bibliche masse in spostamento dai paesi del Terzo mondo verso di noi in cerca dell'Eldorado Occidentale. E le ragioni sono le stesse che caratterizzarono gli spostamenti degli europei nel Continente nuovo: il mito della terra promessa, della terra dell'opulenza, il mito dell'opportunity, vero o falso che sia. In questo quadro, ecco che ha un senso produrre per il mercato globale, ivi compreso quello asiatico,  film come The Millionaire di Danny Boyle, dove la favola del self made man che persegue la sua felicità , ovvero il suo benessere (un piccolo indiano che vive negli slums e che poi diventa immensamente ricco, dopo aver partecipato a uno di quei quiz televisivi) si trasferisce in India, secondo i dettami della nuova globalizzazione. Ma il sogno, gira e rigira  è sempre quello. E non è un caso che fosse venduto e impacchettato  proprio   nei giorni del fallimento della Lehman & Bros.
Non ci credono nemmeno più gli Americani  al "sogno", non ci crediamo noi Europei,  ma in giro per il mondo dei "candidi" disposti a crederci ancora, si devono trovare: per amore o per forza.  

Hesperia 


15 commenti:

Josh ha detto...

Complimenti Hesperia. Un post densissimo, pieno di riferimenti che mi fa fumare la testolina: dopo l'influenza, già la ripresa per me è stata traumatica:)

Sì hai ragione, Land of Plenty non è un granchè. A me non piace l'ultimo Wenders. E il primo Wenders mi piacque in parte da adolescente, cioè l'era delle illusioni, al massimo arrivo solo fino a 'Fino alla fine del mondo' del 92, che a sua volta fu salvato per me dalla presenza iconica di Jeanne Moreau, dalla colonna sonora rock d.o.c.(per es. i Crime+City Solution, Nick Cave d'allora), e dalla vicenda simile per alcuni particolari a cose mie autobiografiche.

La recensione di Land of Plenty è appropriata. Alice nelle città e L'amico americano furono tra i miei film preferiti, notevole anche Paris Texas con Nastassja:)
Wenders innamorato degli Usa ma consapevole, almeno fin dove l'ho seguito io, dal momento che i film di Wenders sono pieni di 'spostati' nel senso anche alla John Huston, di traditi dal Sogno.

"The pursuit of Happiness":ci sarebbe sì diritto per ogni uomo a perseguire la sua felicità individuale, ma è un'utopia.
Vendendo la quale gli USA hanno fatto esperimenti non sempre graditi anche in casa d'altri.
E li fanno tuttora.

battutaccia: bisogna fare attenzione alla favola del self-made man. La situazione ormai non permette a nessuno di uscire dal proprio stato socioeconomico, se non cadendo a quello più in basso.
E i self made men nostrani (...)(B.?) tra invidia sociale e disprezzo di classe (da parte di sedicenti ex comunisti ora democratici camerieri delle multinazionali) non se la passano benissimo.

Certo noi non ci crediamo più al sogno, nè americani nè europei.
Di grazia se riusciamo a mantenerci non si sa per quanto quanto abbiamo sempre più o meno avuto.

Ma ci sono tutti i non Americani e non Europei che ora ci stanno provando qui da noi con il loro sogno d'Eldorado.
E noi li aiutiamo sempre, anche quando non c'è più trippa per gatti, e nemmeno spazio,
con l'"aperturismo".

Mi torna il mente il Principe Felice. E Hesperia sai che io l'ho vissuto.
Ecco ora noi lo stiamo agendo in modo nazionale, continentale. Finchè non sarà rimasta nessuna scaglia d'oro più, nessuma pietra nè gemma. Cara Rondine, ti dirò, sarà una lunga invernata.

Hesperia ha detto...

Grazie Josh. Peccato che Wenders abbia sbagliato a caratterizzare i personaggi : il reduce dal Vietnam con la sindrome del combattente per l'antiterrorismo e di converso la nipote che fa la volontaria cooperante per un'associazione caritativa sono troppo caricati i personaggi per risultare credibili. Ma le affermazioni del regista nell'intervista e le osservazioni sull'America sono frutto di osservazioni intelligenti. E anche la fotografia riprende scene disperanti di intere città con senzatetto dove si dorme per strada. Aveva in mano un formidabile soggetto, e non ha saputo svolgerlo al meglio.Succede...

L'osservazione più sotto su dove si è delocalizzato il sogno americano, è mia. E a proposito di questo, devo dire che mi ha fatto specie che nei giorni del crack della Lehman, una mia amica americana mi scrivesse per parlarmi della Notte degli Oscar e del fatto che voleva vedere quel film sul piccolo indiano che diventa ricco di botto. Mi sono chiesta se hanno ancora voglia di continuare a credere nelle favolette, dopo tutto quel che gli piomba addosso.

Hesperia ha detto...

PS: Effettivamente la definizione di Wenders sui "lost people" la trovo centrata. Gli americani hanno qualcosa come oltre 30 canali, una bulimia da informazione, ma poi non sanno neanche essere discernenti su quanto gli succede davvero.

marshall ha detto...

Hesperia,
dalle prime battute avevo creduto di aver ciccato nell'aver linkato questo post al mio ultimo. Esso, infatti, basandosi su semplici intuizioni di Kennedy - il primo presidente cattolico americano - già mezzo secolo fa aveva messo in guardia quanto fosse aleatorio e creatore di false e caduche speranze il rincorrere pedissequamente il PIL, poichè esso, così com'è strutturato, non tiene in minimo conto di quanto per ogni singola persona valga la pena di vivere la vita.
E Kennedy, in quel discorso, ha dato una spiegazione semplice ma magistrale della sua intuizione. Idea racchiusa in semplici concetti, i quali, fossero stati recepiti, l'America oggi forse (ma non è detto, in mancanza di una controprova) non sarebbe ai livelli tecnologici in cui si trova, ma forse sarebbe un popolo un pò più felice.
E quindi, come detto sopra, credendo d'aver preso una solenne cantonata, m'accorgo invece che dal contesto complessivo i due post sono perfettamente amalgamabili.

Ciao.

Hesperia ha detto...

Ma certamente che sono amalgamabili Marsh. Anche perché l'emendamento americano "The pursuit of Happiness" (la ricerca della felicità) si riferisce innanzittutto alla prosperità materiale. Alla base del "sogno" c'è il successo individuale del self made man. E se Kennedy ha fatto tutti quegli enunciati sul PIL che copioincollo anche qui:

troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.

Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.

Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.

Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani." (JFK)

Beh, allora mi pare evidente che un sogno basato solo sulla ricchezza materiale, non può che generare l'INCUBO (nightmare).

philip marlowe ha detto...

Il film La terra dell'abbondanza a me non è dispiaciuto. Ha una bella fotografia e un bel commento musicale. Il fatto che non abbia avuto successo e buone critiche potrebbe essere proprio per le ragioni che scrivete. E cioè che non celebra il sogno ma lo fa a pezzi. Che Hollywood sia sempre stata una formidabile macchina per la propaganda non è certo una novità. Ieri come oggi. Il film dell'indiano che è diventato ricco coi quiz francamente mi sono rifiutato di andarlo a vedere.

Hesperia ha detto...

"Il film dell'indiano che è diventato ricco coi quiz francamente mi sono rifiutato di andarlo a vedere".

Marlowe, mi fa piacere che noi europei abbiamo ancora un po' di anticorpi, almeno in fatto di gusto culturale. Anch'io mi sono rifiutata di andarlo a vedere.
Sul film di Wenders mi pare che i due personaggi principali siano un po' forzati e che la sceneggiatura sia abboracciata. Comunque è vero che non è un film circolato, distribuito e pubblicizzato molto. Forse per le ragioni che hai messo in rilievo.

Aretusa ha detto...

Ciao Esp, non ho visto "land of plenty", perchè francamente Wenders non é fra miei preferiti.
Tutti i film che ho visto, mi hanno deluso, quando non annoiato come "The million dollar hotel" con Gibson (che all'epoca, prima di darsi ai film in lingue astruse, mi piaceva molto).
Di Wenders mi era piaciucchiati "Il cielo sopra Berlino" e il suo seguito (di cui mi sfugge il nome).

Ho trovato interessante la tua genesi del "sogno americano" e la sua analisi sulla quale concordo.
L'America é un grande paese, con luci ed ombre, e ultimamente queste ultime, sono molto grevi.
Anche se il passato della storia americana ha grossi torti, che sono stati nascosti fin quando si é potuto (come per il razzismo) o manipolati come per la conquista del west. Trasformata in un'epopea, quando é stato un brutale genocidio...
Insomma come con il "sogno americano", un buon esempio di "marketing"...
Ciao mary

Hesperia ha detto...

Are,
La nostra società dal punto di vista culturale sta affrontando uno dei periodi peggiori. Ormai siamo solo degli esseri materialisti abbindolati da quel mito americano che purtroppo sta già distruggendo gli USA stessi, trasformandoli un una vasta area di mercato multietnico senza identità.
Mi chiedo se vogliamo fare la stessa fine, solo perché non ci rendiamo conto che America ed Europa sono entità molto dissimili, con storie e tradizioni diverse. Vogliamo ritrovarci a non essere più noi stessi in un super-stato di banchieri centrali senza identità solo per avere più soldi? semmai è vero anche questo...
La mancanza di identità e l'omologazione forzata faranno nascere il razzismo e l'intolleranza e probabilmente torneremo alla guerra. Io non voglio questo, voglio un'Europa fatta di stati liberi, indipendenti, diversificati e sovrani che hanno relazioni diplomatiche forti da molti punti di vista senza cedere sovranitàe specificità.
Forse sarò un'idealista, ma meglio farsi una propria idea piuttosto che essere schiavi del consumismo e del denaro.
Meglio guadagnare meno che essere sradicati dalla propria storia e dal proprio paese.
Mi ha colpito molto la frase di Wenders sugli americani "lost people" scollegati dalla realtà. E guarda che lui è sempre stato innamorato degli Usa.
Ma la realtà odierna non possiamo contentarci di volerla solo virtuale e basata sui mezzi informatici che creano un falso sentimento di contiguità e ci illudono che il mondo sia un'unico villaggio-famiglia virtuale.

Josh ha detto...

In effetti Hesperia, l'episodio dell'amica americana lascia pensare:
nei giorni del crack bancario, sognava gli Oscar e voleva vedere la ciofeca del piccolo indiano che diventa ricco.
mmmh più che continuare a credere nelle favole, mi sa che siano in gran parte una popolazione di inconsapevoli: menti programmate, ideologizzate, a riflesso condizionato. Appunto non più consapevoli della realtà.
Ma quante ce ne sono anche da noi? magari non programmate verso (solo) le americanate, notte degli Oscar & co, ma ideologizzati a tal punto da non vedere più la realtà.

Del resto accade anche a scuola, alle università: non si insegna il 'sapere', ma una versione dello stesso. Anestetizzata, tendenziosa. Per consumare meglio, per essere meno liberi.
Tra USa ed EU ci sono milioni di persone "programmate".

Hesperia ha detto...

Josh, secondo me certi "sogni impacchettati" e pronti per essere distribuiti per il villaggio globale, servono a distrarre da altro. E vengono progettati proprio come manovra di distrazione. Falliscono banche, assicurazioni e borse? Niente paura: è già pronta la fabbrica dell'ottimismo a buon mercato.
Te la ricordi la vecchia frase di Monroe Stahr ne "Gli ultimi fuochi" di Kazan?
Beh, quel personaggio lì è esistito davvero, come saprai, e di chiama Irving Talborg, gran tycoon hollywoodiano.
"La gente ha bisogno di film per star bene". Lì c'è già tutta la prosopopea del cinema come fabbrica del sogno. O meglio, dei sogni.
E dato che noi ormai ci siamo smaliziati (si fa per dire) allora Bollywood o chi per lei continua a fabbricarli per il Terzo e Quarto mondo. Da qui la ciofeca di cui parli.
Senza contare il ruolo narcotico e da Prozac dei programmi tv, oggi satellitari.

Lisa Deiuri ha detto...

Anni fa feci un viaggio nell'India del sud. Una sera, in un ristorante, ebbi l'occasione di parlare con il gestore che si era seduto al tavolo mio e della persona con la quale viaggiavo all'epoca. Tra le varie cose ne disse una che mi colpì in modo particolare e cioè che per l'India, del capitalismo e dello stile di vita occidentale nulla era particolarmente nuovo, ma un elemento era davvero inedito e oltrettutto pericoloso: il concetto di uguaglianza tra appartenenti alla società umana. Detta così mi sembrò davvero una mostruosità. Ma come? Questo signore che aveva sicuramente viaggiato in Europa e in America sosteneva la struttura tradizionale delle caste? Allora, mi fu spiegato che l'idea di uguaglianza che sta alla base delle culture di tipo cristiano e che ha dato origine nel nostro sistema - per esempio - alla figura del self made man, è un'illusione che l'antica società indiana hindu aveva sempre considerato inutile e nociva, soprattutto perchè non avrebbe permesso la reale evoluzione delle persone. Io continuavo a non capire. Con molto garbo (e credo parecchio divertimento - anche se molto ben nascosto) il signore mi disse che un indiano hindu non si chiede "perchè" è un fuoricasta. Lo sa già perchè è nato così e se ne assume tutta la responsabilità. Casomai cercherà di acquisire meriti per reincarnarsi in una posizione migliore... Ciò ha un duplice vantaggio: non cercherà mai il "colpevole" delle proprie infime condizioni fuori da se stesso e quindi non avrà bisogno di sovvertire l'ordine sociale.
In The Millionaire - se non sbaglio - l'idea è proprio questa: che lo schema classico occidentale del "far fortuna" ("trovare l'oro", "giocare in Borsa", insomma l'azzardo, il "gambling") non porta alla felicità...o no?

Hesperia ha detto...

Interessantissime considerazioni, Lisa. Poi vissute così dall'interno di un'esperienza personale, acquistano anche maggio pregio.
Purtroppo credo che a lungo andare, anche l'India verrà contaminata da questa mentalità esportata per il mondo : dalla "febbre dell'oro", e dal far coincidere la felicità individuale col portafogli pieno.
Ovvero, felicità = incremento del PIL.

marshall ha detto...

Lisa,
molto interessante la sua testimoninza: racchiude un principio che potrebbe diventare la chiave di volta per conoscere i meccanismi di nascita e sviluppo di certe malattie moderne occidentali: quelle degenerative.

"...il signore mi disse che un indiano hindu non si chiede "perchè" è un fuoricasta. Lo sa già perchè è nato così e se ne assume tutta la responsabilità. Casomai cercherà di acquisire meriti per reincarnarsi in una posizione migliore... Ciò ha un duplice vantaggio: non cercherà mai il "colpevole" delle proprie infime condizioni fuori da se stesso e quindi non avrà bisogno di sovvertire l'ordine sociale..."

Ecco, l'ho già scritto anche più volte nel mio blog: da studi condotti in India dal prof. Giovanni Scapagnino, nell'India più povera non esistevano, questo almeno 10 anni fa, ai tempi della ricerca, durata due anni sul campo, casi di alzheimer, parkinson, sclerosi multipla: malattie degenerative autoimmuni per eccellenza. Malattie che potrebbero anche essere dovute ai ritmi incalzanti della vita moderna.
Probabilmente, la religione hindu aveva capito, fin dalle sue origini, quanto fosse deleterio arrabattarsi per cercare di cambiare il proprio stato sociale, di cambiare la propria condizione di fuoricasta.
Di tali malattie siamo ancora alla ricerca delle cause scatenanti, ma credo che esse potranno essere mitigate o sconfitte solo quando dovessimo inserire nel modus vivendi alla occidentale alcune di quelle regole della religione hindu che, il seguirle, ci aiuterebbe a sconfiggere.

Hesperia ha detto...

Aggiungo un'altra degenerazione. E non si tratta di una malattia, come ha spiegato Marsh, ma di interventi governativi.
Pare che Sarkozy voglia sostituire il PIL (prodotto interno lordo) col FIL (Felicità Interna Lorda). Pensate quale aberrazione! e perciò prendere in considerazione tempo libero, ambiente, servizi, sport ecc. E' una proposta pericolosa perché ad un indice economico (PIL) per quanto opinabile e criticabile, se ne vuole aggiungere un altro "totalizzante, basato non su parametri oggettivi, ma su opzioni soggettive e ideologiche. C'è il rischio di una "felicità di stato". E cioè , la fine della libertà. Ma come dicevo nel post il "sogno" si è delocalizzato per il mondo. Con grande rischio anche per quelle culture che ne erano aliene.