venerdì 19 settembre 2014

Segantini a Milano: il ritorno



Giovanni Segantini è apparso già due volte su questo blog. Una volta per sole immagini nel 2008 e un'altra volta a proposito del divisionismo nel 2010. Ora Milano ci propone questo grande italiano, svizzero d'elezione, internazionale per fama,  in una bellissima mostra di 120 opere in otto sale di Palazzo Reale. E' la più grande esposizione in Italia dalla fine dell'Ottocento.

"L'arte è Amore rivestito di Bellezza" (G.Segantini)

Dalla sua formazione milanese alla vita in Svizzera dove venne un po' trattato come "montanaro di lusso". Distribuite in otto sale su una superficie di 1500 mq, le opere sono organizzate per temi, «Per meglio far comprendere l'evoluzione della narrativa segantiniana», come spiega la curatrice Annie-Paule Quinsac, che a Segantini ha dedicato quasi mezzo secolo di studi e otto mostre in tutto il mondo, coadiuvata nel suo lavoro per Milano da Diana Segantini, pronipote dell’artista e già curatrice della mostra tenutasi alla Fondazione Beyeler nel 2011.

L'Angelo della Vita



«Quello di Segantini è un simbolismo che vuole esprimere ciò che della natura non si vede con gli occhi - continua la Quinsac - Si tratta di un aspetto latente già nelle opere giovanili, che si sviluppa mano a mano che l'artista conosce un'evoluzione tecnica. In questo senso il divisionismo diventa per lui lo strumento ideale per tradurre in pittura ciò che intendeva esprimere».


Già Paola Capriolo, scrittrice germanista, amante di atmosfere metafisiche ebbe a scrivere su di lui uno splendido articolo dal titolo "In fuga dalla modernità". A Basilea nel 2011 visitò  le opere che raccontano una complessa esperienza pittorica e umana  e ne diede conto nell'articolo sul Corriere testé linkato.
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Un percorso per alcuni aspetti  vicino a Van Gogh, Cézanne e Rothko. A Sankt Moritz è aperto in pianta stabile il Museo Segantini dove, tra l’altro, è visibile il monumentale «Trittico della natura». Milano non è il primo luogo che viene in mente pensando a Giovanni Segantini (nato nel 1858 ad Arco, in Trentino, e morto improvvisamente, a soli 41 anni, nel 1899, a Pontresina, in Svizzera). Eppure è proprio qui che il pittore delle cime sublimi e dei pascoli alpini ha scoperto e coltivato il suo talento, prima tra i banchi dell’Accademia di Brera, poi sotto l’ala protettrice dei galleristi Grubicy. E proprio Milano è la protagonista dei suoi lavori giovanili: tra il 1879 e il 1881 i Navigli, le chiese e la borghesia illuminata dell’epoca animeranno tele e disegni.


A Milano arriva nel 1865 a sette anni e se ne andrà nel 1881 per trasferirsi prima in Brianza e poi in Svizzera, a Savognino e poi in Engadina. Resta dunque nel capoluogo lombardo diciassette anni, fondamentali per lo sviluppo della sua carriera artistica e per la sua fortuna di artista. Milano rimarrà il fulcro della parabola segantiniana, la perenne finestra sul mondo dell’arte.


Il percorso della mostra si apre con una sezione introduttiva di documenti, fotografie, lettere, libri, il busto di Segantini eseguito da Paolo Troubetzkoy e quello giovanile di Emilio Quadrelli, il ritratto di Segantini sul letto di morte, acquarello di Giovanni Giacometti, suo amico fraterno e padre del celebre scultore Alberto.

Segue una sezione preliminare con quasi tutti gli autoritratti di Segantini, che permettono di percepire l’evoluzione dall’immagine “realistica” che il pittore dà di se stesso nell’Autoritratto all’età di vent’anni (1879-1880), alla progressiva trasformazione simbolista in icona bizantina, nel carboncino su tela del 1895.

Milano è centrale nella vita e nell’opera del maestro, è il luogo dove Segantini preferisce esporre, dove ha sede la galleria Grubicy che, tramite Vittore prima e Alberto poi, lo sostiene e lo introduce alla borghesia illuminata lombarda, facendogli conoscere, attraverso pubblicazioni e riproduzioni, la maggiore arte contemporanea europea: da Millet, cui sarà spesso accostato, alla Scuola di Barbizon sino alla scuola olandese che ne deriva. A Milano assimila le nuove tendenze artistiche, dapprima la Scapigliatura, poi il Divisionismo, di cui sarà considerato il corifeo, sino al Simbolismo, che rielaborerà in modo personalissimo e visionario. Tuttavia, alla città stessa Segantini dedica pochi lavori, tutti presenti in mostra nella I sezione Gli esordi come Il coro di Sant’Antonio (1879) o gli scorci cittadini quali Il Naviglio sotto la neve (1879-1880), Ritratto di donna in Via San Marco (1880), Nevicata sul Naviglio (1880 circa), Il Naviglio a Ponte San Marco (1880), rimanendo estraneo alla rinascita di quella poetica urbana che genera una vera e propria iconografia della città in trasformazione. In questa sezione introduttiva della mostra viene presentato il dittico "I pittori di una volta"," I pittori di oggi", la cui prima parte, disgiunta da Vittore Grubicy dopo la mostra del 1883 e non più esposta, è stata ritrovata di recente. Segantini resta comunque dal 1886 un outsider rispetto alla cultura milanese, comunque determinante nelle sue scelte di artista e di uomo e della quale influenza gli sviluppi: “Una posizione in bilico – spiega la Quinsac nel suo saggio in catalogo – la cui peculiarità ha originato gli equivoci del Novecento, spiazzando la fortuna critica, comunque spezzettata tra tre paesi, Italia, Austria e Svizzera, che tuttora se lo contendono”.


Il Naviglio a Ponte S. Marco


Non è un caso, quindi, se proprio il ponte di San Marco, il coro di Sant’Antonio e una composta signora Torelli (che altri non è che la moglie del fondatore del «Corriere della Sera»), sono tra le prime opere ad accogliere il visitatore alla grande mostra «Segantini», dal 18 settembre a Palazzo Reale. Quest’opera appartiene a una famiglia che ne è proprietaria sin dal 1898. E poi L’ebanista Mentasti (1880), il Ritratto di Carlo Rotta (1897), pretesto per una meditazione sulla morte, o Petalo di rosa (1890), dipinto sopra il precedente Tisi galoppante del 1883, nel quale il volto della compagna Bice al risveglio è simbolo di sensualità: la scelta di opere effettuata intende illustrare l’evoluzione simbolista che l’artista impartisce al genere del ritratto.

La III sezione. Il vero ripensato ne lquale presenta una serie di straordinarie nature morte, genere obbligato alla fine dell’Ottocento, cui Segantini si dedica con eccellente maestria sia in pannelli decorativi, di cui sono esposti due bellissimi esempi con frutta e fiori, sia nella sua personalissima maniera di costruire il reale in quadri che paiono astratti come Funghi (1886), Pesci (1886), Anatra appesa (1886). 
La IV sezione Natura e vita dei campi raccoglie i capolavori sulla vita agreste caratterizzati dalla presenza femminile, come La raccolta dei bozzoli (1882-1883), Dopo il temporale (1883-1884), L’ultima fatica del giorno (1884) sia nella versione a olio che in quella a pastello che nell’ultima del 1891 a carboncino, Vacca bagnata (1890), mai esposto in Italia, Ritorno all’ovile (1888), Allo sciogliersi delle nevi (1891), Riposo all’ombra (1892), La raccolta delle patate (1886), La raccolta delle zucche (1884 circa), sino al primo paesaggio monumentale Alla stanga (1886). All’interno  di questa sezione troviamo una sottosezione Il disegno dal dipinto, a testimonianza del continuo rifacimento di Segantini dei propri lavori, che venivano modificati per arrivare a soluzioni diverse: sono qui esposti mirabili disegni tratti dal dipinto già realizzato, opere compiute e di altissima qualità stilistica.
Mezzogiorno sulle Alpi 

Segantini si riallaccia alla tradizione della pittura contadina derivata da Millet e dai pittori veristi francesi della metà dell’Ottocento, la supera e arriva poi al simbolismo di una natura incentrata sul paesaggio, dove il contadino è incidentale nella natura. Raffigura inoltre la religiosità degli umili, cui da voce in opere fondamentali presenti nella V sezione Natura e simbolo come Effetto di luna (1882), il celeberrimo Ave Maria a trasbordo (II versione 1886) presentato con i vari disegni precedenti e successivi alla tela, Ritorno dal bosco (1890), opere “dove Segantini già tocca, in embrione – afferma la  Quinsac – le tematiche chiave cardine del suo simbolismo: solitudine al cospetto della natura, armonia tra natura e destino, calore e tenerezza delle greggi, implicito parallelo tra maternità umana e animale”. Anche in questa sezione sono presenti importanti disegni tratti da dipinti come La raccolta del fieno (1889-1890), All’arcolaio (1892), Ave Maria sui monti (1890).

Con il trasferimento in Svizzera nel 1886, Segantini approda al suo personale divisionismo, spezzando la materia in lunghi filamenti di colore. Protagoniste saranno le Alpi, prese sempre di scorcio. Oltre alle donne compaiono gli uomini, anche se dopo il 1890 la natura dominerà sempre di più la scena in composizioni molto vaste dove la presenza umana sarà solo simbolica. Ai capolavori indiscussi del periodo di Savognino, Mezzogiorno sulle alpi (1891), il famosissimo  già citato Ritorno dal bosco (1890) che Milano ha usato quale logo della mostra stessa nel quale la donna sembra avviarsi  dal bosco ai piedi di un' altra montagna: il Duomo. Fanno seguito le monumentali opere in formato orizzontale, in un divisionismo atto a rendere la luce rarefatta delle Alpi, in cui il paesaggio è maggiormente protagonista e assurge a simbolo come L’ora mesta (1892), Donna alla fonte (1893), Primavera sulle Alpi (1897).
Donna alla fonte


La VI sezione Fonti letterarie e illustrazioni mostra l’evoluzione del modus operandi di Segantini attraverso importanti disegni ispirati a opere letterarie e religiose, la Bibbia e Così parlò Zarathustra di Nietzsche.

Nella VII sezione, dedicata al Trittico dell’Engadina, viene ricostruita attraverso disegni, studi preparatori e filmati la genesi di questa monumentale opera concepita tra il 1896 e il 1899 e considerata il testamento spirituale dell’artista.

Le  due madri
Nella sezione conclusiva La maternità sono presenti altri capolavori come lo splendido olio Le due madri (1889) della GAM di Milano, considerato manifesto del divisionismo italiano alla prima Triennale di Brera che vide la nascita ufficiale del movimento, e le opere simboliste in cui l’uso dell’oro e argento in polvere si abbina a una tecnica mista di derivazione divisionista, come le due versioni de L’Angelo della Vita (1894), quella della GAM e quella di Budapest, riprese anche in due disegni, e L’amore alla fonte della Vita (1896). A ulteriore approfondimento, i visitatori saranno qui accompagnati anche da un breve filmato che li aiuterà a comprendere nella sua totalità la riflessione segantiniana sul tema della maternità che, anche per via della sua vicenda familiare, si era trasformato per lui in un’ossessione e nel quale il suo simbolismo raggiunge gli esiti più alti.

Comune di Milano "Il ritorno di Segantini"

Orari: lunedì dalle 14.30 alle 19.30; da martedì a domenica dalle 9.30 alle 19.30. Giovedì e sabato apertura prolungata fino alle 22.30 (ultimo ingresso un'ora prima della chiusura).