Per quante idee circolassero in mente in questo periodo da realizzare sul blog, non si può non dedicare un post a questo evento ferrarese, che si estende dal 13 Ottobre al 13 Gennaio.
Per i circa 2 secoli rappresentati alla Mostra presso Palazzo dei Diamanti, sono stati movimentati quadri famosi e meno, comunque piccole e grandi gemme della produzione nostrana, di area specie ferrarese.
(a sinistra, Giovanni Pagliarini, Madonna con Bambino, 1854)
La Mostra nasce proprio tra i danni lasciati dal recente terremoto emiliano, come una gemma nel deserto, o una Lux ex Tenebris:
i quadri esposti erano conservati presso Palazzo Massari, tuttora inagibile. Conteneva le Collezioni delle Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea, del Museo Giovanni Boldini, del Museo dell'Ottocento, e del Museo Filippo De Pisis. Sono infatti 8000 (!) le opere salvate e "sfollate" al Palazzo dei Diamanti, la Mostra in corso ne ha selezionate 80, tra dipinti, sculture e opere su carta.
(a destra, Giuseppe Virgili, Testa di Donna, 1938)
Curatrici della Mostra sono Maria Luisa Pacelli, Barbara Guidi e Chiara Vorrasi, che hanno preparato l'Esposizione in pratica con tanto di elmetto di sicurezza anticalcinacci.
Oltre a Boldini, Previati e De Pisis, i tre nomi di maggior richiamo, si possono vedere opere di Giuseppe Mentessi, Arrigo Minerbi, Gaetano Turchi, Giovanni Pagliarini, Massimiliano Lodi, ma anche Umberto Boccioni, Achille Funi, Mario Sironi, e Carlo Carrà.
(sopra, Giuseppe Mentessi, La Pace, 1907)
(a sinistra, Gaetano Turchi, Torquato Tasso in S. Anna, 1838)
L'idea è quella di dare corpo in questa Mostra a un simbolo di Ferrara, a un concetto.
(Giovanni Muzzioli, I Funerali di Britannico, 1888)
Il percorso ha un inizio ottocentesco appoggiandosi a Giovanni Antonio Baruffaldi e Giovanni Pagliarini. Si passa al pieno Romanticismo con Girolamo Domenichini, Massimiliano Lodi e Gaetano Turchi,
fino ad approdare a Boldini, di fama internazionale alla fine del secolo scorso, pittore acclamato per la ritrattistica efficace ma di gusto già leggero, se non frivolo in qualche modo, superficiale e "glam" in area Belle Epoque.
(a destra, Giovanni Boldini, Signora in Rosa, 1916)
Gaetano Previati è invece sempre uno dei grandi da riscoprire: di solito catalogato come Divisionista, fattore presente in realtà, la sua pittura si distingue per senso della poesia e attitudine visionaria, con qualche incursione in area simbolista, ma sono la ricerca dell'originale, la passione che trapela dai dipinti, a farne un caso unico.
(a sinistra, Gaetano Previati, L'Assunzione, 1903;
sotto ancora Previati, Paolo e Francesca, 1901)
Boccioni nel 1916 scriveva così di Previati:
"Quando finirà questa infame noncuranza, questa vergognosa incoscienza artistica e nazionale verso il più grande artista che l'Italia ha avuto da Tiepolo ad oggi..... L'opera di Gaetano Previati è di una vastità e di un valore che sconcertano....
Previati è il solo grande artista italiano, di questi tempi, che abbia concepito l'arte come una rappresentazione in cui la realtà visiva serve soltanto come punto di partenza. Egli è il solo artista italiano che abbia intuito da più di trent'anni che l'arte fuggiva il verismo per innalzarsi allo stile, Gaetano Previati è stato il precursore in Italia della rivoluzione idealista che oggi sbaraglia il verismo e lo studio documentato del vero. Egli ha intuito che lo stile incomincia quando sulla visione si costruisce la concezione, ma mentre la sua visione si è rinnovata nella modernità, la concezione è rimasta, come ossatura, al vecchio materiale elaborato del Rinascimento italiano."
Per il Novecento seguono collezioni di altri maestri accorpati in maniera variegata: Alberto Pisa, Giuseppe Mentessi, Umberto Boccioni, Roberto Melli, Aroldo Bonzagni, Mario Sironi.
(a sinistra, Roberto Melli, Composizione di Oggetti, 1934;
sotto Mario Sironi, La Giustizia, 1935-36)
Naturalmente è presente una sezione per Filippo De Pisis: le sue tipiche nature morte
sconfinano nella visionarietà metafisica (De Pisis conobbe De Chirico, suo fratello Savinio e anche Carrà);
(a sinistra, De Pisis, Gladiolo fulminato, 1930)
....le vedute di città (specialmente Parigi, dove soggiornò parecchi anni) che prendono corpo in rapidi tratti, schegge, come tratti stenografici
(sotto a destra, De Pisis, Strada di Parigi, 1938)
ma sono presenti anche le opere della vecchiaia (minata da una patologia nervosa) ispirate a toni intimisti come di un microcosmo settecentesco rivisitato che manifestano la ricerca di un colorismo originale, di un continuo clima poetico, pur se anticlassico.
La ricostruzione delle zone terremotate sarà possibile ripassando anche dalla ricostruzione dell'immaginario, partendo ancora una volta dalla propria ricchissima specificità e identità.
Josh
per notizie dirette sulla Mostra, consultare QUI.
Josh
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