sabato 26 settembre 2009

Declinazione di grigio


Declinazioni di Grigio ...grigio fumo di Londra, grigio plumbeo, grigio-gatto certosino, grigio tortora, neogrigio....Data la stagione, in realtà, il pensiero corre ai Crepuscolari.

Questi poeti non corrispondono ad un vero movimento organizzato, il loro stesso nome non nasce per intento programmatico ma dal critico G.A. Borgese che chiamò la loro poesia 'crepuscolare' in un articolo sulla Stampa del 1 sett. 1910, su Moretti, Fausto Maria Martini, Carlo Chiaves. Più che di poetica o di manifesto è il caso di parlare di condizione come sostiene N. Tedesco in "La condizione crepuscolare".
In questa poesia assistiamo al distacco dagli statuti alti della tradizione, e alla ricerca di toni bassi: le influenze vanno dal simbolismo francese a Verlaine, alla tradizione fiamminga del piccolo quadretto di genere fino a Maeterlinck, Rodenbach (se ne parlava anche qui ), Samain, Laforgue, alla disillusione dell'Ottocento appena trascorso, a figure di decadimento, estenuate dalla consunzione, presenti nell'immaginario europeo a cavallo tra '800 e '900, che in piccola parte si potevano notare anche nel Poema Paradisiaco di D'Annunzio e in certi passaggi di Pascoli.

La poesia, dopo il tramonto della classicità, diviene depositaria di situazioni quotidiane della vita piccolo-borghese, il quotidiano retrò e démodé balza in primo piano, piccole tristezze, campanili nella nebbia, strade di ectoplasmatiche cittadine anonime e ansiogene, teatrini di marionette, povere cose consumate e abbandonate, anonimato ospedaliero, a tratti un Cattolicesimo mummificato, di maniera, suggestivo quanto solo scenografico, esteriore ed estetizzante, fatto di forme e riti (mentre all'epoca in realtà si dibatteva con lo scisma interno del Modernismo), sanatori e grigiore di periferia.
Facendo propri questi ingredienti il poeta scende dal piedistallo Autoriale su cui ancora Pascoli e D'Annunzio erano ben assisi, e cerca una poesia della medietas, con una voce flebile: il significato risiede piuttosto in un sentimento situato "oltre" questi elementi.
I Crepuscolari elevano a poesia aspetti umili del quotidiano, svuotandoli però di quell'altezza e di quel simbolico che invece era tipico del Pascoli. Il mondo crepuscolare rappresenta più spesso la noia, il grigiore, l'incapacità di dare un significato all'esistenza e di aderire con passione a un'ideale. Il fanciullino pascoliano, portatore invece di sacralità e umanità, qui è ridotto a un fanciullo esangue e malato.
La forma stessa vira ormai verso la prosa, spesso è presente un senso irresistibile di Vanitas Vanitatum, disincantato e ironico.
Un campionario di temi crepuscolari è nella lettera di Corrado Govoni a Gian Pietro Lucini (11 febbraio 1908, in Gian Pietro Lucini, "il verso libero", Mi 1908, pp.646-648)
"le cose tristi, la musica girovaga, i canti d'amore cantati dai vecchi nelle osterie, le preghiere delle suore, i mendicanti pittorescamente stracciati e malati, i convalescenti, gli autunni melanconici pieni di addii, le primavere nei collegi quasi timorose, le campane magnetiche, le chiese dove piangono indifferentemente i ceri, le rose che si sfogliano su gli altarini nei canti delle vie deserte in cui cresce l'erba"

Amedeo Bocchi, "Malinconia", 1927 (Roma)



Ma è proprio solo degli artisti riuscire a realizzare anche da questo apparentemente limitato e basso bric-à-brac, una poesia che comunichi ancora sensazioni anche se "perplesse", un senso della vita nell'apparente nonsenso. Montale definiva Gozzano "il primo che abbia dato scintille facendo cozzare l'aulico col prosaico": andando oltre le parole, nei Crepuscolari maggiori è grande la capacità poetica di mostrare l'ansia dell'eterno, le aspirazioni infinite della passione e del sogno in contrasto spiazzante con la finitezza della morte,con vite convenzionali, con il ridicolo, avvertendo un continuo senso di estraneità e permeando ogni visione con quell'idea che le "rose migliori son quelle che non colsi".
I testi sarebbero troppi, ecco solo qualche passaggio da Guido Gozzano: da "La via del rifugio" :
Socchiusi gli occhi sto/ supino nel trifoglio,/ e vedo un quatrifoglio/che non raccoglierò;
da "I colloqui" : Non vissi. Muto sulle mute carte/ ritrassi lui, meraviglioso spesso./ Non vivo. Solo, gelido, in disparte,/ sorrido e guardo vivere me stesso da "Pioggia d'agosto": Tu non credi e sogghigni. Or quali cose/ darai per meta all'animo che duole?/ La Patria? Dio? l'Umanità? Parole/ che i retori t'han fatto nauseose...
da "I Sonetti del ritorno": Sui gradini consunti, come un povero/ mendicante mi seggo, umilicorde:/ o Casa, perchè sbarri con le corde/ di glicine la porta del ricovero?
da "La Signorina Felicita": Bellezza riposata dei solai/ dove il rifiuto secolare dorme!/ In quella tomba, tra le vane forme/ di ciò ch'è stato e non sarà più mai,/ bianca bella così che sussultai/ la Dama apparve nella tela enorme da "In casa del sopravvissuto": "Reduce dall'Amore e dalla Morte/ gli hanno mentito le due cose belle!/ Gli hanno mentito le due cose belle:/ Amore non lo volle in sua coorte/ Morte l'illuse fino alle sue porte,/ ma ne respinse l'anima ribelle.






Stralcio a memoria) "Veramente la mia stanza modesta/ è la reggia del non essere più/ del non essere ancora. E qui la vita/ sorride alla sorella inconciliabile/ e i loro volti fanno un volto solo....
Autore : Josh



domenica 13 settembre 2009

A Venezia una passerella rosso shocking:cala il sipario

A Venezia una passerella rosso shocking o parafrasando un altro celebre film Morte (del Cinema) a Venezia, finalmente é calato il sipario sulla ormai “famigerata” più che famosa 66ima Mostra del Cinema, dove il cinema è stato umiliato e calpestato per fornire un palcoscenico sfavillante ai soliti riti autoreferenziali di una sinistra povera di idee, ma sempre piena di sè.
Il clou della demenzialità è stato ospitare lo show propagandistico del 'dittatore 'Chàvez. Una “fiction” in piena regola, con venezuelani, trasportati e pagati dal governo del Venezuela, che cantavano l'inno nazionale e che hanno accolto garruli e festosi il caudillo di Caracas (pena la perdita del posto di lavoro). Federico Accorsi lo ha denunciato con una lettera destinata al direttore della Mostra Marco Muller: "Nel Paese sudamericano gli impiegati pubblici vengono costretti ad assistere alle marce, pena il licenziamento. Autobus rossi del governo e pullman affittati, trasportano gente umile che si accontenta di elemosina.”

Ad umiliare il Cinema, comunque sarebbe bastata la vergognosa presenza di Oliver Stone, confezionatore di santini per autocrati e del suo “South Of The Border” elegia di un dittatore, Chàvez appunto, che nel suo paese ha chiuso una decina giornali. Chiusi. Punto. Non querelati. Chiusi. E che, un giorno si e l’altro anche minaccia gli altri giornali della medesima sorte. Stessa faccenda per le televisioni ne ha già chiuse almeno tre. Chiuse. (e non elenco tutte le sue altre esternazione di massima democrazia che toccano altri campi economici, politici ecc.), notizie di prima mano di un blogger che vive da quelle parti e comunque reperibile sulla stampa estera in internet.
Or bene quando Chàvez è entrato in Sala Grande, accanto all’amico americano anti-americano Oliver Stone, la platea di poveri beoti e “ananeurizzati” rossi è scattata in una standing ovation, con gridolini osceni di “Viva la Revolución”!
Quale “Revolución” quella che schiaccia i diritti del popolo?
E poteva mai mancare Michael Moore grande estimatore della sanità cubana, in concorso con "Capitalism: a love story", che si è premurato di dare un consiglio a noi poveri “mentecatti” che votiamo Silvio Berlusconi: “Cercate di risolvere il problema Berlusconi e fatelo in fretta, perché non ci state facendo una bella figura, come italiani".
Forse l’ingombrante (in tutti sensi) Moore non sa, essendo ammiratore di Castro al pari del suo compatriota Stone, che in Italia ci sono LIBERE elezioni e quindi, non c’è modo di “sbarazzarsi in fretta” di Berlusconi, che eletto, ha il diritto/dovere di governare fino alla scadenza della legislatura. Ogni altro modo di “liberarsi in fretta” di lui, chiamasi golpe e nulla ha a che fare con la democrazia, anzi è quella brutta abitudine propria dei regimi dittatoriali, tanto cari ai due paladini del più becero luocomunismo globalizzato.

In chiusura di questa triste parata non poteva mancare l’opportunista ideologizzato per eccellenza, quello che sputa nel piatto dove mangia.
Michele Placido che prende quattrini dalla Medusa per fare i suoi film e nel contempo si dedica al più trito anti-berlusconismo. Quando una giornalista gli ha fatto notare la “lieve” incongruenza di essere sul libro paga di colui che tanto aborre, Michele ha dato in escandescenze, dimostrando che tanto placido non è quando gli si scoprono gli altarini. Il suo film in concorso "Il grande sogno" è l’ennesima sviolinata sul ’68, perché se c’è un dato incontestabile, è che questi registi se la cantano e se la suonano, tanto anche se vanno in 5 a vedere le loro “opere” ci sono i finanziamenti statali.

E a proposito, il sessantottino Placido (firmatario dell'appello di Repubblica) ha deciso di fare il bieco forcaiolo e denunciare Brunetta per una frase lapidaria sui registi che usano e abusano dei finanziamenti pubblici nella quale non è nemmeno nominato, però si è sentito diffamato dall’accostamento dell’aggettivo “placida” a "leggermente schifosa", solo il Presidente del Consiglio non può querelare chi lo descrive come "porco" impotente e semi pedofilo, perchè in tal caso é minacciata la libertà di stampa.
Parafrasando Massimo Troisi, "Non gli resta che piangere".
Aretusa