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Ebbe notorietà per il "Poema eroico delle Guerre dei Goti" (1582), e compose moltissimo in versi: dal dramma per musica (Il rapimento di Cefalo, 1600), alla tragedia (Erminia, Angelica in Ebuda, etc.), alla satira (Sermoni, 1623-1632), anche se oggi è ricordato specie per le Canzoni e Canzonette (Genova 1586 e 1591). La caratteristica della sua poesia è una certa nota di classicismo, a cavallo tra Rinascimento e Arcadia, con qualche suggestione barocca. In realtà la cifra dell'autore è lo sperimentalismo metrico e linguistico: seppur ancora legato all’equilibrio e armonia cinquecenteschi, ripercorre forme e metri della lirica greca, la classicità di Pindaro, Saffo e Anacreonte, ma a un certo punto non può esimersi dal contaminare la sua classicità con il barocco: compaiono così nei suoi versi arditezze seicentesche, metafore, concettismi, giochi ad effetto di maestria ed eleganza.
Belle rose porporine, (1)
che tra spine
su l'aurora non aprite; (2)
ma ministre de gli Amori,
bei tesori di bei denti custodite.
Dite rose preziose,
amorose dite,
ond'è che s'io m'affiso (3)
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voi repente disciogliete un bel soriso?
E' ciò forse per aita di mia vita,
che non regge a le vostr'ire?
O pur è, perché voi siete tutte liete
me mirando in sul morire?
Belle rose, o feritate, (4)
o pietate del sì far la cagion sia,
io vo' dire in novi modi vostre lodi;
ma ridete tuttavia.
Se bel rio, se bella auretta
tra l'erbetta sul mattin
mormorando erra,
se di fiori un praticellosi fa bello,
noi diciam: ride la terra
Quando avvien, che un zefiretto
per diletto,
bagni il pie' ne l'onde chiare,
sì che l'acqua su l'arena
scherzi a pena,
noi diciam, che ride il mare.
Se giamai tra fior vermigli,
se tra gigli veste l'alba un aureo velo;
e su rote di zaffiro move in giro,
noi diciam, che ride il cielo.
Ben è ver, quando è giocondo
ride il mondo,ride il ciel quando è gioioso;
ben è ver, ma non san poi come voi/fare un riso grazioso.
Note: (1) Allusione alle labbra di una donna (2) come dire "non sorridete al far del giorno"(3) "ond'è ch'io" qual è il motivo per cui/ "m'affiso" mi fisso(4) feritate, crudeltà (dalle "Rime" di Gabriello Chiabrera, edizione di riferimento "Maniere, Scherzi e Canzonette morali" a cura di Giulia Raboni, Fondazione Pietro Bembo-Ugo Guanda, Milano-Parma 1998) Se ne ha una versione musicata da Giulio Caccini (1546-1618) "Aria Nona-Belle Rose Porporine" pubblicata nel 1601, n.22 ne "Le Nuove Musiche" Giuseppe Maria Crespi
Il secondo componimento è di molto successivo, e di tutt'altra impronta, scritto da Vittoria Aganoor. Nacque a Padova nel 1855, morì a Roma nel 1910. Compì i suoi studi con i maestri Giacomo Zanella ed Enrico Nencioni. Tradusse De Musset e Baudelaire. In Italia ebbe rapporti con Aleardi, D'Annunzio, Di Giacomo.
è là sul prato e parla e gioca al sole.
Io so quei giochi e so quelle parole;
rido quel riso e penso quei pensieri.
Ed anche io vedo una fanciulla bruna,
gli occhi sognanti al ciel notturno fisi.
Quante chimere e quanti paradisi
negli occhi suoi! Te li rammenti, o Luna,
gli occhi febei della fanciulla bruna?
Ora è stanca; la penna ecco depose.
E la man preme su le ciglia nere.
Di quanti sogni e quante primavere
vide sfiorir le immacolate rose?
Ora è stanca; la penna ecco depose.
Poesie complete qui
Dipinti : Gaetano Previati, la Danza delle Rose, 1908, Gardone, Vittoriale
Giuseppe Pellizza da Volpedo - Girotondo 2° (foto piccola) versione 1903 olio su tela 100cm. diametro Milano - Galleria d'arte moderna.
Autore: Josh