mercoledì 28 dicembre 2011

L'algido fascino della Regina delle Nevi

Il periodo delle festività natalizie è propizio alle fiabe di magia, spesso ridotte in cartoni animati per  lungometraggi, destinati a un pubblico infantile.  Ce ne fanno fare un'overdose in tv, di fiabe classiche in versione Disney e, non di rado,  ne viene snaturato il contenuto pedagogico e formativo, tutto a vantaggio degli effetti speciali e degli incassi di botteghino. Una fiaba invernale e nordica che molti di noi adulti ricorderanno  con piacere è "La Regina delle Nevi" del favoloso Andersen. Leggerla ai bambini suscita sempre un grande incantamento. Ma si tratta in realtà di una fiaba dagli 8 agli 80 anni e oltre....
L’interesse appassionato per questa fiaba nasce dal riconoscimento della sua ricchezza simbolica: la scheggia di ghiaccio che gela i cuori rappresenta la metafora dell’esistenza umana sempre più votata alla razionalità. Il bacio di ghiaccio della Regina delle nevi sottrae  lo stupore dell’infanzia e allora la razionalità domina l’esistenza. La fiaba ci mette davanti alla sofferenza degli uomini che, nel cercare di proteggersi, rinunciano ai sentimenti abbandonandosi ad una forma diversa di sofferenza, sterile ed inutile: l'indifferenza e la freddezza. Kay e Gerda  sono i due piccoli protagonisti che dovranno vivere un viaggio iniziatico non esente da sofferenze. Perdendosi per poi ritrovarsi.  
Le immagini che la lettura di questa fiaba ci lascia impresse nelle memoria sono fatte di sortilegio, meraviglia, voglia di scoprire paesaggi incantati come la Norvegia, la Lapponia, la Finlandia .  Tutti ricorderanno l'incontro fatto di fascinazione tra il piccolo Kay  e la Regina delle Nevi, bella e altera sulla sua slitta, avvolta nella sua pelliccia e  manicotto,  coi suoi occhi azzurini come il riflesso della neve sotto le luci del Nord. Una sorta di Bella Dama delle pianure innevate il cui bacio glaciale è fatale al piccolo che viene rapito e separato dai suoi affetti familiari.  Bellezza, fascino e algore, non si oppongono tra loro, e rappresentano alcuni degli archetipi letterari, già a partire dalla letteratura fantastica destinata all'infanzia.
Il viaggio nella slitta al castello dei ghiacci della bella dama è accompagnato da un turbinio di fiocchi di neve, simili a "sciami di mosche bianche impazzite".
Gerda che parte alla ricerca dell'amico Kay, ci condurrà  con sé in un’atmosfera suggestiva.
Cammin facendo, incontreremo personaggi eterei e fantastici che ci faranno vivere momenti di intensa poesia attraverso uno straordinario viaggio sentimentale. Le lacrime brucianti della piccola Gerda alla vista dell'amico, scioglieranno la scheggia nell'occhio di Kay;  ma anche il suo cuore indurito e reso gelido dall'essere ostaggio della bella Regina senza pietà,  che lo separa  dai suoi affetti.
Poi il ritorno:  le ghirlande di rose che si intrecciano dai loro terrazzi, quelle rose profumate che Kay non ha mai dimenticato, nemmeno quand'era prigioniero nello splendido Palazzo dei Ghiacci, nonché la mitezza della primavera ritrovata, segnano il ritorno alla vita, ai giochi dell'infanzia,  e al sentimento dell'amicizia.
Come in tutte le fiabe e i racconti di magia, il lieto fine è assicurato e il piccolo Eroe può tornare a casa, non prima, però,  di  aver affrontato un viaggio di iniziazione alla vita, nel quale dovrà assumersi i suoi rischi.
La Regina delle Nevi fa parte, insieme a Scarpette Rosse (altra grande fiaba da cui hanno tratto un celebre film di Powell e Pressburger), l'Usignolo dell' Imperatore e  la Sirenetta, della quadrilogia di fiabe indimenticabili. Sì, ma non venitemi a parlare delle versioni Disney in cui la Sirenetta in fondo al mare si mette a fare un bel  balletto tra i pesci, in stile musical hollywoodiano. Per carità: il magico H.C. Andersen è altra cosa e le sue storie sono pervase da tutt'altra aura che perdura intatta nel tempo.

Qui il riassunto della Regina delle Nevi, fiaba composta in 7 episodi che sono altrettante tappe di un viaggio nel meraviglioso. Ci sono infinite versioni di cartoni animati (giapponesi, inglesi, finlandesi, dell'Est), balletti classici ispirati a questa  storia, ma nessuna di queste versioni, a parer mio, riesce ad  eguagliare l'originale letterario. Per mera curiosità, propongo questo multimediale dove la perfezione gelida di un cristallo di neve, dà vita al bel volto della Regina.
L'occasione mi è gradita per porgere agli Esperidi, ai lettori  del Giardino e agli  internauti, un Felice Anno Nuovo!



Hesperia

mercoledì 21 dicembre 2011

A Natale, Georges De La Tour

Un breve post di clima natalizio
non può non soffermarsi su un evento,
e rifuggire dalla noiosissima tragi-cronaca delle eurofregature a scoppio continuo di questi giorni.



Georges De La Tour è il personaggio, abbastanza misterioso per le scarse notizie sul suo conto, le cui opere sono in mostra stavolta a Milano, a Palazzo Marino , Sala Alessi, in collaborazione con Eni e il Louvre fino all'8 gennaio.
L'operazione è curata da Valeria Merlini e Daniela Storti.

In particolare, molto adatte al clima del periodo, da segnalare 2 opere di fondamentale importanza: "L'Adorazione dei Pastori" (datata intorno al 1644) per la prima volta in Italia, sopra
e, sotto, "San Giuseppe Falegname" (1640 circa).


Georges De La Tour è considerato un maestoso esempio della pittura francese barocca seicentesca, è stato definito anche il "Caravaggio francese".
Nato a Vic-sur-Seille nel 1593, vissuto a Lunéville, dopo la sua scomparsa venne pressochè dimenticato, tra carenze documentarie, confusioni museali e collezionistiche, e deprezzamento del barocco fino a quasi tutto il 1800 inoltrato.

Lo studioso Hermann Voss nel 1915 iniziò la ricomposizione della vicenda artistica di Georges, districandosi tra repertori museali, false attribuzioni.

Allo stato attuale degli studi, non ci sono testimonianze sufficienti ad avallare l'ipotesi di un viaggio di formazione di Georges in Italia.

Anche senza questa esperienza, il "caravaggismo" divenne fenomeno internazionale, e giunse comunque in Francia. E' evidente che Georges dall'esperienza di Caravaggio e successori (il caravaggismo di Georges è senza dubbio condizionato dall'olandese Hendrick Terbrugghen e dalla scuola caravaggesca di Utrecht) fece propri la fenomenologia della luce, i giochi d'ombra, le penombre, il luminismo, le figure che si stagliano dal buio rivelando le proprie volumetrie, e coniugò questa parte d'ispirazione alla pittura fiamminga, e a quella sorta di realismo magico d'interni intimo e sacrale.

La vita di Georges de La Tour, l'apporto culturale della regione della Lorena e gli eventi dell'Europa d'allora sono trattati nella mostra (ingresso libero), abbinati a notazioni sulla tecnica pittorica.

Per "L'Adorazione dei Pastori" si possono notare più aspetti: come tipico dell'epoca, si suppone che l'opera fosse stata commissionata dagli abitanti di Lunéville in omaggio al governatore e ai maggiorenti locali, forse raffigurati fisicamente nel dipinto come era uso.

Ma il il dipinto va oltre il genere, se si mettono a fuoco alcuni particolari:

tutto di La Tour è il consueto studio della luce, dei punti luce, dell'atmosfera; la donna in rosso è Maria, San Giuseppe regge la candela che illumina il quadro, il bambino completamente addormentato sembra emanare luce ("La Luce che illumina il mondo" cfr. S. Giovanni 8:12, ma anche Gv 1:4-5, 9-12; 5:36-37; 12:46-50 "Gesù parlò loro di nuovo, dicendo: «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita»).

Un pastore ha accanto a sè un agnello, raffigurato molto vicino al Bambino: l'Agnello, come il Rosso della veste mariana sono prefigurazioni della Passione, del sangue versato. La luce riveste ogni elemento di un alone intimo, ma insieme solenne, sacro: il quotidiano permane, ma è reso trascendente, che è uno degli stessi misteri dell'Incarnazione.

Gesù Bambino, centro del quadro è rappresentato in maniera particolare: piccolissimo, completamente avvolto, anzi fasciato e non semplicemente "in fasce", con gli occhi chiusi, segreto mistico, vittima prefigurata per donare la salvezza, simmetrico all'agnello.

Riesce difficile pensare che il pittore non avesse presente anche questo passo simbolico dell'incipit del Vangelo di S. Giovanni (1: 9-14)

"9 La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo. 10 Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non l'ha conosciuto. 11 È venuto in casa sua e i suoi non l'hanno ricevuto; 12 ma a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome; 13 i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d'uomo, ma sono nati da Dio.
14 E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre."

Da un punto di vista tematico-stilistico, il tema dell'Adorazione dei Pastori al Messia-Bambino ambientata di notte è una visione tipicamente italiana seicentesca, a partire dall'interpretazione dei caravaggisti italiani e dei Carracci, anche se la scena domestica e raccolta, l'interpretazione della luce come elemento quasi narrativo, plastico e introspettivo appartiene completamente alla tradizione della cultura francese-fiamminga.

Per quanto riguarda il secondo dipinto, "San Giuseppe Falegname", Gesù bambino un po' più cresciuto qui regge la luce, e sembra emanarla, in un alone che sa ancora di realismo magico, di soprannaturale che ha fatto breccia nel quotidiano. S. Giuseppe Falegname, qui molto anziano e provato, sta lavorando il legno, preannuncio ancora una volta della Passione, dell'altro Legno (la Croce) a cui Cristo sarà appeso.

Lo svolgimento del tema anche in questo caso appartiene a repertori di ascendenza tematica e formale nordico-fiamminga (il Santo anziano, il Messia-Bambino, gli interni illuminati a contrasto a lume di candela), ma entrambi i dipinti hanno una potenza espressiva visionaria.


Nell'Augurio di recuperare tutti uno sguardo "sgranato" sulla realtà, e penetrante più dimensioni,

colgo l'occasione

per un Augurio di Felice Natale e Sereno 2012

a tutti!


Josh

mercoledì 14 dicembre 2011

Leonardo al MUST di Vimercate


Leonardo - La Dama con l'ermellino - Czartoryski Muzeum, Cracovia

Nel corso dell'escursione letteraria a Vimercate e dintorni, per scrivere i miei post precedenti (vedi post), mi sono imbattuto nel loro ecomuseo. Tra le curiosità presenti, un salone è interamente dedicato a Leonardo da Vinci. Verrebbe da chiedersi cosa ci stia a fare il genio fiorentino in questo museo, il MUST, che è nato per illustrare solamente le peculiarità del territorio. La presenza di Leonardo in questo genere di museo, poteva solo significare che in qualche modo egli abbia avuto a che fare con la città di Vimercate. 
Vimercate, la romana Vicus Mercatus, sede del Capitano della Martesana dal sec.XIII al 1774,  è al centro di una fra le regioni più fertili d'Italia. Recentemente, la concentrazione di industrie innovative del campo dell'elettronica e delle telecomunicazioni sul suo territorio, negli anni '70 e '80 le aveva fatto guadagnare il titolo di Silicon Valley europea. A farglielo meritare era stata la concomitante presenza di IBM Italia, Telettra, SGS (ora STM) ed altre importanti realtà minori. Per inciso, la vera Silicon Valley è quella che orbita attorno all'Università di Stanford, dove Steve Jobs tenne un memorabile discorso ai neolaureati, nel giugno 2005.

Tornando al museo, al piano terra c'è la Sala di Leonardo e Salaino, contenente pannelli interattivi, descrittivi dei due personaggi, originari di queste parti che ebbero a che fare con Leonardo da Vinci: Gian Giacomo Caprotti e Cecilia Gallerani. Altri pannelli parlano del Naviglio di Paderno, del quale è rimasto solo sulla carta un suo progetto: era di difficile realizzazione con la tecnologia del tempo, e quindi all'epoca non se ne fece nulla; verrà inaugurato quasi tre secoli dopo, nel 1777, sotto Maria Teresa d'Austria. Cecilia Gallerani, immortalata da Leonardo nel quadro La dama con l'ermellino (foto in alto), era figlia di un proprietario terriero di Carugate, paese alle porte di Vimercate, che si era trasferito a Milano, con moglie e figli ancora piccoli. La giovane Cecilia, all'età di sedici anni, divenuta amante di Ludovico il Moro era andata a vivere presso di lui, in un'ala riservata del Castello Sforzesco. Esperti affermano che a lei si sarebbe ispirato Leonardo per dipingere l'angelo della Vergine delle Rocce (foto sotto). La convinzione deriverebbe loro dal fatto che il volto dell'angelo assomiglia molto a quello della Dama con l'ermellino.

Vergine delle Rocce (Louvre) - da Wikipedia

La Vergine delle Rocce è stato il primo lavoro che gli è stato commissionato a Milano. Vi era giunto da Firenze nel 1482, forse incoraggiato a quel passo da Lorenzo il Magnifico, con la speranza che venisse subito convocato dallo Sforza. Nella sua lettera di presentazione, Leonardo si era presentato al Moro come "esperto di bombarde, carri coperti, sicuri e inoffensibili i quali, entrando con le loro artiglierie in mezzo ai nemici, travolgeranno anche le moltitudini più compatte". Ma ricevette comunque una tiepida accoglienza, tanto che dovette aspettare due anni, prima di ricevere un incarico dal futuro duca. Ad un anno dallo sbarco a Milano, grazie all'intervento dei fratelli De Predis, gli giunse il primo incarico; con i due amici avrebbe dovuto dipingere una pala per l'altare della cappella della Confraternita dell'Immacolata Concezione. Fu un'opera controversa, la cui vicenda, tra conclusione, rifacimenti, ritocchi e cause per ottenere il pagamento di un sovrapprezzo, si chiuse dopo 14 anni.

Leonardo - San Giovanni Battista

L'altro personaggio vimercatese, il Salai, al secolo Gian Giacomo Caprotti, era di Oreno, ora frazione di Vimercate. Era stato "assunto" da Leonardo, allorchè, aumentato il lavoro, aveva aperto una bottega di fronte al Duomo. Era il 1490, Caprotti aveva allora solo 10 anni, e gli resterà fedele per tutta la vita. Pare che il Salai abbia fatto da modello per il San Giovanni Battista (foto sopra).  

Nei sogni di Ludovico il Moro c'era il collegamento diretto del Ticino con l'Adda, passando per Milano. Il collegamento col Ticino era già attivo da quasi due secoli, attraverso il Naviglio Grande e la Cerchia Interna. Ad est della città, suo nonno, Filippo Maria Visconti, aveva realizzato il naviglio della Martesana, inaugurato nel 1471. La navigazione dell'Adda, da Lecco fino all'imbocco con la Martesana, era reso impervio nel tratto fiancheggiante Paderno D'Adda. Le difficoltà in quel tratto erano tali (foto sotto) da costringere le imbarcazioni ad effettuare estenuanti e costosi trasferimenti delle merci su carri, e poi di nuovo sulle barche, per evitare quel tratto impossibile; Leonardo si era così recato più volte sul posto per studiare a fondo la questione (vedi nota di chiusura).


Adda di Leonardo - dal sito Ecomuseo Adda di Leonardo

In chiusura, un accenno ad un altro sito importante dedicato a Leonardo, l'Ecomuseo Adda di Leonardo, museo a cielo aperto con sede presso il Parco Adda Nord di Trezzo sull'Adda. Nell'opuscolo Gli ecomusei della Lombardia, edito dalla Regione Lombardia, parlando di Leonardo, scrivono "...Ma l'originalità è data dai segni della presenza di Leonardo da Vinci che soggiornò in questi luoghi dal 1507 al 1513, apportando un notevole contributo culturale, teorico e pratico".  

Link:

martedì 6 dicembre 2011

L'esproprio del pianeta secondo J. Ziegler

Questo blog predilige argomenti "inattuali" come dev'essere la cultura, la quale non può rincorrere mode o tendenze, ma tende a occuparsi di ciò che permane nel tempo. Ci sono momenti però nei quali la realtà che viviamo è talmente caotica e confusa che la parola diventa l'unico pallido strumento per cercare di rischiarare, non dico l'intera scalinata., ma almeno i gradini successivi, ed il libro, una chiave per interpretare l'universo.
Il libro "La privatizzazione del mondo" di Jean Ziegler, sociologo svizzero (dirò subito che non amo la sociologia, ma a volte è un male necessario), è un saggio nel quale l'autore si chiede come è possibile che i padroni dell'universo conservino intatto il loro potere, quando l'avidità che li guida, la loro immoralità, il loro spietato cinismo sono sotto gli occhi di tutti quanti? Qual è il segreto della loro forza e del loro perverso fascino?
Il testo parte subito con l'idea precisa (che poi è anche la mia) che la privatizzazione del pianeta significa la sua catastrofe nonché la predazione e l'esproprio delle economie degli esseri umani, da parte di pochi oligarchi. Intanto, perché privatizzare significa espropriare i popoli della loro qualità di vita, del poter godere della natura e delle sue meravigliose risorse.
Possiamo pure fare la tara a Ziegler socialista e relatore all'ONU sul problema dell'alimentazione nel mondo. E in questo senso il libro contiene degli errori di utopismo tipici della sua formazione. Ad esempio, la sopravalutazione dei diritti umani a suo dire, non bene applicati. Che è un po' come dire che il socialismo è buono, ma non è stato bene applicato. Che la democrazia è cosa buona, ma che non è stata bene applicata. O che il cristianesimo è una buona religione, male applicata dai ministri della chiesa. Questo è il limite di partenza dell'autore.
Ma il resto della trattazione contiene analisi interessanti.
 "La privatizzazione del mondo indebolisce la capacità normativa degli stati. Mette sotto tutela i parlamenti e governi, svuota del loro senso la maggior parte delle elezioni, priva le istituzioni pubbliche del loro potere regolatore. Uccide la legge", scrive Ziegler. In altre parole, gli stati in via di smantellamento non sono più "stati di diritto". Ne sappiamo qualcosa noi in Italia ,  in questi tristi giorni dove la politica è stata messa in mora, dalle élites finanziarie su mandato della Ue, il cui risultato è una sospensione de facto della democrazia. Il fisolofo tedesco della scuola di Francoforte Juergen Habermas formula questa amara conclusione: "Oggi sono gli stati ad essere inseriti nei mercati, piuttosto che le economie nazionali ad essere inserite nelle frontiere dello stato".
Il libro è suddiviso in quattro parti. La prima parte è dedicata alla globalizzazione, alla sua storia e ai  relativi concetti. Fu Marshall Mc Luhan a inventare il termine "villaggio globale". La seconda parte, è dedicata ai predatori e al "denaro insanguinato", alla morte delle entità statuali, alla distruzione degli uomini e alla devastazione della natura, nonché ai "paradisi dei pirati" ovvero quelli off shore riservati ai grandi speculatori di hedge funds.
La terza parte dal titolo "I mercenari", ci parla delle organizzazioni mondialiste come il WTO, potente macchina da guerra, i piromani del FMI, l'arroganza e l'avidità come prassi di vita.  La quarta ed ultima parte dal titolo "Democratizzare il mondo" è dedicata alla speranza di una nuova società civile planetaria.

Ecco alcuni passaggi salienti sull'Impero americano dal capitolo "Impero".

Scegliendo l'impero americano contro la democrazia planetaria, i nuovi padroni hanno fatto fare all'umanità un passo indietro di parecchi secoli.
Tra tutte le oligarchie che costituiscono il cartello dei padroni del mondo, quella nordamericana è di gran lunga la più potente, la più creativa, la più vitale. Ben prima del 1991 aveva già sottomesso lo stato trasformandolo in un prezioso ed efficace ausilio per la realizzazione dei suoi interessi privati.
Considerare gli Stati Uniti come un semplice stato "nazionale" non ha alcun senso. Gli Stati Uniti sono a tutti gli effetti un impero le cui forze armate, terrestri, navali, aeree e spaziali, insieme ai sistemi di intercettazione internazionali e al gigantesco apparato di spionaggio e di informazione, garantiscono l'espansione costante dell'ordine oligarchico su tutto il pianeta. Senza questo impero e la sua potenza militare e poliziesca il cartello dei signori universali non potrebbe sopravvivere.
La potenza militare, costituita in passato con lo scopo di tenere testa all'Unione Sovietica, viene usata ora per affermare e proteggere l'ordine del capitale finanziario globalizzato. Questo apparato imperialista di dimensioni colossali si sviluppa in modo quasi autonomo, ha le sue proprie leggi e una dinamica specifica. Ereditato dalla guerra fredda e rivitalizzato, aggiunge la propria violenza a quella del capitale.  
E ancora:
Altri imperi hanno tenuto tra le loro grinfie il mondo della loro epoca. E' stato il caso di Roma e dell'impero di Alessandro Magno. Ma l'impero americano per primo è riuscito a far pagare le sue guerre di aggressione agli alleati e alle vittime. Un esempio fra tanti è la guerra del Golfo del 1991. Pieno di ammirazione lo storico Paul Kennedy (ndr: prof. di storia contemporanea all'università di Yale)
scrive: Essere il numero uno a un costo elevato è una cosa: essere la sola superpotenza al mondo a costi ridotti è sorprendente.
E difatti, come possiamo constatare,  gli stati alleati pagano per loro, e in molti casi (si veda la recente avventura in Libia) muovono addirittura  delle guerre per conto loro.

Ed ecco alcune  riflessioni prelevate dal capitolo "I piromani del FMI".

Tra le innumerevoli catastrofi provocate dai pompieri del  FMI potremmo intanto ricordare la più spettacolare, quella dell'Argentina: schiacciata da uno smisurato debito estero, in preda a una sfrenata privatizzazione dei settori pubblici e a una deregolamentazione dei mercati finanziari, l'Argentina un tempo paese prospero, è stata a lungo dipendente dal FMI che le ha dettato una politica economica e finanziaria asservita agli interessi delle grandi società transcontinentali straniere statunitensi, obbligando il "peso" ad un regime di parità col dollaro (...) La crisi è scoppiata all'inizio del dicembre 2001, quando il debito estero ha raggiunto i 146 miliardi di dollari. Per fermare l'emorragia di capitali in fuga  verso le piazze off-shore e le banche estere, il presidente De la Rua ha ordinato il blocco dei conti correnti bancari privati. Questo congelamento ha preso il nome di corralito (letteralmente: piccolo recinto). Il blocco ha scatenato il panico e affondato l'economia. Il tasso di disoccupazione è salito al 18 % e le imprese hanno cominciato a fallire una dopo l'altra a un ritmo sempre più veloce. Il FMI ha rifiutati altri crediti. La rivolta popolare ha spazzato via De La Rua e tre suoi successori. Nel febbraio 2002 la Corte Suprema ha dichiarato incostituzionale il corralito. Ma il danno era fatto e la catastrofe era già avvenuta. 
 Il premio Nobel Joseph Stiglitz ha accusato il FMI di contribuire ampiamente alla miseria dei popoli, tacciandolo di autismo, di scollegamento dalla realtà e di ripetere sempre gli stessi errori.
Ed ecco cosa dice Ziegler su Banca Mondiale e FMI:
"Sono innanzitutto integralisti della doxa monetarista, ideologi prigionieri di una visione del mondo e di un modello di analisi che fa di loro i perfetti giannizzeri dell'impero americano".
Ma in attesa di un'indipendenza che non ci regala nessuno, i popoli dovranno attraversare una lunga notte, e l'alba è ancora lontana.

Hesperia