domenica 11 dicembre 2016

Escher ed Eschermania



Vale la pena di recarsi a vedere a Palazzo Reale a Milano la mostra di Mauritz Cornelis Escher prima che abbia termine il 22 gennaio 2017. E le vacanze natalizie sono l'ideale per farlo.  Molto successo ha ottenuto  questa esposizione aperta a scolaresche d'ogni ordine e grado che possono fruire nel percorso espositivo, di una singolare esperienza percettiva.  Oltre 200 opere suddivise in sei sezioni. La mostra è promossa dal Comune di MI e prodotta da Arthemisia Group e Gruppo 24 ore in collaborazione con la M.C. Escher Foundation. 
Si tratta in prevalenza di xilografie, litografie e mezzetinte che tendono a presentare costruzioni impossibili, esplorazioni dell'infinito, tassellature del piano e dello spazio e motivi a geometrie interconnesse che cambiano gradualmente in forme via via differenti. Siamo agli inganni visivi del concavo che sembra convesso e del convesso che sembra concavo. Dei pesci che sembrano sagome di uccelli e viceversa.  L'artista seguì infatti i dettami della Psicologia della Gestalt ed era molto attento all'ambiguità delle forme e delle strutture.  Le opere di Escher sono molto amate dagli scienziati, logici, matematici e fisici che apprezzano il suo uso razionale di poliedri, distorsioni geometriche ed interpretazioni originali di concetti appartenenti alla scienza, sovente per ottenere effetti paradossali. In tutte le sue opere non vi è solo la fredda logica delle scienze esatte, ma mondi naturali con panorami, scorci, piante ed animali reali o immaginari intervengono ad arricchire i suoi lavori in un'ottica straordinariamente globale. Il mondo di Escher è sospeso  in bilico fra l'onirico- visionario, e il logico e geometrico. Per questo risulta ancor oggi che siamo smaliziati agli "effetti speciali", così originale e singolare. Anche nella natura e nel paesaggio sembra cogliere simmetria, geometria (è stato grande appassionato in cristallografia), prospettive ingannevoli, sfide alla legge di gravità, stratificazioni minerarie stupefacenti.



Escher  nacque a Leeuwarden, in Olanda il 17 giugno 1898 e sempre in Olanda morì nel 1972. Nel 1903 la famiglia si trasferì a Arnhem, dove il giovane Maurits ricevette la prima educazione nelle scuole elementari locali; «Mauk» (come era affettuosamente soprannominato in famiglia), sebbene eccellesse nel disegno, prendeva voti generalmente bassi, tanto che dovette ripetere il secondo anno. Sempre ad Arnhem, inoltre, prese lezioni di carpenteria e pianoforte fino all'età di tredici anni.

Nel 1918, Escher passò all'università tecnica di Delft, che abbandonò nel 1919 in favore della Scuola di Architettura e Arti Decorative di Haarlem, dove apprese i rudimenti dell'intaglio. Intuendone il talento artistico, il padre incanalò le inclinazioni del figlio nello studio di architettura. Ma nello Lo stesso anno, infatti, egli incontrò il grafico Samuel Jessurun de Mesquita, che lo persuase ad iscriversi presso i suoi corsi di disegno; l'entusiastico sostegno di quest'ultimo fu fondamentale per il suo sviluppo come artista grafico, tanto che anche terminati gli studi Escher sarà legato al suo maestro - che egli riterrà l'unico - da un saldo vincolo d'affetto.

Fondamentali furono i suoi viaggi di formazione in Italia. Così gli occhi del grande artista si posarono tanto sulle meraviglie dell'arte offerte dal nostro paese (è il caso di "Tetti di Siena" del 1922) e "Notturno Romano: il Colosseo" del '34) quanto  il suo paesaggio naturale con puntigliosa attenzione per le architetture marinaresche raggruppate sui promontori come le incisioni dedicate a Scilla, Morano, Santa Severina e Tropea in Calabria. Poi c'è il ciclo abruzzese ispirato al suo viaggio in Abruzzi e Molise.  Si avverte in alcune incisioni sui paesaggi italiani, anche la lezione del nostro grande incisore Piranesi.
Scilla 

E ancora di più Escher fissa la sua attenzione sulle piccole cose trattati da architetture naturali "Soffione" (1943), "Scarabei" (1935) e Cavalletto (1935).

Nei suoi viaggi in Spagna Madrid, Toledo e Granada fu proprio l'Alhambra di Granada (famoso palazzo moresco del Trecento) colpirono nel profondo il giovane artista. Furono soprattutto i particolari arabeschi  (come quello sottostante) ed i motivi grafici ricorsivi e ricorrenti che adornano gli interni del complesso residenziale spagnolo a lasciare un'impronta profonda sulla fantasia di Escher, che avrà modo di rielaborarli nelle sue memorabili tassellazioni.




Snodo centrale della mostra è il momento della maturità artistica coi temi della tassellatura, delle superfici riflettenti. e degli oggetti che grazie al suo speciale soggettivismo diventano impossibili come la celebre "Mano con la sfera riflettente" (1935), quasi un'immagine simbolo del suo mondo geometrico-visionario dove spicca un suo autoritratto all'interno della sfera che riflette anche la sua stanza-studio (immagine in alto) mentre la sua mano all'interno risulta deformata "Altro mondo II" (1947) una xilografia costruita in tre blocchi ispirata al tema della relatività einsteiniana, della funzione di un piano che svolge contemporaneamente tre ruoli diversi. In una struttura cubica sono riuniti infatti tre differenti punti di vista su un mondo fantastico: quello orizzontale, quello dall'alto verso il basso e quello dal basso verso l'alto, in modo che l'orizzonte, il nadir, il punto di fuga delle verticali in basso, e lo zenit, il punto di fuga delle verticali in alto, coincidano.


Casa di scale

Magica, inquietante e  visivamente paradossale è "Relatività o Casa di scale" (1953) dove l'artista sembra quasi sfidare la legge di gravità, "Belvedere"  (1958), "Pozzanghera" (1952) riprende il tema delle superfici riflettenti: gli alberi  capovolti e riflessi in una pozzanghera, sono quasi più suggestivi di quelli veri.

Tre mondi


L'opera che prediligo (ma è opinione del tutto soggettiva e scegliere in mezzo a tanti capolavori è  del tutto arduo)  è  forse "Tre mondi" dove  l'acqua tremolante di uno stagno in autunno connette in maniera naturale tre componenti diverse: la prima sono le foglie cadute da un faggio che galleggiano verso un orizzonte ignoto e suggeriscono la superficie dell'acqua; la seconda, il riflesso di tre alberi in lontananza; quindi la terza, un pesce in primo piano, sotto il pelo dell'acqua. L'acqua ha la triplice funzione di superficie, profondità e riflesso del mondo soprastante presentando un intreccio di mondi reali e mondi riflessi, in cui il pesce e le foglie, rappresentati come oggetti "reali", si confondono con gli alberi riflessi, fino a indurci a chiedere che cosa è reale e cosa riflesso.

La Pozzanghera


La Metamorfosi I” e la "Metamorfosi II", e  "Metamorfosi III" realizzate dal 1940 al 1968 rappresentano una sorta di grande sintesi riassuntiva delle sue opere. Nel lungo pannello posto alla fine del percorso espositivo, le figure cambiano e interagiscono con le altre e a volte addirittura si liberano e abbandonano il piano in cui giacciono, in una lunga sciarada visiva dai molteplici significati.




In epoca di riproducibilità tecnica dell'arte, si è sviluppata in seguito una vera e proprio Eschermania di culto, ripresa nel cinema, nel fumetto, nelle copertine dei dischi, nella pop-art,  nella pubblicità e nei videoclip musicali.

David Bowie in "Labyrinth" con fondale ispirato a "La casa delle scale " di  Escher


I Rolling Stones chiesero di poter adottare i suoi disegni nelle copertine dei loro dischi, ma non fu loro consentito. Tuttavia molti degli effetti speciali cinematografici hanno ripreso  numerosi suoi motivi prospettici deformanti e distorcenti (è il caso del  film fantasy "Labyrinth" interpretato da David Bowie con fondale ispirato a "La casa delle scale"). 
Immancabile pertanto, una sezione speciale dedicata a quanto Escher è stato (e continua ad essere) influente nella modernità e postmodernità.




venerdì 14 ottobre 2016

Il mondo storto secondo Corona



Chi passa dalle parti di Erto e Casso, i due paesi al confine fra il Veneto e il Friuli, noterà che si tratta di una montagna povera, brulla fatta di case-fantasma di pietra. Casa rese ancora più spettrali dal fatto di essere in buona parte disabitate e dal fatto di essere raggruppate nei due villaggi della desolata valle del Vajont. Benché villaggi adiacenti, si piccano di parlare un dialetto diverso: a Erto si parla un ladino dolomitico, mentre a Casso, un alto veneto bellunese. Casso è ancora sotto la provincia di Belluno, Erto, sotto quella di Pordenone. Non ci sono più di un paio di bar e un punto ristoro. Stupiscono gli atelier di intagliatori di legno. Forse perché c'è tanto tempo da impiegare e chi resta non sa come ingannarlo, ma un po' tutti, da quelle parti, sono capaci di "intagliare" e di lavorare il legno. Nel video sottostante lo vedete alle prese con una delle sue imprese alpinistiche con un equipaggiamento del tutto minimalista e approssimativo.  Sono questi i paesaggi di Mauro Corona, scrittore, scultore in legno e alpinista, e qui, tutto parla di lui e dei suoi romanzi. Corona è un personaggio originale con l’immancabile bandana in testa sopra la folta chioma grigia,con quella faccia che sembra intagliata nella roccia delle sue montagne, e scrive romanzi distopici sulla fine dell' "uomo tecnologico" che non è più in grado di cavarsela con le proprie mani. 



Mi è capitato di leggere "La fine del mondo storto", il libro per il quale vinse il premio Bancarella nel 2011. Nel 2014 vince il Premio Mario Rigoni Stern. Le sue opere sono state tradotte in molte lingue. Perfino in cinese e giapponese. 

Ma Corona non ha trascurato l'altra sua grande passione, l'arrampicata. Nel 1977 comincia ad attrezzare le falesie di Erto e Casso, oggi meta molto frequentata dagli alpinisti di tutto il mondo, proprio grazie a lui. In pochi anni scala le Dolomiti del Friuli, per poi spingersi fino in Groenlandia e in California sulle pareti della Yosemite Valley. Oggi diverse vie di scalata portano la sua firma. La sua passione per la scrittura nasce dagli articoli e reportage sull'alpinismo che inviò al Gazzettino. Poi da lì, passò al romanzo. E ai romanzi.

Ma vengo al suo  più famoso "Mondo storto", anche se di romanzi aventi per tema la montagna e le sue asprezze, o comunque la lotta tra l'uomo e la Natura,  ne ha scritti tanti.

Un brutto giorno il mondo cosiddetto "civilizzato" si sveglia e scopre che è esaurito il petrolio e tutti i suoi derivati, l'energia elettrica, e tutto quanto serve per riscaldarsi. L'inverno inclemente con il suo freddo e gelo, incombe con la penuria di viveri e di tutto quanto serve a rendere confortevole i focolari domestici; le città sprofondano nel buio, senza traffico né il consueto vociare della gente, né la musica che proviene dai locali a cui ormai siamo abituati. La repentina caduta di quel mondo, seleziona anche gli uomini non più abituati a procacciarsi cibo e legname dai boschi che ormai non vengono più curati. Pertanto, per poter sopravvivere, essi bruciano il mobilio delle loro case: scaffali, tavoli, panche, sedie, biblioteche e perfino enciclopedie e libri in uno scenario da incubo. La cosa fa riflettere il lettore al punto da domandarsi: che cosa risparmierei in caso di dure necessità come queste? Cosa brucerei per ultimo? Che cosa sacrificherei alle fiamme per primo? Ma di fronte ad un inverno glaciale, tutto diventa fatalmente "superfluo", fosse anche un amato pianoforte.


In questo spettrale scenario che falcia molte vite, gli uomini capiscono per forza di cose che se vogliono sopravvivere a questo inverno di carestia e di gelo, devono rifarsi agli antichi saperi degli antenati, seguire il loro viatico e i loro insegnamenti. Avi che erano in grado di procurarsi cibo e legna con le loro mani, curarsi con le buone erbe e le buone bacche ricavate dalla natura sapendole distinguere da quelle velenose; perfino i raffreddori, con le gemme di pino mugo. Saper accendere fuochi, imparare a catturare uccelli col vischio o a creare trappole per i caprioli con i rami piegati degli alberi.... Chi resiste in questa dura selezione naturale, rassomiglia molto ai superstiti attuali di Erto e Casso nella valle del Vajont: individui dai volti asciutti e duri come pietra che sembrano averci "il callo del vivere" - come scrive Corona ricorrendo a questa efficace espressione. La vita e le sue tribolazioni, le sue emergenze e imboscate repentine non fa loro paura, dato che ci hanno fatto il callo. Perciò vanno avanti, lenti e i longevi, e i più forti, lasciano i più deboli sul terreno continuando il loro calmo avanzare. Tuttavia le difficoltà estreme, riescono a compiere il miracolo di ricostituire le comunità perdute. Di rendere gli uomini più uguali e solidali nel momento del bisogno. Ai rumori molesti dei decespugliatori e dei rasa-erba che vanno a elettricità, si sostituiscono i gesti solenni e uguali delle ranze usate per falciare l'erba a mano o delle piccozze al posto delle motoseghe per abbattere gli alberi. Arriverà, fra mille peripezie, la tanto agognata primavera. Ma qui non posso anticipare il finale per chi non avesse ancora letto il libro, dato che il lieto fine non è assicurato. E il destino degli uomini resta sospeso e incerto, a causa dei loro egoismi e della loro avidità.


Non mancano critici e detrattori che rimproverano a Mauro Corona uno stile troppo vernacolare e colloquiale. Ma a mio avviso è del tutto funzionale al racconto, alle tematiche che affronta, agli ambienti e ai paesaggi che ha vissuto e che sa descrivere in modo  vivido senza dover ricorrere a orpelli letterari.



    Altri romanzi di Mauro Corona
    L'ombra del bastone, Milano, Mondadori,
    I fantasmi di pietra, Milano, Mondadori,
    Storia di Neve, Milano, Mondadori,
    Il canto delle manére, Milano, Mondadori,
    Come sasso nella corrente, Milano, Mondadori,
    La voce degli uomini freddi, Milano, Mondadori,
    La via del sole,Milano, Mondadori

venerdì 5 agosto 2016

Terra e Mare, rilettura di un classico



Che cos'è un classico? Forse, un libro che non finisce mai di suggerirci qualcosa. "Terra e mare" di Carl Schmitt è un saggetto in formato tascabile della Adelphi, adatto da portare in vacanza e tenere sul comodino. Il suo autore lo pubblicò nientemeno che nel 1942, dedicandolo alla propria figlia di nome Anima. In esso si trovano ancor oggi, molti spunti interessanti di quella "rivoluzione spaziale planetaria" che a partire dal periodo elisabettiano si è protratta fino ai nostri giorni, continuando con l'attuale globalizzazione, la quale potrebbe essere definita il mercantilismo dei nostri giorni. L'idea-fulcro di Schmitt, giurista, filosofo della politica e del diritto tedesco, è che la storia del mondo sia storia della lotta tra le potenze marittime contro le potenze terrestri, storia del Leviatano (la possente balena della Bibbia – libro di Giobbe) contro Behemot, l'animale mitico terrestre che si immaginava come un possente toro o elefante (o anche ippopotamo). Forse anche orso o Mammut.


La regina Elisabetta fu certamente ritenuta la grande fondatrice del dominio inglese sui mari. Fu lei a iniziare la guerra contro la Spagna, potenza mondiale cattolica e fu sotto il suo governo che l'Armada Spagnola (detta "l'invincibile") venne sconfitta nel 1588 sulla Manica. Fu sempre lei a onorare pirati come Francis Drake e corsari navigatori come Walter Raleigh entrambi insigniti del titolo di "sir" da lei stessa. E fu sotto il suo regno che prese avvio nel 1600 la leggendaria Compagnia delle Indie Orientali. In precedenza gli inglesi erano allevatori di pecore che mandavano la lana nelle Fiandre per trasformarla in tessuti. Con la citata sovrana invece affluivano all'isola britannica i favolosi bottini dei corsari e dei pirati. "La regina si rallegrava di tali tesori e se ne arricchiva".


Un ottimo esempio di capitalismo di rapina e di quelli che divennero ben presto corsairs-capitalists (capitalisti corsari) è offerto da Schimtt attraverso le vicende piratesche della famiglia Killigrew di Cornovaglia.
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I Killigrew organizzavano gli assalti e le scorrerie, appostavano le navi che si avvicinavano alle loro coste, vigilavano sulla spartizione del bottino e vendevano quote, carichi e uffici. Il palazzo che la famiglia abitava sorgeva direttamente sul mare in un settore chiuso del porto di Falmouth, ed era dotato di un passaggio segreto per giungere ai moli. Quando la nobile Lady Killigrew diventò l'abile ed efficiente collaboratrice del marito, aveva già avuto modo di assistere nella sua attività, il padre, un insigne gentleman pirate. Provvedeva, pertanto, personalmente ad alloggiare pirati in casa sua ed era la più ospitale delle padrone di casa. Di rado l'attività della famiglia Killigrew fu disturbata o addirittura impedita dalle autorità regie, che sapevano e lasciavano fare.

Il saggio di Schmitt la cui prima edizione in Italia è del 2002 e che in seguito ebbe numerose ristampe, è un affascinante amalgama di interpretazione storica, e teoria politica, mitografia e teologia, filosofia ed un pizzico di esotorismo che contiene felicissime intuizioni anche sul ruolo di quello che sarà il continente americano: "la vecchia e troppo piccola isola, insieme a tutta la potenza marittima mondiale costruita su di essa, doveva essere agganciata alla nuova isola e portata in salvo da una gigantesca nave da salvataggio" (scrive l’autore). Sono pertanto gli Stati Uniti d'America la vera grande "isola contemporanea". Soprattutto nella realtà dei fatti si è già insediato sulla scena mondiale il vero nuovo "arbitro della terra", gli Stati Uniti d'America. Schmitt spiega il suo ruolo giuridico-internazionale richiamandosi alla celebre dottrina Monroe del 1823. La piccola isola d'Albione che si fonde con "l'isola maggiore" d'Oltreatlantico, nasce da un "bisogno conservatore di sicurezza geopolitica".



Razza, lingua, cultura e religione anglo-protestante ne sono elementi aggiuntivi certamente idonei alla sua composizione. E la predazione dei Leviatani continua fino ai nostri giorni...Qualcuno li fermerà? e se sì chi sa chi sarà il nuovo Behemot, l'animale mitico di terra, in grado di imbrigliarli? . De te Fabula narratur.