Questa conturbante idea di donna proviene da lontano, è un simbolo che attraversa arti, letteratura e vari settori della cultura come un τόπος che si evolve con minime varianti e ricompare in innumerevoli incarnazioni.
L'intento è abbozzare brevemente solo uno dei tanti percorsi possibili, senza pretese esaustive, dato il campo sconfinato.
i componimenti dal 127 al 152 dedicati alla misteriosa dark lady.
"
In the old age black was not counted fair,
Or if it were, it bore not beauty's name;
But now is black beauty's successive heir,
And beauty slandered with a bastard shame"
Un tempo non aveva grazia il nero,
o di beltà il nome non portava;
ma ora è il nero di beltà vero erede,
da onta bastarda infamata
Molte sono state le ipotesi sull'identità vera e simbolica della Dark Lady shakespeariana, a partire dal concetto della "bellezza oscura" già presente nel Cantico dei Cantici,
con cui sono possibili collegamenti ulteriori alla classicità antica, ripresa poi nel Rinascimento e nelle fasi più eccessive del Barocco.
Il tratto evidente in tutta la tematica anche successiva rimane la presenza nel personaggio di un'oscurità interiore, dell'anima, uno degli elementi ricorrenti delle
dark ladies di tutti i tempi,
unito a un richiamo esplicito all'amore-passione peccaminoso cui non ci si può opporre, al torbido inganno e alla morte (comprese la dannazione dell'uomo, e la minaccia di fine della vita).
Frances A. Yates ("The Occult Philosophy in the Elizabethan Age", London, 1979, trad. "Cabala e Occultismo nell'età elisabettiana", To 1982) scorge una simbologia esoterica legata alla filosofia occulta, nei Sonetti: riflessi magici e alchemici sono depositati nei testi su questa
donna in nero, forse vera e propria personificazione della stessa sapienza arcana.
La dama in nero shakespeariana è un simbolo, e insieme una
complexio oppositorum, (già nel linguaggio nei Sonetti sulla dark lady si trova lessico esasperato, elementi di passionalità stridente, ossimori, tanto che Wordsworth li giudicò "abominevolmente aspri, oscuri"): è una figura in parte demonica, incarnazione della donna come indomabile potenza
ctonia e selvaggia che ricorda la "prima materia" delle discipline alchemiche (C.G. Jung "Psicologia e Alchimia" To 1981 pag. 333; e T. Burckhardt "Alchimia, Significato e visione del mondo" Guanda, Milano 1981, pp.89).
Il gioco concettuale oltre che linguistico dei paradossi bello/brutto, onesto/perverso, luce/tenebra si ritrova come tema anche nel Macbeth (I, 1,11: "
Fair is foul and foul is fair" ovvero il Bello è Torbido e il Torbido è Bello, proprio enunciato dalle streghe all'inizio dell'opera. Di alcune donne dice anche Re Lear IV, 6 "
Dalla vita in giù sono centauri, sebbene al di sopra siano donne; solo fino alla cintola sono razza degli Dei, la parte di sotto è tutta del Diavolo" (non me ne vogliano le signore frequentatrici e autrici del blog). Shakespeare ha creato inoltre altri personaggi abbeverandosi a questi contenuti, da Lady MacBeth alla stessa sua rilettura di Cleopatra.
E' chiaro dunque che ci troviamo dinanzi ad un
archetipo. L'insieme dei temi si riallaccia all'idea di
eterno femminino rappresentata da figure simboliche ancestrali antiche come la storia del mondo, per esempio
Lilith, demone nella tradizione mesopotamica, apportatrice di disgrazie e morte. Ritroviamo Lilith anche nell'Ebraismo: nella Cabala è la supposta prima moglie di Adamo, prima di
Eva, demone femminile, stregonesco a volte rappresentata come civetta. Ancora
Lilith è la Luna Nera in astrologia, la Dark Side of the Moon. Nel Talmud è ancora una volta lo stesso sinistro personaggio.
In Genesi, nella Bibbia, Eva stessa, nell'attrazione verso l'Ybris della Disobbedienza, ricalca in qualche modo la duplicità, nella Caduta del genere umano che sarà poi redenta solo da Gesù Cristo nella pienezza dei tempi. Sempre nella Bibbia,
Dalila (Libro dei Giudici) che priva del suo potere Sansone tagliandogli i capelli dopo averlo distolto dal suo voto di nazireato e
Salomè (nel NT, Vangelo di S. Marco) che vorrà la testa di San Giovanni Battista.
Parentele ideali nelle funzioni simboliche di queste inquietanti incarnazioni del femminile si possono trovare con
Ishtar, divinità di amore-creazione e guerra-distruzione nel mito mesopotamico, affine a Inanna divinità sumera: in entrambe è presente una doppiezza tra funzione mitica di femminilità benefica che porta amore, nascita, terra nutrice, vegetazione, quindi una sorta di Natura Naturans e di
Grande Madre e il suo opposto, distruzione, guerra, morte e tempesta.
Ma è in termini meno cosmici la stessa ambiguità della Venere alta e della Venere bassa, del sublime d'en haut e sublime d'en bas, nella lotta tra
Eros e Thanatos, eterni poli dell'amore e della nostra esistenza.
Ancora
Calipso che rende schiavo Odisseo,
la maga Circe che trasforma gli uomini in maiali,
le Sirene che incantano e ipnotizzano, o con un balzo temporale le figurazioni medievali della tipologia della "strega" e "maga", fino alla mitica
Morgue la Fée (
Morgana) in Geoffrey de Monmouth, o in seguito in Chrétien de Troyes.
In età romantica, avremo
"La belle dame sans merci" di John Keats (
che devitalizza gli uomini facendoli 'pallidi come la morte') come
Hesperia ha ricordato nel post su Mario Praz "La carne, la morte, il diavolo" .
Ma abbiamo anche Lamia, o Matilda nel "Monaco" di Matthew Gregory
Lewis, Juliette del Marchese De Sade, la 'Venere in Pelliccia' di Leopold von Sacher-Masoch, Ligeia in Edgar Allan Poe, Baudelaire e la donna demoniaca , ma anche l'italiana
Fosca di
Iginio Ugo Tarchetti e
la Lupa di
Verga.
Gran parte del decadentismo (detto da Praz secondo Romanticismo) fissa la propria attenzione su questo tipo di donna con diverse sfumature, per approfondire il tema: talvolta si tratteggia il carattere nero, "dark", gotico, altre volte il comportamento doppio, o selvaggio e i fini malvagi; talvolta con il ricomparire nella letteratura nera del tema del vampirismo viene tratteggiata la figura della Vamp (abbreviazione per Vamp-ira/Vamp-iress) variante del tema,
come la, esteticamente meno orrorifica, ma non meno pericolosa per ciò che le si agita nel cuore,
femme fatale, che sarà in un certo senso la vera protagonista della
Secessione viennese, con i suoi lussi e lussurie, lascivie dorate e sguardi ipnotici, per esempio in
Gustav Klimt.
Alla galleria di concetti e figurazioni letterarie, appena sfiorati fin qui, corrisponde un altrettanto fertile apparato iconografico in tutta la storia della pittura, che si trasferisce presto nel cinema e nell'immaginario popolare già ai tempi del muto, nello spettacolo in genere, argomento che sarà trattato nella parte 2 del post in seguito.
Segnalo anche un dipinto a mio avviso abbastanza 'riassuntivo' di quanto detto, ad opera del suggestivo Franz von Stuck "Il
Peccato"(Die Sünde), 1893 e più in alto al centro dello stesso autore:
Salomé (
fine della prima Parte)