Bello e casuale come l'incontro tra un ombrello e una macchina da cucire su un tavolo di sezione anatomica. Era questo il motto dei surrealisti raccolto e fatto proprio con toni poetici da René Magritte, detto il tranquillo sabotatore. Universi onirici, stupefacenti, spostamenti di significati e di significanti, Magritte svolge un tipico illusionismo onirico; illustra, ad esempio, oggetti e realtà assurde, come un paio di scarpe che si tramutano nelle dita di un piede o un paesaggio simultaneamente nella parte inferiore notturno e in quella superiore diurno, ricorrendo a tonalità fredde, ambigue, antisentimentali, quali quelle del sogno. Nei suoi enigmatici quadri crea nell'osservatore una sorta di "cortocircuito", già a partire dagli arcani e criptici titoli dei suoi dipinti. Sfida le leggi di gravità, con pietre in cielo che levitano come nuvole e nuvole che scendono per entrare in una coppa come panna e gelato. Accentua il carattere grigio della pioggia di città con una...pioggia di omini con ombrelli, bombetta in testa e impermeabili. Ma nonostante i suoi rivoluzionarismi visivi resta comunque un poeta. Certamente deve a De Chirico, padre della Pittura Metafisica, la sua ispirazione. Ma poi è una lezione che prosegue fino a trovare una sua cifra personalissima a suo modo ingenua e smaliziata, incantata e disincantata. Insieme a Paul Delvaux (un altro pittore che amo) è considerato esponente di grande spicco del surrealismo belga.
Nel senso di esistere è imperniata la condizione umana, trovare un senso logico, concreto, corrispondente al vero, al trascendente è bisogno primario dell’uomo. La continua ricerca di un equilibrio tra il sé e l’esternazione del sé, si configura in una parabola tra etica e utopia, come quintessenza del pensiero per scorrere tra la linfa del mondo. Ma dietro l’apparente tranquillità delle cose c’è il sogno, il presagio, lo spirito, il surrealismo con il suo spostamento del senso.
Il surrealismo non nega la realtà, la trasfigura, crea sconcerto e inquietudini, induce al mistero, all’enigma assai più della pittura astratta. Fondamentalmente i principi basilari sono due: gli accostamenti inconsueti e le deformazioni irreali. I primi, già spiegati da Max Ernst come “accoppiamento di due realtà in apparenza inconciliabili su un piano che in apparenza non è conveniente per esse" (il famoso motto dell'ombrello e della macchina da cucire).
Per libera associazione di idee si uniscono oggetti e spazi che non hanno niente in comune, distanti fra loro e appartenenti a contesti diversi. Ne risulta una visione di bellezza inedita, assurda, al limite del concepibile quasi, a voler frantumare le nostre certezze. Le seconde nascono dalla metamorfosi. Corpi, oggetti, forme rivelano la nature delle cose nella loro trasformazione in qualcos’altro. Caducità di uno stato transitorio che suggestiona la mente con inganni visivi, suscita sensazioni sospese tra l’apparenza della realtà e il suo profondo, e induce a riflettere sul divenire comprensibile e l’onirico, il mistero, l’impenetrabile.
Il surrealismo non nega la realtà, la trasfigura, crea sconcerto e inquietudini, induce al mistero, all’enigma assai più della pittura astratta. Fondamentalmente i principi basilari sono due: gli accostamenti inconsueti e le deformazioni irreali. I primi, già spiegati da Max Ernst come “accoppiamento di due realtà in apparenza inconciliabili su un piano che in apparenza non è conveniente per esse" (il famoso motto dell'ombrello e della macchina da cucire).
Per libera associazione di idee si uniscono oggetti e spazi che non hanno niente in comune, distanti fra loro e appartenenti a contesti diversi. Ne risulta una visione di bellezza inedita, assurda, al limite del concepibile quasi, a voler frantumare le nostre certezze. Le seconde nascono dalla metamorfosi. Corpi, oggetti, forme rivelano la nature delle cose nella loro trasformazione in qualcos’altro. Caducità di uno stato transitorio che suggestiona la mente con inganni visivi, suscita sensazioni sospese tra l’apparenza della realtà e il suo profondo, e induce a riflettere sul divenire comprensibile e l’onirico, il mistero, l’impenetrabile.
Oggi forse questi "effetti speciali" ante litteram non ci stupiscono più di tanto, poiché il cinema di finzione con l'avvento delle tecniche computerizzate li ha fatti propri, così come il mondo della pubblicità che se ne è impossessato e li ha banalmente replicati. Ma è certo che vanno riconosciuti e conferiti l'onore delle armi e il diritto di primogenitura a questi grandi e visionari maestri dell'avanguardia surrealista. Anche perché da sempre l'arte precede scienze e tecniche e ne è in qualche senso la suggeritrice e l'ispiratrice inconsapevole.
Magritte è sonnambolico, abbandonato al sogno e alla mentalità infantile, quella che scorge mostri favolosi nelle nuvole spostate dal vento. Ma la sua pittura ci aiuta ancor oggi a osservare la realtà con occhio fatato, trasfigurandola. E allora due finestre luminose e un lampione acceso di una casa attorniata da uno specchio d'acqua in mezzo al bosco, ne fanno un maniero incantato dove tutti noi, moderni Pollicini, ci perdiamo e ci ritroviamo, tra il diurno del cielo e il notturno del lago e del bosco. Una scrittura visiva, la sua, così fortemente personalizzata, che afferma come in un urlo la sua inconfondibile individualità. Magritte è un pittore che si colloca "al di là della pittura". La attraversa e in un certo senso, la supera. Ma forse è proprio quanto voleva.
Mostra a Milano a Palazzo Reale dal 22 novembre al 29 marzo . Per INFO qui
Hesperia