Il volume, di 47 pagine, contiene la storia della Vigna posseduta a Milano da Leonardo da Vinci. L'opera integrale è consultabile al seguente link: Biblioteca Digitale Fermi. Qui cerco solo di creare un interesse per quello che - nonostante il continuo avvicendarsi di vicende belliche in quell'epoca - fu un altro grande secolo per Milano. Il ripensare a quel tempo, fatto di continui alti e bassi, servirà da incoraggiamento per il periodo purtroppo poco roseo che ci aspetta.
Quando, nel gennaio 1920 Luca Beltrami, celebre architetto milanese di quel periodo (nonchè politico e direttore del Corriere per alcuni mesi del 1896, al quale si deve, tra le tante opere di architettura, la
ristrutturazione del Castello Sforzesco con ricostruzione quasi integrale della Torre del Filarete, fatta su disegni originali del XVI secolo) seppe delle intenzioni di lottizzare i terreni agricoli di Corso Magenta, si recò sul posto, munito di attrezzatura fotografica, per verificare con i propri occhi - se mai esistesse ancora - lo stato di conservazione della
vigna che fu
di Leonardo da Vinci, nel periodo in cui visse a Milano. Con immenso stupore la trovò ancora integra, e prima di accomiatarsi dai proprietari, chiese loro il permesso di fotografarla; tre di quelle foto, una è qui di seguito, sono pubblicate nel saggio (le altre due foto sono visibili dal sito
Luca Maroni). La vigna era appena stata potata, ma da quell'anno non avrebbe più prodotto alcunchè perchè, alcuni giorni dopo quella visita, i tralci furono sradicati per dar corso alla lottizzazione del terreno. Era una vigna stretta e lunga, di complessive pertiche 15 e 3/4 (8320 metri quadri), come risulta dalle misurazioni e calcoli fatti a più riprese dallo stesso Leonardo, conservati nelle pagine del
Codice Atlantico. La vigna era dislocata a metà strada tra la
Fossa Interna e Porta Vercellina, proprio di fianco alla
Basilica di Santa Maria delle Grazie, dalla quale distava di pochi metri, aldilà del Corso, che da strada in terreno battuto era stata pavimentata da pochi anni, dopo il 1470, per volere di Galeazzo Maria Sforza, fratello maggiore di
Ludovico il Moro, il mecenate di
Leonardo da Vinci.
Col senno di poi possiamo affermare senza ombra di dubbio, che chi permise lo sradicamento di quelle viti fù un imprevidente, aveva scarsa passione per la storia, e non sapeva vedere oltre il proprio naso. Quelle viti produrrebbero ancor oggi ottima uva da vino dei tipi Pignolo e Nebbiolo. Provate allora ad immaginate cosa sarebbe stato per Milano avere a ridosso del suo monumento più universalmente conosciuto, il Duomo, un vigneto creato oltre mezzo millennio fa da uno dei massimi geni dell'Umanità. Nei mesi estivi, Leonardo, tra una pausa e l'altra del suo Cenacolo, andava sicuramente a rinfrancarsi sotto il pergolato che vediamo nella foto; nel frattempo, possiamo benissimo supporre pensasse alle modalità con cui portare a termine l'opera, visto che gli si presentarono diverse difficoltà ed è altrettanto facile immaginare meditasse anche su alcune di quelle che furono le sue numerose invenzioni. Le intuizioni a cui si dedicava non avevano ancora nulla di supporto, perchè c'era ancora quasi tutto da inventare. Pensate quindi alle elaborazioni scientifiche che avvennero sotto quel pergolato. Se, quindi, esistesse ancora, non sarebbe forse degno di essere annoverato nel patrimonio mondiale dell'Umanità? Pensando, invece, alla questione in termini strettamente venali, immaginate quanto renderebbe molto di più al Comune di Milano quella vigna, che non l'ICI che ora incassa dai proprietari delle case costruite là dove un tempo c'era la Vigna di Leonardo!
Nata a due passi dal Duomo di Milano, al tempo degli Sforza, la Vigna era giunta intatta e fruttifera fin quasi ai nostri giorni di 92 anni fa; e questo è stato uno dei pregi che l'avevano resa unica e irripetibile. Altra unicità e irripetibilità è che sorgeva a due passi dal monumento più rappresentativo della città in cui si trovava: nel nostro caso il Duomo di Milano.
Il fatto che era nata oltre 500 anni fa, a due passi dal Duomo, e che sia stata proprietà di uno dei più grandi geni dell'Umanità, avrebbe dato una unicità a Milano. In quale altra grande città del mondo potremmo infatti trovare qualcosa del genere? Da notare, poi, che, nel momento in cui la vigna fu estirpata, era ancora perfettamente sana.
Per concludere, Leonardo lasciò poi metà di quella vigna in eredità al suo fido garzone e servitore Gian Giacomo Caprotti da Oreno di Vimercate, già ricordato nel
post precedente.
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Ed ora, una ghiotta curiosità per gli amanti di libri e di...panettoni. Nel 2002 in corso Magenta 65 ha aperto la
Libreria degli Atellani. I proprietari, certamente appassionati di storia, han voluto aprire lì il loro negozio, perchè quella, nel Quattrocento, era stata la casa di Giacomotto della Tela, scudiero di
Ludovico il Moro, dove dimorò
Leonardo da Vinci mentre lavorava alla realizzazione dell'
Ultima Cena. Ad una famiglia degli Atellani di Corso Magenta è poi legata la storia/leggenda dell'invenzione del
Pan de Toni, ovvero il
Panettone. Qui, nella versione di Hesperia, un'altra storia legata a quell'invenzione. Versione che però conduce anch'essa a
Ludovico il Moro.
Foto in basso: Corso Magenta all'altezza di Santa Maria delle Grazie - da Google Maps (si noti la pavimentazione della strada: ancora quella dei tempi di Leonardo da Vinci).