Campanile della Chiesa di San Gregorio Armeno che sovrasta l'omonima via - da Wikipedia
Nella trasmissione Sereno-Variabile di sabato 17 novembre Osvaldo Bevilacqua è andato a curiosare nelle botteghe degli artigiani del presepe del quartiere Armeno di Napoli. Ma cosa ha a che fare Napoli con l'omonimo stato del Medio Oriente? In realtà nulla perchè la storia del nome è legata a fatti avvenuti in maniera del tutto casuale nei primi tempi del cristianesimo; fatti legati alla conversione di Costantino. A quella chiesa, nata secoli dopo, in seguito a quei fatti, nel centro di Napoli, fu dato il nome chiesa di San Gregorio Armeno, perchè custode di importanti reliquie del santo armeno. La strada che conduce alla chiesa, leggermente in salita, ha preso il nome del Santo a cui la stessa è dedicata: via San Gregorio Armeno. La strada, che in realtà è un vicolo pedonale, ha assunto ormai da secoli la prerogativa di essere la strada delle botteghe "artistiche" degli artigiani napoletani del presepe. E' conosciuta in tutto il mondo, tanto che non mi stupirei affatto di vederla un giorno inserita nell'elenco dei siti Patrimonio mondiale dell'Umanità.
Via San Gregorio Armeno - dal sito Portanapoli.com
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Tunnel Borbonico - foto dal sito Tunnelborbonico.info
Nella stessa puntata Osvaldo Bevilacqua è sceso nelle viscere della città vesuviana per visitare il Tunnel Borbonico, riaperto al pubblico recentemente. L'ingresso è posto in vicolo del Grottone, 4, un percorso situato alle spalle del celebre Colonnato di Piazza Plebiscito (foto sotto), l'uscita si trova in Riviera di Chiaia, nei pressi del lungomare.
Piazza Plebiscito - foto di De Maio Agostino - dal sito Fotoeweb.Napoli
L'imponente opera sotterranea, un tunnel lungo quasi 500 metri (che secondo il progetto iniziale avrebbe dovuto essere di almeno 800 metri, da Palazzo Reale al mare), largo e alto quasi 30 metri in quasi tutta la sua estensione, è stata realizzata in soli tre anni, con inizio dal 1853, scavando a colpi di piccone nel tufo del sottosuolo. L'idea del tunnel era venuta a Ferdinando II di Borbone in seguito ai moti rivoluzionari del '48, che avevano coinvolto varie città italiane, tra cui Milano, Venezia e la stessa Napoli. Qualora si fosse ripresentato il pericolo di rivolte, Ferdinando II aveva così pensato ad una veloce via di fuga che da Palazzo Reale lo avrebbe portato in tutta sicurezza verso il mare, dove si sarebbe posto in salvo. La galleria doveva essere in grado di far passare contemporaneamente cavallerie affiancate nei due sensi di marcia. Pur se non ancora completato, per ragioni prettamente tecniche, il tunnel venne inaugurato nel 1858 alla presenza del re. L'Unità d'Italia, arrivata tre anni dopo, nel 1861, sancì l'inutilità dell'opera, che non fu più portata a compimento.
Nel giugno scorso restai stupito nell'apprendere che una signora italo-inglese, con marito statunitense, estemporanea lettrice di questo blog, sarebbe venuta in vacanza a Napoli nel mese di agosto; e lo stupore fu ancor maggiore quando disse che sarebbe venuta a Napoli per la terza volta, approfittando del fatto che i figli erano ormai diventati grandicelli. Da notare che la signora non ha alcun parente a Napoli, essendo di origini pugliesi da parte di entrambi i genitori; inoltre sua madre vive da tempo qui in Lombardia.
Allora mi chiesi cos'avesse visto di bello in Napoli, per averla preferita a tante altre località, dal momento che in tutti questi anni i nostri mass-media han fatto di tutto per creare lo stereotipo di una città di fannulloni e incivili, sommersa dai rifiuti, in preda a bande di camorristi, rapinatori, delinquenti, malavitosi? Io che, per tali motivi, e che pure in gioventù avrei avuto molte opportunità per visitare Napoli senza avere un grosso aggravio di spese - poichè sarei sceso lì dalla vicina Ciociaria - non sono mai stato a Napoli città. Dopo aver fatto ricerche per questo post, m'accorgo ora d'aver perso inutilmente un grande treno: Napoli, città dal clima migliore che non quello di Milano, e dalle bellezze architettoniche, culturali, paesaggistiche, ambientali e naturali invidiabili. Il tutto per non parlare poi della Reggia di Capodimonte, l'incombenza del cui tema lascio a Josh, blogger di questo gruppo, poichè è un vero appassionato d'arte e ha molta più competenza di me in questo campo, essendo materia a lui molto congeniale, e classica per il suo repertorio di post sull'arte.
La "lingua", poi, che tempo addietro classificavo come rozza, mi è diventata estremamente gradevole e aggraziante, soprattutto dopo avere più volte ascoltato il brano Cu' mmé, impregnato com'è di fraseggi piacevolmente poetici (ascoltare il brano cliccando qui), magicamente interpretato dalle inimitabili voci di Roberto Murolo e Mia Martini, con voce di accompagnamento e accompagnamento ritmico musicale diretto da Enzo Gragnaniello.
La "lingua", poi, che tempo addietro classificavo come rozza, mi è diventata estremamente gradevole e aggraziante, soprattutto dopo avere più volte ascoltato il brano Cu' mmé, impregnato com'è di fraseggi piacevolmente poetici (ascoltare il brano cliccando qui), magicamente interpretato dalle inimitabili voci di Roberto Murolo e Mia Martini, con voce di accompagnamento e accompagnamento ritmico musicale diretto da Enzo Gragnaniello.
Zampognari - foto dal sito Centumcellae.it
Napoli, città oltretutto accogliente e generosa, almeno fino al 1990, e cioè fino a quando mi sono giunte notizie dei gruppi di zampognari ciociari che calavano in massa verso Napoli nel periodo natalizio. Quante volte dai miei ho sentito raccontare di questi zampognari. Gente che ho talvolta anche conosciuto di persona. Gente dedita a tutt'altro genere di lavoro durante l'anno. A Natale s'improvvisavano musicanti per andare a raggranellare qualche soldo, suonando per le strade di Napoli. Negli anni '50 e '60 il fenomeno era molto fiorente. Allora, dal paese dei miei, in Ciociaria, partivano gruppi numerosi di almeno dieci persone. E se tanto mi dà tanto, solo dalla Ciociaria scendevano a Napoli qualche centinaio di zampognari. E c'era lavoro per tutti. I gruppi alla fine del periodo natalizio rientravano a casa con sacchetti di monete da spartire. Spartizione che avveniva equamente, indipendentemente dal ruolo da ciascuno svolto: c'era proprio un gran bello spirito di gruppo. Nei quindici/venti giorni di lontananza dalle loro case (partivano il giorno dell'Immacolata, l'8 dicembre, per rientrare dopo Natale) dalla generosa gente di Napoli raccoglievano oboli in abbondanza, tanto da essere in grado di sostenere se stessi e le loro famiglie per mesi.
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