Uno strumento musicale progettato 500 anni fa da Leonardo Da Vinci è stato costruito di recente da un pianista polacco. L'ha anche suonato nel suo primo concerto all’Accademia di Musica di Cracovia.
Il progetto di Leonardo era
uno tra le incredibili invenzioni di vario genere (dalle
macchine belliche, a quelle per volare, altri strumenti musicali etc..) del grande
inventore del Rinascimento Italiano.
Lo strumento musicale è curioso, una sorta di contaminazione tra un clavicembalo, un organo e una viola da gamba, come ha dichiarato il suo costruttore, il pianista Slawomir Zubrzycki (sopra nella foto), che lo ha suonato per la prima volta all’Accademia di Musica di Cracovia, davanti ad un pubblico divertito e soddisfatto dal melodioso e indefinito suono.
la "viola organista" è costituita da 61 corde in acciaio,
facenti capo ad una tastiera simile a quella di un pianoforte a coda. A
sostituzione dei martelletti (che nel pianoforte colpiscono le singole
corde) ci sono ben 4 ruote le cui circonferenze sono
avvolte in capelli di coda di cavallo. Quando le ruote vengono attivate
(attraverso un'apposita pedaliera), le corde emettono un timbro sonoro
simile al violoncello.
Seguendo con precisione le istruzioni per la costruzione, il suono dovrebbe essere proprio quello che aveva immaginato Leonardo quando impresse la sua idea su carta,
nella tipica scrittura rovesciata conosciuta
come Codice Atlantico.
Ci sono voluti tre anni a Zubrzycki per portare a compimento la realizzazione dell’invenzione.
Di seguito, una performance della "viola organista" di Sławomir Zubrzycki, all'INTERNATIONAL ROYAL CRACOW PIANO FESTIVAL il 18 Ottobre 2013,
Aula
Florianka.
Con esattezza la viola organista leonardesca è precursore dello strumento tardo-rinascimentale detto Geigenwerk e di vari strumenti dei secoli successivi, detti Bogenklavier, Gambenklavier o più genericamente Streichklavier.
L'idea originale di Leonardo, descritta in quattro disegni del "Codice Atlantico"
(folio 218 recto-c, 1488-1489) e in altri quattro disegni del
Manoscritto H della Biblioteca dell’Institut de France (ff. 28 verso, 28
recto, 45 verso e 46 recto, 1493-94)deriva dal meccanismo degli strumenti medievali detti organistrum e symphonia, antenati della ghironda.
In quegli strumenti, esistenti fin dal XII secolo, una corda di budello
animale era tesa fra due ponticelli fissi su una cassa armonica ed era
sfregata, invece che da un arco, da una ruota di legno messa in
rotazione da una manovella. La corda poteva produrre le diverse note
della scala grazie a un sistema di ponticelli mobili, detti tangenti, azionati da tasti; si trattava in tutti i casi di strumenti monofonici, che emettono solo una nota alla volta.
Lo strumento disegnato da Leonardo, invece, ha una corda per ciascuna nota, come nel clavicembalo o nel clavicordo
(strumenti già esistenti ai suoi tempi). Al di sotto delle corde si
trovano due o più ruote che girano simultaneamente su perni paralleli,
trascinate da una cinghia, sotto l'azione di una manovella. I tasti,
disposti come nel clavicembalo, portano le corde corrispondenti a
contatto con la ruota sottostante, oppure (a seconda dei disegni) con la
cinghia di trasmissione. Lo strumento può quindi eseguire più note
contemporaneamente ed è a suono continuo, come l'organo a canne,
dato che le corde suonano per frizione, anziché essere pizzicate (come
nel clavicembalo) o percosse (come nel clavicordo). L'effetto sonoro è
quello di un insieme di strumenti ad arco (all'epoca di Leonardo detti
genericamente "viole"): da qui il nome "viola organista". La viola
organista è uno degli strumenti musicali più complessi di Leonardo da Vinci, ne sono stati fatti nel tempo tentativi di costruzione, e non va confusa con
un altro progetto ricostruito solo recentemente, la Clavi-Viola, disegnata sul foglio 93 del Codice Atlantico.
Si ignora se Leonardo abbia mai costruito lo strumento descritto. Il
primo strumento simile ad essere sicuramente realizzato fu il Geigenwerk del 1575 di Hans Haiden, un inventore tedesco di strumenti, illustrato anche nel trattato Syntagma musicum di Michael Praetorius (1619). Un analogo strumento del 1625, opera dello spagnolo Fray Raymundo Truchado, è tuttora conservato nel Musée des instruments de musique di Bruxelles. Una moderna ricostruzione del Geigenwerk del costruttore Akio Obuchi, basata anche sui disegni della "viola organista", è stata utilizzata in un concerto a Genova, nel 2004.
Tutti questi strumenti, il cui scopo è simulare l'effetto
di un insieme di strumenti ad arco, hanno storicamente incontrato una
scarsa diffusione finora, a causa della difficoltà di rendere la frizione, e
conseguentemente l'intonazione e la qualità timbrica, uniformi per
tutte le corde.
L'immagine che noi Italiani abbiamo congelato di Françoise Hardy è quella della graziosa ragazza alta, longilinea, dallo sguardo malinconico e dai lunghi capelli, nello stile anni '60.
Per i cinquant' anni della sua carriera la sua casa editrice musicale, tanto per lasciare il segno, le ha chiesto un libro e un disco. Così nasce il libro "L'amour fou", un manoscritto che aveva nel cassetto trent'anni prima, ed il disco omonimo. Ma col tempo, piove argento sui suoi capelli, e tuttavia, con quel caschetto bianco alla Andy Warhol si mantiene magrissima quasi immateriale come non mai, e creativa come non mai. In Francia non è un mistero che Bob Dylan fosse stato innamorato di lei (tempi orsono, le dedicò una poesia), che Mick Jagger la considerasse "il suo ideale" di ragazza e che David Bowie fosse affascinato da lei e rimase piccato che di passaggio a Parigi per i suoi concerti, lei non venisse mai a trovarlo. Françoise sgrana gli occhioni quando glielo ricordano e sembra chiedersi incredula "Perché proprio io?".
Quale ragazza si sarebbe fatta scappare simili occasioni? Lei che sposò l'attore-cantante Jacques Dutronc (foto sottostante), parigino come lei e attraente quanto lei (lo si è visto in "Grazie per il cioccolato" di Claude Chabrol) rimanendogli praticamente legata per la vita, con un figlio nato da questo legame di nome Thomas, buon musicista e arrangiatore.
Tanti, i successi discografici, molti dei quali tradotti anche nella nostra lingua (fino al '74). Su questo blog ho già inserito "L'amitié" , un brano topico che spesso duetta con altri artisti. "Des ronds dans l'eau" (Cerchi nell'acqua) fu inserito da Lelouch in "Vivere per vivere" e ripreso da Gabriele Muccino in "Ricordati di me". "Message personnel" è stato inserito da François Ozon in "Otto donne e un mistero" e fatto reinterpretare da Isabelle Huppert, al pianoforte. Di "Voilà" (stupendo pezzo, tradotto in Italiano col titolo "Gli altri" da Herbert Pagani) ne è stato ripreso l'incipit da Robbie Williams in "You know me" (quello in cui saltella su un prato vestito da coniglio) . Incide oltre a pezzi suoi anche alcuni di Gainsbourg (tutti ricorderanno "Il pretesto", versione italiana di "Comment te dire adieu").
Nel frattempo la vita l'ha colpita da una malattia leucemica dalla quale fortunatamente ha saputo guarire. Ci sono ancora tante belle cose da vedere e da scoprire al mondo. Pertanto, dopo questa dolorosa esperienza, nasce un disco che è una vera perla: "Tant de belles choses".
La sua leggendaria giovinezza di ragazza perbene, timida, introversa, catapultata quaasi per caso nello showbiz, è ormai alle spalle. Come pure quello charme discreto (da non confondere con il chiassoso glamour all'americana) che molti illustri couturiers hanno esaltato facendone una sorta di loro ninfa Egeria. Paco Rabanne la vestì con miniabiti di scaglie metalliche argento e oro, André Courrèges costruì sul suo fisico asciutto e androgino le sue geometrie optical, St. Laurent e Cardin confezionarono per lei, eleganti smoking con giacca e pantaloni in nero. Poi giubbotti (chiodo) e gonne in pelle nera, giacconi-pile casual a quadri. Musa anche per Dalì che amava alla follia le donne-stelo di quegli anni, come lei (foto piccola in basso a sinistra). Il fotografo Jean-Marie Périer (suo ex fidanzato) ha promosso di recente al Beaubourg di Parigi una mostra fotografica dove è l'indiscussa protagonista dei suoi scatti per le più importanti copertine di magazines che se la contendevano (Vogue, Elle, Paris Match ecc.). E racconta come fosse sempre prodigiosamente fotogenica.
I francesi l'amano ancora moltissimo perché è rimasta tra le poche étoiles veramente Made in France, insieme allo champagne Dom Pérignon. Pertanto non hanno gradito il remake (invero patetico, data la sua non più verde età) che Carla Bruni ha fatto del suo primo successo "Tous les garçons et le filles". Carlà si mette una chioma hardyneggiante davanti agli occhi e intona la canzone con voce in falsetto cercando di atteggiarsi a ragazzina adolescente. "Elle est malade?!?" "Catastrophique!" "Affreux!" sono solo alcuni dei commenti allibiti dei francesi. Provate a leggere gli insulti che le fioccano addosso, sia dai francesi che dagli italiani che per non essere da meno, replicano: "Tenetevela pure! Noi qui non la vogliamo", nei commenti su You tube. Povera Carlà!
Le posizioni politiche di Mme Hardy a favore di Marine Le Pen, vengono confutate dalla gauche au caviar, ma piacciono ad una buona parte di francesi. Fu lei a parlare per la prima volta di "razzismo antibianco", infrangendo un tabù mediatico. Il cinema in passato se l'è accaparrata ne "Il castello in Svezia" di Vadim, in "Grand Prix" di John Frankenheimer e poi la si vede in una particina finale della commedia esilarante "Ciao Pussicat!" di Clive Donner, con Peter O'Toole e Peter Sellers, nel ruolo della ragazza della réception d'albergo che fa ingelosire Romy Schneider. Ma come lei stessa ammetterà, il cinema l'annoia, tant'è vero che non vi si è mai applicata con troppo zelo e impegno. La musica invece no e va avanti, e ora anche la scrittura.
Il suo libro "L'amore folle", presentato l'estate scorsa alla Fiera del Libro di Torino, l'ho preso in mano non senza una certa iniziale reticenza nei confronti della gente dello spettacolo che scrive. Invece poi leggendolo ho trovato eleganza, raffinatezza, stile, l'influsso di buone letture (ama Henry James e Edith Warthon) e perfino cura nell'espressione. E' un lungo monologo interiore sui sentimenti per un uomo che sembra sempre lo stesso, ma in realtà a comporre il racconto (récit lo chiama lei) sono alcune sue importanti relazioni amorose incastrate ad hoc, sempre e solo con la stessa tipologia di uomo. Una tipologia ricorrente che crea dinamiche altrettanto ricorrenti in una sorta di dolorosa coazione a ripetere, in uno scambio di ruoli psicologicamente sado-maso .
Nota dell'editore: Un romanzo-confessione, una storia d'amore intensa, sofferta, fra passioni e gelosie, erotismo e assenze. "Nel suo L'amore folle Françoise Hardy racconta senza difese la generosità in amore. Ci è sembrato un buon motivo per scegliere di pubblicare il suo dolce, straziante romanzo. Perché fare come lei, abbassare lo scudo per offrire la faccia al vento, è il solo modo di capirlo fino in fondo, questo mondo", dice Tommaso Gurrieri, direttore editoriale delle Edizioni Clichy, che nella collana Gare du Nord porta dal 22 maggio il romanzo in libreria in Italia (176 pag., 15 euro).
Già ebbi modo di leggere sul web il suo primo libro autobiografico "Le desespoir des singes et autres bagatelles" e ci trovai stoffa di autentica memorialista. Eppoi, che bel titolo! La disperazione delle scimmie è il nome che i francesi danno all'araucaria, quella pianta andina con i ramispinosissimi che non rende certo agevole l'arrampicata. Nessuna compiacenza narcisistica da parte di Françoise, distacco verso il culto del "sé", capacità di essere ad un tempo lucida, chiara, trasparente e analitica, ma anche pudicamente elusiva. E' un buon inizio.
L'avrà scritto davvero lei? - mi sono chiesta incredula. In effetti sì, e a dimostrarlo, è il secondo libro sull'amour fou, tema sempre caro alla letteratura francese.
MaL'Amour fouè anche il titolo del suo ultimo CD, che in Italia (a differenza del libro) non è ancora arrivato. In Francia si vendono simultaneamente libro e disco. Nella compilation discografica segnalo "Pourquoi vous?", una melodia dolcissima, un classico che si avvale solo di piano e di archi cantato con la sua fragile voce, brano che ho messo alla fine del post. E anche la suggestiva "Normandia", un omaggio alla sua regione di nascita. In epoca di volgarità, lei scommette ancora nella forza dei sentimenti. Ora che Françoise è una signora agée, è diventata ancora più brava e continua la tradizione dei cantautori francesi permettendosi anche qualche sua versione personale di mostri sacri che hanno lasciato il segno nella storia della chanson (di Brassens interpreta "Il n'y a pas d'amours heureux", di Prévert il famoso "Les feuilles mortes", mentre riprende "La mer" di Trenet).
Sempre operosa, silenziosa, ascetica e riservata, madame Hardy ha saputo dimostrare che anche nella società dello spettacolo ci sono individui per i quali l'Essere ha una valenza superiore all'Avere.
E' uscita un'antologia curiosa e di pregio, che contiene 10 racconti. Autori, tra gli altri, Dickens, Le Fanu, Mérimée. Le sorprese al suo interno non mancano, ma ce ne occuperemo alla fine perchè offre l'occasione di un excursus.
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Un passo indietro.
Per Letteratura Gotica, ci si riferisce al Romanzo Gotico o a racconti, intendendo un genere attivo dal secondo Settecento, che univa elementi romantici ad altri paurosi od oscuri, intrisi di amore e morte, varia drammaticità. Fanno parte di queste simbologie e categoria del sentire anche questo, questo e quest'altro tra i miei post.
Il vocabolo si diffonde in quest'uso per lo più in area anglosassone, e identifica vicende ambientate spesso nel Medioevo, con un sentire che predilige castelli, rovine, sotterranei e vari ambienti tenebrosi, ma non solo.
Se questo è lo sfondo, non si tratta sempre e solo di un'estetica (intesa proprio come tipologia della percezione), ma di esplorazione di alcune dimensioni dell'esistenza unite ad un senso drammatico particolarmente vivo, e vi è un nesso formale tra architettura reale/immagine e costruzione narrativa nelle opere letterarie.
Un profondo senso del tragico e dell'ineluttabile percorre le storie d'amore e di terrore, per vicende impregnate di amore perduto, circostanze dolorose, elementi preternaturali e soprannaturali, indicibili prove e rovelli interiori.
(Cattedrale di Metz, Francia)
Il Rinascimento che esaltava un linguaggio classico greco-romano e in certo modo apollineo, bollò spregiativamente lo stile gotico in architettura medievale, trattato da Hesperia al link (in origine nelle magnifiche Cattedrali in Francia nel XII sec. poi in Europa occidentale nel XIV e XV sec. e Spagna, Portogallo, e paesi tedeschi, anche se il gotico inglese si diffuse precocemente già a partire dal 1175) ma proprio certe cuspidi, la linea curva e sinuosa, l'irresistibile svettare verso l'alto in cerca dell'ascesi, i reticolati, i pinnacoli, la forma arzigogolata, il senso del terribile e del solenne, il Sublime che atterrisce, erano "gotici" come i conflitti e sinuosità interiori descritti nella letteratura (neo)gotica nella ripresa successiva.
(Gargoyle a Notre Dame, Parigi)
Il termine "gotico" in origine si riferisce proprio ai Goti, l'antico popolo germanico, e venne usato per la prima volta per indicare questo stile artistico e architettonico da Giorgio Vasari (cui ho dedicato un post per i 500 anni) come sinonimo di nordico, barbarico, capriccioso, contrapposto alla ripresa del linguaggio classico rinascimentale.
La perdita della connotazione negativa del termine risale alla seconda metà del Settecento, quando prima in Inghilterra e Germania si ebbe una rivalutazione di questo periodo della storia dell'arte che si tradusse anche in un vero e proprio revival, il Neogotico appunto (anche in architettura, interni e mobili), che attecchì gradualmente anche in Francia e Italia, come reazione al neoclassico razionale dell'età dei "Lumi". Venivano ora esaltate l'emozione, lo struggimento, il Sublime (sembra in realtà un ritorno al dionisiaco).
Le stesse rovine degli edifici (poste ad arte anche nei giardini) evocavano il decadimento delle creazioni umane, il senso mortuario delle cose e il cupio dissolvi.
Viene comunque evitata la conoscenza approfondita del Medioevo che non era naturalmente così oscuro come veniva dipinto, anzi tutt'altro, basti pensare al fiorire di notevoli punte della nostra civiltà (tutta la Patristica, le invenzioni tecniche e pratiche, la luminosa civiltà benedettina non erano l'unico faro in un'età non così buia).
Contribuisce alla diffusione della rilettura del gusto gotico nella nuova accezione lo stesso Romanticismo, che già si richiamava al mistero, al primitivo e tenebroso.
Per uno sguardo più ampio ad un certo tipo di temperie romantica, si rimanda a "La Carne, la Morte, il Diavolo..." post ispirato a Mario Praz di Hesperia.
Il primo testo che fece da apripista alla tendenza letteraria fu il romanzo breve "Il Castello di Otranto" di Horace Walpole nel 1764. L'autore in quell'epoca aveva iniziato la costruzione del Castello di Strawberry Hill, fuori Londra che arricchì di straordinari pezzi d'arte, comprese numerose reliquie.
(un interno del Castello di Strawberry Hill)
Nel 1800 è seguito da altri autori come Matthew Gregory Lewis, Ann Radcliffe, Charlotte Dacre e Mary Shelley: di nuovo le costanti sono sentimentalismo e romanticismo, ma anche rivolta contro il razionalismo illuminista, inquietudine per l'uso inedito e immorale di scienza e tecnica conosciute nella rapida industrializzazione e furono alla base della nascita del gothic revival.
(Castello di Strawberry Hill)
Se "Il vecchio barone inglese" di Clara Reeve è un'imitazione del Castello d'Otranto, da segnalare "Vathek" in francese (1785) di William Beckford, "I misteri di Udolpho" (1794) e "L'italiano, o il confessionale dei penitenti neri" (1797) di Ann Radcliffe, "Il monaco" (1796) di Matthew Lewis, "Frankenstein" (1818) di Mary Shelley, "Il vampiro" (1819) di John William Polidori, "Melmoth l'errante" (1820) di Charles Robert Maturin.
(vetrata della Cattedrale di Chartres)
L'oscurità diventa strumento per accedere al sublime (al contrario della luce che rientra
nel senso del bello e dell'armonia) secondo il concetto orrorifico di sublime
(l'incanto del mostruoso) espresso da Edmund Burke.
Predominano così in questi romanzi figurazioni e oggetti imponenti che incutono timore (palazzi
possenti, catene, l'elmo che campeggia minaccioso
all'inizio del Castello di Otranto di Walpole);
il
senso di vastità, di cose non misurabili; la mancanza di rapporto causa-effetto nella narrazione; infine l'approssimazione: John Milton nel Paradiso Perduto accennava solo vagamente all'aspetto e alle fattezze del diavolo.
Altre costanti: nel Castello di Otranto di Walpole, e oltre con la Radcliffe e Lewis, giovani donne sono costrette a fuggire da terribili seduttori, e le vittime sono in realtà più o meno figurativamente stritolate in ingranaggi perversi. L'ambientazione è medievale, ma a volte anche borghese e contemporanea, la minaccia contro i protagonisti proviene in questi testi dall'autorità politica e religiosa, e da episodi di corruzione maligna e abuso di potere.
(Gargoyle-bat a Nottingham)
"L'italiano, o il confessionale dei penitenti neri" (1797) di Ann Radcliffe e "Il monaco" (1795) di Matthew Lewis ne sono esempi: in più "Il monaco" contiene giudizi al vetriolo sulla Chiesa Cattolica, secondo la prospettiva inglese d'allora, e più in generale l'ambientazione in paesi cattolici, in vecchi castelli, abbazie e conventi è scelta per mostrarne le monarchie assolute che non avrebbero tutelato a sufficienza i diritti dei cittadini: consueto iato tra paesi Anglosassoni Calvinisti -che poi così liberal non erano, visti roghi e decapitazioni, e Cattolici Postlatini.
In realtà il gothic revival in Inghilterra raffigura il nero dell'esistenza anche attribuendolo alla Tradizione Cattolica e al legame con la Sede Romana: in questo rispecchia anche la scelta (nel senso letterale di airesis) inglese protestante di allontanarsi dalla Chiesa.
Siamo dunque alla Letteratura come Sintomo, quasi che, persa la Comunione, si ripiombi nell'oscuro mare dell'essere. La riforma allora appare come una ferita che taglia in due l'Europa; e sembra che da quella ferita, dalle viscere della terra fuoriescano i mostri che infestano l'immaginario del neogotico.
Naturalmente anche l'anglosassone, il (neo)gotico è homo religiosus, ogni essere umano è concepito come aperto all'Infinito. Ma venendo meno la Comunione, se non si accoglie più la Rivelazione, si finisce
per costruirsi una via personale e per accedere
all’antirivelazione luciferina (i mostri) che sin dal principio della storia si è offerta come tentazione
all’umanità. In questa falsa gnosi domina il caos terrifico e si subisce senza difese l’eternità cangiante del mondo, minacciosa e non ordinata, che può portare alla disperazione del Nulla.
La tematica religiosa in questi testi del gothic revival intesi come orrorifici è infatti spesso presente, talvolta con connotazione negativa, specchio della cesura storica inglese.
L'ascesa di Enrico VIII e la rottura con l'autorità religiosa di Roma ebbero il suo peso, la scissione del reale sembra generare il ripiegamento dello stile, e un'inversione dei significati. E' curioso infatti come l'architettura gotica medievale fosse più che sacra, religiosa e osservante, nel suo slancio verticale, mentre la cosiddetta letteratura (neo)gotica del revival 700-800 veda il nero e la minaccia proprio insito in un'idea terribile e orrorosa del sacro.
Ma nel periodo, scrittori non cattolici e cattolici sono spesso caduti in disgrazia e la vita pubblica inglese fu messa a durissima prova, con numerosi martiri e sangue.
Il 1533 è l'anno di rottura con la Chiesa Cattolica, che porta allo scisma anglicano. Segue una dolorosa interpretazione filocattolica e anglocattolica e anche anticattolica nella cultura inglese. Alla restaurazione di Maria I d'Inghilterra la Sanguinaria ha fatto seguito la contro-restaurazione di Elisabetta I, la Regina Vergine, fino al riconoscimento dei principi calvinisti e alla sottomissione alla Corona.
Nei due secoli della letteratura gotica, numerosi artisti e scrittori inglesi di fede cattolica così come di fede anglicana sono stati protagonisti della loro epoca spesso fino alla perdita della libertà o della vita.
Tommaso Moro, cattolico, fu decapitato dopo avere opposto un rifiuto al giuramento di Supremazia che indicava il sovrano come capo della nascente Chiesa anglicana (1534).
John Skelton, precettore di Enrico VIII, si rifugiò nell'abbazia di Westminster dove rimase fino alla morte a scrivere satire. John Milton, a causa degli scritti polemici sul divorzio, cadrà in disgrazia e si ritirerà a vita privata. Francesco Bacone fu condannato al carcere per peculato.
Di famiglia cattolica, Alexander Pope era discriminato per il battesimo tradizionale ricevuto.
Daniel Defoe, autore del "Robinson Crusoe" sosteneva la libertà religiosa tra anglicani e cattolici in UK, ma fu accusato di diffamazione verso la chiesa d'Inghilterra per il suo testo "La via più breve per i dissenzienti".
Jonathan Swift scrisse "I viaggi di Gulliver", ma la critica ufficiale lo ridusse a narratore per bambini.
Questa è solo una minima parte del campo di tensioni ideali e sangue vero che la storia ha generato e che si specchia nella letteratura inglese dopo la rottura col Cattolicesimo.
I simboli della letteratura del revival gotico si diffondono presto nel Romanticismo inglese, poi europeo per tutto l'800. Addirittura nei "Promessi Sposi" ci sono stralci e situazioni simili a quelle del gotico, come la vicenda della Monaca di Monza costretta dal genitore dispotico alla clausura, o rapimenti e oppressioni della vergine innocente, con l'episodio di Lucia, segregata nel castello dell'Innominato. Ancora tracce ritornano nelle atmosfere cupe di "Notre-Dame de Paris" (1831) di Victor Hugo, ambientato nel tardo Medioevo, con personaggi come il mostruoso Quasimodo o la fanciulla Esmeralda, vittima innocente di un crudele sopruso.
Il potere assoluto, il feudalesimo e il dispotismo contribuiscono ad alimentare lo sfondo del gotico sublime. Saranno temi poi ripresi nell'Ottocento anche dagli scrittori americani, che hanno vissuto la violenza sottile e sotterranea dei rapporti o plateale e spietata di regimi puritani e fondamentalisti.
"Frankenstein o il Prometeo moderno" di Mary Shelley, oltre alla fama, ha il merito di superare schemi del primo romanzo gotico del culto dell'irrazionale, per articolare una visione di scienza e tecnica maligne, uscite dal lecito e naturale quanto dal sacro, e volgerla in chiave fantascientifica e morale.
Il romanzo introduce tematiche attuali e di risonanza in un'epoca in cui la ricerca stava accelerando le sue scoperte: il rapporto fra l'uomo e la scienza, i limiti della scienza oltre i quali non è lecito spingersi, la figura della creatura artificiale che si ribella al suo creatore, e di più "il Prometeo moderno".
Il tema vero era il Dott. Victor Frankenstein e la creazione del mostro, per adorazione di scientismo e biotecnologia manipolatrice che arriva prometeicamente alla ribellione contro i canoni naturali e sacri dell'esistenza.
La Shelley infatti scelse il riferimento a Prometeo per indicare l'Hybris degli scienziati di poter fare tecnicamente qualsiasi cosa, anche ricreare la vita a modo proprio. La Shelley unisce 2 tradizioni della vicenda di Prometeo: sia quella del titano ribelle contro Dio padre/Zeus, sia la versione delle Metamorfosi di Ovidio
in cui Prometeo plasma gli esseri umani dalla creta (questa lettura si avvicina al Demiurgo gnostico-massonico).
Altri testi del filone evolvono dal gusto iniziale e affrontano tematiche differenti. Edgar Allan Poe supera l'ambientazione di antichi castelli, rovine medievali, e i temi come fantasmi, e creature mostruose, e si avvicina all'uomo comune: le paure irrompono nel quotidiano, l'io viene scandagliato nelle sue opere, sono raffigurate paure individuali e collettive dell'uomo moderno anticipando la psicanalisi. Derivano dal gotico ancora autori del tardo Ottocento, come Robert Louis Stevenson con "Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde", con il tema del doppio bene e male nella stessa persona, e Arthur Conan Doyle, con i misteri di Sherlock Holmes, ma di più dei suoi racconti fantastici e del terrore. Si potrebbe continuare fino a Bram Stoker e H.P. Lovecraft e oltre. Nel 900, l'eredità di questi autori sfocia in nuovi generi narrativi differenti: giallo, il noir, la fantascienza, l'orrore, e il cinema ne sarà un veicolo notevole, a partire già dal muto.
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L'antologia curata da Enrico Badellino, edita da Skira "Arte e Mistero: Dieci Inquietanti Racconti" si appoggia a un'accezione del gotico intesa in senso lato come Unheimlich, per cui comprende elementi fantastici, passaggi di stato tra animato e inanimato e simili.
Statue assassine, disegni, dipinti e incisioni che prefigurano delitti, ritratti di persone defunte che si animano intrecciando inquietanti liaison con i viventi: scrittori
come Hawthorne, Mérimée, Dickens, Poe, Erckmann, Nesbit, e anche Pirandello e Capuana - accanto a maestri della ghost story come Le Fanu e M.R. James - hanno
affrontato il rapporto tra l'opera d'arte e il mondo degli spiriti, aprendo prospettive narrative sulla contaminazione tra l'aldiqua e
l'aldilà della tela, tra questo e l'altro mondo.
La novella di Pirandello è "Effetti di un sogno interrotto". Un uomo che vive in una casa cupa e barocca osserva dal letto un quadro che ritrae una donna sdraiata in una grotta. Volto splendido, capelli sciolti e seni scoperti. Un vedovo suo ospite un giorno riconosce nel dipinto l'immagine della moglie scomparsa e vuole il quadro, perchè non tollera che un estraneo ne contempli la nudità. Il proprietario del quadro una notte è convinto di aver incrociato lo sguardo vivo e in movimento della donna del ritratto, e chiama così il vedovo per donargli il dipinto.
Plutarco già aveva utilizzato il tema di statue che ...facevano movimenti creando un effetto di spiazzamento e straniamento sullo spettatore. Spiega Badellino che quella della statuaria classica quindi politeista è un'antica tradizione, che però dopo il Cristianesimo muta di segno. Gli dei greci immaginari e allegorici divengono come demoni.
La rappresentazione muta di scopo, si fa o sacra o profana, Vera Immagine o pagana, sia nella considerazione cristiana tradizionale, sia nella già citata lotta tra Cattolici e iconoclastia protestante.
Il fantastico moderno, sorto tra XVIII e XIX secolo, sarà come un contrappasso rispetto al piatto razionalismo dei lumi, e l'evento soprannaturale o preternaturale assume la valenza di un'intromissione inquietante nell'ordine razionale e apparentemente conosciuto delle cose.
Chiudo con Léon Boëllmann e la sua Suite Gothique, op. 25