Il termine consta dell'abbreviazione di Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes, tenutasi a Parigi nel 1925.
Indica una categoria eccentrica dell'arte e del gusto che copre un periodo di 20 anni circa, riguarda
architettura, arredi di pregio ed ebanisteria, moda, dipinti e arti visive.
In effetti, lo stile non nacque con la famosa Expo, che fu fondamentalmente una rassegna di oggetti e preziosi che già da tempo si andavano affermando. Una particolarità del 'movimento' (alquanto diversificato e scoordinato, in realtà) è il fatto d'esser l
a prima idea di modernità lussuosa realizzata, unita all'ultima incarnazione del classico: Modernità d'arte e avanguardia e Classicità quindi, al culmine della reciproca compenetrazione, alto artigianato d'arte, spesso 'firmato', unito alla prima produzione industriale.
Se la Parigi degli anni 10 era già déco, gli Usa registrano un'adesione allo stile negli anni '30: lo si ravvisa nell'architettura, nelle scenografie dei film, nelle case 'a nave' fino allo streamline modern (oggi l'attento recupero del Miami Art Deco District).
Quello americano è un déco più moderno e asettico, più rutilante, più aerodinamico e forse un po' artificioso, meno legato alla vecchia tradizione europea, da Paul Manship al Chrysler Building.
Parigi ebbe i mobili lucidissimi e sinuosi di
Jacques Emile Ruhlmann tuttora quotati, l'azienda di
Süe et Mare , gli originali pannelli di
Eileen Gray stupefacente ferro battuto di
Edgar Brand , le lacche di Jean Dunand (e i gioielli di Lalique e Cartier) che non hanno bisogno di presentazioni nemmeno per
l'antiquariato recente. (
in alto al centro: Alberto Martini,
ritratto di Wally Toscanini, 1925 -
pastello - 135 x 205 cm)
.
qui a destra: Galileo Chini - "la Primavera che perennemente si rinnova"
Nel Déco in generale, anche in quello italiano, possiamo trovare, come fonti, indistintamente, le arti primitive (motivi e forme di animali: raffigurazioni di
tigri, di
pantere dai volumi sinuosi, le
antilopi, i cerbiatti, i levrieri; rappresentano il trionfo della
forma e del movimento),
la scultura e i vasi dell'antica Grecia, il geometrismo del cubismo e del futurismo, le cam
piture cromatiche accese dei
Fauves, la severità Neoclassica quanto una sclerotizzazione del
Biedermeier, cristalli, motivi vegetali,
o di raggi solari e getti d'acqua (
la fontana della vita è un simbolo vitalistico ricorrente anche nel déco italiano che si ritrova fino nei cristalli delle credenze, intagliato o in serigrafie),
forme femminili agili per una sorta di déco femminile (come nelle preziose statuine di ballerine o Diana) e un déco maschile forzuto-geometrico e monumentale-severo (con un qualcosa di atletico e marziale, negli arcieri).
L'Art Déco è caratterizzata dall'uso di materiali industriali e artigianali-preziosi insieme: alluminio, acciaio inossidabile, bachelite, ma uniti a lacca tradizionalmente lavorata, legni anche rarissimi intarsiati in radiche preziose (mogano, ebano, bois de rose, macassar), poi incurvati in forme oggi spesso improbabili, uso di pergamena, pelle di squalo o di zebra.
L'uso massiccio di forme zigzaganti, di curve larghe e volute, motivi acuti e radianti simboleggiano le novità della modernità, come l'energia elettrica, la vita veloce, la caratteristica 'uraniana' della prima fase del Novecento per un'elevazione estetica della vita moderna, un linguaggio eclettico e un delirio formale un po' strabordante ma di grande fascino per l'alta borghesia italiana.
L'Art Déco fu perciò una sintesi ardita di classicità e modernità quanto di acciaio e legno sbalzato, dai volumi generosi, dinamici, uno stile sempre opulento e lussuoso.
Divenne poi popolare anche per gli interni dei cinema e dei transatlantici, se ne hanno declinazioni alte e basse, anche d'uso quotidiano.
Alcuni considerano l'Art Déco come una vulgata del Modernismo in architettura. Il Razionalismo italiano ne utilizzò elementi misti a strutture più severe, soprattutto nelle città di fondazione in epoca fascista in Italia e nelle colonie (Libia, Eritrea, Etiopia) con agganci alla tradizione locale e al gusto esotico.
In ottica déco-razionalista Sabaudia ne ha esempi in alcuni edifici, ma troviamo scorci architettonici del genere in tutta Italia. Una volta diffusosi nella produzione di massa, il déco iniziò a essere svalutato perché considerato kitsch.
Al di là di Ertè e di Tamara de Lempicka, conosciuti ormai universalmente, oltre Marcello Dudovich e magari qualche imagerie nostalgica legata ad un cinema calligrafico stile Caterina Boratto in citazioni Belle Epoque, oltre l'arte 'termale' che tutti abbiamo presente, la Mostra si propone coraggiosamente di evidenziare la personalità e l'individualità uniche del déco italiano.
Lo svolgersi del Déco in Italia è stato suddiviso in 11 sezioni.
- Inflessioni decorative- Verso nuove sintesi- Orizzonti esotici- Da Venezia a Bisanzio: il Déco di Vittorio Zecchin tra vetri e dipinti-
Il Pochoir: mode tra oriente e settecento- Divagazioni futuriste- Donne del futuro- La severità del Déco- Il sogno dell’antico- Giò Ponti: conversazioni classiche alla Richard-Ginori- Déco scolpito.
Sono presenti, a garantire l'artisticità e l'ispirazione alta della selezione, soprattutto opere pittoriche che devono essere rivalutate, a grandi linee: i lavori ancora vicini al
liberty di Galileo Chini , Umberto Brunelleschi, Duilio Cambellotti, Giulio Aristide Sartorio, Alberto Martini. Le opere degli anni 20 di Felice Casorati, Guido Cadorin e Piero Marussig, Moses Levy.
(
Felice Casorati, 1924,
Concerto)
Ancora i futuristi Giacomo Balla, Prampolini, Fortunato Depero, Diulgheroff, Fillia, gli orizzonti esotici del déco: Thayaht, le opere successive di Felice Casorati, Mario Sironi e Massimo Campigli.
La mostra intende offrire al pubblico un esempio della produzione pittorica, senza tralasciare la scultura alla quale è stata riservata un’apposita sezione.
A
Giò Ponti è dedicata una sezione speciale nella Palladiana Villa Badoera a Fratta Polesine, mentre a Palazzo Roverella sarà presente una raffinata serie di sue ceramiche realizzate per la Richard Ginori. Famose di
Giò Ponti anche le sue realizzazioni di mobili completi in radica,
la decorazione dell'Università di Padova, e naturalmente tutta l'attività successiva come designer o meglio artista totale, non solo limitato all'art déco e all'estetica anni '30.
Giò Ponti, decorazione Università di Padova con figure dei letterati italiani: percorrendo i gradini si ha la sensazione di trovarsi faccia a faccia ora con uno ora con l'altro dei nostri Autori grazie alla disposizione strategica delle figure. Contro le famose tesi di Adolf Loos, si può tranquillamente affermare che per il déco l'ornamento non è "un delitto", anzi è una necessità irrinunciabile.
Sede: Palazzo Roverella - Via Giuseppe Laurenti, 8/10, Rovigo.
Periodo: 31 gennaio - 28 giugno 2009
Orari: 9.30-19.00 (tutti i giorni), 9.00-21.00 (sabato), 9.00-20.00 (festivi), lunedì chiuso
Ingresso: €9,00 intero - €7,00 ridottoTel: 0425460093 - 3483964685 (infos e prenotazioni)
Note: la sezione Giò Ponti sarà visitabile presso Villa Badoer, in via Tasso, 1 - Fratta Polesine (RO) con orari 10.00-13.00; 14.00-18.00 (feriali) e 10.00-13.00; 14.00-19.00 (sabato e festivi).
Autore: Josh