lunedì 13 ottobre 2014

Tasse e opere d'arte: il Grande Sbaglio di Sgarbi



L'Angelico non si fe' con Usura
Leggo della legge applicata dal ministro Dario Franceschini sul pagare le tasse con opere d'arte. Soprattutto mi lascia assai perplessa la replica di Sgarbi sul Giornale nel quale plaude all'iniziativa sperticandosi in lodi su Franceschini, da lui giudicato "colto, sensibile, appassionato" nonché "curioso di letteratura e fine scrittore". E' troppo per un governo auto-insediatosi senza essere stato eletto. Ma soprattutto colpisce l'ingenuità di Vittorio Sgarbi nel credere che la confisca dei Beni culturali per chi non adempie al pagamento delle pesanti gabelle emesse dall'Agenzia delle Entrate, possa far crescere e incrementare  il nostro patrimonio artistico.

Ora, singoli quadri o collezioni costituiscono un arricchimento che è esattamente l'opposto del vandalismo distruttivo delle opere pubbliche. Garantirsi le tasse, nella percentuale certamente limitata, attraverso donazioni di opere d'arte è un'intuizione felice che, in passato, fu applicata alla grande Collezione Contini Bonacossi che ha potenziato i musei fiorentini.


Che film ha visto, Sgarbi!? Ma soprattutto, lui che ha avuto a che fare con la politica, in che mondo crede di vivere? Nel paese di Shangri-là? Lo Stato-Banco dei Pegni è un'aberrazione morale e sociale.

Pagare le tasse con donazioni d'arte è una furbata usuraia non dissimile alla confisca di una casa, di un terreno agricolo o di altro bene di prima necessità, poiché lo stato si fa collettore per conto di entità sovranazionali, il cui scopo è quello di renderci eternamente debitori. Ecco dunque che lo stato si trasforma per l'uopo in un grande Banco dei Pegni, ad uso confisca. L'utente porta un bel Carrà  o un Soffici all'Ageniza delle Entrate, e in cambio che gli tocca? Una cartella dove risulta con tanto di timbro  che il suo debito è stato quietanzato. Sai che soddisfazione! Si perde il Bene duraturo, in cambio di un pezzo di carta.

A parte il fatto che chi dispone di un dipinto di valore o di una scultura o di altro bene prezioso (si parla pure di vasellame)  sa a chi rivolgersi per un'eventuale vendita ben remunerata, con tanto di expertise. Quindi nel caso in cui,  il malcapitato, cadesse in disgrazia è assai meglio per lui,  vendere a privati intenditori e col ricavato pagarvi anche le tasse, che portare direttamente l'opera a Equitalia. Ma se così non dovesse essere, posso già preconizzare a chi andrebbe in mano questa eventuale collezione di pregio. Lo stato rastrella, raccoglie, confisca ma lungi dal  voler credere che tutto questo rappresenti Bellezza, caro vecchio Sgarbone, siamo alla Bruttezza usuraia  che trattiene in serbo per conto  delle banche. Un domani, costoro si ritrovano uno stato sgangherato, indebitato e deficitario che  però ha inventariato e  rastrellato su commissione, un patrimonio artistico privato. Questo sì, è un vero tesoretto inatteso!
Beni artistici che non potranno essere utilizzati per il pubblico, poiché  essi passeranno direttamente ai caveaux delle potente banche d'Affari, quelle stesse che hanno provocato la crisi. Saranno loro che decideranno se tenerlo nei loro forzieri o utilizzarli per battere asta da Christie's o Sotheby's. 


Se è vero come scrive Sgarbi nell'articolo che  "l'arte sia il bene più alto di qualunque civiltà e la inevitabile salvezza dell'Italia", non è certo questo il sistema per salvaguardarla. Semmai è il modo peggiore per alienarla a chi possiede artigli acuminati. E cioè a chi sa benissimo di aver emesso moneta fasulla (l'euro) provocando una crisi surrettizia avente lo scopo di ottenere in cambio di carta straccia, beni veri e duraturi
Nel mentre, si introduce il pericoloso stratagemma del "pagamento in natura" anziché in contanti, il che potrebbe tornare utile nei casi di "demonetizzazione provocata" per l'uopo. E allora siamo all'assalto al  "bottino", al "saccheggio" del tutto simile a  quello degli sciacalli e dei predoni durante le guerre. 

con usura
non v'è chiesa con affreschi di paradiso
harpes et luz
e l'Annunciazione dell'Angelo
con le aureole sbalzate,
con usura
nessuno vede dei Gonzaga eredi e concubine
non si dipinge per tenersi arte
in casa ma per vendere e vendere
presto e con profitto, peccato contro natura,


E ancora:

....Pietro Lombardo

non si fe' con usura
Duccio non si fe' con usura
né Piero della Francesca o Zuan Bellini
né fu "La Calunnia" dipinta con usura.
L'Angelico non si fe' con usura, né Ambrogio de Praedis,


Duccio di Buoninisegna  (Duccio non si fe' con usura )

né Piero della Francesca 

Faccia qualche presenza in meno in tv caro Sgarbi, e si legga questi versi di Ezra Pound, possibilmente, meditandoci sopra. Svendere ad uno stato in via di dismissione è insieme reato e "peccato contro natura", per dirla con le parole del grande Pound.  Ma soprattutto è grave che gli intellettuali come lei, non lo capiscano e non utilizzino la sua popolarità per farlo capire ai più sprovveduti. 


Un sospettuccio, però, ce l'avrei: che cosa gli ha promesso Franceschini in cambio di questo brutto articolo-peana?