E' tempo di festività e di tradizioni. L'inverno ci porta a stare di più al calduccio delle nostre confortevoli case e a consumare i riti delle feste natalizie con gastronomie e leccornie d'ogni tipo insieme agli amici e ai nostri cari. Di leccornie e di speciali gastronomie ha parlato già Marshall nel posting precedente su Cremona correlata alla storia di Bianca Maria Visconti.
I cibi sono l'espressione della tradizione dei popoli e perfino dei riti religiosi. Nel caso della pasticceria, è il caso di dire che a volte imita la natura, molto più di quanto la natura non imiti la pasticceria. Come il tradizionale panettone, che, nato a Milano, si è poi diffuso in tutta Italia e nel mondo intero. A che cosa ci fa pensare innanzitutto il panettone? A una montagna, o a un altopiano. O forse anche allo stesso Duomo, in forma più ruspante e stilizzata. E dato che le cattedrali gotiche imitavano il verticalismo delle montagne coi loro picchi e le loro guglie, ecco allora che per la proprietà transitiva, se la cattedrale imita la montagna e il panettone imita la cattedrale, allora il panettone è diretto figlio della montagna. Ne parlò il simpatico affabulatore Philippe Daverio in una trasmissione in onda su Rai 3 delle serie "Notturno con panettone" che fece per l'appunto un viaggio nei dipinti del paesaggio montano, abbinato al più famoso dolce natalizio, in un divertissement intitolato "Il panettone e la montagna disincantata".
Ricordo pure la sua variante veneta del pandoro con l'immancabile dolce spolverata di zucchero a velo, simile al coccuzzolo innevato di un monte. Panettone o Pandoro? Questo è il problema. Personalmente opto per il primo, perché più ricco a vedersi, con canditi e uvetta.
Più basso e non lievitato il pandolce genovese con aggiunta di pinoli oltre ai canditi, ma francamente pur essendo la sottoscritta, nata ligure, non sono mai riuscita ad apprezzarlo per la durezza dell'impasto. Non se ne abbiano a male i genovesi, ma lo trovo un po' gnucco. Poi ci sono pani coi canditi come il panforte senese, ma qui ci allontaniamo dalla leggenda montana per scendere nelle regioni costiere.
Sulle origini del panettone si raccontano numerose leggende. Pare che nasca da un errore di levitazione.
La leggenda del panettone da me scelta, ci porta alla corte di Ludovico il Moro, Signore di Milano.
È un giorno di festa, stanno per giungere numerosi invitati e tutto e pronto per ricevere gli ospiti.
Nelle cucine c'è un grande andirivieni di cuochi, sguatteri, valletti...
Il pranzo. ha inizio.
Sulle tavole sontuosamente imbandite vengono servite le prime portate: carni arrostite, cacciagione, pollame, pasticci carichi di spezie... il tutto tra canti, risa, musiche, esibizioni di giocolieri.
Nelle cucine, intanto, il capocuoco sta vivendo un piccolo dramma: il dolce, preparato con infinita cura, e riuscito male e se ne sta afflosciato su un grosso vassoio d argento.
Nessuno sa come rimediare al «misfatto»! Solo uno sguattero, di nome Toni, non si perde d'animo: rimbocca le maniche e impasta in fretta e furia in un grosso recipiente un pane a base di farina, lievito, uova, burro, zucchero, frutta candita e spezie.
Quando già sta per infornare il pane, scopre un barattolo pieno di uvetta e aggiunge anche quella all'impasto.
Mentre nelle sale vengono serviti gli ultimi piatti, il pane nel forno lievita lievita, prende un bel colore dorato e diffonde intorno un delizioso profumo.
Viene l'ora di servire il dolce. Lo sguattero, nascosto dietro un tendaggio, spia con ansia commensali.
Dietro di lui, ancora più preoccupato, sta il capocuoco: se il dolce non avrà successo le conseguenze saranno disastrose! Ma il successo è unanime: i commensali chiedono a gran voce al padrone di casa di conoscere l'autore di quello straordinario grosso pane che mai nessuno prima ha gustato.
Lo sguattero, intimidito e confuso, viene sospinto nella sala e accolto con battimani.
Qual è il tuo nome? - gli chiede Ludovico il Moro.
Mi chiamo Toni - risponde il garzone arrossendo.
Nella confusione generale si sente distintamente una voce:
Chiameremo questo dolce il «pan del Toni»!
E da qui, il Panettone, l'illustre dolce meneghino.
Questo è il link da cui ho tratto la leggenda: http://www.poesie.reportonline.it/racconti-di-natale/la-leggenda-del-panettone.html
Mentre la storia e leggenda del Pandoro è intimamente legata alla storia di Verona, ai suoi nobili e alla sua signoria scaligera; ma anche alla tradizione austro-ungarica. Già noto nel periodo degli Asburgo, gli amanti e nostalgici del Regno Austroungarico di Franz Josef sostengono che l’origine del Pandoro non sia altro che la rivisitazione del “Pane di Vienna”. Forse, fra le varie versioni della nascita del biondo Pandoro, la più attendibile è proprio quella austroungarica. Infatti, nel 1800 i pasticceri più rinomati, soprattutto nel Regno Lombardo-Veneto, erano quelli austriaci.
Ma torniamo al Pan del Toni. Pazienza se una fetta di panettone contiene 360 calorie. Dopo le feste, ci metteremo tutti a dieta. Ma soprattutto, è inevitabile gustarlo accompagnato a dell'ottimo moscato, o a dello spumante pregiato (dolce o secco) o champagne di ottima annata, per un brindisi. A tutti gli amici, i visitatori e gli Esperidi che già sono in vacanza, auguro dunque un Felice Anno Nuovo!
Hesperia
Hesperia