venerdì 30 settembre 2011

Adelaide e gli Ottoniani

(Abbazia di Cluny)
Il 15 maggio 2009 chiudevo così la prima parte del post dedicato alla Regina Teodolinda: (*) - a dimostrazione del fatto che a Monza e Brianza l'interesse per la regina Teodolinda è più vivo che mai, domani, 16 maggio, in occasione della kermesse annuale regionale "Fai il pieno di cultura", a Palazzo Borromeo di Cesano Maderno verrà presentato un nuovo libro dall'emblematico titolo: "Teodolinda il senso della meraviglia" - senza citare il nome dell'autrice. Questa estate, in maniera del tutto fortuita e casuale, ho conosciuto l'autrice del romanzo, Ketty Magni, impegnata nella presentazione al pubblico del suo nuovo lavoro: Adelaide imperatrice del lago.
Curioso di archeologia, in cerca di tracce e documenti sulle antiche fortificazioni del lago di Como, mi ha colpito il primo capitolo del romanzo, incentrato intorno il Castello di Lierna, nella cui fortezza era stata imprigionata nel 951 Adelaide, futura imperatrice del Sacro Romano Impero, appena rimasta vedova del re d'Italia Lotario II, destinata quindi lei stessa a subentrare come regina, e quindi preda di un ambizioso che sposandola sarebbe diventato egli stesso re d'Italia.

Il castello era stato edificato in tempi assai remoti attorno ad una torre di avvistamento, le cui origini si perdono nella notte dei tempi: era stata strategica durante l'insediamento dei Romani sul lago di Como; ma le sue origini furono antecedenti al loro arrivo. L'interesse per il romanzo è via via cresciuto leggendo quella sorta di apoteosi - implicita nel romanzo sulla vita di Adelaide - per gli imperatori germanici Ottoniani del Sacro Romano Impero (qui una scheda su Ottone I il grande),

(Ottone sconfigge Berengario)

Gli Ottone erano particolarmente cari all'amico di questo blog, Marcello di Mammi, che da una contea, eretta a quel rango da Ottone I o II - a secondo della datazione - aveva preso la sua nick. Nei suoi commenti, ad ogni possibile occasione, ne esaltava le figure. Il romanzo di Ketty Magni è stata così anche un'ottima occasione per approfondire l'argomento.

Restando al romanzo, eccone intanto la trama, dall'ultima di copertina.
La figura leggendaria dell'imperatrice Adelaide è protagonista di una storia di straordinaria potenza evocativa, ambientata alla fine del primo millennio. Nata principessa di Borgogna, fin da giovane è consapevole del glorioso destino che l'attende Dopo la morte del padre, si stabilisce a vivere a Pavia, e appena sedicenne sposa il re d'Italia Lotario. Perseguitata dalla cattiva sorte, rimane vedova ed è imprigionata a Como da Berengario d'Ivrea, ma con animo coraggioso sopporta ingiustizie e tradimenti. Insieme a frate Martino da Bellagio riesce a fuggire dalla rocca di Garda e dopo aver attraversato il lago di Mantova con l'aiuto di un pescatore, si rifugia a Canossa. Interviene a liberarla il re di Germania Ottone il Grande, con cui convola a nozze. Quando a Roma viene incoronata imperatrice del Sacro Romano Impero, la sua fama dilaga oltre confine. Illuminata da una luce intensa, Adelaide riesce a sconfiggere ogni ombra oscura che minaccia la sua esistenza e governa per lungo tempo a fianco dei mariti, del figlio Ottone II e della nuora Teofano, infine svolge il ruolo di reggente per il nipote Ottone III, che nomina Monza sede del grande regno d'Italia. Si prodiga a favore degli indigenti, fonda e ristruttura chiese e monasteri in collaborazione con gli abati di Cluny, Maiolo e Odilone.
Consapevole della fragilità umana, sostenuta da una grande fede, l'imperatrice si districa tra gelosie, desideri, sospiri, vendette,assassini, amori, solitudini, emette in atto manovre politiche vincenti. Proclamata santa è protettrice dei barcaioli e si festeggia il 16 dicembre, giorno della sua salita al cielo.
Partito dalla Germania, e via via per tutto l'Occidente Cristiano, sotto la spinta ottoniana si era acceso un forte desiderio di rinascita e rinnovamento, che vide in Adelaide la più entusiasta interprete. Fu un momento di grande vitalità, che prese il nome di Rinascita Ottoniana. Adelaide, sorretta da fede incrollabile, si fece promotrice della costruzione e ricostruzione di numerose tra chiese e monasteri, occupandosi in particolare dell'Abbazia di Cluny e del complesso monastico di San Salvatore a Pavia e dintorni.

Per collocare adeguatamente la figura degli Ottone nella storia dell'Italia, ci può essere di grande aiuto la sintesi di un commento di Marcello di Mammi.

"Gli Ottone, imperatori del Sacro Romano Impero, scesero varie volte in Italia, in quanto paese strategico per l’impero. Cercarono di costituire dei feudi a loro fedeli che saranno poi i ghibellini in contrapposizione ai guelfi sostenitori del papato. Accadde che nella zona di Castiglion Fiorentino (attualmente in provincia di Arezzo) in località Mammi venisse costruito un castello a difesa e controllo di quella via che, iniziando da Arezzo, conduceva sulla riva del lago Trasimeno e, attraversando le località di Tuoro e Passignano, oggi provincia di Perugia, giungeva in questa città.
Era una strada importante perché era una variante a quella che collegava Firenze con Perugia e Roma. Pertanto Il Granconte Ugo, su ordine probabilmente di Ottone I o, secondo altre datazioni, di Ottone II costituì la contea di Mammi, estesa fino a Tuoro e Passignano. E da allora, per molti secoli fino ai giorni nostri, ossia fino all’anno 1953, si è tramandato il titolo di conti di Mammi. Essendo, l’ultimo conte morto senza eredi maschi, la dinastia si è praticamente estinta".


L'undicesimo capitolo del romanzo riveste grande importanza in merito alla perenne guerra di religione in corso tra cristiani e musulmani: è dedicato alla Battaglia di Stilo, combattuta nel 982 dalla coalizione cristiana, comandata da Ottone II, contro quella saracena. La battaglia che stava avendo esito favorevole per i cristiani, si concluse invece con una grave sconfitta, nella quale perirono circa 4000 imperiali, tra i quali un principe e parecchi conti e vescovi che facevano parte del raggruppamento di forze. Lo stesso Ottone II - si narra nel romanzo storico - scampò a morte certa, grazie all'atto di estremo altruismo di un suo soldato. Ottone II morì comunque l'anno dopo per malaria, all'età di soli 28 anni, senza aver potuto portare a compimento il progetto di liberazione dell'Italia meridionale dai saraceni. Se fosse avvenuto, il proseguo della storia avrebbe avuto esito ben diverso.

Scrissero di lei, i suoi contemporanei Liutprando da Cremona e la monaca Roswitha di Gandersheim

(*) Per questo romanzo, Ketty Magni ha vinto il primo premio exequo allo Spoleto Festival Art del settembre 2011.

venerdì 23 settembre 2011

La residenza rivierasca della Regina Margherita

Bordighera è un angolo di  quiete del Ponente Ligure, situata tra cielo, mare e immersa in una vegetazione rigogliosa che mescola quella mediterranea di pini, lecci, olivi, cipressi,  pittospori, mimose,   a quella tropicale. Già territorio di sperimentazione botanica a cura di  agronomi e naturalisti inglesi e tedeschi grazie alla mitezza del suo clima,  vi sono state  trapiantate fin dall'antichità,  specie di alberi come il ficus magnolia che ha dimensioni davvero colossali, il banano, l'albero del pane, l'avocado, l'albero del pepe, palmizi di ogni varietà,  ecc.
Monet transitò e soggiornò da queste parti per cercare, lui uomo del Nord, i colori caldi del Mediterraneo.  Come pure l'impressionista e vedutista  lombardo Pompeo Mariani che ha lasciato qui, la sua magione,  una sua fondazione e il suo grande atelier.  


Bordighera dipinta da Claude Monet

Qui a Bordighera svetta candida tra rigogliosi alberi secolari, la dimora incantata della Regina Margherita di Savoia, moglie di Umberto I, lungo l'elegante Via Romana che segue il percorso dell'antica Julia Augusta. Questa prestigiosa residenza  fu edificata tra il 1914 e il 1916 per volere della sovrana che  amava trascorrrervi la stagione invernale.  Vi  morì infatti nel 1926. La terrazza con una stupenda vista panoramica spalancata sulla baia di  Bordighera, è già in sé un vero capolavoro dove natura e arte si intrecciano indissolubilmente..




Tra le sale della storica villa si dipana il percorso permanente, teso a ricostruire l'atmosfera seducente di una dimora d'epoca. Ricordo che la regina Margherita possedeva altre importanti dimore a Venaria,  Gressoney, Aglié, a Napoli e a Roma. Grazie ad un sapiente restauro sono stati recuperati anche stucchi, tempere, parquet e vetrate artistiche originali. Di grande bellezza gli affreschi in cui la Regina amava far rappresentare,  agli angoli dei soffitti, proprio le sue fiabesche ville sabaude sparse per l'Italia. Il bagno di Margherita (interamente restaurato con grande dispendio di mezzi) reca il celebre decoro a nido di vespa nella piastrellatura e in ogni rombo intarsiato in oro compare una piccola "margherita", un vezzo che amava ripetere anche nel decoro dei soffitti e delle pareti. Anche tra le suppellettili preziose, colpisce una grande margherita in peltro, quasi un'autocitazione.
I primi piani della Villa sono dedicati alla Regina e ai suoi celebri ritratti  con le immancabili collane di perle (ne sfoggiava di lunghissime e  con molti fili) ed orecchini in parure. Tutti i gioielli della regina sono conservati in copia nel castello di  Racconigi in provincia di Cuneo. Quelli originali invece, pare siano situati nel caveau della Banca d'Italia (oggi Bankitalia). Ma qui si aprirebbero vari punti interrogativi sulla loro proprietà:  i gioielli della Corona sono  ancora dello stato italiano? E perchè Bankitalia non li espone al pubblico nella loro autenticità e splendore?

Nei piani successivi si accede all'esposizione permanente di opere (prevalentemente del 600 e 700, ma non solo) della collezione Terruzzi,  un famoso mecenate milanese, adibendo la Villa a polo museale e culturale: oltre 1200 i pezzi esposti, tra cui tavole  a fondo oro del  '330  400, nature morte italiane e straniere del periodo compreso tra il 1500 e il 1800, importanti nuclei di dipinti del '600 e '700 rappresentativi di diverse scuole italiane , preziosi arredi e collezioni uniche di porcellane di Sèvre.

Il ratto di Proserpina (Luca Giordano)
Tra le opere di scuola napoletana (una scuola assai cara alla Regina, grande amante ed estimatrice delle arti figurative) oltre alle tele di Luca Giordano, che decorano le pareti con tutto il vigore di questo artista, anche i dipinti di Paolo De Matteis, Francesco De Mura e Giuseppe Recco. Altri fulgidi esempi della scuola emiliana sono invece costituiti da Il ritrovamento di Mosé e L'Adorazione dei Magi.
Alcuni dei pezzi più suggestivi della quadreria li troviamo al primo piano, nella sala destinata all'alloggio per i membri della famiglia reale: un Cristo alla colonna di scuola caravaggesca e un'Adorazione dei pastori del giovane Jusepe de Ribera detto Lo Spagnoletto.

In tutte le sale, pezzi d'arredo preziosissimi, arazzi, tappeti, poi  porcellane orientali, bronzi, argenti, ceramiche tra le quali spicca per numero di eccelsa qualità il celebre servizio Minghetti, realizzato nel 1888 per il Duca di Montpensier Antoine d'Orléans.

Villa Regina Margherita  è stata acquisita nel 2009 dall'Amministrazione Provinciale di Imperia e della Città  di Bordighera nonchè dalla Regione Liguria che in quello stesso anno siglarono insieme, un accordo con la famiglia Terruzzi, dando avvio ai lavori di restauro, con l'intento di realizzarvi un polo museale. Ovviamente non mancarono i contributi delle solite banche. E' stata certamente un'operazione di grande valenza ed impegno, tesa a ridare splendore ad un importante bene architettonico, oltre che a valorizzare e rendere accessibile al pubblico una parte consistente della collezione della famiglia Terruzzi. Ma la sottoscritta si chiede fino a che punto sia giusto, pur nella bellezza e nell'incanto delle cose visitate,  snaturare la storicità della villa sabauda, per farne un contenitore (ancorché prezioso)  che rimescola varie ere e varie scuole pittoriche -  in un'offerta turistica del territorio ligure, seppur di altissimo livello. E qui apro una parentesi sulle nuove concezioni "museali" che tendono a  mescolare e a creare contaminazioni tra l'antico e il moderno. Ma questo è un'altra storia e magari un altro post.

Qui, altri articoli sulla Villa: http://www.mondointasca.org/articolo.php?ida=20796

La dimora sovrana

Hesperia

mercoledì 14 settembre 2011

Giorgio Vasari, 500 anni



(Giorgio Vasari "Autoritratto")

Il Giardino delle Esperidi non poteva non occuparsi, almeno brevemente, di questa importante e variegatissima figura, nel cinquecentesimo della nascita, importante per l'arte italiana, europea e mondiale, anche se, come spesso accade, non sono in molti a ricordarsene al di fuori dell'ambito degli studiosi e specialisti di Storia dell'Arte.
Giorgio Vasari (Arezzo, 30 Luglio 1511-Firenze, 27 Giugno 1574) è stato in qualche modo "Artista totale", pittore, architetto rinascimentale dalle fittissime invenzioni, scenografo e architetto teatrale, e scrittore prolifico, e in quanto tale, fondatore della moderna Storia dell'Arte, a struttura biografica ma con notazioni critiche e metodologiche-interpretative.
Per la sua formazione pittorica furono importanti gli influssi del primo Manierismo, Raffaello, Michelangelo, ma frequentò anche Andrea del Sarto, Baccio Bandinelli, Rosso Fiorentino, Francesco Salviati. La sua pittura è stata talvolta accusata di velocità d'esecuzione (da Michelangelo stesso), si tratta di uno stile che riassume i maestri locali spesso per sfociare in un elegante manierismo, anche se rimane particolare il suo senso della prospettiva: la sua abilità architettonica rimase proverbiale e ha segnato un'epoca, e palazzi che hanno fatto la storia.
Fonda nel 1563 l'"Accademia e Compagnia delle Arti e del Disegno", (tra i primi rettori, lo stesso Cosimo I, e Michelangelo) sotto la protezione del Granduca Cosimo I, prima tra questo tipo di istituzioni in Europa.

Scrittore di Storia dell'Arte, critico sistematico: Qui l'edizione online completa delle famose e importantissime "Vite" (per esteso "Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, da Cimabue insino a' tempi nostri") del 1550, rieditato con aggiunte nel 1568, presso l'editore ducale Torrentino.
L'opera, preceduta da un'introduzione di natura tecnica e storico-critica sulle tre Arti Maggiori (architettura, scultura e pittura) è un testo fondamentale della storiografia artistica, con vita e opere di oltre 160 artisti. Uno dei concetti base dell'opera, che lo rende interprete del proprio tempo, è la consapevolezza che gli artisti fiorentini hanno fatto rinascere l'arte dopo il Medioevo attraverso una rivoluzione estetica totale.
Molti artisti toscani devono la loro celebrità internazionale all'opera di valorizzazione di Vasari, prima che si cominciassero ad individuare altre scuole, ed è dovuta al Nostro la fissazione del termine "Rinascita" per definire il momento storico-artistico privilegiato, anche se se ne parlava fin dai tempi di Leon Battista Alberti.

(Vasari, Pala "L'Assunzione della Vergine")

Per l'occasione, ad Arezzo, nei mesi scorsi si è tenuta l'iniziativa "Vasari, 500 anni. Una finestra sul restauro" assistendo in diretta al restauro della Pala “L’Assunzione della Vergine” della Badia del Monte San Savino, del 1539, presso la Corte d’Onore del Palazzo Comunale.
In programma nella seconda parte di quest'anno anche una mostra negli Stati Uniti (o al Metropolitan Museum a NY o alla National Gallery di Washington DC).
Per rimanere informati su tutte le iniziative vasariane, con appuntamento in luoghi svariati, è stato creato un sito apposito.
Per chi ama i repertori esaurienti, è stata molto saggiamente pubblicata qui l'opera omnia (figurativa, con ben 585 schede) di Vasari, che invito a sfogliare, di facile e immediata consultazione.

(una veduta degli Uffizi)

Tra le rassegne di questo periodo,“Vasari, gli Uffizi e il Duca” alla galleria degli Uffizi a Firenze, fino al 30 ottobre 2011, spiega la fondazione del museo come un complesso architettonico a scala urbana, una collaborazione tra il Duca Cosimo I de’Medici, e il Vasari architetto. La mostra si concentra sulla personalità dei protagonisti, il Duca e l'artista, studia l’assetto urbano fiorentino tra Palazzo Vecchio e l’Arno prima della costruzione degli Uffizi; poi illustra le tappe della costruzione del complesso, il cui cantiere è il più impegnativo del Cinquecento a Firenze.
Si noterà che Cosimo I pensò gli Uffizi come luogo per le istituzioni di governo, le Magistrature o Arti. L'intesa tra il Duca e Vasari condizionò un'epoca della storia e tutta la città di Firenze, insieme ai pittori e scultori sostenuti dal mecenatismo di Cosimo I, Pontormo, Bronzino, Cellini.
Vasari architetto fu però all'opera già nel 1552 anche per Villa Giulia a Roma, commissionata da Papa Giulio III; per la cupola della Madonna dell'Umiltà a Pistoia, e Le Logge ad Arezzo.

(Casa Museo Vasari ad Arezzo, magnificamente decorata, e sotto nella stessa,
Sala del Trionfo della Virtù)


Altri luoghi sono segnati dalla presenza di Vasari (in realtà sono molti di più): la Casa Museo Vasari ad Arezzo, (sopra) decorata da Vasari in persona con opere proprie;
Il Monastero di Camaldoli a Poppi (Ar) ornato da tele vasariane.
Sempre a Firenze invece, vanno ricordati a Palazzo Vecchio gli splendidi affreschi nel Salone dei Cinquecento:


Per la sua particolarità, va almeno menzionato sempre a Palazzo Vecchio lo Studiolo di Francesco I (sotto), punta del Manierismo fiorentino, a cura di Giorgio Vasari e sue maestranze con Vincenzo Borghini.
Si tratta di un ambiente piccolo, dedicato a Francesco I de' Medici, dove il granduca si ritirava per coltivare la passione scientifica, e chimico-alchemica, poi destinato alle collezioni, e ricoperto di opere.


Ancora affreschi vasariani sono nella Cupola di Santa Maria del Fiore; da ricordare anche il Corridoio Vasariano (detto “Percorso del Principe”, il suggestivo cammino che da Palazzo Vecchio conduce fino al Giardino di Boboli: il corridoio progettato da Vasari e costruito in cinque mesi nel 1565, su commissione di Cosimo I de’ Medici, permise alla famiglia granducale di muoversi da Palazzo Vecchio alla residenza di Palazzo Pitti senza essere perennemente in vista).

(Interno della Cupola di Brunelleschi di S. Maria del Fiore a Firenze, con affreschi di Giorgio Vasari e Federico Zuccari)

Seguono "Battaglia di Lepanto" (Roma, Sala Regia Musei Vaticani), "Gesù, Madonna con Angeli: Pietà", e "Ritratto del Duca Alessandro de' Medici"




Aggiungo in chiusura che in occasione dei 500 anni vasariani, il Vaticano ricorda l'artista con l'emissione di un aerogramma da 2 euro, su fondo azzurro, che rappresenta l'affresco della Battaglia di Lepanto. Vasari dipinse tre cappelle in Vaticano: la Cappella di San Michele, San Pietro Martire e Santo Stefano; contemporaneamente avviava la decorazione della Sala Regia.

Curiose (o tremende, a seconda di quanto amiate l'arte) invece le notizie dopo le vicissitudini che hanno impegnato la cronaca per anni sulla telenovela dell'archivio Vasari.

Josh

mercoledì 7 settembre 2011

In ricordo di Salvatore Licitra


(Licitra nel celebre Mario Cavaradossi scaligero nel dicembre 2000. Vedi incisione)


All'età di soli 43 anni, il 5 settembre 2011 è morto Salvatore Licitra, tenore di fama internazionale.
Amico mio, e di famiglia, mi piace ricordarlo così.
Erano circa le ore 13,20 di un caldo sabato di fine giugno 1998, ed eravamo in attesa che il telegiornale di Canale5 trasmettesse, come di consueto, il servizio sull'inaugurazione della Stagione Lirica all'Arena di Verona. Trasalii di stupore appena vidi passare la scena finale di Un ballo in maschera. Ad interpretare la parte di Riccardo, il governatore di Boston dell'opera verdiana, c'era il giovane esordiente Salvatore Licitra. Stava morendo, per una pugnalata, e nel canto raccomandava alla moglie di aver cura dei figli. Mentre cantava, Riccardo, alias Licitra, stava agonizzando tra le sue braccia. E' l'aria più difficile dell'opera, e cantare con quella potenza di voce stando sdraiati, perchè morente, non è da tutti. Ma Licitra se l'era cavata più che bene, e la speaker del Tg5 aveva commentato su quel passaggio: "Era molto attesa la prova dell'esordiente Licitra, e lui se l'è cavata così...".
L'avevo conosciuto vent'anni prima, assieme alla sua gioiosa famiglia, quando era ancora bambino, di poco più di dieci anni. Ne aveva fatta di strada nel frattempo. E pensare che solo dieci anni prima sembrava avviato su tutt'altra strada: fare il tipografo. E per me, che all'epoca vendevo carta da stampa, sarebbe diventato un ottimo  cliente: uno stampatore di successo, quel successo che invece poi ha ottenuto col bel canto. E' andata meglio così, che non nell'altro modo, perchè decidendo di fare il tenore, si è comunque ritagliato uno spazio di eternità.
La performance di quel suo '98 era iniziata una domenica di fine febbraio. Quella mattina, dallo Stadio Ferruccio di Seregno erano partiti sei pulmann carichi di suoi concittadini brianzoli. Si erano lì radunati gli Amici della Musica, per andare ad assistere al saggio di chiusura del corso per cantanti lirici al Teatro Regio di Parma, nel quale Licitra avrebbe avuto la parte del trascinatore. Salvatore si sarebbe infatti esibito nella parte principale di "Un ballo in maschera", il conte Riccardo. E fu un successo strepitoso, che gli aprì le porte di tutti i maggiori teatri lirici del mondo. A giugno, infatti, Daniel Oren lo volle all'Arena di Verona, in sostituzione del cantante titolare che aveva dato forfait, proprio per il Riccardo di "Un ballo in maschera". Fu l'inizio della sua vorticosa escaletion.
Lo adocchiò subito Riccardo Muti, che lo volle ad ogni costo alla Scala, per far sì che non emigrasse; e nel marzo 2000 gli fece interpretare La forza del destino, in alternanza con Josè Cura. A dicembre, per la serata cloù di Sant'Ambrogio il grande debutto con Tosca (vedi sopra).


(La forza del destino, in una interpretazione del 2008)

A dicembre 2001 Riccardo Muti lo volle nuovamente alla Scala, sarà Manrico nel Trovatore. E' l'ultima stagione per la vecchia Scala, prima della chusura per restauri. Dal 19 gennaio 2002 gli spettacoli verranno effettuati al Teatro degli Arcimboldi, per poi riprendere nella sede storica il 7 dicembre 2004.





Nell'ascoltare l'esecuzione dell'aria "Di quella pira", si noterà l'assenza del do di petto, che fu oggetto di tante inutili polemiche: la partitura originale di Verdi non lo prevedeva, e Riccardo Muti aveva voluto attenersi all'originale. Licitra dimostrerà in tante occasioni, tra le quali durante un programma televisivo, condotto da Pippo Baudo, quanto fosse in grado e capace di cantarla con il famoso "do di petto"; qui un esempio:



Il 12 giugno 2003 al Colosseo duetta gratuitamente con Marcelo Alvarez (vedi registrazione);

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un esperimento che ripeteranno il 19 luglio al Central Park di New York, per i 150 anni dalla nascita del parco.
L'anno prima, in maggio, aveva sostituito Luciano Pavarotti, all'ultimo momento, al Metropolitan di New Yok, interpretando Mario Cavaradossi in Tosca. Sarà in quella occasione che verrà dichiarato il vero erede di Pavarotti. 
Nel febbraio 2007 sarà al Carlo Felice di Genova, dove, in uno dei rari casi della lirica, interpreterà nella stessa serata Pagliacci) e Cavalleria rusticana).
Nello stesso anno sarà a Firenze, nuovamente nel ruolo di Canio, per la regia di Zeffirelli.
Nel corso della carriera si vedrà spesso in accoppiata col maestro regista, specie quando interpreterà Radames nell' Aida.



Cavalleria Rusticana, per la regia di Mario Martone, verrà interpretata anche nel gennaio di quest'anno (qui la notizia) e trasmessa in diretta Tv su Rai5.
E Il 23 febbraio scorso ho avuto l'ultimo incontro del tutto fortunoso con lui, che mi ha fatto dono della sua interpretazione nel Don Carlos andato in scena alla Los Angeles Opera; di tale incisione ho ricavato il brano che ho inserto nel post dedicato a Sofonisba Anguissola.

Amico caro, pensare a te, alle tue performance, mi è stato di grande aiuto nei momenti bui della vita. Mi mancherai immensamente. 

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giovedì 1 settembre 2011

Settembre, di nuovo...

(foto mia)
E rieccoci a Settembre,
uno dei miei mesi preferiti, con i suoi colori, ricordi, il distillato del pieno dell'estate appena trascorsa, il suo sentire dolceamaro. Non c'è miglior modo di riaprire il Giardino che una breve rassegna di immagini e poesie.

(foto mia, "L'Angelo della Vendemmia", affresco murale, Dozza Imolese)

I Pastori

Settembre, andiamo. E' tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natía
rimanga ne' cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh'esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l'aria.
il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquío, calpestío, dolci romori.

Ah perché non son io co' miei pastori?


(Gabriele D'Annunzio, da "Alcyone")


(foto mia)

Settembre
Già l'olea fragrante nei giardini
d'amarezza ci punge: il lago un poco
si ritira da noi, scopre una spiaggia
d'aride cose,
di remi infranti, di reti strappate.
E il vento che illumina le vigne
già volge ai giorni fermi queste plaghe
da una dubbiosa brulicante estate.
Nella morte già certa
cammineremo con più coraggio,
andremo a lento guado coi cani
nell'onda che rotola minuta.

(Vittorio Sereni, da “Frontiera”)
Chiudo con un breve (splendido) brano, "September" di David Sylvian, tratto da "Secrets Of The Beehive" del 1987 (nell'immagine soprastante, fotografia e set a cura di Nigel Grierson e Vaughan Oliver).

"September's here again...."




(foto mia, albero di fico)

Josh