lunedì 31 maggio 2010
WILLIAM FAULKNER, CANTORE DELLE LACERAZIONI DEL CUORE
Pubblicato da dionisio alle 20:28 22 commenti
Etichette: letteratura
lunedì 24 maggio 2010
Il viaggio, il sogno, l'altrove e l'illusione odierna
Là, tout n'est qu'ordre et beauté,
Luxe, calme et volupté
Des meubles luisants,
Polis par les ans,
Décoreraient notre chambre ;
Les plus rares fleurs
Mêlant leurs odeurs
Aux vagues senteurs de l'ambre,
Les riches plafonds,
Les miroirs profonds,
La splendeur orientale,
Tout y parlerait
À l'âme en secret
Sa douce langue natale.
Là, tout n'est qu'ordre et beauté,
Luxe, calme et volupté.
Vois sur ces canaux
Dormir ces vaisseaux
Dont l'humeur est vagabonde ;
C'est pour assouvir
Ton moindre désir
Qu'ils viennent du bout du monde.
- Les soleils couchants
Revêtent les champs,
Les canaux, la ville entière,
D'hyacinthe et d'or ;
Le monde s'endort
Dans une chaude lumière.
Là, tout n'est qu'ordre et beauté,
Luxe, calme et volupté.
Hesperia
Pubblicato da Hesperia alle 13:42 29 commenti
Etichette: letteratura, viaggio
lunedì 17 maggio 2010
Breve tra teatro e cinema
In queste pagine si è già fatta notare la derivazione letteraria del cinema (come ne esiste una pittorica-iconica, da un punto di vista visivo) quanto l'idea autoriale della Regia.
In alcuni casi ed epoche invece si assiste ad una parentela più stretta anche del cinema con il teatro: la si nota dall'organizzazione degli spazi visivi nei film, o per la partitura classica del montaggio delle scene, o per un'interpretazione forte e caratterizzata degli attori che supera la pellicola stessa, o per scene insistite in interni o piuttosto statiche, o per il primato della parola e del gesto.
Ci sono svariati testi su questo argomento e lunghi studi specifici per epoca e genere, ma più che un'importante disquisizione teorica, il post stavolta ha solo l'intenzione di ricordare con affetto alcuni grandi attori italiani che hanno lavorato con personalità sia a teatro sia al cinema segnando un'epoca e un gusto.
Carmelo Bene attore, scrittore, drammaturgo e regista di genio quindi Autore a tutto campo di cui segnalo oltre alla rivoluzionaria attività teatrale i film, anche sperimentali e visionari:
"Nostra Signora dei Turchi" (1968) , "Capricci" (1969), "Don Giovanni" (1971), "Salomè" (1972), "Un Amleto di meno" (1972) quest'ultimo tratto da Jules Laforgue, “Hamlet, ou les suites de le pitié filiale” (1877). Densi di riferimenti letterari, teatrali, musicali, pittorici, un unicum anche nella storia del cinema.
E alcune Signore del Teatro italiano che hanno appassionato anche al cinema.
Rossella Falk (qui un bel collage di fotogrammi) una delle migliori attrici di teatro italiane (e non solo) magnetica anche al cinema: presente in 8 e 1/2 di Fellini, ma anche in "Quando muore una stella" di Robert Aldrich, e in film considerati minori dei nostri anni '70,
come "Alba pagana" di Ugo Liberatore, "La tarantola dal ventre nero" di Paolo Cavara, "Sette orchidee macchiate di rosso" di Umberto Lenzi.
In realtà le grandi signore del nostro teatro in quegli anni hanno prestato il volto e la loro recitazione enigmatica al nascente noir italiano dei '70, nobilitandolo e rendendolo un genere studiato parecchio anche all'estero, specie in USA nei decenni successivi (per le soluzioni visive, la scelta degli attori, l'intreccio: chiedere a Tarantino).
Per le interpretazioni teatrali complete non-riassumibili rimando al link, ma vanno citate almeno "Un tram chiamato desiderio" e "La dolce ala della giovinezza" da Tennessee Williams, le "3 sorelle" di Cechov, "Maria Stuarda" di Von Schiller, "L'Aquila a 2 teste" e i "Parenti terribili" da Jean Cocteau, e il recente bellissimo "Sinfonia d'autunno". Forse tra i testi teatrali che preferisco in assoluto.
Valentina Cortese ha avuto una densissima attività cinematografica e teatrale che è impossibile riassumere in 1 sol post, ed è in pratica un'icona del mestiere d'attrice in Italia e nel mondo.
Per il cinema la possiamo vedere in "Primo Amore" di Gallone, come nella "Cena delle beffe" di Blasetti negli anni 40, nei "Miserabili" di Riccardo Freda, nei "I corsari della strada" di Jules Dassin, nella "Contessa scalza" di Joseph Leo Mankiewicz, ne"Le Amiche" di M. Antonioni, ne "La ragazza che sapeva troppo" di Mario Bava, anche la Cortese era in "Quando muore una stella" di Aldrich, in "Effetto Notte" di Truffaut, in "Un'orchidea rosso sangue" di Pierre Chereau, "Jane Eyre" e "Un tè con Mussolini" di Franco Zeffirelli.
Marina Malfatti famosa anche in Tv grazie allo sceneggiato tv "Malombra" tratto da Fogazzaro, diretto da Diego Fabbri (in onda nel 74, seguono numerose altre serie televisive di qualità), dagli anni 80 in poi è stata molto presente a teatro con lavori di grande qualità che spaziano dal teatro classico a testi moderni.
Al cinema fu a sua volta protagonista di horror italiani anni '70, aggiungendo eleganza e mistero grazie al fascino personale:
"Sette orchidee macchiate di rosso" di Umberto Lenzi, "La Dama rossa uccide 7 volte" di Emilio P. Miraglia, "Un fiocco nero per Deborah" di Marcello Andrei.... Per la filmografia completa si rimanda al link.
nota d'attualità: date le polemiche fisse ormai a ogni festival di teatro o cinema che sia, mi auguro ancora (e lo auguro al nostro paese) un teatro che ti tiene legato alla sedia e che sappia toccare le corde dell'animo come quello sopra citato, e anche un cinema che abbia di nuovo qualcosa da dire, dai contenuti, alla forma, all'eleganza, allo stile, personalità di attori/attrici comprese. Anche se superare o eguagliare i citati sarà impossibile.
Pubblicato da Josh alle 13:35 27 commenti
domenica 9 maggio 2010
Dresda e Lodi, città del fato
Il 10 maggio 1796 una colonna dell'armata francese, comandata da un giovane generale dal nome tipicamente italiano, Napoleone Bonaparte, sferrò l'attacco decisivo contro l'esercito austriaco arroccato a Lodi per respingere il contingente francese che il giorno prima aveva attraversato il Po a Piacenza, invadendo la Lombardia al di qua dell'Adda, allora sotto la dominazione austriaca. Era partito da Parigi sessanta giorni prima, l'11 marzo, appena due giorni dopo il matrimonio con Giuseppina Tascher, vedova Beauharnais, con un contingente di 38.000 uomini mal equipaggiati. La battaglia è storicamente nota come "battaglia al Ponte di Lodi". Nell'azione fulminea di quel giorno Napoleone rivelò in pieno le sue doti di grande stratega tattico. Mandando i suoi all'arrembaggio, i primi dei quali lanciati incontro a morte certa, non lasciò a Beaulieu il benchè minimo tempo per attendere i rinforzi sperati. Nonostante i 12 cannoni austriaci piazzati in difesa sul ponte, i francesi alla fine ebbero la meglio; grazie a coraggio, gagliardia e abnegazione, continuamente richiamati da Napoleone. Lasciarono però sul campo 350 morti. Gli austriaci, invece, dichiararono 153 morti e 1700 prigionieri in mano dei francesi. L'indomani l'Austria abbandonerà Milano. Quella sera del 10 maggio 1796 nasceva il mito di Napoleone, l'imperatore più potente d'Europa.
Come scrisse egli stesso anni dopo "Fu solo alla sera di Lodi, che cominciai a ritenermi un uomo superiore e che nutrii l'ambizione di attuare grandi cose che fino a quel momento avevano trovato posto nella mia mente solo come un sogno fantastico".
Ancor oggi i francesi attribuiscono grande importanza alla Battaglia del Ponte di Lodi , tanto che in numerosi loro comuni vi sono vie o piazze ad essa dedicate; è il caso della "rue du Pont de Lodi nel VI arrondissement di Parigi "; è anche forse il toponimo più diffuso in Francia.
La meta era Milano, da dove, subito dopo la battaglia, era partita una delegazione per andare incontro al generale Bonaparte. Era capeggiata da Francesco Melzi d'Eril, cognato di Pietro Verri; ma è facile supporre che a capo di quella delegazione avrebbe voluto esserci lui, Pietro Verri, che però all'epoca era già un attempato sessantottenne, padre di sette figlie e marito di Vincenza, sorella del capo delegazione.
Pietro Verri aveva combattuto a Dresda, per breve tempo, nel corso della Guerra dei sette anni. Si era arruolato volontario per sfuggire al destino che suo padre, il giureconsulto Gabriele Verri, aveva già deciso per lui; secondo i costumi del tempo, lo voleva magistrato come lui, e sposato con chi aveva scelto lui. Tornato a Milano, dopo la successiva parentesi viennese, i fratelli Pietro e Alessandro Verri avevano fondato l'Accademia dei Pugni per dibattere e approfondire di filosofia, economia e politica.
Erano passati 30 anni, da quel maggio 1766, quando i sette della Società dei Pugni avevano deciso di por fine alla loro esaltante esperienza, e di cessare le pubblicazioni della loro rivista filosofico letteraria, Il Caffè. La pubblicazione era rimasta in vita solamente poco più di due anni: la gente non era allora ancora pronta per recepire le idee "rivoluzionarie" di "quei sette che ragionavano di filosofia, menandosi di pugni alla fine di quasi ogni riunione".
Ma dopo trent'anni, qualcosa di quei concetti era stato assimilato dalla gente; la marcia trionfale di Napoleone verso Milano non sarebbe stata tale senza la scossa che quelle idee avevano comunque prodotto.
Anche se la vera svolta che tutti si aspettavano da Napoleone non fu poi quella attesa (ordini religiosi soppressi, chiese spogliate, opere d'arte mandate in Francia e, in parte, ancor oggi non ancora restituite (*)...), Milano iniziò, nel bene e nel male, una rivoluzione urbanistica, tuttora in corso, che l'ha portata ad essere una delle metropoli più attraenti del mondo. Giova anche ricordare che Milano, sotto Napoleone, era tornata ad essere, dopo 14 secoli (vedere: Milano in età Romana) , la capitale di un forte regno unitario, il Regno d'Italia (1805-1814) che comprendeva regioni e province del nord est e del centro nord.
Altra città fatale per Napoleone, e in tal caso quindi doppiamente fatale, è stata Dresda.
In positivo:
perchè Pietro Verri il suo "spianatore verso Milano", nel 1759, nel corso della Guerra dei Sette Anni, durante la quale, arruolatosi volontario col ruolo di ufficiale nello stato maggiore del generale Daun, aveva conosciuto il britannico Henry Lloyd, un avventuriero che comunque gli aveva instillato i germi per la passione agli studi economici, che poi Verri estese a quelli politici, durante il suo successivo breve soggiorno a Vienna;
in negativo:
per la battaglia che aveva segnato il destino finale di Napoleone.
Nel post Vedute sono menzionate le quattro distruzioni subite da Dresda, città martire.
Tra la guerra dei Sette Anni e la seconda guerra mondiale, che avevano entrambe raso al suolo la città, è da annoverare anche una vittoria di Pirro di Napoleone, conseguita nei dintorni della città. Nel 1813 un suo avanposto, al comando del generale Vandamme sconfisse la coalizione austro-russo-prussiana, ma la sua fu una vittoria effimera. La troppa fretta di avanzare, all'inseguimento dei nemici, gli fece commettere errori di valutazione nella consistenza della loro vera forza. Dopo tre giorni d'inseguimento questi ebbero la meglio nella Battaglia di Kulm. Un mese e mezzo più tardi, Napoleone fu sconfitto a Lipsia. Era il 19 ottobre 1813, iniziava il tramonto del mito napoleonico.
Parafrasando il Poeta "fu vera gloria?..." anche in considerazione del fatto che se Lodi, che gli aveva subito tributato un monumento (anche se da Napoleone stesso fatto erigere), lo distrusse nel 1814? Dal sito ufficiale Città di Lodi, si legge infatti: "...In fondo al corridoio, cortiletto con lapidi, sculture, iscrizioni funerarie dell'antico cimitero ebraico, frammenti del monumento a Napoleone, già in piazza Maggiore (**), abbattuto nel 1814,
probabilmente dopo appresa la notizia dell'esilio di Napoleone all'Elba (ndr).
(**) ora Piazza della Vittoria, dal 1924.
E' lecito supporre che il nuovo nome le sia stato attribuito per la vittoria dell'Italia nella prima guerra mondiale. ma sarebbe altrettanto motivo d'orgoglio, e non di nascondimento per i lodigiani, sapere e ricordare che il mito napoleonico, nel bene e nel male, è nato nella loro città. Io stesso sono stato frequentatore innamorato della loro città, e mi sarebbe bello sapere che Lodi ridedichi un monumento degno di tale nome a una tale grande personalità che, nel bene e nel male, ha tracciato pagine eterne di storia.
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Questo l'itinerario suggerito dal sito Città di Lodi, per raggiungere il Ponte: "Si prende via Indipendenza a sinistra e si giunge a piazza Barzaghi nei pressi dell'attuale ponte sull'Adda (1864). Di fronte alla chiesa di S. Rocco, c'è la lapide commemorativa della battaglia qui combattuta e vinta da Napoleone contro gli austriaci (10 maggio 1796). Il ponte antico in legno fu distrutto nel 1859.
(dal Sito ufficiale Città di Lodi: Itinerario turistico della città )
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(*) Nota: Sulle opere d'arte trafugate dai francesi di Napoleone, trasportate in Francia, e non ancora restituite ai legittimi proprietari, dopo 200 anni, invito gli esperti d'arte di questo blog a scriverne un post dedicato.
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Sopra, dall'alto in basso:
- Il Ponte sull'Adda a Lodi, da Wikipedia.org
- targa commemorativa "10 maggio 1796": foto dell'autore
- Pietro Verri a Brera, foto di Innocenzo Fraccaroli
- Napoleone Bonaparte attraversa le Alpi, dipinto di Jaques-Louis David, da Wikipedia:
- Battaglia del Ponte di Lodi - dipinto di Giuseppe Pietro Bagetti (da Wikipedia)
Pubblicato da marshall alle 17:43 10 commenti
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