mercoledì 9 maggio 2012

Andrew Wyeth, pittore del silenzio




Andrew Wyeth, morto nel 2009 all'età di 91 anni, artista vissuto durante gli anni in cui in America infuriava l’espressionismo astratto e la pop art, è stato snobbato per molto tempo dalla critica ufficiale come un eccentrico e solitario pittore retrò, afflitto da un sentimentale attaccamento al mondo rurale della Pennsylvania e del Maine, regioni dove ha trascorso gran parte della sua esistenza, riproducendone con meticoloso realismo i paesaggi, le case, gli interni e i suoi abitanti, gli uomini e le donne che incontrava e che gli  ispirarono una galleria di ritratti notevoli per la resa psicologica dei soggetti accanto ad un rispetto umano che non veniva mai meno, accompagnandosi talvolta a un pizzico d’affettuoso umorismo, altre volte a una scabra pietà. E’ stato bollato come un esponente del gusto americano più popolare e nostalgico, ma in realtà i suoi dipinti non sono mai documenti d’una tendenza arcadica o elegiaca, bensì rappresentazioni d’un ambiente e d’una esistenza asciutte e severe, in cui si annida un silenzio profondo, un silenzio che è nell’aria, nella vita solitaria d’ogni giorno e che avvolge ogni cosa d’un senso di separatezza più stoica che dolente. Nei suoi quadri l’atmosfera è austera, essenziale, ma è veramente magistrale la sua capacità di restituire, tra i campi vuoti le colline brulle e  le case isolate, la solitudine delle figure, quasi schiacciate dall’asprezza dell’ambiente.




 I suoi nudi femminili, quelli ch’egli dedicò solo a Helga Testorf, sua modella e probabile amante per oltre quindici anni, denotano più un piacere estetico nell’accarezzare con lo sguardo la bellezza del corpo ritratto con grande accuratezza e precisione che un coinvolgimento romantico o erotico; cosa che ha indotto taluni critici a paragonare quei nudi al suo modo di ritrarre il paesaggio, con la stessa severa asciuttezza, mentre è probabile si debba interpretare il suo pudore come una specie di blocco causato dal timore di svelare l’attrazione provata verso la donna che ritraeva all’insaputa della legittima consorte, e che tuttavia non impedì a quest’ultima, quando i dipinti vennero alla luce, di pensare a una relazione intima tra il pittore e la modella, anche se Wyeth non l’ammise mai.


 
Benché la critica d’avanguardia abbia considerato ostinatamente Wyeth un pittore non all’altezza dei tempi, tacciando il suo lavoro di regionalismo passatista,  il pubblico americano non ha mancato di apprezzarlo. I suoi quadri venivano acquistati da molti collezionisti e nel 1955 ricevette un dottorato honoris causa ad Harvard per i suoi meriti artistici. Nel 1963, poi, comparve la sua foto nella copertina della rivista Time, dopo che l’allora presidente degli USA, Lyndon Johnson, gli aveva conferito la più alta onorificenza civile americana, la Medal of Freedom. Nel 1970 il Presidente Nixon lo invitò addirittura a esporre alcuni suoi dipinti alla Casa Bianca, parlando di lui come “dell’uomo che ha catturato il cuore dell’America”. Al di là di questi riconoscimenti ufficiali, possiamo comunque affermare che Andrew Wyeth è stato un eccellente pittore, da inserire nella tradizione realista di altri artisti come Edward Hopper o Winslow Homer, ma dimostrando a mio avviso, rispetto a questi colleghi, una maggiore forza emotiva, apparentemente più contenuta, ma forse proprio per questo più sottile, più insinuante e coinvolgente.


Dionisio



50 commenti:

Josh ha detto...

Ottimo Dionisio, che scelta di gusto per questo post.
Dico subito che tra i dipinti scelti del post, mi piaccono molto il primo:
bellissima luce, notevole la grana del colore, e l'aratro e gli attrezzi della campagna a riposo davanti casa.

Notevole anche il primo tra i ritratti, molto ben realizzata la luce, l'alone intorno alle figure.
Nei ritratti successivi un realismo maggiore me li fa piacere appena un po' meno, ma riusciti lo stesso.

Josh ha detto...

E' un pregio aver rifiutato i "tratti" dell'espressionismo astratto, e peggio ancora la pop art.

Può darsi, rispetto alle epoche che ha attraversato che fosse visto solo come "un eccentrico e solitario pittore retrò": ma è un valore e non un demerito, per me:-)

Per es. a me piace la dimensione rurale, quando se ne coglie la poesia, l'ironia, ma anche il sentimento panico, l'assoluto e la quotidianità; la Pennsylvania e il Maine, e qui questi dipinti, sono parte integrante dell'immaginario americano più autentico, come di certo cinema.

Nei ritratti la ricerca psicologica è molto moderna, efficace.

Josh ha detto...

dalla 2nda parte del post
"Benché la critica d’avanguardia abbia considerato ostinatamente Wyeth un pittore non all’altezza dei tempi, tacciando il suo lavoro di regionalismo passatista, il pubblico americano non ha mancato di apprezzarlo."

Wyeth è stato un identitario a suo modo. Quindi non poteva piacere alla "critica" postmoderna postliberal e postmarxista della de-legittimazione e della delocalizzazione, fautrice continua di ideologie e progetti di sradicamento, lui così radicato nel reale.

E infatti le persone vere lo amavano. ma guarda un po'.

Josh ha detto...

Concordo con l'opinione del presidente, è vero che Wyeth ha catturato il cuore d'America.

Così come concludi anche tu, la tensione emotiva c'è eccome, forse va intesa come una specie di fibrillazione nascosta che percorre il dipinto. Un realismo..che però sembra lievitare; dipinti che paiono statici, che invece sono pulsanti, ma sotto la superficie. Mi sembra una delle loro maggiori peculiarità.

Sympatros ha detto...

Un naturalismo e un realismo non impersonale e non complicato come quello europeo. Una natura non a sé, ma con la presenza dell'io dell'artista.. al d là o al disotto della staticità delle immagini e dei paesaggi sembra avere un ruolo importante l'emozione e il ricordo… quindi molto lontano dal naturalismo europeo. Detto questo non si è detto niente… è o non è un grande artista? Certo la risposta non puo' essere basata sul fatto che non abbia seguito le mode, che abbia tenuto intatta la figura, che ideologicamente rappresenti l'anima americana ed sia in buoni rapporti col potere e coi potenti che ne riconoscono i meriti e forse non solo per motivi artistici. Siamo sempre al dilemma dell'uovo e della gallina. Dove sta l'arte? Dove sta il bello riuscito? Il giudizio estetico puo' avere valenza universale? Ci sono pittori per nulla realisti, disintegratori della figura, e sono dei geni, altri dello stesso genere sono delle nullità. E così pure i realisti…. Maupassant e Verga(sempre artisti sono) sono dei grandi.. poi c'è una proliferazione di naturalisti da quattro soldi. Si puo' dedurre quindi che il modo di atteggiarsi, ideologico-sentimentale, politico-sociale, dell'artista nei confronti della realtà è secondario e fa parte del contenuto della rappresentazione artistica, ma non ne garantisce la riuscita dell'espressività e del messaggio universale.

Naturalmente il fatto che sia stato premiato dai Presidenti americani non significa nulla, né in positivo e né in negativo…. è ridicolo pensare l'arte per forza in contrasto col potere e viceversa. Certo statisticamente e storicamente, forse e ripeto forse, sono più quelli contro, ma Virgilio ed Orazio furono grandi artisti ben voluti dai Presidenti dell'epoca, Augusto e Mecenate e non per questo servi del potere. Il giudizio sul bello è cosa complicata, sia perché lo emettono individui in carne ossa e sia perché come ogni cosa è soggetta all'usura del tempo…. perciò Orazio ha cercato di fare i suoi monumenti poetici in bronzo!!

Sympatros ha detto...

Mi correggo, non in bronzo, ma più duraturi del bronzo!

Josh ha detto...

centrata, Dionisio, l'espressione di "pittore del silenzio".
Un 'silenzio' bergmaniano, talvolta.
Ma per me eloquente.

@Sympatros:

senz'altro ti risponderà Dionisio appena può.
Non credo che aver citato la premiazione e l'assenso da parte di un Pres. USA vada oltre il dato biografico nel post....o oltre la messa in luce della scissione di fatto tra una parte della critica recente (e la logica:-) spesso in cerca di farfalle,
e il gusto effettivo della gente che lo amava molto: W. era un personaggio pubblico in USA, si avvertiva con la gente una sorta di poetica affine, la condivisione dello sguardo.

Oltre ai Pres. Johnson e Nixon, ricevette una medaglia importante anche da Kennedy. Ce n'è per tutti i gusti presidenziali, insomma, Sympatros. Detto più per rigore storico-biografico che non, come insinui, per simpatia politica, visto che i 3 presidenti citati erano anche abbastanza diversi tra loro.
I riconoscimenti che hanno dato a W. erano artistici, ma anche sociali e civili, come a un interprete del tempo, di visioni che erano -pare- coindivise dal paese.

Credo che al di là dei gusti personali, si tratti di dipinti 'almeno'.... suggestivi. Ce ne sono altri particolari suoi sul web, se fai una googleata.

http://3.bp.blogspot.com/_Q90aPSm0AIc/TKmr6MqPC9I/AAAAAAAAAYU/mca0OAI1PpQ/s1600/wyeth-andrew-1917-2009-wind-from-the-sea.jpg

Josh ha detto...

Aggiungerei un altro aspetto Sympatros sui premi. Il Novecento italiano ha avuto buoni pittori, certo non come il Rinascimento, il Barocco etc...è storia vecchia. Ma spesso la critica nostrana non li ha valorizzati. E sì, la critica tarda tende a non pregiare più i figurativi, un po' dappertutto.

Anche negli USA. Ma gli Usa ... essendo "recenti", non trovandosi con un passato di glorie come il nostro,
tendono comunque a glorificare quel che hanno, se non lo fa la critica lo fa una fondazione o un presidente,
ma resta che gli USA tengono al loro patrimonio antico, vecchio o recente, molto più di noi.
In Italia siamo troppo esterofili, ci hanno inculcato (e spesso lo fanno ancora) che dobbiamo essere self-hating italians...così siamo poco curanti sia delle nostre glorie storiche quanto dei talenti recenti o attuali; in USA tendono invece a salvare tutto e lo curano molto di più, come tendenza generale, ora al di là di figurativi o meno.

In questo senso...una cosa a caso...il restauro e il gran giro d'affari anche degli ultimi anni intorno all'Art Déco District a Miami..
Qui l'Art Déco nostrano (oltre ad essere negletto e disprezzato, malauguratamente) lo demoliscono pure come nulla fosse.

Dionisio ha detto...

Oggi ero in giro per commissioni e, appena torno a casa, trovo questa raffica di interessanti commenti a cui risponderò pian piano perché ognuno merita adeguata attenzione.
Josh, la scelta delle immagini è sempre limitata a causa dello spazio esiguo, ma ho cercato di proporre una scelta significativa tra i vari soggetti dipinti dal pittore.
Ho scoperto Wyeth solo due anni fa, guardando un bel catalogo a lui dedicato in casa d'un amico pittore che me l'ha mostrato. Sono rimasto colpito dalla sua grande abilità tecnica, dalla sua capacità di rendere i dettagli più minuti (la qualità del terreno, sia quello roccioso sia quello ricoperto di vegetazione, le stoffe, i capelli ecc., tutti elementi restituiti in modo da dare una sensazione "tattile", cosa non facile per chi ha dimestichezza coi segreti della pittura). Poi la luce, una luce che sembra materializzarsi dalla natura stessa e concorre a creare quell'atmosfera di silenzio tipica dei quadri di Wyeth.
I ritratti, come ho già sottolineato, sono molto belli, sia per la capacità di restiture il carattere del soggetto, sia per l'atteggiamento di partecipazione e simpatia del pittore. Qualche volta possono apparire un po' troppo fotografici, come dici tu, ma il carattere è sempre colto con acume.
L'ho accostato a Edward Hopper (molto più celebrato in Europa) ma a me piace molto più lui, mi sembra più significativo, più poetico insomma.

Dionisio ha detto...

W: Homer poi l'ho citato perché alcuni critici anericani l'hanno paragonato a Wyeth, ma chi ha visto i lavori di questo pittore sa che la definizione di regionalismo popolaresco e nostalgico si attaglia proprio a lui ma non a Wyeth che, pur dipingendo alcuni soggetti che possono avvicinarsi a quelli di Homer, lo fa con altro atteggiamento e ben altra interpretazione.
Certo che è un pregio aver rifiutato l'espressionismo astratto e la pop art; e che i tromboni della critica d'avanguardia lo considerassero un pittore retrò va solo a loro demerito. Lo stessp Wyeth considerava quella pittura "spazzatura", il che mi trova molto d'accordo.
Il pubblico spesso sa distinguere la buona dalla cattiva pittura istintivamente, nonostante le panzane raccontate dai critici.
Solo chi è in soggezione di fronte ai critici si fa condizionare.

Dionisio ha detto...

I dati biografici li ho forniti, tanto per dare una prima risposta a Sympatros, per mettere in luce la diversità d'atteggiamento della critica d'avanguardia e quella del pubblico americano, tra cui le autorità (tra l'altro anche Bush junior ha premiato e invitato alla Casa Bianca Wyeth), che riconoscevano in lui un interprete autentico dello spirito americano, non certo perchè questo fatto costituisca automaticamente un giudizio di valore dell'opera di Wyeth. Se si legge il mio testo con attenzione, dico infatti "Al di là di questi riconoscimenti... ecc."
Tornando all'atteggiamento della gente comune nei confronti della pittura, è paradossale che l'alluvione dell'astrattismo e della pop che ci ha sommerso nei decenni scorsi provenga proprio dall'America, e che in Europa (noi italiani in particolare) abbiamo accettato e subito passivamente (anche tra la gente comune, almeno quella che mostra soggezione nei confronti dei critici tromboni), mentre in America molti sappiano distinguere abbastanza agevolmente tra la spazzatura e i prodotti veri, di pittura autentica. Forse perché lì non esiste la grande scuola figurativa che abbiamo noi alle spalle (e che l'avanguardia ci ha convinti fino in fondo che era necessario buttare alle ortiche per imboccare un percorso inedito; si è visto con quali risultati, almeno per chi non è cieco) e, quando si trovano davanti a immagini di buona fattura, per giunta in sintonia con la sensibilità locale, ne riconoscono immediatamente il valore.
Certo noi siamo gravemente affetti da esterofilia, in particolare nei confronti dell'America; anzi diciamo pure che abbiamo accettato in blocco tutto quello che gli USA ci hanno riversato addosso considerandolo un gran regalo, e non mi riferisco solo alla pop art. Se pensiamo poi che in certe università americane oggi si studia Dante mentre da noi cominciamo a dimenticarne l'esistenza... Ma qui il discorso ci porterebbe lontano, ed è meglio restare nel tema del post.

Dionisio ha detto...

"Dove sta l'arte? Dove sta il bello riuscito? Il giudizio estetico puo' avere valenza universale? ... Maupassant e Verga(sempre artisti sono) sono dei grandi.. poi c'è una proliferazione di naturalisti da quattro soldi. Si puo' dedurre quindi che il modo di atteggiarsi, ideologico-sentimentale, politico-sociale, dell'artista nei confronti della realtà è secondario e fa parte del contenuto della rappresentazione artistica, ma non ne garantisce la riuscita dell'espressività e del messaggio universale".
Tutto vero, Sympatros, l'atteggiamento ideologico-sentimentale o politico-sociale dell'artefice non garantisce l'espressività (e direi, la qualità) della sua opera, anzi spesso la minacciano. E' la nostra sensibilità che ci indica d'essere in presenza di un'opera d'arte o meno, ma qui non esistono parametri assoluti di riferimento. Per esempio di Wyeth non tutto mi convince fino in fondo: talvolta mi pare che ecceda in realismo (e quindi un sospetto di -come chiamarlo? - fotografismo, che banalizza la visione). Altre volte invece avverto nettamente il suo coinvolgimento emotivo con ciò che ritrae, e in questo caso so di essere di fronte a un'opera d'arte (non importa misurarne la grandezza; anche qui i parametri sono soggettivi e diventerebbe un esercizio futile perdersi in paragoni).
Saper ritrarre il soggetto fedelmente (cioè con quell'approccio che si definisce realista) non garantisce di realizzare un'opera d'arte. E' sempre necessaria la trasfigurazione, che avviene quando si trasmette nell'opera il pathos emotivo, che dall'artefice si comunica poi a colui che la guarda.
Da pittore, queste cose le so perfettamente, ma io stesso ho sempre sui dubbi su ciò che realizzo. L'atteggiamento del pittore è sempre quello di voler realizzare un bel pezzo di pittura e, quando si applica, è solo questo che ha in mente, e il suo impegno è puramente artigianale. Quando il lavoro è terminato e guarda cosa ha fatto, talvolta sente di aver realizzato un buon lavoro ma (almeno per quanto mi riguarda) ritiene che poteva fare anche meglio; per questo spesso ripete lo stesso soggetto più volte, nel tentativo di ottenere il risultato eccellente che tuttavia non sarà mai sicuro d'aver raggiunto.
Questo è solo un esempio che nasce dalla mia esperienza per dire che niente è sicuro nel campo dell'arte. L'artefice non è mai il miglior giudice della propria opera, ma spesso non lo sono neanche gli altri. In passato era il committente che giudicava, e se si riteneva soddisfatto andava bene così. Oggi siamo apparentemente più liberi e dobbiamo affidarci solo a noi stessi; se poi aggiungi che siamo nell'epoca dell'eclettismo, dove tutto è permesso perché non esiste un'idea di valenza applicabile a ogni genere di lavoro, la faccenda si complica alquanto.
Quando sto di fronte al San Giorgio che uccide il drago di Paolo Uccello so di essere di fronte a un capolavoro d'arte perché il godimento estetico è sublime, però se dovessi analizzarne tutti i motivi metterei in fila un sacco di parole e magari non riuscirei a dire esattamente perché.

Dionisio ha detto...

"Wyeth è stato un identitario a suo modo. Quindi non poteva piacere alla "critica" postmoderna postliberal e postmarxista della de-legittimazione e della delocalizzazione, fautrice continua di ideologie e progetti di sradicamento, lui così radicato nel reale"
Esattamente Josh, non piaceva ai critici d'avanguardia per questo motivo e perché la sua pittura era realista allorché il mercato era tutto imperniato sull'espressionismo astratto e la pop art. Però l'America è un paese molto grande, con una vasta popolazione rurale annidata in quelle regioni di cui non si parla spesso ma che conservano quello spirito della frontiera tipicamente americano che ovviamente è sempre stato refrattario alle astruserie sperimentali della pittura moderna. E' questo pubblico che ha amto la sua opera e che gli ha decretato anche il successo commerciale.

Sympatros ha detto...

E' sempre necessaria la trasfigurazione

Trasfigugazione, trans-figurazione… è sempre quindi un andare oltre la figura e sostanzialmente deformarla.
Semplificando, tre sono i modi di approcciarsi alla figura.

Classicismo
Guardare nell'iperuranio, vedere le forme del Bello ideale e riportarle…la figura e la forma dominano, ma paradossalmente sono deformate e sublimate… deformate verso l'alto, sono come dovrebbero essere secondo i canoni del bello. Il classicismo in fondo migliora la realtà deformandola verso l'alto e ci dice come dovrebbe essere, è in fondo consolatoria e rasserenante.

Modernismo
L'artista moderno, invece, quello che va dalle Demoiselles d'Avignon in poi, guarda anche lui, ma non in un iperuranio, ma in un sotto-uranio, dove, dissolvendo le figure, non vede il bello ideale, vede il buio e le angosce, il mistero, il non senso su cui poggia l'uomo e invece di scappare e ritrarsi ha l'ardire di riprodurre questi fantasmi informi, senza figura e senza senso.
Non tutti i seguaci del classicismo sono artisti
Non tutti i modernisti sono schiappe

Ci sarebbe una terza via, che vuole volare basso e restare ad una concezione quasi etimologica dell'arte del ritrarre, il ritrarre, una volta compiuto, al participio passato, è un ritratto. E' la terza via del realismo e del buon senso, che non mette in crisi l'apparenza del reale, anzi non è l'apparenza, ma è proprio il reale. Sotto la figura non per forza ci devono essere contorcimenti angoscianti e complicazioni formali e né la realtà va edulcorata, adeguata verso l'alto, verso un'armonia che non ha, come fa il classicismo. E' l'arte più facilmente accessibile e che incontra la simpatia della gente comune e spesso viene stroncata dalla critica.

Anche quelli della terza via possono essere artisti, ma anche non esserlo!

Sympatros ha detto...

Quando sto di fronte al San Giorgio che uccide il drago di Paolo Uccello so di essere di fronte a un capolavoro d'arte perché il godimento estetico è sublime

Se il metro è il godimento estetico, alla fine si arriva sempre allo stesso punto, all'in-effabilità, all'in-dicibilità di cosa sia il bello…. in quanto affidato alla fruizione e al godimento di un individuo che puo' andare in estasi difronte al un'opera di Bach o difronte al rumore di un rokkettaro qualsiasi. Non sarà che anche l'arte è una merce fra le merci??? Boh!

Dionisio ha detto...

Nell'epoca dell'eclettismo, i tre approcci, classicismo, modernismo e terza via sono contemplati tutti. Non è l'approccio a determinare - come vogliamo chiamarla? - la bellezza, la forza, il fascino o la seduzione dell'opera, ma, molto semplicdemente, il talento dell'artefice. Cosa che tu stesso, Sympatros, in fondo riconosci.
La scelta della via da seguire si fa sulla base dei propri valori di riferimento e, quindi, sul come ci si pone rispetto alle tre vie.
Non è così complicato come sembra. Se rovistare nella spazzatura dell'animo umano mi fa schifo, per esempio, io adotterò, nei confronti di questa tendenza , l'ironia, il sarcasmo, l'orrore, a seconda del mio stato d'animo rispetto a questa tendenza stessa.
Voilà. Soddisfatto?

Sympatros ha detto...

Voilà. Soddisfatto?


No, caro Dioniso, parlando di arte non si puo' essere mai soddisfatti…. l'arte è la proiezione sublime dell'insoddisfazione esistenziale, il tentativo di trovare risposta là dove la domanda si indova. Scherzo!

Hesperia ha detto...

Vedo che avete già messo molti buoni e condivisibili commenti. Il post di Dionisio, è esaustivo e il pittore scelto è di grande artigianalità e sa il suo mestiere. Personalmente lo trovo anche un ritrattista vigoroso e straordinario e anche i nudi sono di totale plasticità.
Interessante mostrare questo volto rurale, ruspante e verista dell'America che non è solo la fuffa Guggenheim e astrattismi vari che sono stati piazzati in Europa nel dopoguerra.

Inoltre devo dire che ho apprezzato del tuo post, caro Dionisio, il fatto che non hai piazzato lì nemmeno un link :-) , mostrando nell'ambito della scrittura, che si può essere esaustivi anche senza dover aprire e chiudere "scatole cinesi", sebbene nemmeno io ci riesca e mi sottragga a questo vizio dei nostri tempi :-)

Hesperia ha detto...

Vedo inoltre che prevalgono i toni del seppia e dell'ocra un po' come nelle vecchie fotografie d'antan.

johnny doe ha detto...

Per me il grande artista é quello che riesce a creare un nuovo stile espressivo.
Da Giotto,a Masaccio,a Caravaggio,agli Impressionisti...,per restare alla pittura,si é assistito ad una continua ricerca in tal senso,alla creazione di nuove forme,all'invenzione di uno stile.
Naturalmente le bufale,specie oggi,son sempre dietro l'angolo.
In pratica gran parte dell'arte novecentesca é ingiudicabile,se non a livello di puro gusto personale,mancando qualsiasi parametro oggettivo di giudizio.
E' solo un'idea,che puoi accettare o respingere.Il famoso water capovolto,si sottrae ad ogni giudizio estetico,solo intellettuale casomai.
Vero é che anche chi rappresenta nelle sue varie manifestazioni la propria epoca,chi ne riesce a cogliere l'essenza profonda, può essere un grande artista,senza peraltro essere un innovatore.

Ma io sto coi primi.

Sympatros ha detto...

http://ehibook.corriere.it/2012/05/10/librai-ed-ebook-andiamo-in-pace-o-almeno-proviamoci/

Dionisio ha detto...

Hesperia, avrai già visto che evito sempre di inserire link nel testo per un'abitudine da vecchio (non per l'età, almeno non ancora) ex articolista di giornali e riviste. E anche da vecchio lettore che ama godersi la scrittura senza interruzioni (nei saggi ho sempre subito con fastidio dover interrompere per consultare le note a piè di pagina, benché spesso utili).
Credo che Wyeth meriti di essere conosciuto, specie oggi che siamo finiti ai cessi rivoltati, di fronte ai quali non possiamo provare emozioni paniche di sorta, almeno se abbiamo conservato un po' di fiducia nella nostra intelligenza.
Se guardassimo l'arte solo per cercare i grandi innovatori (parlo a Johnny Doe) il panorama a cui guardare sarebbe assai ridotto, caro amico.
Inoltre, Tino di Camaino, per esempio, è stato un grande innovatore, uno di quelli che, come dice Sgarbi, ha cominciato a far parlare la pietra, ma in quanti sono a conoscerne (e ad apprezzarne) l'esistenza, oltre che l'opera?
Caravaggio (altro esempio) è stato un grande innovatore, mentre i caravaggisti sono legioni. Però tra i caravaggisti ci sono tantissimi altri grandi pittori, e guardare le loro opere mi arricchisce ed esalta quasi quanto il loro modello (pensa solo ad Artemisia Gentileschi o anche a suo padre: li butteresti via?).
Picasso (quel trombone) una volta disse che avrebbe buttato a mare tutto il Seicento italiano per un quadro di Vermeer, affermazione che non esito a definire stupida. Solo a Genova (luogo marginale, in fondo) ci sono quadri del Seicento magnifichi, stupendi (basta girare un po' di chiese per verificarlo). Benché Vermeer sia un grande pittore, molti seicenteschi italiani lo sono altrettanto e forse più di lui. Quindi, confermo, Picasso ha detto una stupidaggine. Picasso era un buon pittore, benchè spesso abbia fatto delle porcherie per fare opera (vedi caso) di innovazione, ma poteva risparmiarselo e risparmiarcelo; e se è stato un grande innovatore lo è stato nel senso peggiore. oggi lo si valuta molto oltre i suoi meriti, proprio perché siamo nell'epoca dei cessi rivoltati, una strada che con le sue innovazioni ha molto contribuito ad aprire.

Dionisio ha detto...

Considerare l'arte figurativa come un work in progress è, a mio avviso la cosa più sbagliata che si possa fare. In un'antologia del "grande" Carlo Argan (quello che prese per veri i finti Modigliani e continuò a considerarli tali anche quando gli autori della burla mostrarono la prova del loro operato), ricordo d'aver letto anni fa, in un certo punto, che i paesaggi di Kokoschka (pittore espressionista) non erano "moderni" quanto quelli di altri contemporanei. Da cui ho capito che, per il critico moderno, il valore dell'opera si misurava solo in relazione al suo essere più innovativo rispetto a quelle che lo avevano preceduto.
In questo modo viene sancito l'effimero dell'opera d'arte; il che è una negazione dell'arte stessa, che, quando è vera arte, rimane tale al di là del mutare delle mode e dei gusti degli uomini.

Dionisio ha detto...

Errata corrige: magnifici, non magnifichi(errore di battuta, in cui è facile cadere in questo sistema dove le letter spesso saltano e vanno a collocarsi dove capita. Che fatica!)

Josh ha detto...

@Hesperia

"Inoltre devo dire che ho apprezzato del tuo post il fatto che non hai piazzato lì nemmeno un link :-) , mostrando nell'ambito della scrittura, che si può essere esaustivi anche senza dover aprire e chiudere "scatole cinesi", sebbene nemmeno io ci riesca e mi sottragga a questo vizio dei nostri tempi :-)"

il post di Dionisio è ben riuscito, mi piace e gliel'ho detto subito, e va benissimo così, è concluso.

Io però non sono nemico dei links, affatto, se mostrano un collegamento mentale-logico di chi scrive e lo esplicitano a tutti. Dipende anche se un nostro testo è un medaglione su un argomento, o se è un confluire critico di 5 argomenti.

Non penso però che dare i links sia un costume moderno.
Infatti anche Dionisio porta l'esempio delle note a piè di pagina.
Altro esempio può essere la bibliografia, anche di un articolo un po' più lungo, in una rivista di settore, in cui sono chieste le fonti, o fosse anche solo la 'letteratura consigliata sull'argomento'.

In realtà fornire i collegamenti ipertestuali sul web assomiglia a mostrare la bibliografia a piè di pagina e in fondo a un testo cartaceo, procedura obbligatoria per es. in tesi di laurea, di dottorato e di scritti specialistici.

Nasce nel trapassato, per mostrare le fonti.
Per es. è un metodo adombrato anche da Bernardo di Chartres

http://it.wikiquote.org/wiki/Bernardo_di_Chartres

nella famosa frase, siamo 'nani sulle spalle di giganti'....
i giganti, o a volte solo i semplici predecessori che hanno già parlato dell'argomento, o a cui ci rifacciamo, vanno in nota o in bibliografia, sia che mi appoggi a loro o che li contesti.Insomma come dire sono qui a dire questo, anche grazie a/contro chi ha già detto questo.

Indubbiamente per un post equilibrato può anche non essere necessario, se non sono richieste prove alla cosa che diciamo.
E comunque Hopper e Homer, come contestualizzazione e/o alternativa a Wyeth infatti Dionisio li ha messi, senza linkarli certo.

Dionisio ha detto...

Be, non si tratta di un veto ai link. Io e Hesperia abbiamo parlato di una nostra preferenza, ma a volte la voglia di informarsi di più nasce proprio dalla lettura del post. Aggiungo che chi voglia informarsi, specie per quanto riguarda i personaggi d'una certa notorietà, basta che ne clicchi il nome su Google e ti vengono tutte le informazioni (per i pittori, spesso anche immagini dei quadri).

Sympatros ha detto...

http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2012/05/11/news/libro_liquido-34883707/?ref=HREC2-10

Dionisio ha detto...

Sympatros, avevo dimenticato di rispondere alla tua notazione che se si va in estasi davanti a un Paolo Uccello, si può provare la stessa senzazione al cospetto di un qualsiasi rocchettaro. Eh no, caro amico, io avevo già detto che tutto dipende dalla sensibilità di ciascuno; aggiungo che dipnde anche dall'educazione, nel senso che per provare il pathos estetico (davanti a un bel quadro, un bel libro, un bel film, una bella musica ecc.) bisogna aver ricevuto l'educazione adatta (talvolcheta an essersi autoeducati). E' chiaro che chi non ha avuto questo tipo di educazione, si esalterà davanti a un rochettaro e resterà impassibile davanti a un quadro di Paolo Uccello o di Caravaggio. Ma mi pare che non ci sia nemmeno bisogno di insistere troppo, su questo aspetto.
Quanto all'arte come merce, lo è sì una merce, e fin dai tempi antichi, quando almeno il pittore e lo scultore erano considerati alla stregua di muratori perché il loro lavoro "sporcava". Questo accadeva ancora nella Grecia dei tempi di Omero. Però li si pagava per il loro lavoro, e se il lavoro era egregiamente eseguito li si pagava anche bene.
Ancora oggi l'artista espone in mostra per vendere, quindi vedi che l'elemento commerciale ne è parte inevitabile.
Altro discorso è quello della qualità dell'opera e delle quotazioni spesso stratesferiche attribuite ad opere sul cui valore possiamo avere anche seri dubbi.

Dionisio ha detto...

Non so se il difetto è solo del mio PC, ma succede anche a voi che a volte alcune lettere vanno a collocarsi accanto a parole già digitate? Il commento precedente ne è un chiaro esempio (mi pare comunque che il senso sia comprensibile).

Sympatros ha detto...

Io volevo solo far notare che l'indicare l'estasi come metro di giudizio e di bellezza, porta al paradosso…..così che colui che va in estasi difronte al rumore di un rockkettaro sta analogamente usufruendo di godimento estetico e sta elevando quel rumore ad opera d'arte. Quindi l'estasi non puo' essere un buon metro di giudizio. Ma questo discorso mi pare che l'abbiamo già fatto e siamo approdati a de gustibus non disputandum!!

johnny doe ha detto...

@dioniso

"Se guardassimo l'arte solo per cercare i grandi innovatori (parlo a Johnny Doe) il panorama a cui guardare sarebbe assai ridotto, caro amico".
Tito di Camaino é tre questi,come Desiderio Da Settignano.

Ma questi sono i grandi artisti!
E non a caso non sono molti.
Si parlava,credo,di questi.
Gli altri sono artisti,magari anche buoni,ma non grandi.
Non si tratta quindi di buttar via,ma credo ci sia una certa differenza tra Caravaggio e la Gentileschi.

Dissento totalmente su Vermeer,quale mai nostro secentista (Catravaggio escluso) potrebbe stargli alla pari?

L'educazione estetica,culturale é certo importante ,ma il giudizio critico non é mai soggettivo,si basa su parametri oggettivi di vario genere (anche tecnici) per cui ad esempio ,il barocco può non piacere,ma se l'opera é eseguita secondo i canoni e lo spirito dell'epoca,é un'opera riuscita.
Non mi fido dell'emozione individuale,con questo criterio può passare di tutto.Il giudizio critico prescinde da questo soggettivismo.Estasi,sublime non sono giudizi critici,ma stati emozionali individuali che uno può provare e l'altro no.E comunque sono sempre conseguenze di un certo discorso stilistico dell'artista.
Innovativo non vuol dire nuovo o modaiolo,vuol dire far fare un vero progresso, aprire nuove strade,nuovi orizzonti ad una discuplina artistica.
Tutta l'arte si basa su questa ricerca,altrimenti saremmo ancora fermi alla pittura bizantina.
Confondere quel che piace con quel che vale é spesso un errore.

johnny doe ha detto...

Mi dispiace,ma non si può liquidare Picasso alla stregua di un qualsiasi imbonitore.Se lo é stato,lo é stato dagli anni trenta in poi,quando artisticamente aveva già dato tutto.Ma,ad esempio, Le Demoiselles d'Avignon e Guernica (che nulla c'entra col bombardamento) sono due quadri di un grande artista.
Mi pare,in generale, di cogliere un pregiudizio sull'arte moderna che non fa troppe distinzioni che invece andrebbero fatte.
Ci sono quadri notevoli dell'espressionismo tedesco,della scuola di Vienna...certo,rappresentano un mondo che può non piacere,ma che non poteva certo essere quello di sublime armonia e perfezione di un Raffaello.Già Michelangelo aveva decretato la fine di quel mondo,poi portato a compimento dal Rosso E Pontormo.
Cosa mai potevano dipingere dopo la carneficina della prima guerra con tutte le sciagure annesse!Il cubismo e altre correnti hanno anticipato e in parte vissuto la dissoluzione di un mondo rispecchiata poi nelle opere.
Siamo ancora in tempi dove l'arte non era ancora una merce come é oggi e il mercato non aveva ancora assunto il predominio su ogni manifestazione artistica.
D'accordo,può non piacere,ma non si può fare di tutta l'erba un fascio dell'arte del XX secolo.
E comunque su Vermeer Picasso non aveva certo sbagliato.....prova a parlare con un qualsiasi pittore e vedrai!

Dionisio ha detto...

Io non ho buttato a mare tutta l'arte del XX secolo e non capisco dove tu l'abbia letto, Johhny Doe; ti sei fatto un film tutto tuo, come si dice oggi.
Forse non conosci a fondo il Seicento italiano; se lo conoscessi di più, scopriresti che tanti pittori di quell'epoca non sono da meno di Vermeer (che, peraltro,ho detto trattarsi di grande pittore).
Confermo invece che le sparate di Picasso erano tipiche di un trombone, come quell'altra che, davanti alla plastica africana, aveva scoperto l'espressione più elevata della maniestazione artistica umana. A te piace Les demoiselles d'Avignon? Padronissimo. Per me è uno dei quadri più brutti di tutti i tempi.
Non mi interessa quello che viene accettato universalmente come grande, allorché tra i grandi viene inserito uno come Andy Wharol.
L'espressionismo mi piace moltissimo e dovresti essere un po' più cauto prima di attribuirmi disgusti che non provo affatto.
Mi dài anche una lezioncina sul barocco, presumendo di saperne più di me. Forse ne so qualcosa di più io, invece, dal momento che la mia tesi d'Accademia era appunto sul barocco, che peraltro guardo e studio ancora oggi con grande interesse.
La smania di impartire lezioni e il piacere della vis polemica ti fa come minimo un po' avventato, direi.

Dionisio ha detto...

Noto altre affermazioni avventate. Il giudizio critico oggettivo è mutato d'epoca in epoca, quindi mi pare difficile sostenere che sia sempre oggettivo, tant'è vero che Vermeer, proprio lui, è rimasto a lungo misconosciuto finché qualcuno non l'ha rivalutato in epoca moderna. La tecnica è certo importantissima (vallo a dire però a tanti pittori di oggi) ma non è sufficiente per fare grande pittura. C'è un quid in più che attiene al talento dell'artefice (e non tutti i critici, come insegna la storia, sanno vederlo).
L'arte è sempre stata una merce e sempre lo sarà; tant'è vero che dalle origini a oggi ogni pittore mette in vendita la sua opera (una volta gliela commissionavano i committenti, oggi ci si affida al mercato perchè committenti se ne trovano pochini). Questo non toglie niente alla qualità dell'opera; tant'è vero che tutti i grandi che vivevano del loro lavoro sapevano fare opere sublimi pur avendo presente di dover compiacere il committente.
L'affermazione che il mercato abbia assunto il predominio su ogni manifestazione artistica è una banalità (scusa, non voglio offendere, ma quando ci vuole...) Semmai il mercato oggi gonfia il valore di opere che oggi ne hanno poco o punto; questo succede. Se un'opera è valida, resta valida anche se la compra uno zoticone (cosa che accadeva anche nelle epoche più felici per la pittura e per le altre manifestazioni artistiche).

Hesperia ha detto...

Tutte queste spiegazioni sui links non sono degne delle tua intelligenza, Josh. E come? Non lo so da me?!? Avevo bisogno della tua enciclopedica spiegazione perché non ci arrivavo da sola?
Ti ricordo che sono da ben 7 anni sul web. Purtroppo (aggiungo). E che comincio a sentirne tutto il peso e tutti i limiti.

Dionisio ha detto...

Hai ragione, Hesperia, il limite maggiore del web sta nel fatto che qualsiasi conversazione avviene su un terreno virtuale. Si discute e si replica per iscritto come se si conversasse tra conoscenti quando si sa ben poco l'uno dell'altro ed è facile scivolare nel malinteso, anche perché lo spazio è limitato mentre i grandi temi richiederebbero ben altri spazi e tempi.

johnny doe ha detto...

@dioniso

Non dò nessuna lezione a nessuno,mi limito solo ad obiettare a certe considerazioni.Quanto al pregiudizio dell'arte del XX secolo,ho detto che era una mia impressione,se non é così,vuol dire che era errata.
Quanto ai famosi seicentisti meglio di Vermeer vorrei magari che facessi qualche nome,così capiamo meglio.
Non si tratta di accettare quel che é universalmente accreditato,ma di distinguere le bufale dall'opera valida,con parametri critici.(Le demoiselle d'Avignon é sicuramente una grande opera scompositiva del reale,un reale andato in pazzi e ora aperto a mille possibilità,negative o positive,e comunque ormai un altro mondo),altrimenti dovresti motivarne i tuoi presupposti critici negativi,il mi piace o in non mi pace non lo sono e non fanno testo.


Io poi non capisco il tono piccato della tua risposta a delle semplici obiezioni e considerazioni,sia vantare competenze non richieste,peraltro mai messe in dubbio da nessuno e comunque ininfluenti in questa discusione.
Il giudizio oggettivo é quello che si fa sui caratteri estetici dell'epoca,che c'entra se é mutevole nei secoli.Tutto si presta ad interpretazioni postume.Se un 'opera é in linea con i criteri estetici del tempo e ne esprime mirabilmente lo spirito,ad esempio.Il barocco si giudica con i criteri barocchi.Un capolavoro barocco,in tal senso, resterà sempre tale.
Poi ci sono i grandi artisti che precorrono i tempi e rompono con i criteri estetici dell'epoca.
Altrimenti tutto sarebbe soggettivo,non passibile di nessun giudizio se non di gusto.
Mi pare che ci sia una notevole differenza tra il carattere odierno di arte come merce e quello del tempo di Giotto o Michelangelo.Era questo il senso.

"L'affermazione che il mercato abbia assunto il predominio su ogni manifestazione artistica è una banalità (scusa, non voglio offendere, ma quando ci vuole.."

Che c'entra ,in questo discorso,se un'opera é più o meno valida ,si sta parlando che oggi tutta l'arte é mercato al pari di un sapone,che può pure esser buono,ma é sottoposto ad una legge ben precisa che ne determina o meno il valore.In questo senso l'arte é una merce come un'altra.

Non prendertela,ma a me sembra che sia invece la tua risposta una collezione di luoghi comuni e banalità suffragate solo da opinioni di gusto personale che lascia il tempo che trova,oltre che di presunzone a buon mercato e fuori luogo.

johnny doe ha detto...

Obtorto collo,non posso che dar ragione a Sympatros su precedenti considerazioni di cosa guidasse le discussioni...

Dionisio ha detto...

A Johnny Doe.
Non è certo mia intenzione convincere chi ha opinioni tanto granitiche e che, comunque, vorrà sempre avere l'ultima parola, quella di chi ne sa di più.
Io preferisco avere qualcosa da imparare e da scoprire; ma non è certo da chi riposa su opinioni già prestabilite che, a mio avviso, si possa imparare e scoprire qualcosa.
Su questa base ogni discussione diventa futile e uggiosa. E francamente mi ha proprio annoiato.
Non sono piccato, perché non è proprio il caso. Spero che non vorrai ezsserlo tu.

Dionisio ha detto...

Ad ogni modo, tanto per essere chiari e perché non sono certo io che sparo banalità e luoghi comuni.
C’è una differenza fondamentale tra chi ha bisogno del sostegno della critica per giudicare un’opera e chi no. Personalmente, per quanti chilometri di righe di critica d’arte possa aver letto, quando mi trovo davanti all’opera cerco di liberarmi di tutto il bagaglio di conoscenze acquisite e tento di guardarla con occhi limpidi, liberi da condizionamenti di sorta. E’ quel che mi è avvenuto, per esempio, quando, dopo aver guardato quadri che mi dicevano poco o punto, all’improvviso mi sono trovato davanti al San Giorgio di Paolo Uccello, e ho sentito di essere in presenza d’una meraviglia, d’una magia. Non per niente si parla di gioia panica e di godimento sublime, in queste situazioni. Che è poi quello che si augura ogni artista: meravigliare, stupire, sedurre e affascinare colui che guarda la sua opera. Perché questo è lo scopo dell’arte, creare un rapporto tra il creatore e il fruitore basato, in definitiva, sulla seduzione. E questo avviene al cospetto di opere di ogni tempo. Ed è assurdo pretendere che si giudichi con i criteri dell’epoca in cui l’opera è nata. “Se un 'opera é in linea con i criteri estetici del tempo e ne esprime mirabilmente lo spirito,ad esempio Il barocco si giudica con i criteri barocchi. Un capolavoro barocco,in tal senso, resterà sempre tale. Poi ci sono i grandi artisti che precorrono i tempi e rompono con i criteri estetici dell'epoca. Altrimenti tutto sarebbe soggettivo,non passibile di nessun giudizio se non di gusto”. Allora bisognerà prima studiare e capire cos’era il barocco per poterne apprezzare le opere e goderle? Francamente... questa è propro grossa, per non dire risibile.
E poi questo Veermer assurto a pietra di paragone solo perché piaceva tanto a Picasso! Grande pittore, ripeto, ma non paragonabile a certo nostro Seicento, come, per esempio, i grandi affrescatori di soffitti e pareti di chiese e palazzi, nonché artefici di grandi pale alte sei metri, come Benedetto Castiglione detto il Grechetto, Domenico Piola, Gregorio De Ferrari, Valerio Castello, solo per citarne alcuni, capaci non meno di Veermer di restituire il senso tattile delle stoffe, della carne di volti e corpi d’uomini e d’animali , con un senso dello spazio e dell’armonia compositiva che si misura su grandi formati sui quali il Veermer non ha potuto dimostrare di sapersi misurare. E l’afflato religioso e poetico che vi si respira, la gioia panica, anche qui, che comunicano… Basta girare un po’ di palazzi nobiliari (se si riesce a entrarvi) e di Chiese a Genova (dove si entra agevolmente) per goderne la vista. Posso assicurare che ci si trova di fronte a grandissimi pittori (perché un po' me ne intendo, veh), ma del resto non sono solo io a dirlo, visto che qualcuno ha bisogno del conforto della critica, per giudicare.

johnny doe ha detto...

Ma quale critica,quale ultima parola,quale quello che ne sa di più (magari questo sei tu,addirittura portando a sostegno una tesi di laurea...e capirai!),ma quali opinioni prestabilite o granitiche...!
Sono solo obiezioni a certe tue affermazioni apodittiche (a proposito di opnioni granitiche e prestabilite) molto discutibili,se non ridicole, come i pittori che elenchi e che sarebbero a livello o meglio di Vermeer, o che les Demoiselles (sempre ammesso che tu l'abbia visto) sia uno dei quadri più brutti di tutti i tempi!
Devi spiegarmi il perchè é brutto ,altrimenti é inutile.E poi che criterio critico sarebbe il bello e il brutto?
I gusti non fanno testo.
Vale anche per Paolo Uccello (che certo è una meraviglia),ma mi devi dire il perchè.Ci sono dei motivi che lo rendono tale.Altrimenti basta fare solo elenchi di mi piace o non mi piace.
Il tuo é tutto un continuo soggettivismo,ma questo non é un discorso critico,é solo il tuo gusto.Non credo sia il mezzo migliore per comprendere le cose,oltre che rimanerne incantati.
Un buon pittore può pure non piacermi,ma non per questo dirò che non vale.
Coltrane fa una musica affascinante,ma c'è un motivo ben preciso,anche tecnico,non nasce a caso il fascino.E l'ascoltatore attento e competente lo intravede,lo capisce ,cosa che non può che aumentarne il godimento estetico che prova al primo impatto.Questo vale per un quadro,
e per tutte le espressioni artistiche.
Dici:"Allora bisognerà prima studiare e capire cos’era il barocco per poterne apprezzare le opere e goderle?"
Sopratutto capirle direi,il che non guasta,e apprezzarle quindi maggiormente.
Mi dispiace,ma il tuo a me sembra un modo di parlar d'arte un po' ingenuo,naif...che va pure bene,ma abbastanza lontano da un discorso critico probabilmente più interessante per tutti.
E sopratutto non prendertela come se obiettare fosse un tentativo di lesa maestà.

E per Vermeer,lascia stare Picasso poveretto,pure questa gli metti sul gobbo!Come già ti ho detto,chiedi ad un semplice pittore,forse ti chiarirà la cosa.

Josh ha detto...

Vedo che in questi giorni ci intendiamo un po' tutti:-))....

Dionisio ha detto...

Avevo fatta una replica più lunga ma vedo che è sparita. Vabbè non importa, non perdo più tempo con te Johhnny Doe, siamo su poli opposti e non c'e possibilità di intesa, con te; del resto non me ne frega proprio niente. Il pittore dal quale farti spiegare la differenza tra prodotto valido e prodotto non valido secondo criteri estetici dubito che tu l'abbia mai incontrato; certamente avresti tu bisogno che te lo si spiegasse, non io.
Datti pace, hai avuto l'ultima parola, da bravo bambino, e ti basti così. Io con te non parlerò più perché mi annoi; anzi ti pregherei, per il futuro, di non commentare più i miei post perché non posso perdere tempo a replicare alle tue poco stimolanti opinioni. Possiamo svagarci più profittevelmente.

Sympatros ha detto...

Io avevo consigliato di far finta di litigare…… premesso che non possiamo fare a meno di avere punti di vista differenti e che il litigio è l'anima del mondo, si potrebbe far finta di litigare e accontentare quel qualcuno e quella volontà cieca e sotto sotto invece armarsi di noluntas e di furbizia e sfuggire parzialmente a questo necessario beccarsi come i capponi di Renzo

A parole allora mi avete dato torto…. adesso coi fatti mi date ragione!

johnny doe ha detto...

Avevo già constatato qualche commento fa che avevi ragione Sympatros....ma per far finta di litigare occorrerebbe un po' d'ironia...cosa estranea ai dionisiaci...

é proprio un ridicolo problema di lesa maestà...e quest'ultima scomposta reazione infantile del maestrino dionisiaco lo dimostra.
E perchè mai dovremmo intenderci su un pensero unico,che poi sarebbe il tuo?
Ma forse é solo questo che t'interessa...l'arte nulla c'entra...

Quanto all'ultima puerile e terribile esortazione,se il post m'interessa,continuerò a commentare come meglio credo,e la tua replica non é certo indispensabile,sempre a proposito di....
Un saluto a tutti

Dionisio ha detto...

No, Sympatros, non si tratta di usare l’ironia per discutere e sfottersi amabilmente (litigare o fingere di litigare, come dici tu) anche quando si è su posizioni differenti, perché in questo caso non c’è ironia di sorta ma la necessità di sostenere una posizione di fronte all’ottusità di un interlocutore arroccato su una posizione e un concetto errati (insisto errati, ERRATI). E che adesso quell’interlocutore ti chiami strumentalmente ad alleato contro di me rivendicando un’ironia di cui è privo quando dalle contese precedenti con te si capiva benissimo l’insofferenza nei tuoi confronti la dice lunga sulla qualità del soggetto (sulla sua debolezza di fondo, aggiungo).
Dunque, su questo stesso blog ci sono due miei pezzi, uno su Paolo Uccello e uno su Hyeronimus Bosch pubblicati l’anno scorso (te li dovrai cercare perché io sono refrattario ai link, non me ne voglia l’amico Josh) , pezzi che sono apparsi su altri blog (Riscossa Cristiana, Il Culturista, Tocqueville, Il Castello) dove dico la mia sull’opera dei due autori, senza pretendere di aver dato l’interpretazione più esaustiva di questo mondo. Non devo però aver detto cose tanto banali visto che gli amministratori di alcuni di questi blog mi hanno comunicato che i miei pezzi sono stati per gran tempo tra i più letti tra quelli pubblicati sui loro siti (l’ultimo l’ho scoperto io stesso sul Castello tra i più letti nelle ultime settimane, quindi a distanza di un anno circa dalla comparsa sul Giardino). In questi due pezzi, ripeto, potrei anche aver fornito il giudizio critico più acuto del mondo verso i pittori in questione, ma, pur avendo suscitato, come si è visto, l’interesse dei lettori nei confronti della loro opera, io non ho inciso per nulla sulla loro capacità di provare, al cospetto di quell’opera, quella meraviglia, quell’emozione, quell’impressione insomma di trovarsi di fronte a una cosa bella e affascinante. Perché qui sta la questione di fondo: l’arte si rivolge alla sensibilità del fruitore, a quella corda del suo interno che vibra davanti a un manufatto capace di fargli provare piacere, tenerezza, addirittura estasi (perché no?), oppure paura, orrore, disgusto ecc. E non alle sue facoltà di “capire”, perché non è questo il compito dell’arte (ovviamente se si è anche intelligenti non guasta, perché la sensibilità risulta sicuramente più ricca, ma comunque non è alla facoltà di “intelligere” che si rivolge l’arte). E questo lo sapevano molto bene quegli artisti che per primi vollero far parlare la pietra, i Benedetto Antelami, i Wiligelmo, i Piero di Camaino, i quali scolpivano sui capitelli delle colonne e sulle facciate delle cattedrali scene del Vecchio e del Nuovo Testamento rivolgendosi alla sensibilità del popolo (allora per lo più composto da contadini analfabeti) per fargli “sentire” la bellezza la purezza e la verità del Verbo Cristiano e per terrorizzarlo con scene diaboliche dell'inferno per ammonirlo a non deviare dalla verità di quel Verbo. E da allora le cose sostanzialmente non sono mutate, a meno che non si voglia sostenere che la funzione dell’arte sia cambiata; cosa che taluni intellettuali (o presunti tali) potranno anche affermare, ma allora se siamo su questo terreno… non val neanche la pena di discutere.
E quando si sostiene che bisogna motivare “criticamente” il fascino che si prova davanti a un quadro, a qualsiasi quadro o altro manufatto artistico, e qualunque sia l’epoca in cui ha visto la luce, significa che non si è capito nemmeno la stessa funzione dell’arte, che è destinata anche ai più semplici (contadini analfabeti di epoche remote) anche ai bambini, anche agli handicappati mentali (tant’è che tanti studiosi cercano di capire il possibile effetto terapeutico dell’arte su taluni tipi di handicap). Insomma, certe cose o si sanno o non si sanno. E qualcuno, com’è evidente, non sa.

Dionisio ha detto...

P.S. Gli amministratori di questo blog sono pregati di non cancellare i miei commenti, visto che uno precedente è sparito dopo che l'avevo visto salvato.
Mi pare di aver diritto a una replica, dal momento che, tra l'altro, si fa dell'ironia stupida anche sul mio nome; cosa da cui, essendo un gentiluiomo, mi astengo.

Josh ha detto...

@Dionisio, dici:

"P.S. Gli amministratori di questo blog sono pregati di non cancellare i miei commenti, visto che uno precedente è sparito dopo che l'avevo visto salvato.
Mi pare di aver diritto a una replica, dal momento che, tra l'altro, si fa dell'ironia stupida anche sul mio nome; cosa da cui, essendo un gentiluiomo, mi astengo."

?? l'amministratore è Hesperia/Nessie;

io posso cancellare, ma solo nei miei post;
quindi ci deve essere un problema web, nessuno ti ha cancellato i commenti, o almeno nè io nè Saura...nessun altro può esser stato;
io non cancello nulla dei commenti nei post degli altri, al limite cancello solo qualche commento fuori luogo ma nei miei post: gli altri non li tocco e non ci metto mano.

Non so francamente perchè un tuo commento non compaia, ma io non c'entro nulla.

Dionisio ha detto...

OK. Hesperia, non avevo dubitato di te; è probabile che il web faccia di questi scherzi perché sta cambiando registro e in questo periodo resto perplesso davanti a certe proposte che compaiono sullo schermo (non so se si è capito che non sono un drago del computer; chiedo venia, ma il tempo è tiranno e non posso dedicarvi più che tanto).

Definire "terribile" l'invito a non commentare i miei post, un invito dettato dall'irritazione (che taluni atteggiamenti suscitano) mi sembra proprio esagerato. Evvia, non si vive di solo web.

Hesperia ha detto...

La sottoscritta non ha cancellato un bel niente, caro Dionisio. Non cadiamo nelle paranoie, per favore. Dev'essere certamente un errore della piattaforma.
Però devo dire che non mi piace l'atmosfera che è venuta a crearsi in questi ultimissimi tempi. Il motivo per cui ho creato questo blog è quello di attivare un luogo di relax, di dibattito, di scambio di opinioni e di incontro, ma vedo che si è creata la stessa curva sud che sui blog politici. Perciò lo anticipo qui, se questa tiritera dovesse continuare mi riservo il diritto di "admin" di mettere la moderazione. Piaccia o meno.