lunedì 8 novembre 2010

KATHERINE MANSFIELD, EVOCATRICE DI ATMOSFERE DOLENTI


Katherine Mansfield, nata in Nuova Zelanda da una famiglia di pionieri e cresciuta negli studi e maturata nella vocazione letteraria in Inghilterra, trovò la sua linfa di narratrice nei due elementi che componevano la sua personalità: la spontaneità nativa e istintiva del raccontare e l’adesione quasi fisica all’oggetto della narrazione, coniugate a un gusto classico della forma e dello stile; un insieme che si tradusse in una scrittura apparentemente pacata e piacevole, ma in realtà aderente alla vita rappresentata con grande passione e pathos evocativo. E’stata una maestra della short story e si è affermata, pur nella brevità della sua esistenza (è morta di tisi a soli 35 anni), come una delle narratrici più singolari del primo Novecento, di quel Novecento che sperimentava nuovi modi di raccontare e che la colloca, per la sua capacità di svelare in un brevissimo lasso di tempo e in ambienti circoscritti un carattere o il destino di un’intera vita (tra l’altro fu una delle prime a ricorrere alla tecnica del flashback di gusto cinematografico quando la cinematografia era praticamente al suo nascere) accanto ad autori del calibro di D. H. Lawrence, Virginia Wolf e James Yoice. La sua caratteristica peculiare è quella di ridurre al minimo l’intreccio preferendo, come precisò lei stessa in una pagina del suo Diario, “intensificare le cosiddette piccole cose perché davvero tutto sia significativo”. I suoi racconti sono arguti, talvolta caustici schizzi psicologico-ambientali, struggenti ritratti di figure femminili, toccanti abbozzi d’esistenze minime schiacciate dalla ruota implacabile e spesso crudele della vita. La sua scrittura scandaglia minuziosamente i moti più intimi e delicati dell’animo, ma sa anche restituire con tocco magistrale un ambiente e la sua atmosfera. Per questa sua capacità è stata spesso accostata ad un altro grande autore di racconti come il russo Anton Cechov (da lei stessa definito il “suo prediletto”), ma non bisogna dimenticare l’influsso di un altro fine evocatore di atmosfere come Henry James, da annoverare senz’altro tra i suoi maestri.
Alla Mansfield non interessano i fatti, gli avvenimenti, gli accidenti, ma, appunto, ricreare atmosfere che illuminino uno stato d’animo o rappresentino un ambiente, evitando, se non marginalmente, l’introspezione psicologica. Ma il mondo che evoca non è mai consolatorio, pur dietro il tono da intrattenimento colto e suadente mediato dalla novellistica ottocentesca. Le sue forbite descrizioni di luoghi e di ambienti celano un senso di minaccia per le piccole quotidianità soffocanti che ospitano, talvolta suscitando in chi legge un brivido improvviso di orrore. Il suo humour nasconde spesso una sorta di horror vacui di fronte alla vita e un senso dolente di smarrimento rispetto alla sua imponderabilità, al cospetto della quale ci scopriamo privi di difese.
Così, in Garden-Party, una delle sue novelle più significative, il piacere della festa in giardino della famiglia facoltosa di Lara, la giovane protagonista, viene improvvisamente guastata dalla notizia della morte per incidente di un operaio che vive nel piccolo nucleo di misere casupole prospicienti la bella tenuta dei genitori di Lara. E la madre della ragazza non trova di meglio da fare, come gesto di solidarietà per quella morte, di mandare Lara nella casa del defunto con un paniere pieno delle buone cose avanzate dalla loro festa. Lara va avvertendo tutta l’inopportunità di quel gesto e sentendosi fuori posto col suo vestito di pizzo quando entra nella casa dei parenti del trapassato. Ma quando vede il morto, un giovane addormentato ormai lontanissimo da tutti loro, “così remoto, così tranquillo”, rimane sconcertata. “Stava sognando… Che cosa gliene importava delle feste in giardino, dei panieri e dei vestiti di pizzo? Era a mille miglia da tutte quelle cose. Era stupendo, bellissimo”. E quando, tornando a casa, incontra il fratello maggiore, non trova le parole per esprimere il sentimento che ha provato e scoppia a piangere. Riesce solo a ripetere confusamente: “La vita è… vero che la vita è…”
Altro racconto significativo è Felicità, in cui Bertha e il marito Harry ricevono per una cena alcuni amici tra cui miss Fulton che Harry dimostra chiaramente di detestare, mentre Bertha si accorge proprio quella sera di avere con lei impensate affinità di sentimenti e di gusto. Poi, al momento del congedo, ella, per puro caso, non vista, scopre il marito mentre ha un gesto di intimità con miss Fulton. “Le narici di Harry palpitarono; le sue labbra si contorsero in una smorfia disgustosa mentre mormorava: “Domani” e con le palpebre miss Fulton disse: “Sì”.
O la storia, dolentissima, di Miss Brill, un’insegnante zitella che la domenica si reca al parco dove, osservando i tanti quadretti di vita familiare che le si presentano davanti agli occhi, si sente come fosse a teatro, un teatro in cui tutti impersonano un ruolo e di cui lei stessa è parte. “Erano tutti sul palcoscenico. Non erano soltanto il pubblico, non stavano soltanto a guardare… Perfino lei aveva una parte e la recitava tutte le domeniche. Certamente qualcuno se ne sarebbe accorto se lei non fosse venuta”. Poi, un ragazzo e una ragazza vengono a sedersi sulla sua stessa panchina. “No, adesso no” disse la ragazza. “Non qui, non posso”. “Ma perché? Per quella vecchia scema là in fondo? Chissà cosa viene a fare qui - chi la vuole? Dovrebbe starsene chiusa in casa, con quel muso da vecchia scimmia che si ritrova”.

Miriam

11 commenti:

Hesperia ha detto...

Benvenuta tra gli e le Esperidi Miriam! Cominciavo a sentirmi in minoranza a causa della prevalenza maschile nel Giardino :-)

Per fortuna hai fatto il tuo esordio con una narratrice di tutto rispetto come la Mansfield con cui ho avuto un approccio precoce a partire dalle scuole medie, dove ebbi la fortuna di leggere un suo racconto nella mia antologia, che ricordo con tanto affetto, perché lì c'era anche il buon Kipling.
Ho sempre amato le narratrici inglesi (con l'eccezione forse della Wolf che non prediligo).
Sanno raccontare con grande attenzione gli ambienti interni e socio-familiari. Penso a lei, ma anche alla Austen, alle sorelle Bronte, a George Eliot.

La prosa di Katherine Mansfield è limpida e cristallina. Ha avuto una vita tribolata, avventurosa e anche anticonformista, per quell'epoca e tu ce ne dai un resoconto puntuale ed esaustivo.

Dionisio ha detto...

Katherine Mansfield è certamente una delle scrittrici più interessanti del Novecento. Molto meno cervellotica e lambiccata di Virginia Woolf (che era sua amica, ma nei suoi diari confessò di esserne gelosa), riesce a raffigurare in poche pagine tutto un ambiente o una personalità e a metterne in luce i lati a volte grotteschi, a volte patetici, a volte inquietanti con un improvviso tocco di dissonanza, come una pianista che esegua una melodia tranquilla e poi ti faccia sobbalzare con un improvviso accordo drammatico o tragico.
Nei racconti della Mansfield c'è sangue vivo, nervi che vibrano, cuore che batte: c'è la vita, insomma. E' lei ha il dono di rappresentarla facendoti "entrare" dentro ciò che rappresenta e quasi camminare e respirare, dentro i luoghi e nelle anime dei personaggi.
Complimenti a Miriam per la sua capacità di cogliere questi aspetti salienti della grande scrittrice inglese.

marshall ha detto...

Benvenuta Miriam,
al tuo esordio, parlando di una donna.
Parlare di una donna, per giunta una poetessa, è il tema che avevo già da tempo in animo anch'io. Era già in abbozzo fin dall'altro ieri, prima dell'uscita di questo tuo su Katherine Mansfield, per cui non spiacerà agli Esperidi di vederselo riproporre la prossima settimana. Oltretutto per me sarà un esordio in questo tema, per me del tutto inusuale, e fuori dalle mie tematiche di fondo. Sarò quindi curioso io stesso di vedere come me la caverò.
Ed ora vado a leggere, e scusate tutti il fuori tema.

paolo ha detto...

Salve a tutti. Ho letto Garden Party, pubblicato nella piccola biblioteca Adelphi. Ce lo indicò la nostra prof di Inglese quando ero alle superiori.
Devo dire che mi è piaciuto molto e che trovo davvero interessante questa scrittrice che eccelle nelle short stories.
Per quanto riguarda la sua rivalità con la Wolf, sembra che non avesse impedito a quest'ultima, di adoperarsi per far pubblicare presso la prestigiosa Hogarth Press (casa editrice sua e di suo marito) i racconti di Katherine Mansfield.

Miriam ha detto...

Grazie a tutti per la buona accoglienza a me e alla nota che ho buttato giù su Katherine Mansfield. La lettura è uno di quei piaceri che si prendono da ragazze e a cui poi non si può più rinunciare. Naturalmente ognuno di noi si crea una sua antologia di autori prediletti a cui continua a far riferimento e che, col tempo, impara a conoscere discretamente. La Mansfield l'ho conosciuta via via attraverso vari volumi; poi, recentemente, mi sono procurata un'edizione completa dell'opera narrativa e la conoscenza si è approfondita ulteriormente. Anch'io,cara Hesperia,apprezzo molto le scrittrici inglesi che elenchi,in particolare la Austen e le sorelle Bronte.

Nessie ha detto...

Miriam, tanto per rimanere nel tema della letteratura inglese, allo straordinario romanzo "Cime tempestose" di Emily Bronte e alle varie versioni pittorico-artistiche, musicali e cinematografiche ispirate ad esso ispirato, ho dedicato su questo spazio un post:

http://esperidi.blogspot.com/2008/04/quelle-cime-per-sempre-inaccessibili_12.html

Quel che mi preoccupa non poco è la perdita dell'esercizio della lettura presso le nuove generazioni.

Marcello di Mammi ha detto...

Miriam
Innanzi tutto il mio benvenuto da assiduo frequentatore del blog.
Purtroppo i miei interessi sono alquanto distanti da questo tipo di letteratura, ciò non toglie che legga sempre tutti i post, con molto piacere, che qui vengono pubblicati e quando ho qualcosa che ritengo interessante e/o opportuno commento.
Francamente su questo post non sapevo cosa dire, oltre se solite ovvietà, quando stamani cercando su internet notizie sul libro di Enoch scritto da Mario Pincherle, ho visto che questo scrittore,forse un po'esoterico anche se su buone basi scientifiche, è anche autore di un libro su Katherine Mansfield. Se non avessi letto il tuo post sarei passato oltre, ma penso che come notizia collaterale potrebbe interessarti, semprechè non ne fossi già conoscenza.
Questo il link
http://www.macrolibrarsi.it/libri/__Katherine-Mansfield.php

Ciao
Marcello

Josh ha detto...

Benvenuta Miriam! e Complimenti per il tuo post d'esordio qui.

La Mansfield è una scrittrice straordinaria anche per me.

Tra le signore citate, a me piace molto anche Virginia Woolf, invece non mi fa impazzire Jane Austen, ma solo nei termini in cui la avverto molto, forse troppo, rivolta al mondo femminile.

Josh ha detto...

@Marcello:
Conosco un po' i testi di Pincherle, ma non quello sulla Mansfield.
Al di là di testi più storico-scientifici, o ipotesi di facile presa, consentimi di affermare che
'esoterico' a mio avviso lo è solo fino a un certo punto,
il suo punto di vista è chiaramente avverso principalmente al cristianesimo, da porre in un'ottica di disgregazione voluta di credenze:
del resto la sua è una formazione chiaramente ebraico-talmudica, intendo tende a screditare l'interpretazione cristiana dell'AT tramite, per es. ...leggende come il libro di Enoch (testo non canonico per i cristiani, siano cattolici o evangelici, senza veri richiami con il resto della Bibbia) e con vangeli gnostici o similari, che negano la resurrezione di Cristo, o che sostengono sia vissuto fino a 80 anni in India con 50 figli avuto da 40 belle mogli....(senza agganci veri con il resto del canone)....
l'intento è palese, e il modo di accettare testimonianze anche spurie da altre leggende non molto comprovate ricorda l'esegesi talmudica molto libera e fantasiosa applicata da loro anche alla Bibbia fino a costituire una 'altra' Tradizione.

Marcello di Mammi ha detto...

Josh
infatti avevo scritto "un po'" esoterico. Il libro di Enoch parla di Vigilanti, propabilmente angeli, inviati sulla Terra che poi accoppiandosi con donne terrestri avevano generato i giganti ed infine decaduti etc,sto andando a memoria e mi fermo qui altrimenti l'OT diventa troppo lungo.

Tornando al libro sulla Manfield Il titolo
" Katherine Mansfield una Strana Morte"

e la domanda
"Aveva davvero scoperto Katherine Mansfield il segreto dell'immortalità?"

Direi che si può parlare di esoterismo.Magari non nel senso originale di dottrina segreta od occulta, ma nel suo significato più comune di misterioso riferito a fatti apparentemente incomprensibili.
Ciao

Anonimo ha detto...

Molto bello l'articolo, sistema gli errori di stampa Woolf e Joyce