martedì 5 aprile 2011

Hokusai, Giappone e alcune altre cose

(K.Hokusai "Ortensia e Rondine")

In un periodo come questo, tra accadimenti catastrofici e dolorosi, viene spontaneo dedicare un omaggio a quella civiltà antichissima e preziosa che è stata ed è quella giapponese, che personalmente in alcuni suoi aspetti ho sempre amato. Il suo modo di rappresentare la natura e la vita, il suo approccio sottilmente filosofico in ogni aspetto dell'esistenza, che sa mescolare in maniera ammirevole quotidianità e sublime, è da sempre parte integrante dello spirito giapponese.

Katsushika Hokusai, l'artista dell'argomento scelto, è stato una figura particolare: vissuto tra 1760 e 1849, è stato un realizzatore di Ukiyo-e (stampa d'arte molto curata, realizzata su blocchi di legno, di vario soggetto), è forse uno dei più famosi pittori, ed è noto per aver influenzato con parte del suo stile anche Van Gogh. Tra le opere più note di Hokusai ci sono le "Cento Vedute del Monte Fuji".
Riposto dietro all'Ukiyo-e, vi è un contenuto in origine derivato dal Buddhismo: rappresentava la dimensione della fugacità dei beni terreni, la fragilità della bellezza, summa di perfezione formale e caducità,
da cui il sapiente doveva evolversi ed innalzarsi: vi era sottinteso un valore di ammaestramento e saggezza. Ma col tempo, scompare il soprasenso originario, e il genere di pittura e stampa divengono quasi una ricerca del piacevole, della bellezza e dell'estetismo in cui il mondo giapponese che si andava rinnovando amava specchiarsi.
Al posto dell'ispirazione filosofica iniziale, prende piede una 'modernizzazione' che ha a che fare col nuovo Giappone, quello del post 1600, che fugge dal suo stesso rigore formale e concettuale, e incomincia a sognare, vivere e rappresentare feste, il piacere più o meno proibito, la vita notturna, il teatro kabuki, la mondanità. Ma la natura rimane sempre 'divinizzata' e sacra nella cultura giapponese.

Qui "La Grande Onda" nelle vicinanze della Costa di Kanagawa, dalla serie delle "36 Vedute del Monte Fuji" 1830-32, che diviene tristemente paradigmatico se rapportato alla catastrofe odierna:

L'immagine è divenuta tra i simboli più diffusi dell'arte di raffigurare del Giappone. Acqua, potenza della natura, e in lontananza il Monte Fuji nella sua eterna immobilità.
Hokusai nel corso della lunga carriera ha affrontato più volte il tema dell'onda e dei vortici d'acqua, argomento che è comunque un classico in tutta la cultura giapponese. Da notare l'incredibile modernità, quasi contemporanea, delle sue soluzioni grafiche.


Se è principalmente nel modo di riprendere la vegetazione, i fiori, con il grafismo giapponese tipico, che si nota il l'influsso di Hokusai in Van Gogh, è pur vero che i debiti degli Occidentali con Hokusai (e anche altri giapponesi di genio, Hiroshige Utagawa su tutti per esempio) hanno a che fare anche con l'idea del paesaggio dell'Ukiyo-e (lett. "immagini del mondo fluttuante") come per esempio Manet, Monet, Degas, Gauguin ma anche Klimt.
Ne parlava anche Edmond De Goncourt che nel 1896 notava, nella prima monografia su Hokusai, il debito che già molti Impressionisti avevano con il Nostro, come in futuro ne avrà ogni decorativista, Schiele compreso.


(su fondo blu, Cardellino e Albero di Ciliegi)

Si parla infatti di vero e proprio "Giapponismo" (dal francese "Japonisme") nella pittura occidentale in alcuni casi. La contaminazione è dovuta inizialmente all'arrivo delle stampe giapponesi qui da noi, a partire dall'Olanda (stato con cui il Giappone commerciava), e solo in seguito in Francia, grazie alla Compagnia delle Indie, poi diffuse in tutta Europa.
Alcuni fattori visivi ricorrenti che si notavano dalle stampe erano: argomento quotidiano, rappresentazione tendenzialmente piatta e a due dimensioni, linee curve per suggerire l'idea del movimento, colori netti, assenza di prospettiva, decorativismo, concettualizzazione e stilizzazione della rappresentazione.
Si diffuse una vera e propria moda del collezionare stampe giapponesi tra 1850 e 1870.
Dell'influsso giapponese sui grandi europei sono un piccolo esempio i seguenti dipinti:

_Edouard Manet , nel "Ritratto di Emile Zola", che mostra in alto verso destra un'immagine giapponese, a segnalare storicamente l'avvenuto incontro:


_Il lussureggiante "Ponte giapponese a Giverny" di Claude Monet:


In Van Gogh gli esempi sarebbero moltissimi, dal momento che lo stesso artista ammetteva che l'influsso giapponese aveva agito su di lui anche nel dipingere il grano, gli uccelli, e per la gestione del colore e del movimento delle masse cromatiche. Un altro influsso giapponese è senz'altro anche nell'arte del comporre, intesa come maniera nuova di accostare gli oggetti nel quadro.
Anche se l'influsso nella decorazione e nella rappresentazione di fiori e vegetali è il più evidente, per es. in "Mandorlo in fiore" (a destra, fondo azzurro).



















La chiusura del post è affidata ad un Haiku (breve composizione di 3 versi, in cui una visione della natura diviene pretesto per una breve riflessione, spesso introspezione della differenza tra natura esterna e sentimento all'interno del poeta) di Matsuo Basho (1644-1694):

"Primavera"

Dilegua
l'eco della campana del tempo:
persiste

la fragranza dei fiori.

Ed è sera.



Josh

17 commenti:

ROY ha detto...

Bellissimo post Josh,che ben illustra cosa stava alla base di questo grande artista e l'influenza che ha avuto sui pittori che menzioni.
A tal proosito,ricordo l'impressione indelebile e che ho ancora negli occhi,delle stupende opere "stlie giapponese" di Van Gogh ad Amsterdam.
Non c'è illustrazione che tenga,bisogna vederle dal vero,son rimasto stupefatto dalla delicata raffinatezza coloristica tanto lontana dal Van Gogh più conosciuto.
Arrivo a dire,quasi meglio,degli originali giapponesi.

Josh ha detto...

Grazie Roy, che gentile,
e benvenuto nel blog.
Anch'io ho visto il Museo Van Gogh ad Amsterdam...erano i primi anni '90, ma il ricordo è rimasto indelebile anche a me.
Per esempio, la penultima opera verso il fondo era nella brochure di quel Museo che conservo ancora da qualche parte:-)
Sì, rispetto agli originali giapponesi Van Gogh ha operato una specie di trasfigurazione.
E' chiaro che l'ispirazione da quel mondo in lui c'è, come nel "Pere Tanguy", "La Cortigiana"...

http://blogs.princeton.edu/wri152-3/f05/dtso/japonaiseries_1.html

ma nelle sue dirette discendenti dalle nature giapponesi c'è un uso del colore molto vivo, di una specie di bellezza "violenta".

Nessie ha detto...

Post davvero suggestivo, Josh, di cui si sentiva un po' la necessità, visto che parli di un popolo tanto dignitoso e attualmente colpito da grande sventura, che però non ha leso la sua compostezza.
Conoscevo molte delle pitture decorativa che hai mostrato e l'onda-mostro di Hokusai è diventata molto famosa ogni volta che si parla di un cataclisma come il maremoto. La mostrarono in occasione dello tzunami indonesiano del 2004 e viene molto replicata. Ho visto di recente a Lugano anche la grafica erotica di Utamaro, altro artista di interesse. E forse tra gli illustratori che gli devono molto c'è Aubrey Beardsley, con quel suo tratto di china sinuoso.

Hai fatto bene a ricordare come tutta l'arte giapponese (anche quella di disporre i fiori in mezzo ad un tavolo)fa perno intorno allo Zen. E già che parliamo di fiori, impossibile non ricordare la scena del pescheto di Kurasawa in "Sogni", dove lui ha addirittura dipinto e rafforzato i colori della pellicola.

Hesperia ha detto...

Mi ricollego ai commenti precedenti per indicare come la filosofia del buddismo Zen sia sempre presente anche nelle composizioni poetiche. Tu hai fatto cenno agli Haiku, breve componimento poetico senza alcun titolo, che elimina fronzoli lessicali e congiunzioni, traendo la sua forza dalle suggestioni della natura e delle stagioni. Esso richiede una grande sintesi di pensiero e d'immagine. Direi che il saper cogliere l'attimo fuggente è parte integrante del pensiero paradossale Zen e in questo senso l'Haiku, è anche a suo modo Poesia (e poetica) del paradosso e dell'accostamento inatteso.

Josh ha detto...

@Nessie:
notevole Utamaro! :-)
ah era a Lugano la mostra....certo che tu da lì ti puoi muovere molto più facilmente.
Senz'altro Aubrey Beardsley subisce un forte influsso dalla sensuialità giapponese e orientale in genere.

Josh ha detto...

Nessie "Hai fatto bene a ricordare come tutta l'arte giapponese (anche quella di disporre i fiori in mezzo ad un tavolo)fa perno intorno allo Zen."

sì, per loro è una questione anche se non soprattutto filosofica. L'arte della disposizione/composizione è nel dna di questo popolo fin da secoli remoti.


Nessie: "E già che parliamo di fiori, impossibile non ricordare la scena del pescheto di Kurasawa in "Sogni", dove lui ha addirittura dipinto e rafforzato i colori della pellicola."

che film visivamente splendido che hai citato...ma io non faccio testo...a me Kurosawa è sempre piaciuto. Ma nei "Sogni" la cura formale arriva al punto estremo, infatti.

Josh ha detto...

Proprio vero Hesperia che la filosofia del buddhismo Zen presiede anche la poesia giapponese, oltre che le immagini...anche in poesia, si tratta pure di "composizione di parole", certo, ma proprio nel senso dell'ordine di disposizione, arte dell'accostare. E' uno di quei casi in cui la forma diviene parte integrante della sostanza, perchè provengono entrambe da una volontà filosofica.

L'haiku nella sua essenzialità è a suo modo paradigmatico di questa maniera di intendere le cose. Un'arte della sintesi estrema. E' proprio come dici: tra l'altro non sono infrequenti, pur in questa essenzialità, accostamenti inattesi, per fare scaturire significati "altri" e più profondi...diversamente da come si comporta la figura logica e retorica dell'analogia.

paolo ha detto...

Sono un profano delle arti e chiedo venia se non sono così addentrato come voi, ma mi pare che in questi segni grafici giapponesi ci sia già in nuce un po' di quel fumetto che poi prenderà piede. Ecco magari ce ne sono alcuni che sono un po' commerciali, ma altri che sono diventati fumetti d'autore apprezzati nel mondo. Saluti

Josh ha detto...

Indubbiamente è vero quel che dici Paolo, quella giapponese è una cultura grafica, prima che pittorica...si capisce anche dalla particolare scrittura ad ideogrammi.

Il segno è per loro anche il gesto e l'idea, il concetto.

Molto di più di quanto non sia per noi la pura e semplice "lettera".

In questa cultura grafica del segno germogliano molti concetti, così come se ne specchiano altri.

Sui fumetti è forse più esperta Hesperia, ma la cosa che dici è verissima, infatti. Anche il fumetto d'arte nasce nel caso giapponese dalla stessa cultura del segno a cui ho accennato qui. Certo, a parte quelli commerciali, ci sono anche fumetti d'autore, e le saghe dei manga di qualità...
E i cartoni animati? alcuni hanno segnato l'immaginario di generazioni.

ma anche in questo settore alcuni sono realmente di pregio.

Josh ha detto...

Aggiungo, dall'osservazione di Nessie, una cosa più in generale.

Kurosawa in "Sogni", che interviene sulla pellicola dipingendola, dice molto sullo spirito giapponese nella concezione dell'immagine,
ma non è un caso isolato.

Molti film muti nostrani erano...a colori e non in bianco e nero. Venivano dipinti a mano...è che col tempo l'imbibizione manuale della pellicola dei nostri antichi film si è molte volte perduta, lasciandoli così in b/n.

paolo ha detto...

E difatti io pensavo che l'onda di Hokusai fosse un disegno a fumetti, un fumetto d'autore, senza sapere che il suo autore l'aveva disegnata in pieno Ottocento. Forse perché l'indomani della tragedia di Fukushima i giornalisti l'hanno riportata in sovraimpressione con la sagoma delle centrali nucleari invece che col Monte Fuji. E allora lì per lì pensavo fosse un'opera recente.

Hesperia ha detto...

"Molti film muti nostrani erano...a colori e non in bianco e nero. Venivano dipinti a mano...è che col tempo l'imbibizione manuale della pellicola dei nostri antichi film si è molte volte perduta, lasciandoli così in b/n. "

Infatti, e anche film non muti come il Blow Up di Antonioni, il quale dipinse l'erba per renderla più verde. Certo Kurasawa è altra cosa e la sua cifra è la lentezza sontuosa e ieratica che se venisse imitata da un regista occidentale darebbe quasi fastidio.

Cabiria ha detto...

Per chi come ne me non ha la possibilità di girare il mondo e visitare le opere d’arte esposte nei musei delle grandi metropoli, viene in questo Giardino e soddisfa la propria curiosità e appaga il desiderio di sapere e conoscere ciò che non sa, su argomenti che sollevano lo spirito e ristorano la mente oppressa da problemi nazionali quotidiani. Grazie all’autotrice del blog Hesperia ed al Sig. Josh, autore del post, che mi avete fatto conoscere questo artista giapponese e alcune sue opere interessanti e deliziose da ammirare.

Josh ha detto...

@Paolo: in effetti, l'onda di Hokusai sembrerebbe di oggi, invece appartyiene a una cultura grafica antica:-) e attualissima

Josh ha detto...

Grazie Cabiria, che gentile...

Sì veramente sul Giardino volevamo un attimino alleggerirci rispetto ai temi di Sauraplesio/Loch e della cronaca :-)

Certo a volte si può fare anche un uso più o meno onesto della cultura e dei suoi simboli, ma penso che anche per questo vada approfondita, e insomma ci proviamo.

per "viaggiare" da fermi...se vuoi, il blog a più mani è nato da un po', ci sono post riusciti, anche letterari e non solo visivi, ad opera di più autori, anche nelle pagine arretrate.
Cerca pure, alcuni ci hanno coinvolto, magari ti piacciono. A presto e passa quando vuoi.

Josh ha detto...

@Hesperia:
Antonioni tra l'altro ha usato a sua volta momenti lenti, o meglio di stasi nei piano-sequenza, in maniera descrittiva, per far scaturire verità filosofiche dal suo testo-film, nella ripresa insistita della realtà.

Ma aveva in mente la sua teoria dell'incomunicabilità in età contemporanea, certo, e non la lentezza filosofica orientale e buddhista:-)

Sì ricordo che dipinse l'erba di verde per Blow up.
Interventi particolari li effettuò anche su Deserto Rosso, fece ridipingere cantieri, fili della luce, pali e tratti del porto per le riprese.

Quando per regista si intende, come diceva Godard, il Grand Imagier, il Visionario, che 'vede' il film prima ancora delle riprese.

la lentezza di Kurosawa è come dici 'ieratica' a più a che fare con la sacralità della visione, e non con l'infrangere lo specchio del visibile.

Josh ha detto...

Faccio notare anche che ci sono molti simboli per il terremoto e l'inondazione-tsunami conseguente nella cultura figurativa giapponese.

Uno degli altri simboli è il leggendario, gigantesco pesce gatto "Namazu" simbolo appunto di queste sventure.

Lo si può vedere in relative stampe qui:
http://pinktentacle.com/2011/04/namazu-e-earthquake-catfish-prints/