Si tiene a Firenze, a Palazzo Strozzi, una mostra di notevole interesse, (cfr.titolo),
indirettamente e curiosamente vicina a temi incandescenti di questo periodo nei nostri blog e nell'attualità.
(Nella foto sopra, Jean Provost, "L'avaro e la morte" 1505-1515)
Aperta dal 17 settembre fino al 22 gennaio 2012, nasce da un'idea di James M. Bradburne, curata da Ludovica Sebregondi e Tim Parks.
Dal punto di vista dell'offerta di opere di pregio, c'è stato un notevole lavoro di organizzazione con tele di Botticelli, Beato Angelico, Piero del Pollaiolo, Della Robbia, Lorenzo di Credi, alcuni fiamminghi, da tutto il mondo.
In pratica, i maggiori esponenti del Rinascimento paiono narrare, attraverso un itinerario per immagini, il fiorire del sistema bancario in analogia alla loro epoca. La mostra intende anche connettere le vicende economiche e i fatti dell'arte ai mutamenti filosofici, religiosi e politici.
(Botticelli, "la Calunnia", 1497)
L'esposizione narra alcune tappe della storia del sistema bancario, approfondendo aspetti di vita ed economia europea dal Medioevo al Rinascimento. Documentate anche alcune vicende delle famiglie che ebbero il controllo del sistema bancario d'allora, nel conflitto molto avvertito in quell'epoca tra valori spirituali ed economici.
(Marinus Van Reymerswaele, "Gli Usurai" 1540)
Pur all'interno della corretta storicizzazione, nascono alcune osservazioni.
Si tratta di un'antica questione: ovviamente le banche perseguono un utile, terreno, materiale, speculativo, mundano.
Il mondo cristiano invece, cattolico in particolare, avverte, e molto di più avvertiva come peccato il prestito con interesse, la speculazione e ovviamente l'usura (inutile persino dirlo, l'episodio presente in tutti e 4 i Vangeli, con la cacciata dei mercanti e dei cambiavalute dal tempio, e numerosi altri punti);
parte del mondo protestante e calvinista classico, anglosassone specialmente, ha una visione differente dei capitali, interpretati come benedizione divina di cui godere appieno: c'è sicuramente anche questo nel cristianesimo, tutto dipende dall'equilibrio degli aspetti e dall'etica dell'uso dei beni, ma ad un certo punto l'attenzione al "Regno qui e adesso" conduce all'eresia statunitense del "vangelo della Prosperità": qui la maniera di considerare il conflitto tra utile ed etica spirituale allora è molto differente e ...brillantemente risolto.
Ciò non toglie che in filigrana a queste apparentemente minime differenze, questa diversità d'approccio ha invece segnato con stili di vita e scelte valoriali nettamente divergenti il mondo cattolico postlatino e il mondo calvinista anglosassone d'allora e di oggi, nazioni se non continenti, al di là delle forme oggi imperanti ovunque, dovute alla globalizzazione di modelli non nostri che tendono a uniformare tutto il globo.
(Botticelli, Madonna col Bambino e san Giovannino, 1500)
In un certo modo, il mito del mecenatismo d'arte sotteso comunque alla mostra, compare legato alla disponibilità stessa dei banchieri, che finanziarono proprio le scelte d'arte e investimento delle case regnanti:
la mostra pare un po' suggerire che fu questa convergenza, tra famiglie di potere/regnanti e banchieri, a rendere possibile finanziare i più importanti artisti rinascimentali.
Come a dire, senza le banche (strutturate però come a quel tempo) non avreste avuto il Rinascimento.
Indubbiamente la prosperità concreta aiuta ad investire nel Bello e a circondarsi di preziosi,
non sono però di questa opinione data la complessità anche teorica e ideologica dell'Umanesimo e Rinascimento, che non sono il mero frutto delle banche, e mi pare che giungere a questa conclusione meccanicamente sia una forzatura.
(Marinus Von Reymerswaele, "Il cambiavalute e sua moglie", 1540)
A mio avviso comunque molto ben pensata e organizzata, in cerca di una storicizzazione efficace intorno ad alcuni eventi, non posso personalmente fare a meno di pensare che ci sia nella mostra (sarà una malizia mia, chiedo venia) come un tentativo sotterraneo di "elevazione" della fama attuale delle banche, connettendole adesso proprio all'arte che amiamo di più,
come nel desiderio di recuperare consenso e allure presso il grande pubblico, in una fase storica come l'attuale di crisi e inaffidabilità,
in cui l'immaginario odierno non vede poi tutta questa artisticità e umanesimo nelle banche di oggi, quanto piuttosto
l'inquietudine dinanzi alla turbofinanza, agli hedge funds, ai prodotti finanziari "derivati", ad alcune scelte della BCE, alla scandalosa finanza americana, ai crolli dei più vari istituti di credito che devono poi essere salvati in extremis ricapitalizzandoli con il denaro degli Stati quindi dei cittadini, al declino del dollaro e dell'euro ormai monete irreali, alla scomparsa delle banche nazionali e della zecca per aprirsi a banche private eppure "centrali", alle pressioni dei poteri forti e della finanza internazionale sulle scelte degli Stati, in una società che ha fatto mercato anche della dignità dei cittadini.
Nel forte contrasto con il presente, sempre la malizia sicuramente mi suggerisce che ci sia un desiderio di ricerca di fiducia da parte dei banchieri, inserendo proprio lì l'istituzione banca, finanziatrice di arte e bellezza, in un tranquillizzante mitico passato dorato che sappiamo, tra le virtù di un tempo, per parere appartenerci di più e approssimarsi a noi attraverso l'arte.
(Fiorino d'oro III serie 1252-1303)
Ma proprio a questo punto, per chi volesse fare improponibili paragoni col presente, giova ricordare che il concreto successo fiorentino d'allora, il surplus e l'unicità di quel tempo, fu concretamente simboleggiato dal fiorino d'oro, moneta - segno e sostanza di ricchezza reale, di una terra effettiva e di ben definita identità, con economia vera.
Allora, nella realtà come nella filosofia del tempo, ancora la res corrispondeva ai signa.
Questa è una delle sottaciute chiavi di lettura possibili e insieme chiave di volta della mostra.
Oggi abbiamo "monete" che sono signum, inteso come parvenza stampigliata di qualcosa, ma poi non c'è la res, la sostanza, la cosa in sè.
Questa è la prima differenza che deve obbligatoriamente saltare agli occhi, se usciti dalla mostra vogliamo proprio domandarci come siamo finiti nella situazione d'oggi.
Invece fu proprio la realtà sostanziale del fiorino d'oro, moneta vera dell'economia vera della Firenze d'allora, che segnò gli scambi commerciali in tutto il mondo, a simboleggiare il fatto che da una moneta reale, espressione di una terra reale, nacque una civiltà reale, diversamente da oggi.
Da una moneta finta o virtuale invece...
Fate dunque i vostri debiti conti.
(strumenti di misura, bilancia per oro e pietre preziose)
La mostra propone anche dettagliate raffigurazioni del mestiere del banchiere (per lo più di artisti fiamminghi) di valore documentario notevole, per testimoniare il periodo in cui Firenze era la riconosciuta capitale finanziaria del mondo.
L'esposizione documenta quindi anche il potere fiorentino in Europa, e i meccanismi economici che permisero ai fiorentini di dominare gli scambi commerciali e di finanziare opere rinascimentali, grazie alla realtà della loro ricchezza locale.
Si accenna ai sistemi con cui i banchieri crearono patrimoni, la gestione dei rapporti internazionali e si chiarisce che la nascita del mecenatismo moderno d'arte ha origine spesso come gesto penitenziale per trasformarsi poi in simbolo di potere.
Tutt'oggi abbiamo turbofinanzieri che fondano cosiddette società di beneficenza, con attività scalabili fiscalmente negli USA, più spesso istituti attraverso cui influenzare la percezione delle masse, centri di elaborazione di chiavi di lettura del presente pro domo sua, think tanks, persuasi così di lavarsi la coscienza e fieri di essere conosciuti come "filantropi". Ugualmente all'epoca l'affarismo bancario era addolcito e reso più accettevole a sua volta dal finanziare anche "Il Bello".
(Lorenzo di Credi, "Dama dei gelsomini", 1485-1490)
I Medici stessi sono emblema della tendenza di allora dell'usare i guadagni per farsi perdonare peccati creando bellezza. La storica dell'arte Ludovica Sebregondi ricorda l'impegno del banchiere Cosimo il Vecchio per il recupero della basilica di San Marco. I guadagni concessi dal fiorino
d'oro, divenuta moneta base dell'economia europea, concedono attraverso il mecenatismo d'arte una possibilità di riscatto all'antico peccato di usura.
La Dott.ssa Sebregondi, autrice anche della "Iconografia di Girolamo Savonarola. 1495-1998", e lo scrittore e traduttore Tim Parks autore de "La fortuna dei Medici" e di riflessioni su finanza, teologia, e arte nel 1400, fanno sì che la mostra sia un continuo dialogo tra due punti di vista, con diversi e opposti tagli d'indagine sul tema.
L’obiettivo raggiunto è comunque osservare l’arte in maniera interdisciplinare, coinvolgendo economisti, politici e diplomatici e raccontando le radici del Rinascimento fiorentino nell’ottica delle relazioni fra arte, potere e denaro d'allora.
Il campo di tensioni tra argomenti in contrasto è inevitabilmente già compreso negli argomenti stessi:
denaro-affari e talento d'arte, banche e ispirazione iperurania d'artista, Mammona e Dio, beni terreni e anima incontenibile, finitezza ed eternità, lusso estremo e richiamo ad autenticità e spoliazione, questo mondo e la santità dell'altro, moneta reale in oro di ieri e carta straccia oggi.
(Pietro Torrigiano, Busto di Lorenzo il Magnifico, 1515-1520, terracotta policroma)
Tra i consulenti della mostra: Franco Franceschi, Professore di Storia medievale all’Università degli Studi di Siena-Arezzo,
e il nutrito comitato scientifico: Cristina Acidini, Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze (Presidente); Alessandro Cecchi, Direttore della Galleria Palatina e dei Giardini di Boboli; Dora Liscia, Professore di Storia delle Arti Applicate e dell'Oreficeria all’Università degli Studi di Firenze; Robert Mundell, premio Nobel per l'Economia; Beatrice Paolozzi Strozzi, Direttore del Museo Nazionale del Bargello;
...Jacob Rothschild;
Gerhard Wolf, Direttore del Kunsthistorisches Institut in Florenz-Max Planck Institut.
(Ludwig von Langenmantel, "Savonarola predica contro il lusso e prepara il rogo delle vanità", 1881)
Il percorso è dunque molto complesso e ovviamente non esauribile per le numerose implicazioni nello spazio di un post.
Presenti anche i capolavori realizzati per le stesse famiglie di banchieri, testimonianza di arte e storia, mentre la mostra si chiude con la visione di una società in crisi, nella rappresentazione di un contrasto, con il fenomeno politico-religioso di Savonarola.
Il frate, con i “bruciamenti delle vanità”, poi arso a sua volta, rappresenta la violenta reazione antilusso e antidecadenza, moralizzatrice e apocalittica-millenarista, durante la crisi politica sfociata nella Repubblica, dopo la morte di Lorenzo il Magnifico.
Josh
venerdì 7 ottobre 2011
Denaro E Bellezza. I Banchieri, Botticelli e il Rogo delle Vanità.
Pubblicato da Josh alle 14:00
Etichette: arte ed economia
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47 commenti:
Un bel tema davvero, Josh. Però la verità emerge in filigrana su quella tua battuta sul fiorino. Dove c'era moneta vera, c'è stata arte vera, bellezza vera e un periodo di prosperità per i popoli che ha dato avvio alle arti, alla filosofia, alle lettere e che ha reso unico il nostro Paese.
Se vai in giro ultimamente le più grosse Banche si piccano di sembrare gallerie d'arte. A Lugano è già accaduto che le banche svizzere espongano autentici capolavori nelle loro vetrine. Embé?
e questo che vuol dire che le banche produrebbero genialità? La banche possono solo comprare e in molti casi , perfino requisire i capolavori fatti da altri e in epoche dove non erano le banche i committenti.
"l'inquietudine dinanzi alla turbofinanza, agli hedge funds, ai prodotti finanziari "derivati", ad alcune scelte della BCE, alla scandalosa finanza americana, ai crolli dei più vari istituti di credito che devono poi essere salvati in extremis nazionalizzandoli con il denaro degli Stati quindi dei cittadini, al declino del dollaro e dell'euro ormai monete irreali, alla scomparsa delle banche nazionali e della zecca ...".
Ecco vorrei correggere brevemente il termine "nazionalizzandoli", perché in realtà non nazionalizzano proprio niente (magari!).
Semmai "ricapitalizzano" con soldi dei cittadini. Poi tornerò sul tema. Ciao!
Ops Grassie! E' talmente vero quello che hai detto che l'ho corretto.
tsè, pia illusione ormai la 'nazionalizzazione ' di qualunque cosa.
E nessuno ha più il potere e l'autorità per farla.
Sono arrabbiato in questo periodo proprio per questa serie di vicende, vanno tutte in una sola direzione....
a allora scrivo d'istinto andando giù della grossa ed era una scoria della malacopia rimasta prima della stesura definitiva.
Nulla è stato "nazionalizzato" nè lo sarà! Non è certo quello il programma, ma la distruzione degli Stati, che è già a buon punto, ci lamentiamo infatti sempre che di nazionale non c'è nulla.
Ancora per un po' c'è la BCE 'centrale' per l'Eu, presto nemmeno quella se arrivano a realizzare l'unica banca mondiale-"and the world will be as ONE":
dopo sì saremo tutti "uguali". Dipende cosa "ugualmente" condivideremo: di sicuro pochissimo e nulla di buono.
Ho notato che alcune Banche tentano di assomigliare a gallerie d'arte.
Ma non sono loro di sicuro a produrre il genio, che sarebbe stato tale anche senza di loro.
Anche nella questione rinascimentale citata, non è poi che gli artisti fossero miliardari eh,
da dire 'han fatto di più perchè li pagavano bene'.
E' come dici, le banche acquistano.
O requisiscono, magari pignorando...o scambiando. Ma non è una banca che produceva un artista, o richiedeva esplicitamente un'opera.
Se non nei rari casi di "decorazione di banca" , mi viene in mente per es. Klimt giovane per la
Postsparkasse di Georg Koch Platz a Vienna...ma non è perchè era un banca che è nata un'opera di pregio, ma un artista ha decorato dei locali.
Se non c'era quella l'avrebbe fatto altrove,
come di fatto nel rimanente della sua vita....
Il cattolicesimo ha sempre considerato il denaro come "sterco del diavolo",solo agli ebrei era concesso il prestito ad usura,e da qui molte delle loro grandi fortune.L'etica protestante,calvinista in particolare, invece ha sempre considerato il denaro e più generalmente la ricchezza come segno in terra della grazia di Dio,come ben illustrato da Max Weber in "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo".
Non a caso allora si creò la grande frattura ideologica ed economica tra il Nord Europa protestante in massima parte e il Sud Europa Cattolico.Frattura che come si può ben vedere,ancora permane.
Purtroppo occorre dire che c'è una bella differenza tra il "banchiere" Lorenzo de Medici e un Bernanke della Fed e molti suoi emuli europei.L'ethos dell'umanesimo,in tutti i suoi aspetti,non credo appartenga a questi tecnocrati.Più in generale,una volta la ricchezza andava di pari passo con cultura e amore del bello,non so se oggi si può dire la stessa cosa.
Una eccezione che mi sovviene, fu senz'altro Raffaele Mattioli,gran banchiere di una volta,quando le banche erano ancora "umane" (se é possibile usare questo termine), e gran promotore di iniziative culturali e amante in sommo grado egli stesso del bello.
Il mecenatismo odierno,mi appare sempre più legato al marketing,a scambio di favori,ad interessi strumentali che ad un autentico amore per la bellezza.
Può essere che la tua "malizia" si avvicini alla realtà,vista la trista fama e fiducia che oggi godono banche e banchieri.
Non c'è dubbio che quando "la res corrispondeva ai signa",la fiducia nel sistema del fiorino e nel ducato veneziano fosse totalmente diversa dall'attuale,basata su complicati trucchi cartacei.
Ben venga comunque questa mostra (e il tuo interessante post dedicato),che comunque ci risolleverà con la visione di tanti maestri.
Ps- Nella storia e sviluppo del sistema bancario,ricorderei anche il pratese Francesco Datini e il ruolo che hanno avuto i Templari.
Saluti Josh
Bello il fiorino d'oro col giglio mediceo. E fondamentale la differenza tra signum e res, fatta da Josh.
Importante il saggio di Weber citato da Johnny e ovviamente il concetto che la ricchezza e la fama sulla terra è segno di benevolenza divina. Purtroppo occorre dire che oggi siamo arrivati a questa degenerazione dei "vae victis" anche nel mondo non necessariamente anglo-protestante.Bisogna essere belli, ricchi, famosi.
Ricordate il serial "Fame" in tv? Essere qualcuno , to be someone. Era quasi un comandamento per i giovani.
Dimenticavo di aggiungere che anche la letteratura oltre alle arti figurative qui ben rappresentative del tema "denaro",
ci ha regalato importanti ritratti sull'avarizia: "L'avaro" di Molière.
L'avidità e la cupidigia sono ben descritte in "Eugenie Grandet" di Balzac col vecchio papà Grandet, che quando deve prendere l'estrema unzione e gli fanno baciare il crocefisso d'oro, rantola "Oro, oro". Aveva preoccupazioni altamente...spirituali, evidentemente.
E ovviamente "Delitto e castigo" di Dostoevskij il cui protagonista Raskolnikov uccide la sua padrona di casa, per il disgusto di constatarla pitocca e usuraia. Dunque avidità, rapacità e cupidigia hanno ispirato arti e lettere, in un certo senso, ridicolizzandole e mettendole alla berlina.
@Johnny Doe
"L'etica protestante,calvinista in particolare, invece ha sempre considerato il denaro e più generalmente la ricchezza come segno in terra della grazia di Dio,come ben illustrato da Max Weber in "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo".
Esatto, un nuovo modo di interpretare i beni terreni come benedizione è proprio nella teologia riformata di Calvino, molto più che in qualsiasi altro. Già Melantone o John Bunyan non erano così d'accordo, nè tantomeno John Wesley.
Ci sta anche che i beni terreni sono una benedizione, ma senza l'automatismo che l'assenza degli stessi siano invece un segno di sfavore divino.
Nei vangeli è pure tra le beatitudini "beati i poveri".
Una seconda ondata con modo ancora più materialista dell'inquadrare la questione avviene poi in alcune frange americane più recenti postcalviniste.
Indubbiamente anche a me sfugge
il parallelismo tra in Magnifico, anche poeta,
e un Ben Bernanke :-))
Il mecenatismo odierno è come dici Johnny più legato al marketing: di solito acquisisce intere collezioni (perchè la banca è uno dei pochi enti a potersele permettere) o sponsorizza restauri, ma il tutto è nell'ottica dell'investimento non certo amore per l'arte.
uh Hesperia, quell'orrore di "Fame": indubbiamente ha inaugurato l'obbligo di essere (o credersi) qualcuno, per via di qualche supposto talento, ed "emergere".
Era concetto tipico americano-anglosassone, il 'successo', poi il modello è diventato globale.
Certo che il 'successo' c'entra ormai poco col "rinuncia a te stesso" cristiano:-)
"L'avaro" di Moliére è proverbiale, ma Balzac è un grande "poeta del romanzo", tra le pagine che mi hanno condizionato personalmente di più.
A me piace moltissima letteratura, anche così per la stranezza o per la costruzione di genio....Ma Balzac per me è uno dei pochi che può trasmettere e insegnare qualcosa di indicibile sulla vita.
Ce una tradizione a Firenze, a Palazzo Strozzi, di mostre con la stessa tema. Vedi: http://www.strozzina.org/arteprezzoevalore/catalogo_dossi.html
Trovate anche i discorsi di critici conosciuti nell’arena mondiale.
Non so perché nel post sopra non viene fuori tutto indirizzo della mostra, infatti ce ma è nascosto.
Una citazione interessante dal libro “L’alienazione artistica” di Mario Perniola:
Arte ed economia costituiscono così le due categorie fondamentali in cui è articolata la struttura della società borghese: essendo rispettivamente significato senza realtà e realtà senza significato, attività ideale e passività reale, esse sono complementari. Entrambe sono alienazioni: arte è alienazione del significato dalla realtà, l’economia è alienazione della realtà dal significato.
… esiste una stretta relazione di reciproca integrazione tra il linguaggio poetico e il linguaggio economico, tra comportamento teatrale e comportamento economico, tra oggetto artistico e merce prodotta dal capitale, tanto a livello di operazione che di opera. In tutti questi casi è un solo processo di separazione che genera da un linguaggio unitario, un linguaggio significativo ideale, detto poesia - ed un linguaggio economico materiale, detto linguaggio comune; da un comportamento unitario, un comportamento significativo ideale, detto teatro - ed un comportamento economico materiale detto rappresentazione; da un oggetto unitario (sia pure merce artigianale), un prodotto significativo ideale, detto opera d’arte - ed una merce economica reale, detta merce industriale. Questi tre processi di separazione si pongono in età storiche molto diverse. Il mondo antico ha conosciuto una parola (poesia) ed un comportamento (ditirambo primitivo e poi tragedia) ideali e separati dalla realtà, ma non ha conosciuto né un’operazione sugli oggetti, né un oggetto ideale e separato dall’economia (opera d’arte). Nell’Antichità, e ancora per tutto il Medio Evo l’operazione del pittore e dello scultore non si differenzia qualitativamente nel suo stato sociale da quella degli altri artigiani, e la loro opera non è essenzialmente diversa da tutte le altre merci. Nell’Ionia dell’VIII secolo a.C. l’avvento dell’economia mercantile è complementare al sorgere della poesia; nell’Atene del VI secolo lo sviluppo del capitale creditizio è complementare alla nascita del ditirambo primitivo, che sotto l’influenza dell’economia si trasforma in tragedia; ma per trovare un oggetto il cui statuto sociale sia paragonabile a quello della poesia e del teatro bisogna arrivare fino al Rinascimento. Un simile oggetto infatti si costituisce soltanto separandosi dalla merce prodotta dal capitale e l’operazione sugli oggetti trova la sua idealità artistica in connessione inseparabile con la materialità del nuovo lavoro salariato. L’Antichità e il Medioevo hanno infatti conosciuto il capitale commerciale il capitale usurario-creditizio, ma non il capitale industriale.
salve Nautilus e grazie assai di tutte le informazioni.
al primo tuo commento:
su CCCS arte, prezzo, valore
che reca già la frase di Marx....
per me come sempre visione ultralimitata e piatta la sua, sicuramente chiavi di lettura marxiste di solito non le adottiamo, almeno qui,
dopo che ce le hanno fatte uscire dalle orecchie obbligandoci per ogni dove.
:)
La parte successiva sul capitalismo è senza dubbio interessante ed è ricca di spunti.
detto questo, anche storicamente e quindi criticamente andrebbe superata la dicotomia marxismo-comunismo da una parte e capitalismo dall'altra, (e di conseguenza come chiavi di lettura "contrapposte") vista l'origine ugualmente capitalistica (Lenin coi $ ricevuti dalle banche a Zurigo) anche del marxismo.
Oggi poi siamo già in un'era ulteriore, quella neoliberista, già alla sua fine, annegata nel globalismo e nell'imposizione di modelli unici mondiali.
Questo nell'economia, nell'etica e di conseguenza nella cultura imposta.
penso che il discorso al link rosa di CCCS abbia maggiore senso comunque applicato a quella mostra, per l'epoca cui si riferisce, cioè l'arte contemporanea.
Parte della stessa è dovuta poi anche a qualche grande equivoco, molte volte non si tratta nemmeno di arte ma di suppe di pomodoro fotocopiate, intendi l'ironia, immeritatamente assurte ad arte 'di concetto'.
:)
al primo link, almeno io da qui, cliccando mi si apre una pagina di palazzo Strozzi con la mostra Denaro e Bellezza, di più non so.
Letto il pezzo che alleghi. Tracce di Nietzchianesimo e di Marxismo anche lì, all'interno di un'analisi accurata ma parziale.
Sempre restìo, io che sono un idealista, a veder germinare l'arte solo quando interviene l'economia o peggio le banche,
io che credo nella spontaneità della poesia come donazione di sè artistico al mondo.
Indubbiamente c'è un'arte che nel benessere si crea più facilmente, a dire, ci si occupa del bello quando le esigenze primarie sono soddisfatte talvolta.
Esiste anche un'arte estrema, di rottura, che viene prodotta spesso per necessità di esprimersi, anche nell'estrema difficoltà umana, che non presuppone nè ricchezza alle spalle, nè banche che producono, nè l'aver già assolto ai bisogni primari della persona.
Quest'ultima non era arte da tempo libero, ma arte nata per necessità, per poesia dell'animo, prodotto dello spirito.
Magari per un marxista-materialista questo non può esistere,
per me e per molti sì, invece.
:)
per citare un estratto dal tuo testo linkato:
"Nell’Ionia dell’VIII secolo a.C. l’avvento dell’economia mercantile è complementare al sorgere della poesia"
cronologicamente potremmo anche esserci, ma è tutto da dimostrare.
L'avvento dell'economia mercantile è contemporaneo al sorgere della poesia (o meglio di una certa poesia, la poesia esisteva anche prima) ma la poesia dell'epoca non dipende affatto dall'economia mercantile, abbi pazienza.
ancora dal testo "nell’Atene del VI secolo lo sviluppo del capitale creditizio è complementare alla nascita del ditirambo primitivo, che sotto l’influenza dell’economia si trasforma in tragedia"
Conosco tutte le tragedie greche, e l'economia/capitale creditizio a mio avviso non c'entra nulla con Eschilo, Sofocle, Euripide.
Così come, tornmando al tema, le banche non hanno creato il Rinascimento.
Già che ci msiamo linko anche a te Nautilus l'opinione sull'arte moderna di Berenson, ecco lì ci siamo, lì invece è solo mercato:
http://www.lacrimae-rerum.it/documents/Berensonelalungafarsaartemoderna_000.pdf
Francamente,la dotta esposizione di Perniola,non mi convince affatto sia come tesi che come linguaggio marxista archeologico.
Tutto questo libro é profondamente connotato dal pensiero situazionista (oggi datato come più non si potrebbe) e dal climax dell'epoca in cui fu scritto ,quando il metodo marxista si applicava anche alle ricette di cucina.
Francamente, l'applicazuione di categorie pseudomarxiste all'arte e alla società greca,oggi appare ridicolo,quale la relazione tra
capitale creditizio,ditirambo e tragedia greca.
E' ovvio che il benessere economico favorisce il crescere di attività artistiche,come la luce favorisce il veder meglio,é un'ovvietà,ma non c'è nessun rapporto necessario di causa ed effetto,come peraltro accadde ad esempio presso i Maya o gli Egizi.
"Nell’Antichità, e ancora per tutto il Medio Evo l’operazione del pittore e dello scultore non si differenzia qualitativamente nel suo stato sociale da quella degli altri artigiani, e la loro opera non è essenzialmente diversa da tutte le altre merci.."
Se questo può essere vero per il primo Medioevo,non lo è certo per l'Antichità,dove un Policleto,un Fidia,un Prassitele,un Eufronio,un Kimon,un Eucleidas (che firmavano le proprie incisioni),non erano affatto considerati socialmente al pari di un qualsiasi artigiano,così come le loro creazioni non erano merce qualsiasi.
Nei popoli della steppa euroasiatica,e nelle culture tribali,non esiste nessuna relazione (NECESSARIA) di reciproca integrazione tra il linguaggio poetico e il linguaggio economico.
Il linguaggio poetico é sempre stato indipendente da ogni linguaggio economico,come le incisioni rupestri.E' un bisogno indipendente da qualsiasi stato economico.Questo ridurre tutta la complessità dell'essere alla relazione economica,é stato uno degli errori capitali del marxismo.
Solo con l'avvento della rivoluzione industriale e la nascita del capitalismo, l'analisi della relazione arte-economia,acquista un certo valore di interdipendenza,come ad esempio la nascita del romanzo strettamente legata all'affermarsi di una classe borghese vera e propria.
Un saluto a tutti. Divido l’indirizzo della mostra in due parti per rendere visibile:
http://www.strozzina.org/arteprezzoevalore/
catalogo_dossi.html
Artisti sono a sinistra, i critici d’arte stano sotto davanti.
Josh ci sono ancora sei discorsi da leggere se vuoi(click sopra i nomi dei critici). Non sono tutti marxisti.
Poi il libro summenzionato di Perniola è unico nel universo italiano che tratta il rapporto complementare arte-economia (se avete altro libro mi fate un grande favore ad informarmi), sviluppato nel senso storico e come due essenze in sé (nel senso astorico) coniugate insieme. I altri trattano il problema come compravendita dell’opera d’arte. Marxista o fascista, archeologia o cibernetica, lui mi risulta unico nella piazza: “O mangiate la minestra, o ….”. Oppure leggete in ripetizione fino alla stanchezza i luoghi comuni del grandiosità nobile dell’artista idealista e la meschinità del sporco banchiere materialista.
P.S.
Vi ricordo che un altro marxista ha scritto: Art pour art e business for business sono due rami dello stesso albero - Hermann Broch, Poesia e conoscenza. Ce poi anche marxista Thomas Mann, tutta opera sua ha per leitmotiv la spaccatura tra arte ed economia, idealità dell’artista e materialità del commerciante.
A proposito dell'archeologia:
Max Weber aveva torto. Una recensione di The Victory of Reason di Rodney Stark di Massimo Introvigne.
Che il capitalismo sia nato nel mondo protestante, per modernizzare la vecchia e polverosa Europa cattolica, come spesso si legge ancora sulla scia di letture spesso neppure di prima mano del sociologo tedesco Max Weber (1864-1920, è tesi da tempo abbandonata dagli storici e dai sociologi dell’economia. Si sa da tempo che l’economia moderna, la cui «invenzione» è stata attribuita da Max Weber alla seconda generazione, battista e metodista, del protestantesimo (non già alla prima, luterana e calvinista), era già fiorente secoli prima della sua presunta nascita. Rodney Stark, oggi professore di Scienze Sociali alla Baylor University di Waco, in Texas, dopo una lunga carriera che lo ha portato a presiedere la prestigiosa Society for the Scientific Study of Religion (Società per lo Studio Scientifico della Religione) e a essere considerato uno dei maggiori sociologi delle religioni viventi, nel terzo volume, The Victory of Reason, di una trilogia dedicata alla «sociologia dei monoteismi», va molto oltre le critiche correnti alla tesi di Max Weber. Sostiene da una parte che il cattolicesimo è alle origini non solo del capitalismo, ma anche della scienza e della nozione di libertà personale (senza le quali il capitalismo non sarebbe mai sorto), e dall’altra che semmai il protestantesimo ha danneggiato l’economia moderna nascente e ne ha ritardato il progresso.
in pratica Nautilus,
ringrazio per i contributi,
ma il succo è che ha voglia un po' di polemica.
:-))
dopo rivediamo tutte le posizioni elencate. Le mie risposte sono chiare.
il Rinascimento NON E' NATO GRAZIE ALLE BANCHE,
la poesia greca non è nata dall'economia,
la tragedia greca non è nata dal commercio.
Se le rilegga le opere letterarie, e quelle cosenotate non van oltre, come influenza, ad un conesto economico-sociale ma non in un rapporto di causa-effetto.
per quanto riguarda Max Weber, si può non credergli.
Io per esempio non lo cito nel post.
Ho svolto studi teologici sia cattolici sia evangelici.
Se permette, con o senza MAx Weber, l'accenno fatto nel post a Calvino e successive modifiche, specie nella teologia americana, l'idea del denaro come (giusta) benedizione divina, che porta a crederne l'assenza come maledizione (meno giusta), poi l'idea del 'Regno ora' fino al Vangelo della Prosperità sono spostamenti quasi eretici in ambito cristiano evangelico, spesso stigmatizzzato dagli stessi evangelici più ortodossi, che considerano tutto questo come un'idea del successo tipicamente angloassone e USA che li porta lontano dalle basi delle loro chiese. Non serve nemmeno Max Weber, quello è un dato di fatto.
Proprio per questo,
a me non frega nulla sapere cosa ha detto l'ultimo critico di 'grido',
spesso pompato apposta per lanciare un nuovo artista, un nuovo movimento,
o per suffragare una nuova e comoda a qualcuno lettura del passato e del presente,
che un bel quadro magari dipende dal fatto che l'artista ha mangiato bene un'ora prima di dipingerlo,
ma gradirei anche non venissero travisate le mie parole.
Weber può esser superato, non esiste solo lui, MA esiste anche una verità storica.
Sul resto torno dopo. "Il settimo giorno si riposò".
Eppure non ho nulla da dimostrare, tutto è alla luce del sole.
Non credo alle superclassifiche dei pensatori, ma solo a chi CON PROVE dica qualcosa di plausibile, abbia pazienza.
@Johnny Doe
"Questo ridurre tutta la complessità dell'essere alla relazione economica,é stato uno degli errori capitali del marxismo."
il negare ogni trascendente da parte della critica marxista ha prodotto ridicoli fiumi di parole bidimensionali, anzi una sorta di perpetua reductio ad unum di ogni fenomeno.
@Nautilus:
ah! ma anche l'ultimo link che ci dà
non riguarda la mostra del Rinascimento e Banchieri ma di nuovo CCCS arte, prezzo e valore MA su arte contemporanee e mercato.
E' un altro mondo.
Beh a quel proposito allora ho già risposto con il link all'analisi di Berenson che sta a monte a qualunque cosa si voglia affermare, valori economici attribuiti compresi,
l'arte contemporanea l'ha vista nascere con Peggy.
Li leggo i suoi link, ma Rinascimento e banche lì al suo link non c'entrano nulla.
Vede, ho studiato ampiamente anche l'arte contemporanea, anche con R. Barilli & vasta compagnia, ma a me rispetto al passato l'arte contemporanea, pur avendone gli strumenti d'interpretazione, non piace affatto, ne sono quasi sempre uno strenuo nemico.
Sono meno chiuso quando assisto ad un figurativo di talento, ma il resto per me non ha alcuna importanza.
il caso di Nasdaq di CLAUDE CLOSKY così come di altre esposte al suo link (non del mio argomento) lo prelevo solo come esempio: è il concetto del nasdaq con cui ha rivestito tutte le pareti, ma per me non è arte: punto:-)
In quel caso, certo, prima del nasdaq non l'avrebbe potuta creare:-)
Inquietante Eva Grubinger: non c'è nemmeno la raffigurazione ma il puro concetto. Ha la mia età la Grubinger, ma io sono un vecchio tirannosauro che si è chiuso a ogni pretesa assurda della modernità.
TAKASHI MURAKAMI con i suoi Louis Vuitton veri o falsi in vetrina non mi piace.
Mi interessa solo il concetto, per il resto è figurativamente inguardabile "They rule" del mio parziale omonimo Josh On.
Non mi piacciono i graffiti da sottopassaggio di DAN PERJOVSCHI.
Comunque, Nautilus, al suo link
http://www.strozzina.org/arteprezzoevalore/
catalogo_dossi.html
gli artisti al link non sono a sinistra ma a destra (visti), e i critici (7 discorsi) davanti verso sinistra.
I loro discorsi non vanno più indietro del 1900: accettabili o meno non aggiungono nè contributo nè opposizioni alla mia chiave di lettura di QUESTA mostra Rinascimento e banchieri cui accenno, che è un'altra.
Per quanto riguarda il suo ultimo commento, a cenni ho già risposto, non parlavo io di Max Weber ma il nostro amico Johnny Doe, anche se poi Johhny ha ragione come sempre:-)
io parlavo comunque di passaggi storici teologici e constatazioni di fatto.
Calvino c'entra eccome con alcune teorie e nuovi atteggiamenti verso i beni in seno al cristianesimo(l'ha mai letto per intero?), idem c'entra l'evangelismo americano (molto meno il metodismo 'assistenziale' delle origini, e meno in battismo mistico, di più invece il pentecostalesimo diciamo sviato)
Parte di questa riconsiderazione dei beni da godere, fino all'atteggiamento del Regno qui e ora, e il Vangelo della prosperità non sono concetti maxweberiani (gli ultimi 2 piuttosto recenti tra l'altro) ma teologici comunementi accettati come tendenza anglosassone: tutto questo nacque nel protestantesimo dalla riconsiderazione anche dell'AT e da un avvicinamento di alcuni gruppi protestanti al mondo ebraico e alle sue stesse attività, avvenuto in maniera molto più espressa in USA per la stessa conformazione sociale della loro civiltà.
Questo al di là di Max Weber.
@Nautilus
E' ovvio poi che il cattolicesimo è all'origine della scienza (modernamente intesa) e della nozione di libertà personale:
-per la scienza, diversamente da quanto si ama sostenere in ambienti marxsinistrati, il cristianesimo e il cattolicesimo hanno creduto:
a)nell'evoluzione possibile e miglioramento della vita umana attraverso l'intelligenza dell'uomo, per via dell'opera dello Spirito Santo. Le scoperte scientifiche sono state intese come doni divini atti a migliorare la vita. Dipende dall'uso etico che se ne fa.
Qui però chi idolatra solo il capitale giunge a conclusioni differenti da quelle cattoliche: pacchetti abortivi, eutanasici, clonazioni come grand affair farmaceutico contemporaneo, se paiono scientifici non sono però un uso etico e cattolico della scienza.
Quindi 'capitalismo' cattolico ...dipende cosa s'intnde, il cattolicesimo ha un'etica sacra, che il capitalismo non ha e non avrà di di fatto. Il cattolicesimo adora Dio in CRisto a suo modo, il capitalismo adora il denaro: punto.
a1) cattolicesimo è stato proprio nel medioevo, definito oscuro, ma di fatto catholikos quindi universale, omnicomprensivo, pure troppo, desiderava nel suo universalismo comprendere tutto, tutte le discipline, e molti secoli furono dedicati alla fusione di tutto lo scibile umano alla Rivelazione di Cristo.
b)la nozione di libertà personale è forte nel cattolicesimo, come anche la nozione di diritto.
Ogni creatura non è più un essere qualunque, un animale parlante,
ma un essere creato, e possibilmente un essere redento-quindi infinito per cui singolarmente Cristo è morto e risorto.
Dio stesso può abitare nell'uomo mediante SS.
Quindi la persona singola è un universo sacro.
La vita è dunque sia questa, sia l'altra. Grazie al cattolicesimo scompare la schiavitù nella prima epoca storica. Schiavitù per debiti a cui, dietro parole 'gentili', l'evo presente capitalista pare ricorrere ancora mediante la pressione sul 'debito' reale o inventato degli Stati.
b1)il cattolicesimo ha unito la sua etica al diritto romano, di lì deriva la moderna concezione del dirtto in praticamente tutti gli stati e in molte costituzioni. Cfr anche autodifesa legale di S.Paolo.
La pena di morte invece negli Usa non è dal Corpus Iuris Iustinianei ma da un'ottica veterotestamentaria.
Che Max Weber sia superato in questa specifica analisi,é solo un'opiniobe in libertà come quella di Stark,tipo non Colombo ma i vichinghi hanno scoperto l'America.
Il primo vero mostrarsi di un'idea concreta di capitalismo (parlo di idea,perchè il capitalismo dispiegato nell'accezione moderna é figlio della rivoluzione industriale) é senz'altro avvenuto nell'Europa del Nord (il commercio atlantico non è estraneo al suo formarsi),e gli sviluppi successivi lo confermano.
Sostenere che il cattolicesimo è alle origini del capitalismo,é come la storia dei vichinghi,o dire che all'origine dell'elicottero c'é Leonardo.
Scavando,si può trovare un antecedente per tutto,ma che non significa nulla circa il pieno concretizzarsi di un'idea nella Storia.Si può persino dire che i Sumeri erano capitalisti...
Che il libro di Perniola sia l'unico (ma sull'argomento son stati scritti decine di articoli negli anni),non ha nessun rapporto con la validità delle sue tesi, ripeto,datatissime nel linguaggio e nel contenuto.
Se la minestra é cattiva...non per questo bisogna per forza mangiarla...
Quanto alle affermazioni di Broch e Mann,non hanno nulla a che vedere con l'analisi di Perniola.Sottolineano solo un legame tra arte ed economia,che nessuno peraltro si é sognato di negare (specie in tempi moderni),ma é cosa ben diversa dall'analisi archeo-marxista di Perniola,quasi ci fosse un rapporto obbligato tra causa ed effetto tra le due cose e in una direzionea. E l'idealismo,nel nostro discorso non c'entra nulla,é una categotia romantica e moderna,inapplicabile ad esempio all'antichità.
Mi dispiace,ma queste categorie di analisi del vecchio Marx,sono moneta fuori corso,un applicare alla Storia d'ogni tempo e luogo ed interpretarla in base a categorie contemporanee spesso estranee alle sue vicende..
Josh, fammi fare una battuta irrituale, assai pertinente coi tempi che viviamo. Ma non è che a Palazzo Strozzi, vada in scena la mostra degli..."strozzini" ?
:-))
Anche se Augustinus diceva "nomina sunt consequentia rerum",
diciamo che 'strozzina.org' è il titolo stesso di uno dei siti linkati:
forse, absit iniuria verbis, è originariamente adoperato come aggettivo patronimico da "Strozzi"...
poi...va a sapè.
Corbezzoli, Giosue'... il tuo scritto potrebbe fino essere degno di comparire tra i bilanci di G&S :-)
Forma e sostanza(signum - simia - et res - creatura): le arti figurative nascono come rappresentazione di qualcosa che tutti conoscono, o che si vuole far conoscere a tutti. Piu' la rappresentazione si avvicina all'originale e piu' acquista valore. - Vedi il nostro vecchio discorso su oggettivita', soggettivita' e dualismo nella concezione del mondo europea post-classica e cristiana. - Poi, la tecnologia rimette tutto in discussione, ma restiamo alla visione classica, che e' ancora oggi il pretesto per ogni valutazione in senso monetario dell'Arte. Rimane comunque un limite: la migliore rappresentazione della realta' non sara' mai equivalente alla realta' stessa - realta' intesa come Creato, quindi, come
opera suprema, e manifesta a tutti, di un Ente superore. E qui ci sono gia' tutti gli ingredienti: interpretazione imperfetta - anche se perfettibile - di cio' che e' perfetto in ragione della perfezione del Creatore: Materiale e Trascendente. Leva il Trascendente e che rimane? La Materia che rappresenta se' stessa. Peggio: la materia che si finge sublimata: che si fa spirito. Ma il giochetto non funziona piu', in codesto modo. L'alchimia - la trasmutazione filosofale - non e' reale: e' un'illusione di cui nemmeno la Ragione e' in grado di spiegare le dinamiche. Perche' non ci sono dinamiche in senso fisico; c'e' solo la volonta' di cambiare il mondo e la sua rappresentazione/percezione. E se c'e' una Volonta', ci sara'ben anche chi la esercita...
Ho scritto della rappresentazione artistica. E il denaro che rappresenta? Altro denaro o, al piu', nulla, quando cessa di essere Materia (l'oro o i preziosi). I criteri secondo i quali esso e' strumento di misurazione sono ormai del tutto arbitrari. Al punto in cui siamo oggi la Banca esprime il valore del denaro senza alcun condizionamento di ordine materiale che non sia la sua stessa essenza. Il Soldo si e' fatto puro Spirito... non e' curioso? Ti lascio le ovvie considerazioni di ordine religioso, anche se a me pare che pure al Vaticano, Calvino sia ormai di casa. Calvino e magari anche Maimonide. :-)
il momento è proprio epocale, se tra squilli di trombe, decadenti drappi viola e porpora, e apocalittiche coppe versate
s'avanza...lo Pseudosauro!!
Quanto tempo! Bentornato:-))
concordo anche con le virgole.
dici "E il denaro che rappresenta? Altro denaro o, al piu', nulla, quando cessa di essere Materia (l'oro o i preziosi).
I criteri secondo i quali esso e' strumento di misurazione sono ormai del tutto arbitrari. Al punto in cui siamo oggi la Banca esprime il valore del denaro senza alcun condizionamento di ordine materiale che non sia la sua stessa essenza. Il Soldo si e' fatto puro Spirito... non e' curioso?"
sì veramente, il denaro ha seguito lo stesso percorso del bello e vero o somigliante al naturale, in arte. Vedrai che bel gioco ci stanno preparando con il denaro "spiritualizzato", se ne vola via come l'aria...
Calvino e Maimonide insieme ormai "rule" the world,
nessuno escluso.
Vedi Josh ci sono un sacco di malintesi. Non mi interessa molto cosa fanno le banche, neanche arte moderna in specifico, ma mi interessa arte in generale. Non mi interessa molto neanche cosa fanno i americani, italiani e maya, comunisti, fascisti e democratici, cattolici e protestanti. I miei post sono contributi per testimoniare che tra arte e economia (mi sembra tema principale del tuo scritto) esiste un relazione come rispettivamente spirito-corpo, soggetto-oggetto, cielo-terra ecc., simile con religione e politica e filosofia e scienza, tutte copie coniugate originariamente o potenzialmente (purtroppo divorziate), in cerca rispettivamente di bellezza, bontà, verità, con gli strumenti di rispettivamente di sentimento, volontà, intelligenza. E’ proprio questo divorzio o spaccatura tra le dicotomie origine dei mali che ha trasformato la cultura, e per conseguenza la società, in un bordello dove ognuno parla con se stesso e regna maestoso il malinteso. Concretamente se dici che esistono relazioni tra arte ed economia (storicamente ed astoricamente) rischi di essere bollato di marxista, se dici lo stesso per religione e politica, rischi di essere chiamato fondamentalista o fascista.
Certe volte l’opera del arte parla meglio di mille post, discussioni e saggi voluminosi.
Nell’opera Tristano di Mann il conflitto esasperato tra arte ed economia, tra interessi spirituale ed interessi materiali ecc, viene descritto simbolicamente tramite due personaggi: l’artista decadente Spinell (in italiano è chiaro il riferimento alla droga), il “poppante putrefatto” con denti cariati, adoratore dell’arte per l’arte che di fronte a qualunque cosa che lo emoziona esclama: “Che bello!”, e il commerciante rozzo Kloterjahn, esuberante e vitale in sintonia con il significato nascosto del suo nome (in dialetto bassotedesco Klote=testicolo). Il confronto tra i personaggi simbolici: artista meridionale e il comerciante nordico - un invariante nell’opera di Mann, condizionato dalla sua eredita materna (musicista creola brasiliana, cattolica) e paterna (comerciante nordico, protestante) -, personificano l’antitesi tra gli interessi spirituali ideali di una vita passiva (Spinell) che si nutre di bei sogni, per scelta inutile e distaccata dalla vita reale considerata per definizione banale - e ideali materiali di una vita dinamica e reale (Kloterjahn) che non lascia posto a sogni futili, utili soltanto ai falliti. Indicativo per la diversità antitetica tra i due personaggi è la loro reazione divergente verso il racconto di Gabriel (moglie di Kloterjahn, amata platonicamente da Spinell) riguardo alla villa paterna. Quando Gabriel racconta come lei e le sue amiche lavoravano all’uncinetto nel giardino della villa, Spinell fantastica che le ragazze cantino - anzi vede sul capo di Gabriel una corona d’oro che in realtà non è mai esistita -, mentre Kloterjahn precisa che parlavano di una ricetta di focacce di patate. Nel finale del romanzo Gabriel - forse richiamo all’arcangelo Gabriele (ispirazione) - muore massacrata ugualmente dal platonico amatore e dal banale marito, rispettivamente dalla droga artistica e dal testicolo economico, che si accusano a vicenda per un crimine compiuto da entrambi.
caro Nautilus, è facile che ci siano malintesi.
Il mio post è sì interessato all'arte, ma anche all'attualità, e più sottilmente all'uso della cultura che in questo frangente pare stia facendo il mondo bancario;
sembra si siano voluti nobilitare, in una fase di disistima, autodipingendosi come fautori dell'Umanesimo....
A te magari non interessa in questi termini, ma a me sì...personalmente trovo le banche attuali il vero scandalo mondiale(il cui operato mi interessa molto, e temo, presto dovrà interessare tutti e anche te, peggio tra 2012 e 2013). Ci si avvia ad un crollo di EU e USA; la meta desiderata, dopo la ricapitalizzazione a spese nostre, è la moneta virtuale digitale su scala mondiale, non sarà indolore, gli Stati come li conosciamo stanno per scomparire, e il tutto avverrà a spese nostre, economiche, identitarie e di libertà.
Al centro di questo c'è il mercato con i suoi 'espropri', e una nuova idea di potere, non certo con al centro l'uomo e la sua libertà ed equilibrio.
Detto ciò, credo che non solo partiamo da punti di vista differenti, ma che siamo proprio differenti io e te nell'approccio, nulla di male.
Sono invece convinto che tra arte e economia non ci sia questa stretta relazione, e ognuno anche degli altri commentatori ha provato a spiegarlo secondo il proprio punto di vista.
Il problema però nella nostra epoca è sicuro in parte anche quello che affermi tu, le "coppie" concettuali (ma non sempre così inscindibilmente legate; esiste la scienza senza filosofia, esiste la fede senza la politica, ma solo negli animi puri; o meglio la politica, pure, è solo parvenza, siamo obiettivamente in un governo dei banchieri che hanno i loro fantocci in entrambi gli schieramenti) mancano oggi tutte sia di bellezza, bontà, verità, e spesso non sono più accompagnate dagli strumenti di sentimento, volontà, intelligenza.
Sicuro la nostra è un'epoca di divorzi, di cui il più grave è quello dal vero, dal bello. Ma ideale e reale, idea e sostanza, valore e concretezza hanno già divorziato ai tempi dei lumi e della rivoluzione francese, il resto è stata una conseguenza.
Fondamentalmente, a mio avviso, questo è accaduto perchè nel concreto domina solo il mercato uber alles, chiamalo come vuoi, il vitello d'oro, l'avidità, l'interesse, i valori dell'economia slegati dal valore reale, la speculazione,
e per l'avanzamento travolgente del male, che si specchia quindi nel falso, fittizio e nel brutto.
E adesso..chiamami...moralista:)
interessante esempio Nautilus, quello del "Tristano" di Mann.
Nella vicenda entra anche la relazione col mondo Wagneriano,
ma più che la rappresentazione del conflitto tra arte ed economia,
c'è il conflitto tra arte e vita ...e alcune concezioni dell'epoca.
C'è il "lascivo decadente" :-)) e l'uomo di "palle" materiale e un po' ottuso.
Spinell è l'esteta decadente, ma non è però l'arte in sè e per sè, è il poser,
non l'ispirazione in sè e per sè, ma "la malattia" della decadenza
....in Spinell, Mann riassume tratti negativi dell'esteta di moda agli inizi del secolo...
Spinell non ha interessi "spirituali", o dipende che si intende: spirituale per me non è evanescenza o malattia, sogni,
ma forza, vigore d'anima, una vis che si tramuta in scelte di vita attiva...e questi Spinell non li aveva...
comunque testo straordinario, e interessante il tuo accostamento.
La tua conclusione (e quella di Mann) fanno molto "morte della (vera) bellezza" (l'ispirazione di Gabriel), ovvero ancora un concetto decadente:)
Mann e un autoironico per eccellenza, dunque ha fatto il suo autoritratto (per altro completamente normale per un artista). Per il problema della decadenza lo penso in modo più radicale del decadente Mann e del Marx stessso che si inchinava davanti all’arte greca (considerato da lui senza peccato come infanzia dell’umanità). Penso che arte è decadente dal tempo della Caduta. Per dimostrare questo non basto un libro, visto le circostanze mi accontento (e forse vi accontento) con un citazione dai tempi dei vichinghi.
Il famoso paragrafo dal Fedro di Platone:
“Giacché devi sapere che noi poeti non possiamo seguire la via della bellezza senza che Eros si accompagni a noi, e ci s’imponga a guida; e, quand’anche fossimo eroi a modo nostro, e disciplinati guerrieri, saremmo pur tuttavia come le donne, perché ciò che ci innalza è la passione, e l’oggetto del nostro desiderio segreto non può non restare l’amore: tale è la nostra gioia e il nostro obbrobrio. Capisci, allora, che a noi poeti non è dato raggiungere né dignità né saggezza? Che dobbiamo necessariamente cader nell’errore, necessariamente rimaner dissoluti, avventurieri del sentimento? La maestria del nostro stile è menzogna ed inganno, la nostra gloria e gli onori di cui ci si copre una farsa, la fiducia del pubblico il colmo del ridicolo, l’educazione del popolo e della gioventù per mezzo dell’arte un’impresa arrischiata, e da mettere al bando. Come, infatti, potrebbe educare chi reca in sé l’innata, naturale, incorreggibile tendenza all’abisso? “
In effetti,credo che,come spesso accade,i commenti siano spesso oggetto di misunderstanding,specie su certi argomenti molto aperti.
Si parte inoltre da certi presupposti,poi il discorso si allarga ad altre tematiche fino a perder di vista il punto di partenza.
Dice Nautilus: "...tra arte e economia (mi sembra tema principale del tuo scritto) esiste un relazione come rispettivamente spirito-corpo, soggetto-oggetto, cielo-terra ecc., simile con religione e politica e filosofia e scienza, tutte copie coniugate originariamente o potenzialmente (purtroppo divorziate), in cerca rispettivamente di bellezza, bontà, verità, con gli strumenti di rispettivamente di sentimento, volontà, intelligenza.."
Che ci sia una relazione,come già detto,é ovvio,ma non necessaria e comunque non nei termini illustrati da Perniola,e nemmeno in alcune delle coppie qui menzionate (ad esempio,spirito-corpo,soggetto-oggetto,tra le quali esiste un legame ben più stretto ed organico che tra arte ed economia..).
Che in alcune coppie citate infatti non ci fosse un legame così obbligato,lo dimostra appunto il suo allentarsi nel corso delle vicende storiche.
Ma questo divorzio generale pone problemi che vanno molto al di là del tema oggetto di questa discussione e cioè,arte ed economia.
Cito ancora: "Concretamente se dici che esistono relazioni tra arte ed economia (storicamente ed astoricamente) rischi di essere bollato di marxista, se dici lo stesso per religione e politica, rischi di essere chiamato fondamentalista o fascista."
RELAZIONI OBBLIGATE E NECESSARIE,non ripetiamo sempre le stesse cose.Se poi questo tipo relazione (che non condivido) viene esposta secondo il metodo marxista,che c'è di male a definirla tale? Non si parla della tua persona,ma della teoria esposta.
Il Tristano.
"Nell’opera Tristano di Mann il conflitto esasperato tra arte ed economia, tra interessi spirituale ed interessi materiali ecc.."
Avendolo letto un paio di volte.per uno specifico interesse,e pur accettando anche l'interpretazione di cui sopra,anch'io credo che questo conflitto riguardi essenzialmente il conflitto tra arte e vita,concetto centrale dell'opera di Mann.
Anche il brano platonico...vichingo,in fondo esprime questo divorzio,tra arte e vita.
Anche per la decadenza infine,volendo,c'è sempre un precedente che ne invalida ogni inizio.La si menzionava già nell'Egitto del Nuovo Regno a proposito dell'Antico,senza contare che metaforicamente potrebbe iniziare dalla cacciata dell'uomo dal Paradiso e prima ancora da quella dell'angelo ribelle.
Il discorso é interessante e meriterebbe,come é spesso accaduto,nottate intere,ma la partenza era un'altra e più circoscritta.
Un saluti a tutti,ragazzi.
Che casino! Beh, faccio un ultimo sforzo.
Essendo arte una sottocategoria della cultura (simile con filosofia, religione, economia, politica ecc.) non si può confrontarsi con la vita, la quale è una nozione molto più ampia e di un ordine più alto. La vita si può paragonarsi soltanto con la cultura in generale creando cosi la dicotomia cultura-vità, oppure cultura-natura (centrale nella opera di Lévi-Strauss). Ho portato Mann come esempio, perché confronta sempre l’artista con businessman, mai con un politico, scienziato, prete, falegname, fannullone ecc, che sono tutti esseri viventi, hanno il dono della vita.
Nelle discussioni si devono definire le nozioni base e il senso delle parole. Concretamente per non girare inutilmente dai vichinghi e maya al rivoluzione industriale si mette d’accordo che cos’è per definizione il capitalismo, e in base di questa definizione si trova dove e quando è nato nella storia. Altrimenti si rischia l’anarchia dei abitanti di Pointlandia dove ognuno e il re del suo mondo, e non avendo neanche l’idea dell’esistenza dei altri, parla e risponde all’eco della sua voce. Uno dimostra con i fatti che Calvino fa capo al vangelo dei banchieri anglosassoni, un altro che San Benedetto fa capo ai farabutti fiorentini perché, proclamando “ora e labora” e considerando nella Regola i arnesi del lavoro sacri come gli oggetti dell’altare, ha capovolto insegnamento di Gesù che ripudiava questo mondo, un altro ancora si arrabatta con i sumeri ….
beh Nautilus noi eravamo chiari, a mio avviso, e tutto sommato d'accordo con le nostre argomentazioni razionali; il post in teoria ha un campo più circoscritto di quelli dove stai andando a ricercare tu.
Anche le ultime cose che ha rilevato Johnny Doe sono condivisibili.
le nozioni base che dici, la chiarezza delle parole: le nostre sono chiarissime.
Per es. in Mann tu noti che Spinell è la vita spirituale, per Mann, ma in realtà Spinell non è tanto simbolo di vita spirituale, ma l'esteta stupefatto, astratto e anche un po' passivo e fuori di testa: per me questo non corrisponde a vita spirituale,
quindi sicuro stabilire le categorie con sui si parla si dovrebbe fare con chiarezza.
Che nella vita le categorie, come da te esemplificate, procedano in coppia (o un tempo fossero nate in coppia) a me pare una forzatura bella e buona, per esempio. Non vedo il perchè dobbiamo obbligatoriamente vedere queste endiadi quando nella realtà non ci sono o non ci furono.
anche ora Nautilus dici "La vita si può paragonarsi soltanto con la cultura in generale creando cosi la dicotomia cultura-vita".
Ma no, la vita non può paragonarsi con nulla, o se uno vuole la può paragonare via via con ogni cosa:
vita osservata da un punto di vista economico, vita osservata da un punto di vista di usi e costumi quindi culturale, ma rimane se stessa.
Il post in soldoni è su Rinascimento e Banchieri.
Non siamo noi ad aver fatto casino:-))
Per carità,nautilus,non sforzarti troppo,già hai un buon carico...e noi siam così duri di comprendonio!
Dicotomia cultura-vita è una tua invenzione,mai sentita.Della cultura fa parte anche la scienza,ad esempio la botanica,l'astronomia..,hai mai sentito una dicotomia tra queste e la vita?
E' esistito spesso invece una dicotomia arte-vita,la cui espressione dominante nella società ai tempi di Mann era la borghesia affaristica.Era l'artista in conflitto,non il botanico o il matematico.
Quanto ai concetti e la definizione di parole,se si situa l'origine del capitalismo in ambienti cattolici,sarà difficile mettersi d'accordo,adducendo lapidariamente che Weber aveva torto perchè lo dice Stark.E le altre decine di studi che invece lo confermano? E poi parli di Pointlandia!
A prescindere dal fatto che dall'inizio molte osservazioni son restate senza risposta e che sembra invece che altri siano quelli che ascoltano l'eco della propria(?) voce,mo' me son pure stufato..
“Dicotomia cultura-vita è una tua invenzione, mai sentita. Della cultura fa parte anche la scienza, ad esempio la botanica,l'astronomia.., hai mai sentito una dicotomia tra queste e la vita?”
Ma tu hai mai letto un libro di antropologia dove la dicotomia cultura-natura(vita) è centrale, o rispondi soltanto per spirito di contraddizione?
Da Rousseau a Lévi-Strauss (da molti considerato il padre dell’antropologia moderna), e fino a ecologisti radicali considerano la cultura della civiltà (compreso la botanica, e l’astronomia) una avvelenatrice della natura, una minaccia per la vita.
Vedi i titoli di due libri di Lévi-Strauss:
IL CRUDO E IL COTTO
L'OPPOSIZIONE TRA NATURA E CULTURA IN UN TESTO FONDAMENTALE DELL'ANTROPOLOGIA
DAL MIELE ALLE CENERI
OLTRE LA CONTRAPPOSIZIONE TRA "NATURA" E "CULTURA"
@Nautilus:
"cultura-natura(vita)"
la dicotomia cultura-natura è una cosa,
la dicotomia (supposta) cultura-vita è un'altra,
anche perchè la natura NON E' la VITA, e la Vita non è solo Natura.
detto questo,
chi risponde soltanto per spirito di contraddizione, spostando l'argomentazione sempre altrove,
sei tu, Naitilus,
e le maniere lasciano un po' a desiderare,
e soprattutto
NON C'ENTRA UN BENEMERITO
col mio post.
alla prossima cancello.
amen.
Mi meraviglio che si confonda la dicotomia straussiana cultura-natura con la inesistente categoria cultura-vita(e meno male che é tra parentesi!).
Niente a che vedere,é una tua invenzione interpretativa e lontana dal pensiero di LS,come ha più sopra ben evidenziato Josh.
Degli ecologisti radicali non so che farmene,e comunque questa loro citazione circa bontà o meno della cultura, non ha nulla a che vedere con quanto stiamo dibattendo.
Forse bisognerebbe leggere i libri come sono,senza forzarne i significati a seconda delle peoprie inclinazioni culturali o ideologiche.
Infine,non so perchè ti appelli allo spirito di contraddizione...sai che goduria!Mica stiam parlando di calcio...
Ma no Josh,non cancellare...basta che non sia una continua ripetizione di cose già dette e ignorate passando continuamente ad altro,altrimenti non si finisce più...
Saluti a tutti
Se sonore pernacchie, piu' che apocalittici squilli di trombe, dovessero precedere l'apparire del sauro, potremmo ancora illuderci che il cazzeggio internettiano sia lo stesso di un anno fa. Ma non e' cosi. Il momento e' infatti topico... per usare della Cultura in voga oggidi'. E l'anno venturo si cazzeggiera' ancora meno di quanto si puo' fare oggi, dati i presupposti. :-)
En passant... la Cultura... vedo che c'e' un tale che usa, spero senza saperlo, delle categorie marxiste. O forse spera che non lo sappiamo noi che sono marxiste... L'Arte sarebbe una branca della Cultura? Vediamo di chiarire. I tedeschi - i migliori sistematici europei - usavano due termini: Kultur e Civilization. La seconda era la degenerazione della prima: lo stadio terminale della stessa. Tranquilli: non si trattava solo di O. Spengler; era una concezione molto condivisa... tranne che dai marxisti, ovviamente. Loro vedevano il passato col senno di poi. E i loro epigoni, coscienti o meno che siano di esserlo, non cessano tutt'ora di farlo. Curiosamente, pare che nel "mondo libero" la visione marxista sia quella piu' diffusa, ma questo e' un altro argomento.
Dicevo, la Kultur era la Civilta' nel suo complesso, con la sua forma e, soprattutto, con i suoi miti. Non era la musica da camera rispetto alla musica pop. Queste sono stronzate odierne. Tutte le manifestazioni della vita di una Civilta' erano organiche e inscindibili da essa. L'Arte (in origine artigianato) era una delle narrazioni della Civilta' in cui veniva prodotta. Narrava la vita e, come scritto sopra, i suoi miti. Non era una sovrastruttura... era la civilta' stessa: la sua personificazione.
Quando si vive nel Mito non si dubita della sua verita': religiosa o secolare che sia. Ci si vive e basta. Ma ecco che quando si vede il Mito dall'esterno, si pretende di valutarlo secondo criteri ad esso estranei. Si cerca il fondamento scientifico dell'esistenza di Dio, si verifica se il tal Padre della Patria non sia magari stato un lazzarone, etc. In altri termini, si e' gia al di fuori della Civilta' senza rendersene conto. Tutto cio', comunque, non avviene per caso... la destrutturazione ha padri e madri con tanto di nome e cognome.
La Cultura nella sua accezione moderna - e corrotta - e' il passato. Nient'altro che questo. E non c'e bisogno di spiegare al consumatore d'Arte che una Campbell Soup e' altra cosa rispetto ad una crocifissione di Gruenewald. Ci arriva da se', anche se lobotomizzato dalla nascita. Bisogna invece convincerlo che la sua visione e' antiquata. Che la sua percezione dell'Arte e' volgare. Al che, pena l'essere cacciato a forza tra gli incompetenti, il tizio normalizzera' le sue opinioni in materia.
Comunque, le mucche faranno per noi il lavoro che un tempo fu di S. Boezio. Loro producono piu' latte quando ascoltano Mozart. Con Nono si innervosiscono. :-)
Un caro saluto o Giosue'.
@Pseudosauro:
grazie sempre dei tuoi interventi lungimiranti.
Questo tuo passaggio al commento più sopra va meditato ancora.
"E il denaro che rappresenta? Altro denaro o, al piu', nulla, quando cessa di essere Materia (l'oro o i preziosi). I criteri secondo i quali esso e' strumento di misurazione sono ormai del tutto arbitrari. Al punto in cui siamo oggi la Banca esprime il valore del denaro senza alcun condizionamento di ordine materiale che non sia la sua stessa essenza. Il Soldo si e' fatto puro Spirito... non e' curioso?"
lo scorso agosto Greenspam l’ex governatore della banca centrale americana "ti risponde": -
“Gli USA possono pagare qualsiasi debito perché possono sempre stampare moneta per farlo. Perciò ci sono zero probabilità d’insolvenza”.
Loro non hanno probabilità d'insolvenza, stampano alla cavolo, a seconda dei tiramenti, a dispetto dei valori reali.
Infatti, c’è solo l’arroganza di chi si è arrogato il potere di battere a proprio arbitrio moneta di conto valutario.
(originariamente:
"The United States can pay any debt it has, because we can always print money to do that. So there is zero probability of default",
cfr. Patrick Allen, CNBC, "No Chance of Default, US Can Print Money": Greenspan, 7 Aug. 2011,
qui:
http://www.cnbc.com/id/44051683
Psudosauro, le mucche non mentono!
:-))
anche se l'UE ci ha proposto Nono, vedremo di riprenderci Mozart:-)
a presto, passa più spesso!
Ciao, interessante post e interessante il dibattito che ne è seguito. Segnalo una mia riflessione su banche e cultura nel mondo attuale, che prende spunto dalla mostra strozzina: http://www.artribune.com/2011/10/%E2%80%9Cdenaro-e-bellezza%E2%80%9D-ieri-e-oggi-considerazioni-a-partire-dalla-mostra-fiorentina/
Fabrizio
Grazie Fabrizio.
Artribune è un portale ben fatto.
Indubbiamente, prendendo spunto da un passaggio del tuo articolo (che non conoscevo prima d'ora) non credo nemmeno io che siamo di fronte ad un nuovo Rinascimento, ma verso la scomparsa degli stati nazionali (già in stato avanzato) e verso quel famigerato "Nuovo Ordine Mondiale". In cui già le banche ed il mercato hanno preso il posto della politica.
In fondo anche dal nostro dibattito qui siamo in diversi ad essercene accorti.
Mi fa piacere che ti sia posto domande a partire dalla mostra stessa.
Per me c'era qualcosa che non quadrava, che strideva un po',
e ho provato a spiegarlo nel post e nei commenti.
Poi sottoscrivo una tua considerazione
"Alle banche una cultura addomesticata non fa certo schifo."
A dire che gli investimenti in cultura, servono a rendere di parvenza "più umana" il turbocapitalismo che inginocchia i popoli.
Solo l'altro giorno, infatti, ad una convention in cui sono intervenuti i soliti, Monti, Bini Smaghi, e ovviamente il doctor subtilis rapa-conticorrenti Amato (oggi in DEutsche bank ma anche alla Treccani eh),
a proposito di cultura addomesticata
si rallegrava che tutti i libri di testo europei (anche quelli italiani) sono tutti uguali.
Impostati uguali, amano le stesse cose, condannano le stesse cose, hanno lo stesso taglio critico.
Della serie, w l'indipendenza intellettuale.
STanno lavorando per renderci "tutti uguali"
Ma questi ultimi due vocabolini racchiudono in sè anche qualcosa di minaccioso.
dare un'occhiata a Messori qui:
http://www.storialibera.it/epoca_contemporanea/comunismo/articolo.php?id=3652&titolo=Capitalismo%20&%20Comunismo
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