Che cos'è il giunco mormorante? E' lieve e appena percettibile come un fruscio nel vento, ma può non piegarsi. Oppure sì, si piega ma non si spezza. Il giunco mormorante è l'elemento dissonante che c'è in ciascuno di noi. Molti non sanno nemmeno di averlo.
Nina Berberova, scrittrice russa, esule e transfuga dalle persecuzioni della rivoluzione sovietica, invece sì.
Nina Berberova, scrittrice russa, esule e transfuga dalle persecuzioni della rivoluzione sovietica, invece sì.
L'occasione per recensire questo piccolo gioiello dalla copertina rosa antico di malapena 80 pagine che è "Il giunco mormorante" di Nina Berberova (Adelphi), mi è stata offerta dall'articolo di venerdi 9 marzo comparso sul Corriere a firma Pietro Citati:
"Malgrado l'opinione di Roberto Calasso, credo che i lettori italiani siano peggiorati negli ultimi trenta-quarant'anni. Non c'è da meravigliarsi. La generazione letteraria del 1910-1924, che pubblicava i propri libri attorno al 1960-1970, è stata la più ricca e feconda apparsa da secoli nella letteratura italiana. I lettori ereditavano le qualità degli scrittori. Erano lettori avventurosi e impavidi, che non temevano difficoltà di contenuto e di stile, fantasie, enigmi, allusioni, culture complicate e remote. (...) Oggi la lettura tende a diventare una specie di orgia, dove ciò che conta è la volgarità dell'immaginazione, la banalità della trama e la mediocrità dello stile. Credo che sia molto meglio non leggere affatto, piuttosto che leggere Dan Brown, Giorgio Faletti e Paulo Coelho. Intanto, continua la scomparsa dei classici"... (...)
Come dargli torto? Oggi viene avanti l'istantaneo libro "prodotto" (e non più "testo"), da acquistare al supermercato e da tenere lì in vista, come una scatola di pasta o di detersivo. E allora meglio non solo non leggerlo, ma non comprarlo.
Se si vuol parlare di buoni libri, purtroppo, occorre andare indietro nel tempo. Magari nel secolo scorso. Questo "Giunco" del 1958 è fatto di atmosfere rarefatte in una Parigi trasognata fatta di esuli russi. E' il racconto di un amore sospeso,vissuto, rincorso, perduto, ritrovato; soprattutto, immaginato. Di un amore custodito e difeso nella no man’s land, in quella zona libera e segreta, silenziosa e inaccessibile, indispensabile che alberga in ciascuno di noi.
Attratta dal piccolo formato del libro rosa in una libreria della mia città, aprii le pagine a caso e mi cadde l'occhio su questa preciso passaggio :
Ognuno di noi ha la propria ‘no man’s land’ in cui è totale padrone di se stesso. C’è una vita a tutti visibile, e ce n’è un’altra che appartiene solo a noi, di cui nessuno sa nulla .
Ecco le parole che stavo cercando in quel preciso istante della mia vita. E trovandole, mi pareva di difendere meglio quell'impercettibile stato d'animo ancora incapace di farsi verbo, che andavo condividendo con la scrittrice. Forse è di questo che intendeva parlare Citati, a proposito di lettori "avventurosi" e "impavidi".
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Il mio inconto con Ejnar aveva avuto luogo nella no man’s land. Poi era successo quello che talvolta succede: la seconda vita era cresciuta e aveva cominciato a mettere in ombra la prima. Allora eravamo a quello stadio dell’amore in cui non si riesce a pensare a nient’altro. Ed entrambi sapevamo cosa sono il segreto assoluto e la libertà assoluta”. (p.38).
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Poi la vita riprese a scorrere rapida. E soltanto la mia no man’s land restò come era: pensavo sempre a Ejnar, pensavo al passato lontano e a quello assai prossimo, a Emma, a Stoccolma, al mio futuro, che senza Ejnar mi sembrava impossibile, e con lui irrealizzabile” (p. 60)
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Già, tutti noi sognamo un brandello di "terra di nessuno" per ritirarci dove non è possibile essere importunati.
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“Voglio dirvi ancora una cosa: se permettiamo a qualcuno di organizzare la nostra no man’s land, alla fine , secondo logica, arriveranno a rinchiuderti in un lussuosa camera di un lussuoso albergo, e bruceranno i tuoi libri, e allontanerano da te quelli che ami. Basta cedere un volta -e non ci saranno limiti, e tutto ti verrà tolto: dov’è il confine, Ejnar? Dove saranno allora mistero e libertà? Le due guardie (…) l’inquirente e il giudice -tutti si installeranno sul tuo pezzetto di terra” (p.77).
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Sono piccole schegge, dalle quali è possibile percepire e godere di una scrittura intimista e poetica dal grande fascino stilistico. La Berberova seduce per il garbo e la delicatezza con cui si muove nella sfera dei sentimenti, sullo sfondo di un’Europa (Parigi prima, Stoccolma e infine Venezia) dilaniata e lacerata dall’accadere di una tragedia collettiva: la seconda guerra mondiale. Il tutto scandito dall’incertezza del presente e del futuro con atmosfere sospese tra incanto e disincanto. Il finale non lo rivelo, ma Venezia, città incantata, appartiene alla fase del disincanto. Qui l'esile giunco mormorante emette un tenue fruscio. Ma non si adatta all'ambiente e alle circostanze imposte, rimanendo ...dissonante per sempre.
E a proposito di "aria del tempo" ecco un altro suo prezioso libro tra biografie di poeti e artisti incontrati e autobiografia della stessa Berberova: "Il Corsivo è mio", un titolo che è già entrato nell'uso comune del linguaggio.
La Russia di prima, durante e dopo la rivoluzione, il mondo degli esiliati russi fra le due guerre, fra Berlino, Praga, Parigi, infine l’America, dove la Berberova è a lungo vissuta, ne sono la scena mutevole. E continuamente la vediamo attraversata da figure vivissime e disparate, fra cui riconosciamo Blok o Pasternak, la Cvetaeva o Belyj, Chodasevic o Remizov, Jakobson o Nabokov, tutti disegnati con la nettezza spavalda della narratrice. Difficile pensare ad un altro libro che restituisca con altrettanta precisione quell’aria del tempo, fosca e vibrante, che avvolse la vita di tanti grandi russi del nostro tempo.
"A mano a mano che procediamo nella selva degli anni, il tempo sembra apparirci palpabilmente come quell’«ordito che non si può comperare, né scambiare, né rubare, né contraffare, né impetrare», nel quale la Berberova intesse sapientemente la sua vita, devota sin all’inizio, secondo la formula di Herzen, della «crudelissima immanenza». Qui la postfazione intera del testo nel risvolto di copertina, pubblicato anche questo, per i tipi dell'Adelphi.
Hesperia
43 commenti:
Buongiorno Hesperia!
Vengo all'articolo di Citati che ho il piacere di aver letto. Ha ragione quando dice che piutttosto che leggere Dan Brown, Coelho, e Faletti è meglio non leggere. O addirittura come sostieni, non comperarli proprio. Ma il problema dell'analfabetismo di ritorno, o comunque dell'universo illetterato che stiamo vivendo si pone eccome. Altro che lettori creativi!
I classici sono spariti sia dalle biblioteche che dalle menti delle nuove generazioni. Chi si piglia più la briga di leggere "Grandi speranze" di Dickens? Ma nemmeno "Ventimila leghe sotto i mari" se è per questo.
Il libriccino che citi l'ho letto e l'ho trovato delizioso. Oltretutto è poco voluminoso e se proprio la buona stagione non invita alla lettura, ma alle passeggiate lo si può tenere in tasca o nello zaino e leggerlo sotto un albero.
Cercherò anche "Il Corsivo è mio" della Berberova che non ho avuto ancora modo di leggere.
Saluti a tutti gli Esperidi
Western Citizen
Buongiorno Citizen di un Occidente che si condanna all'estinzione :-)
Per fortuna dispongo di ottimi anticorpi per rifiutarmi di leggere "Angeli e Demoni" di Brown anche quando tutti ne parlano o le falettate, o anche i guerrieri della luce di Coelho. Si voleva arrivare proprio a questo: al volume istantaneo da Outlet a discapito della lettura creativa e "avventurosa" di cui dice lo stesso Citati. E cioè quella che resta, che fa parte del proprio retaggio e ha a che fare con la propria educazione sentimentale nonché formazione mentale.
Ad analfabetizzare le nuove generazioni ci pensano già gli sms, le fatidiche 30 righe di FB o di twitter. I digrammi scritti con la K come "kiave" invece di "chiave", kiesa al posto di "chiesa" e via analfabetizzando con i 6 al posto di sei, X al posto di per e così via.
A che serve leggere se intanto i messaggi che passano sono altri?
E purtroppo, con l'ultima trovata dell'ex ministro Tremonti che non serve nemmeno più doppiare (ergo sceneggiare) i film in Italiano, perché meglio sarebbe - a detta sua - mandarli in onda in inglese sottotitolati per non udenti italioti, pare che anche la nostra stessa lingua verrà messa definitivamente a margine. Con buona pace per il cosiddetto "mercato" e per la lingua mercantile che avanza.
Intanto per guadagnare basta l'Inglese, la laura in informatica e il master alla Bocconi.
I libri a breve diventeranno anticaglie del passato da sfogliare alle bancarelle e al mercato delle pulci insieme a qualche paiolo di rame.
Torno al testo in oggetto: delicato, limpido, cristallino e con una prosa dell'anima attenta e sorvegliata. Ma già, qui siamo all'inizio del Novecento. Ovvero in qualche era quaternaria del Cretaceo.
Scusa Hesperia ma dove è comparsa la notizia su tremonti che vorrebbe eliminare le versioni doppiate dei film americani? Chi ne ha dato notizia? Mi chiedo se non ne hanno più da inventare. Allora già che ci siamo facciamo circolare i libri in versioni originali con la Berberova e magari altri russi, tutti scritti in cirillico.
Hanno tutti del gran tempo da perdere per inventare una baggianata al giorno. Senza contare che un film sottotitolato fa perdere la concentrazione nei confronti della trama.
Western Citizen
Western, la feral notiizia è stata data venerdi sera 9 marzo al Tg2, col pretesto che gli Italiani sono ignoranti nella lingua Inglese e che i film in lingua originale costituirebbero un ottimo pretesto per un "refresh", come si dice.
E a fare la proposta è un ministro che se la tirava da "identitario". E' il caso di dire che Il più buono di questi ha la rogna.
Di questo passo avremo il Premio Strega e il Premio Campiello (che già ora sono delle ciofeche fatti di clientele) "internazionalizzati" in lingua Inglese. Oh yes! :-)
Buona domenica!
Ho letto l'opera poetiche della Berberova,e un paio di narrativa,ma non queste.
Ricordo nel "Male nero" la storia di un esule russo,e sappiamo cos'è spesso il male per questi esuli,un russo non potrà mai dimenticare la sua patria,qualunque cosa accada,unica pace ai suoi tormenti.
A me la vicenda di Petrovic pare molto simile a quella di Nina,compreso il rimpianto di qualcosa che aveva perduto.
Quanto al resto,non ha alcun senso leggere certi autori d'oggi,quando magari non si é mai letto quelli che si definiscono "classici".Un oceano inesplorato,ancora tutto da scoprire o da riscoprire,di fronte al rigagnolo odierno,un blob quasi tutto uguale e con tematiche spesso ridicole.C'é pure il rischio di imbattersi in novità scritte un centinaio d'anni fa!
Buongiorno
Anch'io ho letto l'articolo di Citati e la replica di Faletti in tv, che è da vedere per il solo motivo che ci spiega in un colpo solo com'è possibile che in Italia sta succedendo l'incredibile, e nessuno se ne accorge, Allevi suona nei conservatori, il Boosta, Fabio Volo, Jovanotti scrivono libri, Ligabue e Battiato fanno i film, Bentivoglio canta e Saviano parla di eutanasia in tv. Faletti esordisce con un 'Ho scoperto oggi l'esistenza di Citati' che già dovrebbe farlo riflettere, visto che pretende di far lo scrittore; si paragona a Totò, con la scusa che anche lui non era amato dai critici. Ma intanto ci si è piazzato di fianco dandosi di fatto del genio. E per ultimo tira fuori Scott, Dumas, Mark Twain e Giovanni Paolo II, che ha saputo chiedere scusa per i crimini della chiesa, al contrario dei critici letterari che ancora non lo hanno fatto con lui. Chissà se Citati ha scoperto dell'esistenza di Faletti guardando il Drive-In o trovandosi di fronte al suo libro in un supermercato?
Significa insultare la propria intelligenza leggere scritturacolini-ini-ini come Dan Brown, Faletti e Coelho, prodotti dell'ignoranza e incompetenza degli editori (viene da chiedersi perché un imprenditore scelga di fare l'editore di libri quando sarebbe più adatto a vender tubi e magari guadagnerebbe anche di più), e della distruzione della (buona) scuola ridotta ormai a sfornare somaroni in calzoni stracalati che conoscono solo l'alfabeto del cellulare unitanente al torpiloquio un tempo appannaggio di scaricatori e carrettieri.
Alle spalle abbiamo un vasto oceano di grandi scrittori, a partire da Omero Dante e Shakespeare (fonti a cui non dovremmo mai smettere di abbeverarci) e che certamente non possiamo esaurire nel corso di una vita. Già solo per esplorare quel serbatoio sconfinato rappresentato dalla Russia, da cui la nostra Hesperia ha estratto un fior di narratrice e poetessa come la Berberova, occorrono giorni e giorni di impegno che andrebbero a coprire mesi e forse anni di lettura, cominciando da Puskin, Tolstoj, Cecov, Dostojevskij, Gogol, Pasternak, Bulgakov e proseguendo con Leskov, Mandelstam, Salamov, Grossman, Zamjotin, Babel, Majakovskij, Gorkij, e chi più ne ha più ne metta.
Insomma, di autori come questi, come ad altri di altre regioni del mondo, altrettanto grandi, conviene nutrirsi, disdegnando la paccottiglia insulsa e indigeribile che ci ammannisce lo squalido panorama letterario della contemporaneità (con alcune eccezioni d'eccellenza, naturalmente, ma assai rare, e forse non facili da reperire).
Ottime notazioni Johnny. Senza i classici siamo tutti più poveri e meno costruiti. Del resto non a caso i tedeschi chiamavano Bildung la formazione culturale. Oggi, purtroppo prevale la sottocultura dello SKILLS (le cosiddette "abilità"). E ovviamente siamo al trionfo della settorialità e della parcellizzazione.
Chi si piglia più la briga di leggere Goethe? meglio "consumare" John Grisham mentre si viaggia in metropolitana, per poi dimenticare e archiviare in fretta, dato che si tratta di sottocultura-Mc Donald.
Tafuri, hai dimenticato di citare Alba Parietti e Daria Bignardi che si improvvisano memorialiste :-).
Poi Verdone che si prepara alla sua autobiografia. E che dire? Canzonettari che fanno i registi, come hai ricordato tu.
Insomma, un brutto libro o un brutto film non lo si nega più a nessuno.
Dionisio, purtroppo per abbeverarsi alle fonti che hai citato tu, ci vuole tempo, ci vuole capacità di introspezione e riflessione, che i tempi che viviamo - ahimé! - pare abbiano cancellato. Certo che non basta una vita per farlo, ma quello che manca oggi è, per l'appunto, il lettore che sa entrare in sintonia con lo scrittore, di cui ha parlato Citati. Perché è vero che se mancano buoni scrittori e prevalgono gli "instant book" è altrettanto vero, che mancano anche buoni lettori. Insomma è un po' la storia del serpente che si morde la coda.
Dici bene a proposito di un'editoria attratta dalle classifiche e dagli incassi ai botteghini, purtroppo! E pazienza se questo accade in Usa che è un paese mercatista per antonomasia, ma ormai, come ben saprai, anche qui nella vecchia Europa la nostra editoria non se la passa troppo bene.
Giusto domenica scorsa ho letto le pagine "culturali" del Corriere nell'inserto "lettura". Ma di che cosa parlano? di informatica, di ammiccamenti verso argomenti corrivi e troppo attuali, quando sappiamo che la vera cultura si basa sull'"inattualità" e sulla sospensione dal tempo.
La letteratura russa mi ha sempre colpito per la capacità di parlare direttamente all'anima come poche altre. E la Berberova non fa eccezione a questa regola. Ciao!
C'è un'altra funzione che la scrittura oggi ha perduto. E vi ringrazio, cari Amici, per l'ottima qualità dei vostri commenti che mi hanno pungolato al riguardo. La capacità non solo di saper fotografare la realtà ma di saperla trascendere ipotizzandone un'altra. La possibilità di critica e di messa tra parentesi dell'esistente. Insommma, come suggerisce l'autrice in oggetto, di diventare "elementi dissonanti" e non convergenti.
Un oceano la grande letteratura russa....comico Faletti,ormai é il vero regno immaginato dal profeta Pere Ubu...io vedo solo il trionfo del mediocre da ogni parte..per fortuna abbiamo da pescare indietro per una vita.
L'immagine del 'giunco mormorante' è molto poetica, e la Berberova scrittrice straordinaria, anche se io pure come Johnny ho letto principalmente le opere poetiche.
Su alcune cose scritte da Citati (per es. "La Luce Della Notte" e "Il Migliore Dei Mondi Impossibili" per citare i primi 2 che mi vengono in mente) non sono sempre stato d'accordo, per es. la sua analisi appassionata di parte dell'islam e dell'ebraismo mi vedevano convergere con lui solo in piccola parte.
Il pezzo di Citati riportato però registra una verità.
I lettori sono assolutamente peggiorati negli ultimi 30 anni.
"Credo che sia molto meglio non leggere affatto, piuttosto che leggere Dan Brown, Giorgio Faletti e Paulo Coelho. Intanto, continua la scomparsa dei classici"
tutto vero. Piuttosto meglio non leggere.
Il primo guaio è la scomparsa dei classici, non sono amti, non sono consigliati. Tutto incomincia con le carenze delle scuole elementari e medie. Poi in pochi oggi scelgono il liceo classico (che è comunque stato riformato). Meno che mai le lettere sono amate.
Del resto se per trovare lavoro NON bisogna sapere queste cose, bisogna ignorarle proprio....
IL libro "prodotto" (e non più "testo"), da ipermercato è una delle cose più deprimenti che ci siano.
Mah, io mi vergognerei come un cane anche a tenerlo a vista in casa:-)
Non ho molti libri contemporanei, più greco-latini-e classici e molto selezionati fino primo novecento.
Uno di cui non mi vergogno è Horcynus Orca di Stefano D'Arrigo, se non altro lode alla costruzione e alla ricerca lessicale.
"tutti noi sognamo un brandello di "terra di nessuno" per ritirarci dove non è possibile essere importunati."
beh questa è una qualità essenziale dei lettori.
ma anche di tutti gli artisti, amanti d'arte e sognatori.
Analfabetizzare corrisponde anche a insegnare a sragionare,
a informarsi magari dalla tv,
da cui ci dicono cosa fare, cosa credere, cosa pensare
del decadimento culturale, del respiro mentale limitato, ne è testimone anche il governo tecnico autoletto e autoincensato
Una delle ultime sere Floris di ballarò preconizzava che Monti sarà il premier del 2013 o 2014 a furor di popolo. (a proposito di libero ragionamento)
La 'libera informazione e la libera cultura 'del trash' si fa da sé, vive da sé, non chiede assenso e continua a sragionare
Intanto per guadagnare basta l'Inglese, dei numeri, vendere delle schifezze, la laurea breve in informatica, al limite il master alla Bocconi.
La tragica proposta dell' "identitario" Tremonti con l'abolizione dell'italiano nei film ( a parte le storiche scuole di doppiaggio che finiranno a spasso anche loro) è del tutto in linea con il Moloch Europa:
del resto nell'UE l'italiano non è nemmeno lingua contemplata.
Nemmeno la nazione Italia è contemplata, saremo solo un corridoio, e forse letamaio e pisciatoio tra Nord e Sud del mondo.
Figurarsi allora la letteratura eh...
Quoto in pratica anche molte altre delle cose dette,
non ha senso leggere certi autori d'oggi, se non si é mai letto i "classici".
Che sono la base della cultura, del pensiero.
Altra cosa deprimente è Faletti che risponde a Citati, e dice di averne scoperto adesso l'esistenza.
olo per cronologia, conoscevo Citati anche a 14 anni, ed era il 1984.
Indubbiamente, sapere che dopo Faletti, ora avremo anche Daria Bignardi e l'Alba Parietti a far le memorialiste siamo a posto.
E' inutile..per avere buoni lettori di buoni autori serve tempo. E serve anche molto tempo dedicato agli studi, alla riflessione alla ricerca.
Il tempo nella vita d'oggi è sempre meno, e il ritmo sempre più incalzante. E saremo sempre più pressati e angosciati dall'instabilità. I lettori seri ci saranno, ma saranno pochi-ma-buoni, e mai un fenomeno di massa.
Tornando alla Berberova, mi sa che è uno dei prossimi acquisti primaverili.
http://www.repubblica.it/scuola/2011/02/09/news/studio_inutile-12235340/
Sì Johnny, bisogna assolutamente avere il coraggio di essere "inattuali" e magari "à rebours". Ma è sempre più difficile salvarsi dalla modernità.
Josh, hai scritto tanti di quei commenti "puntuti" e "pungolanti" che occorrerebbe un post per ciascuno di essi. O magari, fallo tu :-)
Comincio con Citati. Non tutte le cose che scrive le condivido (come già hai scritto tu), ma questo commento mi pare coraggioso e pertinente rispetto ai tempi che viviamo.
Hai ragione, la sola vista e la volgarità delle copertine (di solito chiassose e ridondanti) mi farebbe vergognare come un cane, a tenerle in casa. E non per snobismo, perché come sai, coltivo anche una certa cultura pulp come i fumetti. Ma mentre Tex o Alan Ford non mi vergogno di mostrarli, quella robaccia da outlet invece sì.
La proposta di Tremorti, è in linea col Moloch europeo? E allora faccia a meno di voler fare l'antiglobalista e l'anti-finanza.
In questa veste non è più credibile, nonostante i libercoli psuedocoraggiosi dove in realtà non rivela mai nulla di concreto, perchè anche lui "tiene famiglia" e le banche non se le vuole inimicare.
Togliere le scuole di doppiaggio e costringere gli spettatori a diventare lettori di didascalie è un'emerita idiozia. Eppoi che razza di refresh sarebbe per chi non sa l'Inglese?
Horcynus Orca di D'Arrigo, mi dicono che sia un libro geniale. Ma personalmente non l'ho mai letto. Tra i libri "contemporanei" forse alla fin fine metto il Novecento (Manganelli, Tommaso Landolfi, Robert Walser) .
Ma girando pagina verso il duemila, mi sa che resti poco. Sempre meno. Ora vado a leggere il link su repubblica.
Dimenticavo di dire che anche la poesia e il suo linguaggio criptico, cifrato, inaccessibile, ma capace di parlare al cuore mantiene quasi una funzione terapeutica in questo sfacelo. E ogni tanto bisogna trovare il tempo di leggerne qualcuna. Non porta via troppo tempo, dopotutto.
ah sì, senz'altro Landolfi lo metto anche io.
ma è come dici: il Novecento pure pure...
ma è dopo il 2000 il problemone vero.
Sui testi di Citati, di cui dicevo sopra, C. arriva a dire di ebraismo, cristianesimo e islam come "unico flusso di luce", concetto che poi spiegherà più diffusamente in "Israele e Islam, scintille di Dio", e prima presenti presenti in chiave filosofica-letteraria nel "Migliore dei mondi impossibili" e "la luce della notte": ottimo narratore, visionario, dalla scrittura ariosa. Personalmente dissento con lui sull'idea dell'unico flusso di luce nel caso delle 3 religioni. Più di uno che ne ha subite qualcuna pensa diversamente in fatto di luci e buio:-)
Il farle poi dipendere da un "unico flusso" come una sola radice verso cui tutte e 3 tendono e ritornerebbero è un gemellaggio culturale piuttosto impossibile, sia storicamente sia teologicamente.Forse un'utopia 'laica' la sua; ma attenti anche alle derive attuali deidentitarizzanti per cui sono quei minimi comuni denominatori che anche non volendo vanno poi verso l'unica religio mondiale indistinta.
la poesia è un po' una salvezza...
per la mente, lo spirito e anche per l'anima. Quelle parole concentrate sono spesso liberatorie.
altro che sms :-)
Ma guarda un po'Esperia,Landolfi e Manganelli sono pure miei must....ci aggiungo Malaparte,Gadda,Arbasino, pure qualcosa di Calvino e qualche altro libro di cani sciolti da una botta e via,tipo uno intitolato "I reni di Mick Jagger",un esilarante (sembra una bestemmia)vicenda di un dializzato,veramente spassoso e intelligente.Manco mi ricordo il nome dell'autore,spero mi perdoni.Tutto qui che ora mi ricordi su due piedi.
Di Citati ti suggerisco "La malattia dell'infinito",un bell'excursus sulla letteratura novecentesca.
ah ma se dobbiamo citare altri novecenteschi, mi ci metto anche io: oltre a tutti quelli da voi citati, aggiungo anche Domenico Rea e Michele Prisco, e una signora, Anna Maria Ortese. Ma anche Bufalino e Flaiano.
Avete dimenticato Tomasi di Lampedusa. "Il Gattopardo" resta uno dei nostri migliori romanzi del Novecento. Anch'io vado pazzo per Landolfi e Manganelli, dei quali ho letto, credo, quasi tutto (e ogni tanto torno a rileggerli).
Dionisio, non l'abbiamo mica dimenticato Tomasi di Lampedusa...è un testo anche scolastico dell'obbligo (o meglio, lo era fino qualche tempo fa)..
lo davo un po' per scontato, insieme a Calvino, ma anche Dino Buzzati, Giorgio Bassani, Riccardo Bacchelli, Guareschi....insomma nella nostra lista 900 italiano ci sono stelle di prima e seconda grandezza:-) e più generazioni... Lo stesso Gadda, ma per forza....
aggiungo, per gusto personale, ma "random", _detta in english, come piacerebbe ai tecnocrati eurobabbei_:
Massimo Bontempelli, Guido Ceronetti, Curzio Malaparte, Mino Milani, Giovanni Papini, Anna Banti, Ercole Patti....
In parte fuori gara, perchè prima di tutto filologa, ma importante per me almeno, Maria Corti;
diversamente Julius Evola ma non semplicemente 'scrittore'.
E in mezzo a tutto, abbiamo 'dimenticato' Pavese.
Di Manganelli mi fa impazzire l'eleganza dello stile e l'arguzia paradossale, come in certe prose di viaggio, tipo quella in cui parla del Louvre, dove in nessun'altra parte del mondo è stato spinto fino "a tal punto il mito letale e lussuoso del museo, del grembo di pietra in cui tutto entra e sta, della valle di Giosafat dell'arte. Il Louvre vuol essere tutto, e forse è veramente tutto. Lo si percorre non senza orrore, come un ospedale di mendicità, un cronicario di capolavori incurabili. Occorre un cuore di pietra per non rispondere al grido strozzato di un Paolo Uccello..."
Una piccola chicca di uno scrittore che si gusta centellinando le righe come quando si sorseggia un liquore prezioso.
Poi certo ve ne sono altri di scrittori del Novecento che abbiamo ingiustamente trascurato. Mi viene in mente, ad esempio, un libro di racconti molto belli di Giovanni Arpino, "Un gran mare di Gente", scrittura preziosa, grande ironia con un fondo di amarognolo, che consiglio a chi non lo conoscesse.
Un'altra che ha una scrittura raffinatissima è la Maria Bellonci; alcuni suoi libri sono più trattati storici che opere narrative, ma "Rinascimento privato" è senza dubbio un gran bel romanzo.
Se cerchiamo, alla fine ne vengono fuori, di nomi, di diversa levatura, come dici tu Josh, ma sempre apprezzabili e degni d'esser ricordati.
Diciamo che il Novecento pur nelle sue dissolvenze, nella sua disgregazione e nei suoi disincanti, del suo rapporto dell'uomo con sé stesso, della sua rinuncia a catturare una visione d'insieme, come avveniva nel romanzo ottocentesco, sa ancora un secolo raffinato. La Ortese è bravissima e piace anche a me. E pure Svevo e la sua "Coscienza" lo metto tra i romanzi più riusciti del Novecento, così carico di ironia. Gadda (e il suo Pasticciaccio) è geniale, ma siamo nel campo della sperimentazione narrativa. Non posso trascurare nemmeno la Morante che in fondo deve ancora molto al romanzo ottoscentesco, ma è bravissima e visionaria.
Vabbé, vedo, cari Amici, che ci intendiamo in quanto a gusti! :-)
Correggo: "Sa ancora essere un secolo raffinato" . Chiedo venia, ma mancava il verbo.
Secondo me abbiam messo troppa gente,troppa carne al fuoco,il valore artistico dei nomi citati é molto diverso.Almeno credo.
Dimenticavo di citare Cristina Campo, figura di notevole spessore intellettuale. Di lei consiglio a chi non l'avesse ancora fatto di leggere "Gli Imperdonabili".
Su Magris, invece avrei una serie di riserve: troppo tuttologo per i miei gusti. Voi che ne dite?
Hai ragione, Johnny, è evidente che si mettono insieme personalità che hanno poco in comune tra di loro, ma sono i limiti delle conversazioni virtuali.
E il tempo falcidierà anche i "raffinati" e li condannerà all'oblio e ne salverà un paio per secolo e ci saremo entusiasmati invano per autori che il tempo considererà a livello di Faletti!
No scusa,Sumpatros, il tempo potrà fare quel che vorrà, ma la qualità di certi autori non verrà meno per questo. Scusa, eh, ma se nella scuola di oggi non fanno più studiare Omero, Dante e Ariosto non vuol mica dire che la grandezza di questi autori è venuta meno. L'arte (quella vera) non è effimera, resta arte al di là del trascorrere dei secoli e del mutare dei costumi e dei gusti degli esseri umani. N'est pas?
Johnny "...il valore artistico dei nomi citati é molto diverso. Almeno credo"
A Hesperia e Johnny: ma certo che abbiamo messo insieme gente diversisima nel calderone Novecento. Ma era chiaro da subito, si era incominciato non a valutare l'opera ma a dire di chi ci piaceva il periodare, il ragionare e il raffigurare....e avevo avvertito , sarà “random”:-)
Sympatros:
"E il tempo falcidierà anche i "raffinati" e li condannerà all'oblio e ne salverà un paio per secolo e ci saremo entusiasmati invano per autori che il tempo considererà a livello di Faletti!"
Quoto Dionisio che ti ha risposto, in tema di valutazione.
Aggiungo, E dipende Sympatros. La questione di cui parli può essere osservata da più punti di vista.
Molti di noi vengono da liceo classico, lettere e altri studi post, dopo. Per cui essendo settoriali si cerca di dimenticare meno autori possibile.
Per es. per andare ai secoli passati, ricordo alla perfezione Bonvesin de la Riva, Dino Compagni o Cenne de la Chitarra.
Altro che un paio per secolo, siamo a centinaia per secolo al di là del merito.
Diverso è per i non addetti ai lavori.
Allora siamo anche a 1 ogni 5 secoli se va bene:-)
Poi come sai dipende in tutti gli ambiti anche dalla politica culturale. Si può ricordare o "dimenticare" un autore, anche censurarlo a seconda della bisogna del momento.
Come sai è di questi giorni voler censurare Dante perchè mette Maometto all'Inferno, mette Brunetto Latini tra i sodomiti, e parla di una parte delle pratiche di parte del mondo ebraico con sospetto. E l'altro grande guaio di Dante era che c'era del cattolicesimo e del tradizionalismo in lui.
Se il criterio diventa il politically correct a tutti i costi, anche senza il senso della storia,
sparirà il pensiero e la letteratura, TUTTA!
Idem andò per la scelta delle immagini da mettere sulla banconota truffa euro: quando era il momento di Shakespeare, si decise di non metterlo. Forse stavolta la questione omo andava bene (vedi suoi sonetti al fair youth), ma non la questione semitica.
Poi fu la volta di Chrètien de Troyes ma anche lì la sua ironia poteva offendere qualcun altro.
Così hanno deciso per ponti e monumenti anonimi sull'orrida banconota truffaldina.
Se si va di questo passo tutto sarà vietato. E si bruceranno i libri per i diritti di qualche minoranza, ma la modalità è come in Fahreneith 451.
Dittatura è dittatura anche questa, pensiero unico anche questo, ma esibisce il dirittificio globale di alcune categorie sempre più intoccabili, mortificando di fatto anche economicamente il diritto a vivere dei più, perchè l'avanzare di certi diritti non va di pari passo con la promozione alla vita quotidiana reale di tutti.
Oggi poi che vige un grosso analfabetismo di fatto, è più facile manovrare gente convinta di sapere.
Mi collego poi a un punto di cui diceva Hesperia sopra: la parcellizzazione del sapere.
Questo è un grosso limite della cultura moderna/contemporanea in generale.
In un'epoca della somma specializzaione, dell'approfondire solo certi ambiti (per forza, è fisiologico) ma del lasciare nella più totale ignoranza tanti altri ambiti (questo è meno naturale) nei percorsi formativi,
si perde la capacità di ragionare, di collegare i punti, della percezione d'insieme.
Questo rende tutti più manovrabili, e rende il pensiero più riuscito al massimo una twitterata.
Ovvio che i lettori così peggiorano, ma anche gli autori stessi.
Ma quando si è verificato il divorzio tra cultura “unita” e culture e sottoculture specialistiche e settoriali?
Ma siamo nel 1700 con i cosidetti lumi. Poi con le tecniche sempre più invasive del mondo industriale e le separazioni e gerarchizzazioni dei ruoli nel lavoro.
E puoi conosere ingegneri geniali che non hanno mai letto Proust, questione di tempo libero.
O Primari d'Ospedale che non hanno mai potuto avere in mano Boine.
Un tempo i colti erano per lo più alcuni aristocratici, alcuni funzionari (storici di storia patria etc) e prima di tutto i clerici che avevano unita la cultura religiosa e la teologia a tutti gli altri aspetti e l'insegnamento.
Con il divorzio in parte naturale e inevitabile, ma in parte forzato tra sacro e laico, si inizia a dividere anche il sapere materiale e quello metafisico, fino all'estermo della settorialità di oggi,
della banalizzazione e dell'incapacità di collegare i fili degli “enti” della vita , della cultura, dei fatti.
Che questo sia un progresso però....
Espunto il trascendente, o relegato nelle sedi "proprie" (sempre meno trascendenti anche loro),
oggi (già ieri, ma oggi processo culminante con banche che governano direttamente il mondo intero) abbiamo il dio mercato, il denaro, il soldo.
Quindi la letteratura che resta deve “vendere”, altro criterio non c'è, ed è uno spcchio esatto di tutta la società.
E ancora ci si sta a chiedere perchè le letterature negli ultimi decenni sono sempre più morte e stramorte: le togli l'anima, resta la materialità, ovvero -libri-per le allodole degli ipermercati.
La necessità del mito, la necessità di smaterializzare di rendere indefinito e, in quanto indefinito, tendenzialmente assoluto, fa parte dell'animale-uomo. Il tempo manda molte cose nell'oblio, altre le mitizza e le dilata, nascono così gli eroi, i geni, coloro che hanno messo mano a cielo e terra e che, per questo, vivono in un cronotopo mitico… ma tutto ciò è umano troppo umano… le formiche non ne sanno niente.. i miti nostri non corrispondono a quelli delle formiche.
e involve
tutte cose l'obblío nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe
e l'estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo
Ci si potrà consolare e dire che la Poesia sopravviverà, ma è appunto una consolazione. Tutto molto umano, qualcosa che non va aldilà dell'uomo. Il tempo, per quanto riguarda gli scrittori, li sottopone ad una specie di selezione naturale ad una forma di decantazione, per motivi estetici, di gusto, di interesse storico-politico… si arriva quindi alla cristallizzazione del mito, alla santificazione degli eletti che godono così del privilegio della classicità…. naturalmente questo vale per la civiltà occidentale, per le altre civiltà, oltre che per le formiche, non godono del fascino del mito. Nonostante le apparenze dissacratorie sono un appassionato dei miti, Dante, Virgilio Omero. Sono umano troppo umano!
Naturalmente le altre civiltà hanno altri miti....
Bravo Sympatros, ("umano troppo umano") come tutti noi del resto. E finché c'è umanità c'è mito. E viceversa.
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