domenica 3 giugno 2012

I miti greci hanno ancora molto da raccontarci


Il ratto d'Europa - Tiziano
Vorrei parlare della Grecia per quello che è stata e non per come la stanno attualmente riducendo. La Grecia dei miti, della grande scultura e architettura, di Omero e dei suoi poemi, delle tragedie teatralidella radici culturali occidentali che si stanno perdendo per un manipolo di rapaci quanto ottusi economisti e finanzieri  incapaci di esprimere bellezza, ordine e armonia e che mettono in ginocchio il mondo con la loro avidità priva di scrupoli.
Il mio primo approccio con la cultura greca avvenne da bambina (facevo la prima media) su un libro dal titolo "Cento racconti di mitologia classica" di Le Monnier (Firenze), vecchio libro che conservo ancora. E ovviamente divorai quei miti come fossero fiabe e favole. Mi resi però conto che a differenza delle fiabe, dove l'Eroe, nonostante le dure prove a cui è sottoposto,  è artefice della sua salvezza e il lieto fine della sua vicenda umana è assicurato, nei miti greci,  eroi, dei, semidei,  mortali e immortali dovevano sottostare al Fato, una sorta di divinità del Destino alla quale (o al quale) non ci si poteva sottrarre. Nemmeno gli stessi dei, benché immortali,  potevano sottrarsi alla forza trascendente del Fato e ai suoi disegni.
Gli attuali Greci hanno ragione di dire che l'Europa (a partire dal nome) l'hanno creata e personificata loro nel mito. E a rifletterci sopra non nasce poi così bene, visto che Europa è una ninfa rapita da Zeus, il quale si trasforma in un toro, la porta lontano sfidando perfino i perigli dei flutti per poi accoppiarsi con lei. Non sarà la sua Bellezza a salvarla. Anche a tutti noi hanno "rapito" la vera anima ed essenza dell'Europa.
Non sono pochi gli artisti, i pittori, i poeti che si sono ispirati ai miti greci. Lo stesso Dante nella Commedia. Per non parlare della psicoanalisi che ha costruito molta della sua speculazione traendo origine dai miti (Jung in particolare e la sua Teoria degli Archetipi, ma anche lo stesso Freud). Prima della scienza, prima della religione, c'è il mito. Modo ingenuo - ci dicono - modo fantasioso, spregiudicato e prescientifico, di spiegare l'origine delle cose e degli uomini, gli usi i costumi e le leggi. Filologia, etnografia, antropologia hanno lacerato il velo del mito, evidenziandone le radici ideologiche, il retroterra di superstizione e di magia. Ma i miti, così dissezionati, ci vengono restituiti alla stregua di freddi reperti anatomici, buoni tuttalpiù per qualche museo.
Robert Graves nel suo saggio "I miti greci" è riuscito a rianimare questa materia ormai inerte, restituendocela con tutto il suo splendore, il suo sense of wonder e (anche) of humour.

Molti sono i miti che ci hanno suggestionato nel corso del tempo e della nostra educazione cultural-sentimentale: Il Ratto di Persefone, Apollo e Dafne, Orfeo ed Euridice, il mito di Narciso e il mito di Giacinto e Zefiro (narrati da Ovidio nelle Metamofosi), Dedalo ed Icaro, il mito di Fetonte e il carro del Sole, Teseo e il Minotauroil Vello d'oro di Giasone, e numerosi altri che sarebbe troppo lungo elencare.


Il mito di Orfeo è forse quello che più d'ogni altro è carico di simbolismo, attorno al quale ruota una letteratura abbondantissima, arrivando a esercitare una sicura influenza sulla formazione del Cristianesimo primitivo e attestato nell'iconografia cristiana. Figlio di Eagro e di Calliope (la più importante delle 9 muse), Orfeo è di origine tracia. Viene rappresentato vicino all'Olimpo in procinto di cantare e suonare con la lira e la cetra. Cantava canzoni così soavi che le belve feroci lo seguivano ammansite, mentre piante ed alberi si piegavano verso di lui.
Orfeo e Euridice di Enrico Scuri
Orfeo partecipa, secondo altre intepretazioni del mito, anche alla spedizione degli Argonauti alla ricerca del Vello d'oro, la sua funzione consistette nel cantare distraendo le Sirene dai loro propositi di sedurre gli Argonauti. Ma la vicenda mitica più celebre relativa ad Orfeo è quello della sua discesa agli Inferi alla ricerca della giovane sposa Euridice. Un giorno la ninfa Euridice passeggiava lungo un fiume della Tracia, ma fra l'erba calpestò una serpe che la morse uccidendola prematuramente. Orfeo sconsolato, discese agli Inferi e con gli accenti della sua lira non incantò solo Cerbero, il cane a tre teste guardiano dell'Inferno, ma anche gli dei del regno delle ombre Ade e Persefone, che acconsentirono a restituire Euridice al marito. Ad un patto. Orfeo risalito alla luce seguito dalla sposa, non doveva voltarsi per vederla; non prima di aver lasciato il loro Regno. Orfeo accetta e si mette in cammino. E' già quasi risalito alla luce del giorno, quando lo assale il terribile dubbio che la regina Persefone possa essersi fatto beffe di lui. Per sincerarsi che Euridice fosse davvero dietro di lui, si volta, ma lei sviene e muore una seconda volta. Orfeo corre a cercarla, ma questa volta Caronte è inflessibile e gli nega l'accesso al mondo infero. Sconsolato Orfeo deve far ritorno tra gli umani. Si narra che dopo questo dolore non volendo più avere rapporti con le donne, suscitò le ire delle donne trace che lo uccisero facendo a pezzi il suo cadavere, gettandolo in un fiume. Dopo la morte, la sua lira fu trasportata in cielo dove divenne una costellazione, mentre l'anima trasmigrò nei Campi Elisi, rivestita da lunga veste bianca, e allientando coi suoi canti i Beati. Molte sono le varianti, variazioni e variabili di detto mito su cui si formò una teologia detta orfica. Orfeo resta sempre il simbolo della Poesia e dell'Arte che sconfiggono la Morte. In epoca più tardiva,  il poeta Rainer Maria Rilke  compone "I sonetti ad Orfeo",  una raccolta di liriche che evocano immagini di quiete e di rara bellezza.


E quasi una fanciulla era. Da questa
felicità di canto e lira nacque,
rifulse nella trasparente veste
primaverile e nel mio udito giacque.


E in me dormi. Tutto fu il suo dormire:
gli alberi che ammiravo, le distese
sensibili, le grandi praterie
presenti e lo stupore che mi prese.

Il Ratto di Persefone di Bernini
Un altro mito ad alta valenza simbolica è il Ratto di Persefone (Proserpina per i Romani), dea degli Inferi e moglie di Ade (Plutone per i Romani). La leggenda ci narra che  Ade si innamorò di lei mentre la vide alle falde dell'Etna intenta a  raccogliere dei narcisi insieme alle sue compagne. Il carro infernale tirato da cavalli neri squarciò la terra e il dio la rapì. Questo rapimento fu reso possibile. grazie alla complicità di Zeus, mentre la madre Demetra era assente. A questo punto si pongono i viaggi di Demetra per ritrovare la figliola rapita e per vendicarsi non fece più maturare le messi (era la dea dei campi e dell'agricoltura). Alla fine, visti i disastri e la carestia sulla terra, Zeus ordinò al fratello Ade di restituire la fanciulla alla madre, ma ciò non era più possibile, poiché lo sposo le fece mangiare un chicco di melagrana, con la quale intendeva legarla per sempre a sé. Per mitigare il fatto, Zeus decise ch' ella avrebbe diviso il proprio tempo tra il mondo sotterraneo e il mondo terreno. Durante i mesi  la ricongiunzione di Persefone con la madre, la terra diventava florida, gli alberi fiorivano e fruttificavano , mentre nei campi le messi maturavano. Durante i mesi in cui Persefone tornava agli inferi, la terra era spoglia,  fredda e senza sole e riposava. Questo era in sostanza il modo, per i Greci di interpretare l'avvicendarsi delle stagioni.



Il Narciso del Caravaggio

Un mito affascinante che servì di ispirazione a poeti e pittori è il mito di Narciso. La sua leggenda è riferita in modo diverso a seconda degli autori. Secondo le Metamorfosi di Ovidio, Narciso è figlio del dio fluviale  Cerfiso e della ninfa Liriope. Diventato adulto fu oggetto di passione di un gran numero di ninfe e di ragazze, alle quali però restava insensibile. La ninfa Eco si innamorò di lui, ma non ottenne più delle altre. Allora disperata, si ritirò in solitudine, dove dimagrì e della sua persona non rimase che una voce lamentosa. Tutte le giovani disprezzate da Narciso, chiesero vendetta  e Nemesi le sentì. Fece in modo che in un giorno di grande caldo dopo la caccia, Narciso sostasse presso uno specchio d'acqua  per dissetarsi. Qui scorse il proprio volto così bello, che se ne innamorò all'istante. Insensibile , in quel momento a quanto lo attorniava si piegò verso la sua immagine e si lasciò morire annegato. Nel luogo in cui morì, spuntò un delicato fiore bianco profumato che ebbe il suo nome.
Gli dèi capricciosi, suggerisce Hillman, sono stati cacciati dalle nostre religioni, per trasformarsi in complessi.

Apollo e Dafne del Bernini
 Il mito di Apollo e Dafne è, secondo Gianluca Mattarelli (sito Ripensandoci) ,la storia di un amore infelice, perché mai realizzato. Proprio il dio protettore delle arti mediche non riesce a trovare un farmaco per la ferita infertagli da Eros; proprio il nume che conosce presente, passato e futuro, lascia che la sua mente onniveggente sia offuscata dalla tenace passione per la bellissima Dafne, figlia del fiume Peneo e di Gea.
La fanciulla, incurante dell’amore, preferisce aggirarsi per i boschi e dedicarsi alla caccia, essendo una sacerdotessa consacrata alla vergine Artemide (o alla madre Gea). Un giorno Apollo la scorge da lontano e inizia a correrle incontro. Dafne si accorge del bellissimo giovane, alto, aitante, biondo e inizia a fuggire da lui. Forse è stata colpita dalla freccia dell’odio scoccata da Eros, desideroso di fare un dispetto ad Apollo (secondo una versione del mito) o forse vuole evitare di cadere in tentazione e di recare un torto alla divinità a cui si  è consacrata, promettendo castità.
Dafne per sottrarsi alla seduzione di Apollo si fa trasformare in alloro.
La fanciulla, impaurita, è costretta ad attraversare sterpaglie, graffiandosi la pelle e strappandosi le vesti, mentre Apollo continua a inseguirla accanitamente gridando il suo amore e avanzando proposte seducenti. Quando ormai sta per essere ghermita, Dafne, esausta, rivolge una preghiera al padre (o alla madre), affinché la sua forma, causa di tanto tormento, sia tramutata in qualcos’altro. In pochi istanti la giovinetta si irrigidisce, i piedi divengono radici, le braccia rami, il corpo si ricopre di una ruvida scorza: si sta trasformando in un albero di alloro (in greco antico daphne significa appunto “alloro”). Apollo la raggiunge, ma è troppo tardi; riesce appena a rubarle un bacio, prima che anche la sua bocca sia ricoperta dalla corteccia.

L’irrazionalità della passione amorosa

Viene naturale prendere le parti di Dafne, che, per mantenersi casta, fugge da un accanito e possessivo spasimante, intento a soddisfare egoisticamente la sua passione senza tener conto della volontà dell’amata, fino a rovinarle completamente la giovinezza e la vita. È opportuno, tuttavia, riflettere anche sulla sofferenza di Apollo, sul dolore di chi ama senza essere ricambiato. Il dio potrebbe avere tutte le fanciulle che vuole, ma desidera Dafne, non per un capriccio, ma perché è stato ferito dalla freccia d’amore di Eros. Non si sceglie di amare. Se potessimo scegliere razionalmente la persona di cui innamorarci, di certo non opteremmo per il dolore e per il rifiuto. Apollo può conoscere il futuro, quindi probabilmente avrebbe potuto prevedere le tragiche conseguenze della sua passione; eppure, invece di rivolgere la sua bramosia altrove, insegue Dafne. Egli è il dio dell’ordine e del raziocinio, eppure compie atti irrazionali per amore. La ragione è sconvolta sempre dal sentimento; è difficile rimanere indifferenti e calmi di fronte alla visione di colui o colei che desideriamo ardentemente.
Un dono tuttavia, Apollo lo ebbe da questa sventurata esperienza: il lauro o alloro, con cui si fece un serto ornandosene il  capo nel Parnaso insieme alle nove Muse. Laureato, laurea ecc. proviene proprio dalla pianta di cui Apollo si fece ornamento, in seguito riservato a tutti i poeti e agli uomini illustri.
Non dimentichiamo inoltre che buona parte della cultura greca, ci viene tramandata attraverso l'etimologia delle nostre parole.  Basta pensare alla moderna parola "ecologia", dalla ninfa Eco che abbiamo  già incontrato nel mito di Narciso. Nei periodi di cupezza e di oscurantismo della storia, i miti assumono un carattere fondativo. Si pensi solo alla leggenda di Romolo e Remo allattati dalla lupa che danno avvio alla civiltà e cultura romana. Ma questa, ovviamente,  è un'altra storia...

Hesperia

36 commenti:

Anonimo ha detto...

Bel post! Anche il Giardino delle Esperidi nasce da un mito. I frutti dell'albero sotto il quale dormono le Esperidi sono d'oro e un drago vigila il tutto.
Una curiosità... di chi è il dipinto di Orfeo e Euridice?

zeta

Sympatros ha detto...

Mito e demitizzazione

I paesi che furono all'origine della storia e dell'identità culturale europea sono in crisi, il mito dell'Ellade solare e del viaggio in Arcadia(Italia) di Goethe non affascina più gli europei del nord, i tedeschi in particolare. I problemi adesso sono naturalmente di altra natura, finanza ed economia……. finanza ed economia che senz'altro non mancavano nemmeno allora, ma non erano concepiti come motori principali della storia e della civiltà nel mondo greco-romano. Ma veniamo al mito.
Il mito, non il contenuto del mito, è legato alla fantasia, la fantasia è naturalmente attività preminente nella fanciullezza e ha come caratteristica quella di collocare il contenuto, qualsiasi sia il contenuto, in coordinate spazio-temporali dilatati e non reali o meglio non razionali. La mitologia greca rappresenta l'epoca della fanciullezza e il tripudio della fantasia della storia europea… la capacità di animare la natura, di umanizzarla e deificarla era oltremodo potente. L'aveva ben capito Leopardi, quando diceva che ai moderni sono interdetti i miti, l'uomo moderno non riesce a guardare la natura con occhio mitico…l'intelletto ha ucciso la fantasia…. secondo lui… secondo me non è del tutto vero, anche se è senz'altro vero che, con la supremazia dell'intelletto e della tecnica, il processo di de-mitizzazione ha fatto enormi passi in avanti. Nell'epoca moderna si coltiva quasi il gusto della de-mitizzazione, c'è quasi un piacere sadico-intellettuale nel de-struere e illuministicamente illuminare il mistero dei miti e fare così scappare i fantasmi partoriti dalla fantasia, come vuole l'etimologia. All'intelletto, che è qualcosa di differente dalla ragione, piace fare a pezzi le cose. Cosa dobbiamo seguire il piacere dell'intelletto o della fantasia? Secondo uno psicologo francese, di cui non ricordo più nemmeno il nome, partendo da un fatto fisico dice che è preferibile il piacere della fantasia perché interessa in largo e non in acuto l'intera nostra corteccia cerebrale… l'intelletto invece utilizza solo una piccola parte in modo "acuto"… e perciò fa venire il mal di testa!

Hesperia ha detto...

E' vero zeta, grazie. I luoghi delle meraviglie sono relegati al mito.
Il dipinto di Orfeo ed Eridice che abbandonano gli Inferi mi è piaciuto per la dinamicità dei corpi che cercano di mettersi in salvo, senza riuscirvi. Francamente non ho trovato riferimenti su google immagini. Se qualcuno (Dionisio o Josh) possono illuminarmi, ne sarei contenta. Sembrerebbe (ma non vorrei dire un'eresia) di Delacroix. Ma non ne sono certa.

Hesperia ha detto...

Sympatros, hai fatto delle riflessioni molto importanti e pertinenti sul mito e in conseguenza di ciò, della demitizzazione. Oggi, come hai sottolineato, di questa ce n'è fin troppa. E del resto, a dare una spallata al mito sono le scienze sociali (antropologia, etnologia, psicologia e psicoanalisi, sociologia) che lo hanno destrutturato.

Altro che Orfeo e le donne trace! ormai siamo alle disjecta membra.
Ma il problema dei problemi è che i popoli (d'Europa e d'Occidente) hanno perso la loro innocenza e che sarà ben difficile recuperarla. Curiosamente però vale la pena di citare quel paradosso di Chesterton secondo cui l'uomo moderno che non crede più a nulla, alla fine crede a tutto. E mi pare che l'uomo di questi catastrofici tempi, sia un po' così.

Quello psicologo francese è per caso Gaston Bachelard?

Sympatros ha detto...

No, no .. ho cercato si tratta di Pierre Daco, belga e non francese.

La tecnica…..l'esempio della fine di un mito. La luna, una volta sublime magica incantata, persino dea, ineffabile figura femminile, luminosità vellutata, che fai tu luna in ciel, dimmi che fai silenziosa Luna....... ma adesso lo sappiamo che fa, un pezzo di materia inaridita, bombardata, che è condannata a girare intorno alla terra.

Chi farà più le seLenate alla luna? Povera Selene!

Josh ha detto...

il dipinto è di Enrico Scuri...un lumbard

post fantasmagorico, ri-passo appena ho un attimo:-)

Hesperia ha detto...

Oh grazie mille, Josh! E' vero che l'avevo visto esposto in un sito che parlava di beni culturali lombardi. Tutto bene lì da te con le scosse? Facci sapere...

Hesperia ha detto...

Sympatros, conosci il poeta francese Jules Laforque per caso? Hai hatto una laforgata :-).
Sui miti demitizzati il suo "Moralità leggendarie" è imperdibile.

Sympatros ha detto...

La laforgata è farina del mio sacco…. di Laforgue solo qualche lontano sbiadito ricordo ginnasiale!

Anonimo ha detto...

Sui miti greci è stata costruita un mucchio di letteratura. Sui miti greci è stato costruita buona parte delle arti figurative. La sua eredità resta tuttora ben viva nei linguaggi e nelle culture che fanno parte di questa zona del mondo. È stata sempre presente nel sistema educativo, a partire dai primi gradi dell'istruzione, come hai ricordato col tuo manuale di Mitologia classica, mentre poeti e artisti di tutte le epoche si sono ispirati ai miti mettendo in evidenza la rilevanza e il peso che i temi mitologici classici potevano rivestire in tutte le epoche della storia.
Povere sono le società e i popoli senza veri miti o con i miti fasulli come quelli veicolati dalla pubblicità e dalla tv che durano lo spazio di un mattino.
Credo che i miti siano in fondo l'asse portante della condizione umana. Pensiamo ad esempio, al mito di Prometeo che aveva il fegato straziato da un'aquila ma poi gli ricresceva. Non ci vuole forse un "fegato così", come suol dirsi, nella vita d'ogni giorno? E allora siamo tutti dei Prometei incatenati. E' un post che suggerisce e stimola molte cose.
Ciao hesperia

Rosalind

Hesperia ha detto...

Grazie per il tuo importante intervento, Rosalind. Hai citato un mito importantissimo che ho dimenticato di elencare: quello di Prometeo che rubò la scintilla agli dei per offrirla agli uomini allo scopo di riscaldarsi, di illuminare le notti. Fu punito nei modi che sappiamo.
E' questa una condizione umana che ci fa rassomigliare a questo eroe buono che come hai ricordato, dopo che l'aquila gli divorava il fegato, gli ricresceva. Finché poi arrivò Ercole a spezzargli le catene che lo tenevano legato. Ma anche Ercole, pur nella sua possente forza fisica, dovette sottostare ai capricci del Fato.
In fondo nei miti greci non ci sono super Eroi all'americana, ma solo eroi. Umani troppo umani.

Vero poi, quello dei miti deteriori con i quali siamo continuamente bombardati e depistati. Il peggiore di tutti, a mio avviso, è quello del denaro.

Ciao!

Hesperia ha detto...

PS: Un altro mito che mi piaceva molto era quello di Sisifo, uomo astuto che frega Thanatos (la Morte). Più volte Sisifo dopo la sua morte riuscì a farla franca e a tornare tra i vivi.Come punizione per la sagacia dell'uomo che aveva osato sfidare gli dei, Zeus decise che Sisifo avrebbe dovuto spingere un masso dalla base alla cima di un monte. Tuttavia, ogni volta che Sisifo raggiungeva la cima, il masso rotolava nuovamente alla base del monte. Ogni volta, e per l'eternità, Sisifo avrebbe dovuto ricominciare da capo la sua scalata senza mai riuscirci.

Albert Camus scrisse un importante saggio filosofico sulla fatica di Sisifo, anch'egli come Prometeo, ribelle degli dei (Il mito di Sisifo).

Josh ha detto...

ci sono poi anche miti che vengono 'spostati' di significato, a comodo.

Un esempio è quello di Prometeo.

Cfr la statua déco di Prometeo al Rockfeller center:

http://farm3.static.flickr.com/2353/2180309437_14539d42ef.jpg

sopra è scritto "Prometeo maestro di ogni arte portò il fuoco che ai mortali si è rivelato un mezzo per intenti possenti.
Saggezza e conoscenza saranno la stabilità dei tempi"

Il Rockefeller Center è uno dei luoghi simbolo della finanza internazionale, uno dei principali templi del potere economico mondiale.

Nel mito greco il fuoco rappresenta la conoscenza, elemento che permette ai mortali di progredire, di migliorare la propria condizione fino ad avvicinarsi a quella degli dei, che divengono così meno distanti.
Ma a causa del suo gesto Prometeo subirà la punizione di Zeus: verrà incatenato sul monte Caucaso, dove ogni giorno giungerà un’aquila che gli divorerà il fegato; essendo però Prometeo immortale, l’organo dilaniato si riforma durante la notte, rendendo così la sua pena eterna, finché dopo 3000 anni, un altro eroe leggendario, Ercole, lo libera.

Nella Grecia classica Prometeo era benefattore dell’umanità, in virtù del dono dall’enorme valore di cui si era fatto portatore, e per la pena che aveva dovuto affrontare quale prezzo per il suo atto; a lui erano dedicate solenni feste ed un culto devoto.

Eppure, vi è anche una lettura più profonda di questo arcaico mito, una lettura che già in epoca classica si era in gran parte persa.
Nel destino di Prometeo infatti è simbolicamente rappresentata la sorte di una umanità che si emancipa dal divino, disobbedendo alle regole celesti.
La roccia in cui il titano viene incatenato è una allegoria del materiale, la condizione terrestre a cui si riduce l’uomo quando si separa dall’universo celeste, destinato ad essere divorato dai propri desideri umani, che come il fegato che sempre si riforma non potranno mai essere placati del tutto.

La colpa dell’umanità prometeica non è propriamente quella di desiderare di essere come la divinità, ma di provare a raggiungere tale obiettivo per mezzo del furto e del sotterfugio.

Non a caso, Prometeo verrà in seguito liberato dal suo alter ego celestiale, Ercole, che rappresenta invece l’uomo caduto e redento, che raggiunge il regno dei cieli e la condizione divina a seguito di un lungo e complicato percorso, le celebri 12 fatiche, per mezzo delle quali riuscirà a purificare se stesso ed a guadagnarsi un posto nell’Olimpo.

Josh ha detto...

Però ci sono similitudini tra Prometeo ed il suo corrispettivo nella cultura ebraica-cristiana, Lucifero – Satana.

Come Prometeo, Lucifero è punito dalla divinità per la sua disobbedienza, e come il titano della mitologia greca, anche Lucifero cerca di trasmettere la conoscenza/trasgressione agli umani, così come raccontato nella Genesi nell’episodio del frutto proibito del Paradiso.
Qui Lucifero si presenta sotto forma di serpente ad Adamo ed Eva, ed invita a cogliere il frutto dell’ Albero della Conoscenza, l’unico frutto cui Dio aveva loro proibito di cibarsi.
“Sarete come dei”, dice ad Eva Lucifero, ed appare chiaro che il peccato di cui la prima coppia si macchierà è lo stesso che Prometeo fece compiere alla giovane umanità del mito greco,
quello di voler raggiungere la condizione della divinità per mezzo dell’inganno, e non attraverso un lungo percorso di ricerca e perfezionamento spirituale.

Nello stesso modo in cui nella classicità greca la figura di Prometeo aveva subito una trasmutazione,
così nei nostri tempi una corrente di "pensiero" ha finito per considerare Lucifero - Satana come il vero benefattore del genere umano,
colui che si immola nel tentativo di portare la luce, la conoscenza, ai mortali, e che per questo viene punito da un Dio che sarebbe malvagio.

Questo è anche in sintesi il fondamento del Culto di Lucifero, travestito da homo faber prometeico,
un sentire che si è sviluppato in antitesi al culto cristiano ed è finito per essere appannaggio delle principali organizzazioni ad indirizzo esoterico della modernità, dalla Massoneria alla Teosofia al New Age ed a tutte le loro derivazioni.

Un culto fatto proprio da una larga fetta della elite finanziaria mondiale, e l’imponente 'Prometeo' luciferino del potere terreno che ha sacralizzato il denaro e le banche domina l’ingresso del Rockefeller Center ed è proprio lì.

Hesperia ha detto...

Ciao Josh, purtroppo non mi si apre il link sulla statua al centro Rockefeller. Puoi provare a rinviarlo?

Mah, è evidente che i miti progredendo nel tempo hanno progressivi spostamenti di significati che vengono adattati alle varie forme di pensiero. Il sotterfugio del furto della "scintilla" dalla fucina di Vulcano-Efesto, il divin fabbro (zoppo) degli dei, non poteva che essere necessario.
Chi ha armi in mano (Zeus aveva la sua saetta, Ermes, il caduceo ecc) non le cede spontaneamente.

Su Lucifero. Vedo un'evoluzione che in origine, può trarre spunto da Prometeo, ma poi come hai detto siamo in altro ambito. Già col Cristianesimo, Lucifero era l'angelo ribelle bello e altezzoso. In Prometeo non c'è alterigia, ma umiltà.

Più interessante la faccenda dell'esoterismo, dello gnosticismo e della Teosofia. Del Prometeo di cui parli (e che non riesco a vedere) che rassomiglia di più a un "demone" animato dal sacro fuoco del "progresso" (mi viene in mente l'Ode a Satana di Carducci, guarda caso, massone della prima ora).

johnny doe ha detto...

L’uomo non può vivere senza miti,senza un sistema di pensiero mitico, che cerchi di dare un fondamento alla sua esistenza.
Anche il più acceso razionalista alla fine ha i suoi miti,nel senso classico del termine.
La Grecia storica non aveva una "vera" religione e tantomeno libri sacri, tutte le sue tensioni religiose si sono incarnate nel mito a costituire la sua prima vera cultura.

Il mito greco é parte fondante dell'inconscio collettivo occidentale.Travestimento fantastico delle realtà.Un tentativo di dare una risposta alle domande profonde che tutti ci poniamo e che già inquietavano gli uomini dell'antichità. I miti sono le rappresentazioni plastiche,simboliche di una risposta a queste domande

Si pone prima e dopo la razionalità,che ha cercato inutilmente di distruggerlo;é la lingua primordiale (e perciò eterna) dell’uomo.Il mito é fatto di simboli,unico rimedio all'impasse del discorso razionale.Un percorso conoscitivo alternativo.Mythos e logos si limitano e si aprono a vicenda.

La sede privilegiata della rappresentazione del mito era la tragedia.Il mito,parola e racconto,si fonde con l'azione drammatica.
La lottà tra razionalità e il suo contrario é ben illustrata dalle figure di Apollo e Dioniso,lotta che secondo Nietzsche doveva cocludersi in un equilibrio che potesse conservare l'uomo nella sua interezza.
Poi venne Socrate,che era un ottimista,credeva nella conoscenza e che la ragione potesse svelare i segreti del mondo,al contrario dell'rrazionalismo dionisiaco che ne preservava il mistero legato al mito.
Socrate ha rotto quell'equlibrio tra dionisiaco e apollineo che contribuiva a preservare lo spazio del mito.Non sbagliava Nietzsche ad individuare in Socrate ed Euripide le cause della decadenza di questa civiltà,la fine di un'epoca gloriosa.
Lo stesso Platone (e ancor più Tucidide),in fondo un distruttore del mito primordiale (operando una decisiva distinzione tra mythos e logos),ne fa però ampio uso nelle sue opere,ma con molti distinguo.
Un atteggiamento ambiguo ,che si presterebbe ad un interessante excursus,che non é qui però il caso di fare.
Si potrebbe dire che pur non rifiutando il mito ,ne era padrone.L'ha superato,ma anche conservato.A volte ironico,a volte affascinato nei suoi confronti.

Resta comunque un merito alla filosofia greca: ha saputo preservare il mito iniziando contemporaneamente il suo impegno di ricerca del vero senza sconfessioni, abiure, senza imporre ostacoli o dogmi al lavoro di ricerca filosofica.

Il mondo moderno occidentale invece ha compiuto due operazioni dagli esiti nefasti su mythos e logos: li ha separati e contrapposti.
Verità e favola, falsità.Fuori della loro reciprocità, entrambi hanno subito un processo di riduzione e di distorsione.
Questo è il dramma della modernità: il mito, screditato come tappa immatura dell’infanzia della ragione.
Ma il mito non solo non scompare ma, separato dal logos si ripresenta in forma ancora più inconfutabile e potente.
(segue)

Hesperia ha detto...

C'è un altro "spostamento" di significato nel Sisifo di Camus, scrittore notoriamente ateo e materialista, come lo furono quasi tutti gli esistenzialisti.

Sisifo imbroglia Thanatos e prende in giro gli dei, con la faccenda che la moglie non l'aveva seppellito e allora lui tornava sulla terra per dirgliene quattro. In realtà se ne stava beatamente tra i vivi. Gli dei lo condannano ad una fatica perpetua che Camus vuole vedere come l'ineluttabile condizione umana (l'inadeguatezza degli umani sforzi). Ma tra un masso e l'altro che Sisifo deve far rotolare giù per il Tartaro dopo averlo sospinto faticosamente in cima, c'è un intervallo. E in quel lasso di tempo Camus conclude "La lotta fine a se stessa basta a riempire il cuore dell'uomo. Si deve immaginare Sisifo felice".

POtremmo sintetizzarlo nel "afferra l'attimo fuggente".
Per farla breve, i miti sono maledettamente duttili, poiché ciascuno se li adatta alla propria filosofia.

johnny doe ha detto...

(seguente)
Per finire,mi piace citare questo poetico passo di Eliade in "Mito e realtà" :

"In un mondo simile [quello del mito], l’uomo non si sente rinchiuso nel suo modo d’esistenza; anch’egli è “aperto”, comunica con il mondo, perché utilizza lo stesso linguaggio: il simbolo. Se il mondo gli parla attraverso i suoi astri, le sue piante e i suoi animali, i suoi fiumi e i suoi monti, le sue stagioni e le sue notti, l’uomo gli risponde con i suoi sogni e la sua vita immaginativa, con i suoi antenati oppure con i suoi “totem” – ad un tempo natura, sovranatura ed esseri umani -, con la sua capacità di morire e risuscitare ritualmente nelle sue cerimonie di iniziazione (né più né meno della luna e della vegetazione), con il suo potere di incarnare uno spirito mettendosi una maschera, ecc. Se il mondo è trasparente per l’uomo arcaico, anche questo si sente “guardato” e compreso dal mondo. La selvaggina lo guarda e lo comprende (spesso l’animale si lascia catturare perché sa che l’uomo ha fame), come pure la roccia, o l’albero, o il fiume. Ciascuno ha la sua storia da raccontargli, un consiglio da dargli".


PS - Anch'io ho cominciato con Graves e Frazer,via Kereny,Detienne,Dumezil....fino al Cadmo e Armonia di Calasso.
Di respiro più ampio,ma un grande libro,Il Mulino di Amleto di Santillana.
Uno dei miei preferiti é Diana e Atteone.

Hesperia ha detto...

MOlto stimolante Johnny: "Mythos e logos si limitano e si aprono a vicenda". Aspetto la tua seconda parte, allora.

Hesperia ha detto...

Frazer, "Il ramo d'oro" suppongo. Testo importante e pure "La grande madre" di Eric Neumann.

Per non citare Vladimir Propp e la sua mitografia. Ma direi che questi razionalizzatori del mito vadano presi un po' col contagocce.
Meglio allora rileggersi l'Iliade e l'Odissea, che spesso a scuola riuscivano a renderceli noiosi, e invece sono suggestivi.

Hesperia ha detto...

Josh, sono riuscito ad andare al sito che citi. A parte che la statua mi risulta troppo fredda, e va bene giusto per un centro della Finanza e dei commerci (ci sono parecchi centri commerciali lì al Rockfeller center). Qui mi pare evidente che l'Eroe Prometeo che nella tradizione greca ha una sua aura di trascendenza, è diventato quasi un messaggero stilizzato di affari e commerci. Una specie di ultramoderno Ermes il Ladro.

Secondo James Hillman, infatti è Ermes il vero trionfatore della globalizzazione, del mondialismo e della rete. E io sono abbastanza d'accordo.

Prometeo, così come Vulcano, rimanda ad un mondo artigianale.

johnny doe ha detto...

Smontaggio del mito

La seconda parte era dedicata a Platone,questo grande impresario teatrale,nonchè regista,sceneggiatore,cast director e al suo primo attore Socrate,a cui scriveva i testi,le domande e le risposte dei poveri malcapitati attori comprimari,che poveretti non ponevano mai la domanda giusta per smascherare questo metodo dialettico da scolaretti e il suo mentore Socrate,il più grande di tutti i sofisti.La famosa maieutica,ben più raffinata e truffaldina dei vari Gorgia,Protagora....in sintesi era questo giochetto.

Prendo un mazzo di carte,metto l'asso di bastoni in testa e il due in fondo e lo nascondo tenendolo con le mani dietro la schiena.
Poi mi travesto da Socrate e comincio ad interrogare Fedro.
"Dei quattro semi scegline due"
"Spade e coppe"
"restano bastoni e denari,che scegli?"
"denari"
"resta bastoni,pari o dispari?"
"pari"
"dall'uno al cinque o dal cinque al dieci'"
"dal cinque al dieci"
"restano dall'uno al cinque.Due o quattro?"
"quattro"
"resta il due.Lo vuoi vedere?"
"sì"
Estraggo il due dal fondo mazzo,senza guardare.
"E voilà!"

Questo é il metodo socratico for dummies.Capito il trucco?
Portare Fedro motu proprio alla conclusione già preordinata dallo sceneggiatore.

Grande teatro i Dialoghi,prima che filosofia,affascinante,intrigante,a tratti sublime,un grand guignol uranico,accuratamente impacchettato per far sognare gli spettatori di tutti i tempi.Non poteva certo competere il ragionier Aristotele che pur con un certo acume smontò molte sceneggiature platoniche,ma col torto di presentarle come aridi e a volte noiosi documenti contabili.Non a caso fu subito adottato dai preti che a loro volta ingarbugliarono ancor di più i bilanci.
Il pubblico però,restò sempre fedele al divino impresario Platone che lo faceva sognare e che sopravvisse sempre al suo rivale,finchè un tedesco pazzo non fece crollare il teatro in testa ad entrambi e al pubblico...e ai miti.

Chiedo venia a questo pubblico...

Nessie ha detto...

CHi sarebbe il "tedesco pazzo", Johnny? Nietzsche per caso?

Josh ha detto...

@Hesperia:

Il Prometeo dorato di Paul Manship del Rockfeller Centre è a mio avviso più di tutto un lucifero, letto nel termine letterale "che porta luce"/'angelo di tenebra che si traveste da angelo di luce, per restare alla terminologia biblica'....

non a caso, dorato, fatto come il vitello d'oro...

peccato che sia la luce fallace di questo mondo...dice "il Regno ora" fatto di denaro e rapina, per il potere qui e subito....
Nella mia sensibilità lo leggo principalmente così

johnny doe ha detto...

Sì Nessie,proprio lui...

johnny doe ha detto...

@Hesperia

Iliade ed Odissea,affascinanti letture,con testo greco a fronte per capire veramente il senso della parola omerica.Buone le due edizioni Einaudi.
Difficilmente la scuola riesce a far amare qualcosa,vuoi per la dabbenaggine di certi insegnanti,vuoi anche per tanti altri pensieri che avevamo per la testa...
Se sei fortunato e hai anche voglia,quel misero seme piantato a scuola,può rifiorire dopo.
L'esempio più clamoroso é la Commedia del nostro Dante,bistrattato a scuola da centinaia di note filologiche e da meccaniche letture,finiva per perdere l'incomparabile bellezza poetica che in molti abbiamo riscoperto dopo.

Josh ha detto...

all'Università nelle facoltà specifiche lettere classiche e lettere moderne, indirizzo filologico compreso,
Dante e Omero (sui testi originali conoscendo il greco classico) però si fanno un po' meglio;-)

Hesperia ha detto...

Esatto Josh, sembra proprio un vitello d'oro stilizzato . Siamo sempre su quella lunghezza d'onda lì... che sappiamo :-)


Johnny hai ragione. A scuola difficilmente riescono a farci amare qualcosa, anche quando è valido. Dell'Odissea (che amo ancor di più dell'Iliade) avevo un'ottima traduzione di Ettore Romagnoli. Però è anche vero che
"quel misero seme piantato a scuola,può rifiorire dopo".

A me è successo.

Dionisio ha detto...

Ho avuto il PC bloccato per un po', così non potevo leggere il post. Ora me l'hanno aggiustato.
Bel pezzo, Hesperia, che ci ricorda tante cose, e su cui trovo una quantità di commenti molto belli e istruttivi.
Le arti e i miti sono andati sempre a braccetto. A me viene in mente subito la storia di Meleagro, un mito di cui si parla molto poco ma che ho scolpito in mente perché all'accademia di belle arti della mia città c'è un quadro di Domenico Fiasella, "La morte di Meleagro" davanti al quale, in passato, sostavo spesso perché le figure erano d'una bellezza straordinaria, con il corpo di Meleagro abbandonato tra le braccia di Atalanta e di un compagno di caccia con la pelle d'una sfumatura verdastra perché ormai già preda della morte. Figure stupende, disegnate e dipinte da una mano virtuosa. Ho disegnato il quadro a matita con grande piacere e conservo ancora il foglio, dopo tanti anni.
La storia è questa: le parche, quando nacque Meleagro, dissero alla madre che la vita del fanciullo sarebbe cessata non appena il tizzone che ardeva nel camino si sarebbe consumato. La madre spense subito il tizzone con l'acqua e lo nascose il fondo a una panca. Da adulto Meleagro e due zii, fratelli della madre, dovettero organizzare una caccia ad un cinghiale ferocissimo che devastava le campagne e uccideva gli uomini. Sulla scena della caccia si presentò anche Atalanta, una fanciulla educata dal padre come un guerriero, che si dimostrò miglior cacciatrice degli uomini. Meleagro si innamorò della ragazza e, quando il cinghiale fu ucciso col concorso di tutti i cacciatori, le regalò la testa e la pelle in omaggio alla sua bravura e alla sua bellezza. Ma gli zii, umiliati dal riconoscimento del nipote verso una donna - cosa che non potevano accettare - entrarono in contesa col giovane, la lite degenerò in rissa e alla fine Meleagro uccise i due zii. Dei messaggeri andarono a riferire il fatto alla madre di Meleagro, la quale, presa da furia verso il figlio, andò a prendere il famoso tizzone e lo riaccese.
Meleagro, di ritorno a casa,si sentì improvvisamente mancare, una febbre bollente gli accese le vene e le gambe gli cedettero. Con un gemito di stupore, senza avere la possibilità di comprendere la ragione di quel malessere tanto repentino, egli capì che stava morendo, mentre Atalanta e i cacciatori che erano con loro assistevano senza poter far nulla per soccorrerlo.
In seguito la madre, pentita, si buttò viva nella pira sulla quale ardevano i suoi fratelli uccisi da Melagro.
Un mito tragico, ma che ha ispirato il bellissimo quadro di cui ho parlato.

Hesperia ha detto...

Bello e terribile il mito di Meleagro e di Atalanta. Non lo ricordavo in questi dettagli che hai narrato, Dionisio. Se riesci a procurami il link del dipinto di Fiasella, mi piacerebbe guardarlo. Spero che sei a posto col pc ora. Ti avevo scritto in pvt e non so se hai ricevuto la mia emai. Ciao

Hesperia ha detto...

PS: Atalanta ha a che fare con il mito del Giardino delle Esperidi. Durante la sua corsa Afrodite volle farla perdere e le mise sul suo percorso i tre pomi d'oro, che lei attratta dalla loro bellezza, cercò di raccogliere.

Dionisio ha detto...

Ecco il link per vedere il quadro di Domenico Fiasella, "La morte di Meleagro", visibile all'Accademia di Belle Arti di Genova

http://www.google.com/imgres?q=Domenico+Fiasella&start=627&hl=it&client=firefox-a&hs=AxF&sa=X&rls=org.mozilla:it:official&channel=np&tbm=isch&prmd=imvnso&tbnid=Br5dC4pTC-bbAM:&imgrefurl=http://www.cambiaste.com/it/aprile-2011-n-01/autentico-scrigno-di-tesori.asp&docid=XHOSWRjSQ4WUfM&imgurl=http://www.cambiaste.com/uploads/imgup/171it-pittura1.jpg&w=551&h=600&ei=EefST8n1K4ie8QS3rKXlAw&zoom=1&iact=hc&vpx=659&vpy=154&dur=672&hovh=234&hovw=215&tx=126&ty=115&sig=116147663128155818586&page=22&tbnh=127&tbnw=122&ndsp=28&ved=1t:429,r:24,s:627,i:261&biw=1366&bih=601

Un po' lungo, ma copiandolo mi è venuta questa lenzuolata...

Dionisio ha detto...

Ecco il link per vedere il dipinto di Domenico Fiasella, "La morte di Meleagro".

http://www.cambiaste.com/it/aprile-2011-n-01/autentico-scrigno-di-tesori.asp

marshall ha detto...

Per persone dall'animo sensibile, questo post sarebbe una notevole fonte d'ispirazione. E non è un caso se un certo Salvatore Quasimodo fu talmente ammaliato, fin da piccolo, dalle storie di quei miti, che si mise a studiare il greco antico, da solo, da autodidatta.
Sappiamo poi come andò a finire: la sua caparbietà nello studio di una materia così ostica, gli valse il Nobel.
E non è un caso se a causa sua mi innamorai di Ventimiglia: là c'è una lapide che ricorda delle sue vacanze ventimigliesi.

Post correlato: http://ecopolfinanza.blogspot.it/search?q=fiume+roja

Hesperia ha detto...

Grazie Dionisio, il link è lungo ma si apre e se ne apprezza il contenuto.


Marsh, è vero quel che dici del grande Quasimodo, ma la cultura greca era la base di ogni grande scrittore e poeta che si rispetti.

OT: allora aspettiamo il tuo post per domani. Ciao

marshall ha detto...

Hesperia,
sto leggendo la vita di Platone su Wikipedia, per cercare di smentire una certa affermazione di Johnny doe, lasciata nel commentario del mio Santa Giuseppina Bakhita, a proposito del filosofo. Ebbene, ho scoperto che Platone, attraverso i 23 MITI che si possono riscontrare nelle sue opere, a ben ragione meriterebbe di essere indicato come ilRe dei Miti.