Arriva l'autunno, le giornate si accorciano, le notti diventano più lunghe dei giorni, gli alberi perdono la chioma e con il morire della stagione, non sono pochi coloro i quali soffrono di un disturbo che i soliti anglosassoni hanno chiamato con la breve sigla di SAD (Seasonal Affective Disorder ovvero Disordine Affettivo Stagionale). Tra le terapie in uso, vi è quella di esporre il paziente sotto forti lampade che ne stimolano la serotonina. Alzi la mano chi non ha mai sofferto di malinconia autunnale, specie dopo il ripristino dell'ora solare. La parola "melanconia" proviene dal greco melas "nero"e konis "polvere" (ovvero bile nera). Una sua variante cristiana è l'accidia, considerato uno dei sette peccati capitali, dato che reca indolenza e indifferenza. Poiché secondo la concezione di Ippocrate la bile nera veniva elaborata dalla milza, concezione rafforzatasi poi durante il Medio Evo fino all'età romantica, da qui la parola spleen (milza), un suggestivo termine impiegato da Baudelaire per indicare l'umor nero. Quattro sono infatti gli Spleen composti dal poeta. E ne citerò solo qua e là qualche frase, tratte da un paio.(Ja'i plus des souvenirs que si j'avais mille ans).
II - Quando come un coperchio il cielo pesa
grave e basso sull'anima gemente
in preda a lunghi affanni, e quando versa
su noi, dell'orizzonte tutto il giro
abbracciando, una luce nera e triste
più delle notti; e quando si è mutata
la terra in una cella umida, dove
se ne va su pei muri la Speranza
sbattendo la sua timida ala...
Eugenio Montale lo chiama il mal di vivere: Spesso il male di vivere ho incontrato/ era il rivo strozzato che gorgolia/ era l'incartocciarsi della foglia/ riarsa, era il cavallo stramazzato.
E' ancora in questa poesia del pittore-poeta Ardengo Soffici che la incontriamo per la "Via".
Palazzeschi, eravamo tre,

Noi due e l'amica ironia,
A braccetto per quella via
Così nostra alle ventitré
..........................
finale
...Ma un organetto un po' sordo
si mise a cantare: Ohi Marì...
E fummo quattro oramai
A braccetto per quella via
Peccato! La malinconia
S'era invitata da sé.
Una poesia che parte scanzonata, ma che nel finale descrive come lo stato d'animo della malinconia crei quasi un effetto-imboscata per chi ne è colpito.
Lo scrittore veneto Giuseppe Berto la descrisse come una discesa agli inferi nel suo "Il male oscuro" e per raffigurarne la nevrosi d'ansia che l'accompagna scrisse il romanzo senza punti né virgole, in un flusso di coscienza ininterrotto. Non ne soffrono solo i poeti e gli scrittori, ma anche gli artisti (pittori, scultori, musicisti). Ne soffrì Michelangelo, Caravaggio, Cellini, Duerer e molti altri. Albrecht Duerer ne fece anche una famosa incisione a bulino dal titolo "La melanconia" (immagine in alto al centro), sulla quale sono state avanzate parecchie ipotesi e chiavi di lettura. Ma secondo la più accreditata, pare voglia indicare una condizione primitiva, come il primo gradino della conoscenza da perseguire in salita, uno stato d'animo di travaglio interiore assimilabile alla notte, alla "nigredo" dell'elemento ctonio (cioè della terra). La donna infatti è cupa in volto e la scritta sul
nastro sorretto dal pipistrello sembra indicare proprio questa condizione di "melanosi" e di "nigredo" paragonabile ad uno stato d'animo di pensosità travagliata. E' un tema che ha attraversato anche la pittura moderna dal Rinascimento fino ai nostri giorni. Edward Munch, grande cantore espressionista degli stati d'animo esistenziali (L'Angoscia, L'urlo) ha composto un dipinto intitolato Malinconia (immagine di lato). Un topos ricorrente anche in uno stupendo dipinto di De Chirico che ha colpito non poco l'immaginario collettivo dal titolo "Mistero e malinconia di una strada" (seconda immagine accanto alla poesia di Ardengo Soffici).
osi afflitti da questo male. In epoche più vicine alla nostra ne soffrirono pure persone di grande successo politico come Churchill, e giornalistico come Montanelli. Esistono rimedi senza dover sconfinare nella zona grigia degli psicofarmaci e sono l'Iperico (pianta di Iperione, il nome greco del Titano padre di Elio-Sole). Grande è pure il valore simbolico di questa pianta dai bei fiori giallo-sole (quel colore della luce che tanto piaceva a un melanconico cronico come Van Gogh). Capace di combattere gli stati depressivi, è anche un potente cicatrizzante. In fondo, a ben rifletterci, è come immettere piccole dosi di sole nel corpo di chi vede buio e non riesce a uscire dall'oscurità. Non di rado dunque anche la medicina e la farmacopea sono fatte di simboli come le arti, la poesia e il linguaggio.





Pare in contemporanea sempre più l'oggettivazione della città dei romanzi gialli o dei film noir, una città in cui perdersi e poter essere fagocitati non possedendo più criteri di riconoscibilità
della città-madre; si trasforma nella città fredda-maligna degli horror, nella città surrealista in cui vige il criterio dell'assurdo, la città la cui periferia potrebbe essere ovunque nel mondo data la sua irriconoscibilità modulare, la città innaturale che divora i suoi figli come nella fantascienza. Aiutati in questo da un'architettura impersonale, privata di ogni aggancio al nostro passato culturale, scevra di segni, di simboli originari. (foto a colori: dal film Il deserto rosso di Antonioni) 


