domenica 9 maggio 2010

Dresda e Lodi, città del fato



Il 10 maggio 1796 una colonna dell'armata francese, comandata da un giovane generale dal nome tipicamente italiano, Napoleone Bonaparte, sferrò l'attacco decisivo contro l'esercito austriaco arroccato a Lodi per respingere il contingente francese che il giorno prima aveva attraversato il Po a Piacenza, invadendo la Lombardia al di qua dell'Adda, allora sotto la dominazione austriaca. Era partito da Parigi sessanta giorni prima, l'11 marzo, appena due giorni dopo il matrimonio con Giuseppina Tascher, vedova Beauharnais, con un contingente di 38.000 uomini mal equipaggiati. La battaglia è storicamente nota come "battaglia al Ponte di Lodi". Nell'azione fulminea di quel giorno Napoleone rivelò in pieno le sue doti di grande stratega tattico. Mandando i suoi all'arrembaggio, i primi dei quali lanciati incontro a morte certa, non lasciò a Beaulieu il benchè minimo tempo per attendere i rinforzi sperati. Nonostante i 12 cannoni austriaci piazzati in difesa sul ponte, i francesi alla fine ebbero la meglio; grazie a coraggio, gagliardia e abnegazione, continuamente richiamati da Napoleone. Lasciarono però sul campo 350 morti. Gli austriaci, invece, dichiararono 153 morti e 1700 prigionieri in mano dei francesi. L'indomani l'Austria abbandonerà Milano. Quella sera del 10 maggio 1796 nasceva il mito di Napoleone, l'imperatore più potente d'Europa.
Come scrisse egli stesso anni dopo "Fu solo alla sera di Lodi, che cominciai a ritenermi un uomo superiore e che nutrii l'ambizione di attuare grandi cose che fino a quel momento avevano trovato posto nella mia mente solo come un sogno fantastico".


Ancor oggi i francesi attribuiscono grande importanza alla Battaglia del Ponte di Lodi , tanto che in numerosi loro comuni vi sono vie o piazze ad essa dedicate; è il caso della "rue du Pont de Lodi nel VI arrondissement di Parigi "; è anche forse il toponimo più diffuso in Francia.


La meta era Milano, da dove, subito dopo la battaglia, era partita una delegazione per andare incontro al generale Bonaparte. Era capeggiata da Francesco Melzi d'Eril, cognato di Pietro Verri; ma è facile supporre che a capo di quella delegazione avrebbe voluto esserci lui, Pietro Verri, che però all'epoca era già un attempato sessantottenne, padre di sette figlie e marito di Vincenza, sorella del capo delegazione.

Pietro Verri aveva combattuto a Dresda, per breve tempo, nel corso della Guerra dei sette anni. Si era arruolato volontario per sfuggire al destino che suo padre, il giureconsulto Gabriele Verri, aveva già deciso per lui; secondo i costumi del tempo, lo voleva magistrato come lui, e sposato con chi aveva scelto lui. Tornato a Milano, dopo la successiva parentesi viennese, i fratelli Pietro e Alessandro Verri avevano fondato l'Accademia dei Pugni per dibattere e approfondire di filosofia, economia e politica.

Erano passati 30 anni, da quel maggio 1766, quando i sette della Società dei Pugni avevano deciso di por fine alla loro esaltante esperienza, e di cessare le pubblicazioni della loro rivista filosofico letteraria, Il Caffè. La pubblicazione era rimasta in vita solamente poco più di due anni: la gente non era allora ancora pronta per recepire le idee "rivoluzionarie" di "quei sette che ragionavano di filosofia, menandosi di pugni alla fine di quasi ogni riunione".

Ma dopo trent'anni, qualcosa di quei concetti era stato assimilato dalla gente; la marcia trionfale di Napoleone verso Milano non sarebbe stata tale senza la scossa che quelle idee avevano comunque prodotto.

Anche se la vera svolta che tutti si aspettavano da Napoleone non fu poi quella attesa (ordini religiosi soppressi, chiese spogliate, opere d'arte mandate in Francia e, in parte, ancor oggi non ancora restituite (*)...), Milano iniziò, nel bene e nel male, una rivoluzione urbanistica, tuttora in corso, che l'ha portata ad essere una delle metropoli più attraenti del mondo. Giova anche ricordare che Milano, sotto Napoleone, era tornata ad essere, dopo 14 secoli (vedere: Milano in età Romana) , la capitale di un forte regno unitario, il Regno d'Italia (1805-1814) che comprendeva regioni e province del nord est e del centro nord.

Altra città fatale per Napoleone, e in tal caso quindi doppiamente fatale, è stata Dresda.

In positivo:

perchè Pietro Verri il suo "spianatore verso Milano", nel 1759, nel corso della Guerra dei Sette Anni, durante la quale, arruolatosi volontario col ruolo di ufficiale nello stato maggiore del generale Daun, aveva conosciuto il britannico Henry Lloyd, un avventuriero che comunque gli aveva instillato i germi per la passione agli studi economici, che poi Verri estese a quelli politici, durante il suo successivo breve soggiorno a Vienna;


in negativo:
per la battaglia che aveva segnato il destino finale di Napoleone.

Nel post Vedute sono menzionate le quattro distruzioni subite da Dresda, città martire.

Tra la guerra dei Sette Anni e la seconda guerra mondiale, che avevano entrambe raso al suolo la città, è da annoverare anche una vittoria di Pirro di Napoleone, conseguita nei dintorni della città. Nel 1813 un suo avanposto, al comando del generale Vandamme sconfisse la coalizione austro-russo-prussiana, ma la sua fu una vittoria effimera. La troppa fretta di avanzare, all'inseguimento dei nemici, gli fece commettere errori di valutazione nella consistenza della loro vera forza. Dopo tre giorni d'inseguimento questi ebbero la meglio nella Battaglia di Kulm. Un mese e mezzo più tardi, Napoleone fu sconfitto a Lipsia. Era il 19 ottobre 1813, iniziava il tramonto del mito napoleonico.

Parafrasando il Poeta "fu vera gloria?..." anche in considerazione del fatto che se Lodi, che gli aveva subito tributato un monumento (anche se da Napoleone stesso fatto erigere), lo distrusse nel 1814? Dal sito ufficiale Città di Lodi, si legge infatti: "...In fondo al corridoio, cortiletto con lapidi, sculture, iscrizioni funerarie dell'antico cimitero ebraico, frammenti del monumento a Napoleone, già in piazza Maggiore (**), abbattuto nel 1814,
probabilmente dopo appresa la notizia dell'esilio di Napoleone all'Elba (ndr).
(**) ora Piazza della Vittoria, dal 1924.
E' lecito supporre che il nuovo nome le sia stato attribuito per la vittoria dell'Italia nella prima guerra mondiale. ma sarebbe altrettanto motivo d'orgoglio, e non di nascondimento per i lodigiani, sapere e ricordare che il mito napoleonico, nel bene e nel male, è nato nella loro città. Io stesso sono stato frequentatore innamorato della loro città, e mi sarebbe bello sapere che Lodi ridedichi un monumento degno di tale nome a una tale grande personalità che, nel bene e nel male, ha tracciato pagine eterne di storia.
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Questo l'itinerario suggerito dal sito Città di Lodi, per raggiungere il Ponte: "Si prende via Indipendenza a sinistra e si giunge a piazza Barzaghi nei pressi dell'attuale ponte sull'Adda (1864). Di fronte alla chiesa di S. Rocco, c'è la lapide commemorativa della battaglia qui combattuta e vinta da Napoleone contro gli austriaci (10 maggio 1796). Il ponte antico in legno fu distrutto nel 1859.
(dal Sito ufficiale Città di Lodi: Itinerario turistico della città )
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(*) Nota: Sulle opere d'arte trafugate dai francesi di Napoleone, trasportate in Francia, e non ancora restituite ai legittimi proprietari, dopo 200 anni, invito gli esperti d'arte di questo blog a scriverne un post dedicato.
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Sopra, dall'alto in basso:
- Il Ponte sull'Adda a Lodi, da Wikipedia.org
- targa commemorativa "10 maggio 1796": foto dell'autore
- Pietro Verri a Brera, foto di Innocenzo Fraccaroli
- Napoleone Bonaparte attraversa le Alpi, dipinto di Jaques-Louis David, da Wikipedia:
- Battaglia del Ponte di Lodi - dipinto di Giuseppe Pietro Bagetti (da Wikipedia)

10 commenti:

sarcastycon ha detto...

Marshall
Aldilà della storia precisa e puntuale, vorrei fare una considerazione sull’ultima tua frase:

“Parafrasando il Poeta “fu vera gloria?..." anche in considerazione del fatto che se Lodi, che gli aveva subito tributato un monumento (anche se da Napoleone stesso fatto erigere), lo distrusse nel 1814?”

Il popolo ha bisogno di tribuni o di miti e li crea.
Il mito vive finché dispensa gloria ed onori, ma alla prima difficoltà, lo stesso popolo che l’aveva creato, è prontissimo a voltargli le spalle, e lo distrugge.
Sic transit gloria mundi

“..Ai posteri l’ardua sentenza..”

che, come spesso accade, rivaluta quello che di buono era stato fatto.
Per quanto riguarda l’eredità napoleonica, una menzione speciale spetta al codice civile del 1804.
Lo stesso codice italiano a partire dal 1865, come quelli degli altri stati creati, all’epoca, dal Bonaparte, deriva da quello napoleonico.
Ciao
Marcello

marshall ha detto...

Sarc.,
oltre che scrittore sagace e pungente, sei anche attento, preciso e puntuale lettore; e qui, nel commento, hai rivelato le tue doti specifiche di puntigliosità e sagacità.
Hai qui ricordato il Codice Napoleonico, che è una delle cose buone che ci ha lasciato. E Milano, la città che mi onoro di abitare, deve molto a lui; non fosse altro per quella grandiosa opera idraulica, in stallo da 150 anni, che era stato il Naviglio Pavese, il cui completamento aveva reso possibile l'intenficazione degli scambi commerciali del Nord Italia, con la Svizzera in primo luogo, col passaggio obbligato per Milano. Milano, e l'Italia, devono a lui anche lo sbancamento con inizio lavori per quella che diventerà la "grande" Statale del Sempione.
E credo che ciò sia bastato affinchè Milano gli tributasse onori, avendogli dedicato una delle vie più importanti del centro storico, Via MonteNapoleone, e la via più bella e suggestiva di Milano: Foro Bonaparte.

Le puoi vedere su Milano.360map
Facci un giretto, ...e vedrai.

Ciao Marcello, e grazie.

sarcastycon ha detto...

Marshall
non eagerare: scrittore!
Diciamo che per me scrivere è un divertissement...
ciao
Sarc.

marshall ha detto...

Sarc.,
si, scrittore.

Hai mai pensato che condensando i tuoi racconti in un libro organico, ne verrebbe fuori una corposa edizione di bei racconti ?? In quattro anni li ho letti tutti, e avresti il mio "imprimatur".

Passando all'argomento del post, e su cosa fece Napoleone per Milano, pensa solo per un istante all'importanza che ebbe il Naviglio Pavese, da lui completato dopo 150 anni di stallo.

Pensa all'intraprendenza dei milanesi, già fin dall'epoca celtica e poi dei romani. Pensa che per costruire il Duomo han prima dovuto costruire il "grandioso" Naviglio Grande e, per trasportare i marmi necessari dalla Valdossola, transitando per il lago Maggiore, poi per il Ticino, poi per il Naviglio Grande, alfine han dovuto costruire un porto/laghetto, chiamato di Santo Stefano, di fianco al Duomo - proprio dove ora c'è il Palazzo Reale (che Hesperia e Arethusa conoscono assai bene per viaa delle mostre che vanno spesso a visitare).

I canali erano dunque l'equivalente delle autostrade moderne, e, per ampliare il commercio dei prodotti dell'imprenditoria milanese, già di quei secoli, Milano aveva bisogno dello sbocco diretto al mare. Mancava appunto il collegamento diretto di Milano col Po.
Il Ticino, da Pavia all'imbocco col Po nei pressi di Stradella è abbastanza largo e profondo, quindi navigabile; però mancava il collegamento diretto di Milano a quel tratto del Ticino.
Ci avevano solo pensato gli spagnoli, l'avevano iniziato gli austriaci, con la regina Teresa, ma l'impulso, la "volontà" finale per il suo completamento (visto che anche gli austriaci si erano arresi a Conca Fallata - ostacolo per loro insormontabile) venne appunto da Napoleone.
Pensa se Milano avesse avuto 150 anni prima il Naviglio Pavese?

Ma con i se e con i ma non si fa la storia.
E con ciò ho detto tutto.

Piuttosto, tu da buon toscano, e visto che Napoleone aveva i nonni toscani, si scriveBonaparte o Buonaparte. Te lo chiedo perchè visitanto Milano.360map appare la scritta Buonaparte, mentre in quasi tutte le altre fonti è scritto Bonaparte.

p.s. fino al tardo pomeriggio non potrò accedere al blog.
Ciao.

sarcastycon ha detto...

Marshall
per quanto riguarda Bonaparte o Buonaparte,la versione giusta è Bonaparte,ho controllato sia sull'annuario della nobiltà, che sulla Storia Universale di Cesare Cantù (che è milanese) ed entrambi gli autori riportano solo Bonaparte.

a questo link
http://www.elbasun.com/Storia/Napoleone.htm
si parla di delle origini di Napoleone
"I Bonaparte si trasferirono da Sarzana ad Ajaccio alla fine del 1500. Carlo Maria, padre di Napoleone, si laureò in diritto all'università di Pisa, dove quindici Bonaparte di San Miniato avevano preso il dottorato e anche il figlio Giuseppe prenderà la laurea nel 1788...."

Sempre a questo link puoi trovare notizie sui rapporti piuttosto complicati tra la toscana e la Francia bonapartista.
ciao
Sarc.

Hesperia ha detto...

Dresda e Lodi: destini incrociati di due città. Una bella ricerca Marsh.
A Napoleone non perdono due cose: i furti delle nostre opere, grazie alle quali, oggi hanno reso grande il Louvre (e che a mio avviso dovrebbero restituirci), e l'aver arrestato il Papa. Per il resto è stato un grande stratega e genio militare. Italiano, aggiungo. I francesi hanno poco da vantarsi: in fondo a partire dal cognome è roba nostra.

marshall ha detto...

Hesperia,
sono d'accordo con te. Infatti, dicendo "nel bene e nel male" mi riferivo in particolar modo a quelle vicende di male, che sono state quelle da te ricordate.
A proposito delle opere d'arte che si trovano ancora "illegalmente" in Francia, mi risulta che Venezia e la Certosa di Pavia sono tra le maggiori ad avere ancora parecchi conti in sospeso.

marshall ha detto...

Sarc.,
mi eran venuti dubbi, ma dopo quanto scrivi sono stati fugati: è senz'altro Bonaparte.
Non capisco perchè a Milano lo chiamino Buonaparte.

dionisio ha detto...

Mi associo a Hesperia nei complimenti per la tua bella e interessante ricerca storica, Marshall.
Tuttavia sul personaggio Napoleone il mio giudizio propende decisamente sul versante del male piuttosto che su quello del bene (e il fatto che la sua origine sia italiana non mi rende affatto orgoglioso). Napoleone avrà pur liberato talune zone d'Italia dagli austriaci, però l'ha fatto unicamente per depredare quelle stesse zone dei beni italiani (quello delle opere d'arte è un capitolo a parte e che, per chiunque abbia visitato il Louvre, dove per molti piani non si vedono altro che opere d'arte italiane trafugate dal Bonaparte, genera indignazione e grida vendetta), spogliando chiese e dimore e riducendo sul lastrico le zone conquistate molto più di quanto avessero fatto gli austriaci. E quante chiese sconsacrò e ridusse allo stato di stalle per farvi alloggiare la truppa durante la sua campagna d'Italia!
Da italiano e da amante dell'arte, soprattutto quella nostra, la mia sentenza nei confronti di Napoleone non è per niente ardua da formulare (anche perché non amo per nulla i cosiddetti grandi strateghi militari), e avete già capito qual è.
Aggiungo che l'impoverimento di tante zone d'Italia cominciò proprio dall'invasione dei francesi (i quali col motto rivoluzionario della legalité e fraternité non fecero che depredare e distruggere tutti i luoghi che invadevano) e proseguì, guarda caso, con l'unificazione d'Italia per impulso di quella massoneria d'ispirazione rivoluzionaria francese (qualcuno ha mai ricordato che Cavour - nome chiaramente d'oltralpe - non parlava nemmeno l'italiano perché la sua lingua madre era il francese? - che ispirò ai Savoia, in crisi finanziaria e sull'orlo della bancarotta, di andare a "liberare" il sud dell'Italia, nient'affatto straccione come riferiscono le fonti, per incamerarne le ricchezze così come aveva fatto Napoleone nelle sue campagne? Se l'Italia ha un problema sud mai risolto è appunto da quell'unificazione fasulla ispirata da motivi tutt'altro che nobili e patriottici.
Chiaramente io sono italiano e patriota, ma la storia andrebbe guardata con occhi limpidi, senza nascondere la verità. Tant'è vero che trovo irritante certi appelli al patriottismo provenienti da chi, fino a ieri, disprezzava il concetto stesso di patria per quell'internaziolasmo proletario che ha causato solo stragi di popoli e di culture.
Mi rendo conto d'essere uscito fuori tema, Marshall, ma forse meno di quanto si pensi. A voi amici repliche e approfondimenti, se vorrete, sugli spunti da me introdotti.

marshall ha detto...

Dionisio,
infatti è stato detto che se non avesse depredato opere d'arte, e fatto guerra a istituzioni e ordini religiosi, potrebbe essere tutto ok.
Ha certo usato le maniere forti, per fare ciò che ha fatto, ma se non lo avesse fatto, il progresso oggi sarebbe certamente più indietro. Non dimenticare che da ogni male nasce poi un bene.
Noi restiamo stupiti a contemplare le piramidi d'Egitto o La Muraglia Cinese, ma quante e quante vite umane sono costate??
Le stesse due guerre mondiali hanno permesso all'umanità di compiere passi da gigante sulla strada del progresso. La cibernetica, dalla quale sono poi nati i calcolatori elettronici e poi i computer, è nata e si è sviluppata durante il secondo conflitto mondiale. Lo stesso internet, che ci consente di dialogare a distanza, è nato nel Vietnam, durante quella sanguinosa lunga guerra.