Nel 1900 ritroviamo alcune incarnazioni privilegiate della Dark Lady, note anche alla più leggera cultura popolare. Molto è dovuto al nuovo divismo dello spettacolo, inaugurato dal cinema, e alla nuova cultura di massa delle immagini. Il modello mitico-simbolico e letterario si incarna in alcune figure del cinema, per pellicole esemplari come 'oggetto film', ma che talora triturano testi alti, eredità pittorica, schemi letterari più articolati trasformandoli in sceneggiature, fornendone una vulgata affascinante ancorché semplificata. Il modello di dark lady del muto vira spesso verso il tema donna fatale, è contaminato dal melodramma, ha ancora molti debiti con il Decadentismo, vista anche la vicinanza cronologica con il movimento artistico e la sensibilità dell'epoca, nonché il susseguirsi di Secessione, Liberty, Art Nouveau: la partecipazione spesso degli stessi autori letterari (e pittori-scenografi) ad alcune sceneggiature, didascalie o produzioni, ne aumenta l'influenza. Il caso più eclatante fu D'Annunzio e il film Cabiria, del 1914, diretto da Giovanni Pastrone su un soggetto tratto in parte da Emilio Salgari 'Cartagine in fiamme', e dal crudele e prezioso 'Salammbô' di Gustave Flaubert. Si può dire che per metà il nostro cinema muto è dannunziano, mentre l'altra metà è di matrice naturalistico-verista. Di conseguenza le divine e fatali bellezze italiane incarnano questa tipologia, al di là dei numerosi generi. Il divismo italiano del cinema delle origini ha parecchie personalità di talento, le maggiori Tra i titoli dei film fatali della Borelli: 'Fior di male' del 1915, e 'Malombra' 1916 di Carmine Gallone, 'Rapsodia Satanica' nel 1915 di Nino Oxilia, in cui gli elementi ricorrenti sono dannazione, vicende torbide, che in un clima pop dannunziano paiono spaziare in un maledettismo della letteratura
che stava ormai diventando di genere. In Germania anche il cinema muto delle origini si muove all'interno di alcune tendenze apparentate con altri settori della cultura del tempo: il Kammerspiel (teatro da camera), la Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività) e l'Espressionismo, che di tematiche 'nere' erano assai fecondi (Wiene e Fritz Lang). C'è W.G.Pabst (che lanciò Greta
Sternberg fece esordire Marlene ne l''Angelo Azzurro" del 1930, unico film diretto in Germania (dal romanzo di Heinrich Mann) che narra la tragica storia del professor Rath, insegnante di un ginnasio di provincia, che si innamora di una spietata cantante di varietà dai facili costumi, fino alla perdita totale della sua umana dignità. Marlene Dietrich (a destra) di solito si presenta nei film sternberghiani come donna indipendente, sensuale, androgina. Venere Bionda, 1932, L'imperatrice Caterina, 1934, e Capriccio spagnolo, 1935 completano l'opera. La sua eccentricità, un filo di acidità e sadismo nei confronti degli uomini lasciano una singolare traccia nello star system hollywoodiano. Un'altra "topica" delle femmes fatales è la spia Mata Hari, di cui ci diede una famosa versione Greta Garbo, in un tema già sfruttato a lungo nel cinema muto; ma la Garbo non amava concentrarsi più di tanto nei ruoli 'fatali' troppo sadici o demoniaci come spesso tentò di far capire. Sebbene ne "La carne e il diavolo" (film muto) di Clarence Brown accanto a John Gilbert fosse stata utilizzata anche in questa veste. Negli anni '40 del cinema americano assistiamo a una sorta di 'borghesizzazione' della figura della dark lady. Non più castelli o dimore decadenti in un passato indefinito medievale o ottocentesco, ma la grande città contemporanea. Esemplificativo potrebbe essere in parte il dipinto "Nighthawks" (1942) di Edward Hopper.In questa fase sono infatti protagonisti il film e il romanzo nero legati alla contemporaneità. Il film noir anche se ha ancora debiti con il gotico, con una parte della cultura francese, inglese, americana, in realtà nasce per la maggior parte dal romanzo poliziesco di W.R. Burnett, James M. Cain, Raymond Chandler, James Hadley Chase, James Ellroy, David Goodis, Dashiell Hammett, Patricia Highsmith, Mickey Spillane, Cornell Woolrich alias William Irish. Il noir è un aspetto più sottilmente inquietante del giallo: stravagante, irrazionale, non simmetrico e spesso senza consolatorio happy ending né svelamento del mistero o enigma. C'è poi la variante hard boiled, con la sua violenza cieca, un buon numero di morti, in uno sfondo di corruzione e di disastro sociale, di malattia della vita e cultura urbana, spesso critica feroce alla degenerazione del potere e con tratti iperrealistici. La città rappresentata, fotografata nei film noir si fa a sua volta personaggio: i toni forti in cui è rappresentata sono debitori delle numerose maestranze tedesche post-espressioniste rifugiatesi negli USA. Lo spazio è spesso claustrofobico, le linee sono verticali, asimmetriche, la narrazione usa spesso il flashback, trasformazione del tempo filmico in tempo irrimediabilmente perduto (cfr: Giorni perduti film di Billy Wilder). La città nel noir, nella cultura a base biblica americana, è quasi sempre il Regno di Caino (cfr. Gen 4:17), un mondo di condannati quindi. Nel nero in cui si muovono le dark ladies americane, s' incontrano melodrammi a tinte fosche fatti di avidità di denaro, di psicologismo freudiano, segnato dall'ambivalenza, dall'insicurezza, dall'impossbilità di recuperare l'ordine razionale. Il mistero del nero di questo periodo del cinema è tanto all'esterno quanto all'interno dell'anima di ciascuno. Il noir dell'epoca è suddivisibile in 3 fasi:1) dal 1941 al 1945 circa, dell'investigatore privato di Chandler, Hammett e Greene, con attori come Humphrey Bogart, attrici come Laureen Bacall dalla voce roca e dalla sguardo felino soprannominata " The Look" (lo sguardo) o Veronica Lake, di registi raffinati come Michael Curtiz, con predominanza della parola sull'azione.
2) ha maggiore realismo, coincide col dopoguerra 1945-1949, predomina la rappresentazione della delinquenza per le strade, il potere della polizia, la corruzione politica, c'è predominanza dell'azione sulle parole. Ci sono personaggi sempre meno romantici, e un maggior realismo nella scena.
3) va dal 1949 al 1953 circa: psicosi, impulsi suicidi, follia non più spiegabili o giustificabili che paiono segnalare l'assurdo della vita moderna, la purificazione impossibile. C'è una progressiva incisività estetica.

In questo senso vanno segnalati alcuni film e rispettive dark ladies."Ombre Malesi" (1940) di William Wyler, con Bette Davis, attrice di straordinaria intensità ed espressività, utilizzata spesso nel ruolo di canonica "perfida" o allumeuse capricciosa.
"Il mistero del falco" 1941 di John Huston, con Mary Astor e Humphrey Bogart, dal romanzo di Dashiell Hammett. Film leggendario in cui un intero mondo va in cerca della statuetta del falcone d'oro (falso).
Gene Tierney (foto in alto al centro del post) in "Femmina folle" (1945) di John M. Stahl, è bella, iperpossessiva, psicotica e arriva ad uccidere per catalizzare su di sé tutte le attenzioni del marito. Quindi si butta dalle scale per abortire nel timore che il bambino di cui è in attesa le sottragga parte dell'affetto del consorte. In "Vertigine" (Laura nell'originale - 1944), di Otto Preminger con Gene Tierney, c'è un clima onirico e sospeso.
"La donna del ritratto" 1945, di Fritz Lang, con Joan Bennett, (e poco dopo anche "Scarlett street") in cui l'elemento dell'attrazione per la femme fatale vista in un quadro e poi incontrata dal vero causerà al tranquillo protagonista una serie di guai. Il noir progrediva anche con film geniali quali , e "I gangsters" di Robert Siodmak con Burt Lancaster e Ava Gardner nel ruolo della bella quanto malvagia Kitty, e dello stesso regista "Lo specchio scuro" 1946 con Olivia de Havilland in una parte psicotica. Rita Hayworth, cantante vamp nel noir di Charles Vidor (1946) che ha come sfondo un casinò di Buenos Aires frequentato da spie d'ogni nazionalità è "Gilda" per sempre. Ma nel capolavoro "La Signora di Shangai", un noir del '47 girato insolitamente in esterni sullo yacht dell'attore Erroll Flynn, dal regista-attore Orson Welles, già marito della Hayworth, provvederà a tagliarle la lunga chioma fulva, per trasformarla in una gelida dark lady dai capelli corti e biondi: Elsa Bannister. Una sorta di donna-ragno indecifrabile come gli ideogrammi di quella lingua cinese che conosce, e come la ragnatela mortale che tesse nel labiritnto finale e nella sala degli specchi. "Il postino suona sempre due volte" di Tay Garnett dal romanzo di James Cain - 1946, con Lana Turner, nell'indimenticabile scena del rossetto, la quale diventerà poi una specialista i
n ruoli ambigui e passionali, è la versione americana di Ossessione di Visconti. Detto "Postino" verrà ripreso in seguito molti anni dopo con gli intepreti Jack Nicholson-Jessica Lange, in coppia diabolica."Il grande caldo" del 1953, di Fritz Lang con una riflessione sul lato oscuro e sulla doppia natura in ognuno di noi, personificata da Gloria Grahame, che appare con metà viso bellissimo e l'altra metà, sfregiato. Poi c'è Veronica Lake (a destra) la bionda dalla celebre capigliatura ondulata, lunga, con una ciocca morbida che le scende voluttuosamente sull'occhio malandrino (ripresa molti anni dopo poi da Kim Basinger in L.A. Confidential) che interpreta "La chiave di vetro" di Stuart H, in coppia "fuorilegge" con Alan Ladd.
"Un bacio e una pistola" (Kiss me deadly- 1955), è un altro affascinante noir di Robert Aldrich, dal racconto di Michael Spillane, che, per atipicità, fa il paio insieme a "L'infernale Quinlan" di O.Welles. Il detective Hammer fa salire nella sua auto un'autostoppista, Cloris Leachman. La donna sembra alla ricerca sempre di chissà che cosa, ma...Malviventi li speronano e li fanno uscire di strada. Quando Hammer si sveglia sente che la donna viene torturata. Hammer segue il caso, ma scoprirà che il motivo della contesa è in una valigetta che contiene ....materiale radioattivo pericolosissimo. Qui, la dark lady finirà per distruggere il mondo, nella sua esasperata volontà di dominio.




